Ieri l’Alta Corte di Giustizia di
Israele, respingendo varie petizioni, ha dichiarato la legittimità
della legge fondamentale, nota come legge “Stato-nazione”, approvata dalla
Knesset esattamente tre anni fa, che definisce Israele come Stato della nazione
ebraica, e non di tutti i suoi cittadini, anche i non-ebrei. Dieci degli 11
giudici, ad eccezione di George Karra – l’unico giudice arabo della corte –, hanno
sostenuto che la legge non contravviene “il carattere democratico di Israele”.
“Questa legge fondamentale è solo un capitolo della nostra costituzione che sta
prendendo forma e non nega il carattere di Israele come Stato democratico”, ha
scritto nella sentenza Esther Hayut, presidente della corte. Non è questo il
parere dei centri per i diritti umani e civili e della minoranza araba
palestinese che compone il 21% della popolazione israeliana. La Legge a loro
dire sancisce la “proprietà” degli ebrei sullo Stato e sul territorio e di
fatto discrimina i cittadini arabi nell’assegnazione delle terre statali e
nella sfera pubblica. Inoltre non contiene le parole “uguaglianza” e
“democrazia” nel suo testo.
Pagine esteri vi propone l’intervista
realizzata da Michele Giorgio il 20 luglio 2018, subito dopo l’approvazione
della legge Stato-nazione da parte della Knesset, allo storico Zeev Sternhell,
uno dei maggiori studiosi di Fascismo e del movimento sionista, scomparso lo
scorso anno.
INTERVISTA
di Michele Giorgio
Era stato netto il giudizio di Gideon Levy
sul quotidiano Haaretz. La legge su Israele come Stato-nazione del popolo
ebraico in discussione in quei giorni alla Knesset, voluta da Netanyahu e dalla
maggioranza nazionalista-religiosa al governo e approvata mercoledì notte in
via definitiva, «presenterà il Sionismo così com’è», aveva scritto
l’editorialista israeliano. «Metterà anche fine – aveva aggiunto – alla farsa
che Israele sia ebraico e democratico, una combinazione che non è mai esistita
e che non potrebbe mai esistere a causa della contraddizione intrinseca tra i
due valori che non possono essere messi insieme se non con l’inganno». Già lo
sapevano i palestinesi d’Israele, la minoranza araba (20% della
popolazione). Ma ora sanno anche che sono esposti ai
riflessi concreti di una legge fondamentale dello Stato che senza affermarlo
esplicitamente disconosce l’uguaglianza di tutti i cittadini – inclusa nella
dichiarazione d’indipendenza di Israele – poiché assegna nero su bianco uno
status privilegiato ai cittadini ebrei rispetto a quelli arabi. Una
legge che afferma che la biblica Terra d’Israele è la patria storica degli
ebrei e che al suo interno è stato fondato lo Stato d’Israele, sottointendendo
che i non-ebrei non hanno e non avranno diritto di reclamare la propria
appartenenza a quella stessa terra, la Palestina storica. Tra i punti più
importanti c’è quello che afferma che lo Stato di Israele «vede lo sviluppo
dell’insediamento ebraico come un valore nazionale e agirà per promuovere il
suo consolidamento». In questo modo, ha denunciato il deputato comunista Dov
Chenin, «si implica che l’insediamento di arabi è di «serie B». Nemmeno in
Sudafrica il regime di apartheid aveva osato arrivare a tanto». E non è meno significativo che l’arabo non sia più una lingua
ufficiale di Israele. Da ieri ha solo uno «status speciale». La
legge è stata salutata con favore dal premier Netanyahu perché, a suo dire,
pone i valori ebraici e quelli democratici sullo stesso piano senza negare i
diritti di tutti i cittadini. Ben diverso il giudizio di Ayman Odeh, leader della Lista araba unita. Sventolando
una bandiera nera durante il suo discorso alla Knesset, Odeh ha affermato che
«questa è una legge malvagia e al di sopra c’è una bandiera nera… Israele ci
dice che non ci vuole qui». Per Hassan Jabareen, direttore della ong araba
Adalah, quanto votato dalla Knesset «presenta elementi chiave dell’apartheid, è
immorale e contro il diritto internazionale». Del significato della legge e
dei suoi effetti abbiamo parlato con lo storico e Premio d’Israele, Zeev
Sternhell, uno dei massimi esperti di Fascismo e della storia del Sionismo,
autore di testi tradotti in molte lingue.
Alla fine, Netanyahu ha ottenuto quanto
chiedeva da anni.
Purtroppo, sì. Questa legge sancisce
ufficialmente la differenza tra ebrei e arabi in Israele. Certo, sino ad oggi,
nella vita quotidiana i cittadini arabi non avevano mai avuto diritti pieni.
Però, come diceva Machiavelli, una cosa è fare qualcosa di sbagliato ed
un’altra è attuarla con una legge. È stata introdotta una norma in cui la
natura ebraica di Israele è superiore rispetto ai valori democratici dello
Stato. Pertanto, se prima Israele si definiva ebraico e democratico ora è lo
Stato della nazione ebraica. Appartiene ad ogni ebreo nel mondo ma non anche ai
suoi cittadini arabi.
Cosa accadrà?
Assisteremo a sviluppi pericolosi. Perché
la legge può manifestarsi concretamente in molti modi. Occorre domandarsi come
sarà tradotta in politica. Aprirà le porte a una discriminazione non più
occulta degli arabi in Israele? Temo che questo si realizzerà in molte forme,
in vari aspetti della vita del paese. Senza dimenticare che la legge,
assegnando tutta la biblica «Eretz Israel» agli ebrei darà il via a una ulteriore
e più massiccia campagna di colonizzazione ebraica dei Territori palestinesi
occupati (da Israele nel 1967, ndr). Affermare che la terra appartiene solo
agli ebrei e non anche agli arabi è un aspetto centrale e dovremmo capire cosa
significherà dal punto di vista giuridico, legale, nei tribunali, durante le
cause processuali.
Nei suoi libri e articoli lei ha
ripetutamente messo in guardia dalla svolta autoritaria in Israele e ha subito
attacchi e critiche violente.
Non c’è alcun dubbio che si proceda a
destra a tutta velocità e che gli ebrei nazionalisti e messianici stiano
attuando un’agenda ben precisa che sta facendo di Israele un paese sempre meno
democratico ed egalitario. Il sistema autoritario che la destra ha in mente
avvicina Israele all’Ungheria e all’Europa orientale e lo allontana dall’Europa
occidentale.
Il tanto discusso premier ungherese Orbán
viene ricevuto come un amico e stretto alleato dal primo ministro Netanyahu.
Netanyahu già prepara le prossime elezioni
politiche e temo che le vincerà. Il benvenuto ad Orbán, suo principale alleato
in Europa, va letto anche in quella chiave, così come la legge sullo
Stato-nazione ebraico approvata dalla Knesset. Viviamo tempi difficili, cupi.
Dopo 50 anni di occupazione militare dei Territori e di politiche nazionaliste
agguerrite ora si è passati alla discriminazione riconosciuta, ufficiale, della
minoranza araba in Israele e alla negazione esplicita di qualsiasi possibilità
che i palestinesi in Cisgiordania e Gaza possano godere di una piena autodeterminazione.
Affermando con una legge che «Eretz Israel», ossia il territorio che va dal
Mediterraneo al fiume Giordano, appartiene solo agli ebrei, Netanyahu, la
destra, gli ultranazionalisti religiosi, hanno voluto mettere fine all’idea che
un giorno possa nascere uno Stato palestinese indipendente all’interno di
questo territorio.
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