La trappola cinese del
debito?
Il Montenegro ha un debito da un miliardo di euro nei confronti della
Export-Import Bank (EXIM) della Cina, ci ricorda ISPI, studi di politica
internazionale, partendo dai numeri. «La notizia vera, però, è che il
governo di Podgorica ha chiesto aiuto all’Unione Europea, che ha già fatto
sapere che Bruxelles non si fa carico di ripagare indebitamenti verso paesi
terzi», spiega lo studioso Giorgio Fruscione. Almeno sino ad oggi. La scelta UE
per non creare precedenti di natura finanziaria con la Cina catastrofici in
casa. Ma qui scatta il ricatto strategico: «il non pagamento del debito comporta
l’acquisizione cinese di parti di territorio del Montenegro, un membro NATO ai
confini dell’UE, generando pericolose conseguenze geopolitiche sul lungo
periodo per tutto il continente». Sparata di grosso calibro.
Troppo stupidi o furbi scrocconi?
Il debito è il risultato di un contratto siglato nel 2014 dall’allora
premier montenegrino (oggi presidente della repubblica) Milo Djukanovic (leggi
Giuchanovic) con il governo di Pechino, per la costruzione del tratto
autostradale di 165 km tra Boljare, al confine con la Serbia, e Bar, città
costiera sull’Adriatico da cui partoni i motoscafi del contrabbando tabacchi e
altro con l’Italia (la rotta Sacra Corona Unita). L’autostrada che forse
porterà verso Belgrado risulta essere tra le più costose al mondo: circa 20
milioni di euro al km. Costo apparentemente spropositato scrive ISPI, legato
alla morfologia del Montenegro, fatta di montagne impenetrabili cha hanno
imposto la costruzione di una successione di tunnel e viadotti. Più qualche non
ancora svelato sovraprezzo tangenti e subappalti.
L’insostenibile tecnico e del debito
La difficoltà ora è di portare a termine l’audacissimo progetto tecnico e
l’impossibilità di ripagare il debito senza che questo strangoli troppo
l’economia montenegrina, come avrebbero dimostrato due diversi studi di
fattibilità condotti negli anni precedenti la sigla del contratto. Quindi il
Montenegro politico allora al governo sapeva, ma già progettava qualche
furberia salva tutto. «Le critiche hanno riguardato anche la poca
trasparenza con cui questo venne stipulato, poiché innalzava il rischio di casi
di corruzione, nonché l’assegnazione dei lavori della prima tratta all’impresa
statale cinese China Road and Bridge Corporation». Sottolinea ISPI.
Eppure Ue e FMI avevano avvertito
Anche l’Unione Europea e il Fondo Monetario Internazionale avevano spiegato
che la costruzione dell’autostrada avrebbe fatto crescere a dismisura il debito
pubblico, oggi al 103% del pil montenegrino. E un buon quarto di quel debito è
nella mani dalla EXIM (banca subordinata al Consiglio di Stato cinese) che, con
Podgorica insolvente, potrebbe appropriarsi di porzioni di territorio del paese
balcanico, a garanzia del prestito. «Ed è questa la vera leggerezza
alla base della firma del contratto stipulato sette anni fa». Ma da
allora molto è cambiato. Dopo trent’anni di dominio incontrastato, il partito
di Milo Djukanovic non è più al governo e l’attuale esecutivo già sull’orlo
della crisi, oltre a scaricare la colpa sul predecessore e a chiedere aiuto
all’UE, non sembra avere piani per risolvere la situazione entro luglio, entro
adesso, quando dovrà/dovrebbe pagare la prima rata del debito.
Cina a poche ore di motoscafo da Brindisi
Nel 2018, il Center for Global Development aveva inserito il Montenegro
nella lista di otto paesi a rischio crisi del debito per contratti siglati con
la Cina lungo la Belt and Road Initiative, la nuova via della seta. «Il
rischio nella cosiddetta “trappola del debito”, con cui Pechino potrebbe
entrare in possesso di parte della sovranità montenegrina, similmente a come
accaduto nel 2017 in Sri Lanka, dove in seguito all’insolvenza di Colombo, la
Cina acquisì per i successivi 99 anni la concessione sul porto marittimo
oggetto del finanziamento». Ovviamente a Podgorica (leggi Podgoriza)
si spera e nell’Ue si litiga. Il precedente gravissimo del sostenere debiti
irresponsabili.
Precarietà geopolitica
Irresponsabile pagare, irresponsabile non pagare, sembra la sintesi del
dilemma. La precarietà non è solo finanziaria ma innanzitutto geopolitica. Il
Montenegro è un membro della NATO dal 2017 (cessione di territorio e di porti a
diversa convenienza), ed è il paese candidato all’ingresso in UE che -lettura
fantapolitica- sarebbe il più vicino alla futuribile integrazione. Troppo
irresponsabili o troppo furbi, dal piccolo ma creativo Montenegro sottolineano
il rischio di ritrovarsi alle porte dell’UE «reti infrastrutturali come
porti e autostrade gestiti direttamente da Pechino». Peggio Vuk
Vuksanovic, del Belgrade Center for Security Policy: «Bruxelles è
sempre pronta a criticare ogni cooperazione con la Cina, ma non è in grado di
fornire valide alternative».
La colpa fu…
Intanto, rispetto ai Balcani in particolare (ma
vale storicamente per tutti i Paesi Ue ex comunisti), parliamo di una Unione
costruita prima sull’interesse militare Nato con l’Ue chiamata dopo a metterci
le pezze politico economiche. Un vecchio vizio pagato a caro prezzo e che
ancora minaccia l’integrità stessa dell’Unione ma che ancora ritorna. Pechino
forse sta realmente riempiendo il vuoto lasciato dalla lenta ma forse
impossibile integrazione UE, di enigmi statali come la Bosnia, o il Kosovo, e
poi, mai lo volessero realmente, Serbia e Albania. Ma al momento, Serbia
l’ultima resistente, lo zampino Nato già c’è. Il problema è di chi, alla fine,
pagherà il conto.
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