(Intervista di Joshua Evangelista)
Intervista al maestro
Giampiero Monaca, che da circa un mese ha intrapreso una lotta non violenta per
difendere Bimbisvegli, un metodo educativo basato sull’educazione alla pace,
alla conoscenza dell’altro e al rapporto con la natura. Studiato da pedagogisti
di mezzo mondo, oggi rischia di essere dismesso.
Mentre scriviamo
il maestro elementare di Asti Giampiero Monaca, 49 anni, è in
sciopero da 29 giorni. Ha scelto questa modalità di lotta (“non simbolica”, ci
tiene a precisare) per difendere il proprio metodo didattico Bimbisvegli,
che porta avanti da oltre quindici anni e che viene applicato da quattro nella
scuola in cui insegna, a Serravalle, oggi minacciato dalle scelte
dei coordinamenti dirigenziali scolastici locali. Perché riteniamo che una
vicenda estremamente locale come questa, legata ai programmi scolastici di una
piccola scuola elementare di una frazione di Asti, sia di rilevanza nazionale?
Basterebbe guardare la conferenza stampa in diretta dello scorso sabato 3,
quando ospitati da un vicino della scuola nel proprio cortile, con il caldo
asfissiante di luglio, maestri e genitori hanno provato a spiegare perché sono
in lotta per far entrare i bambini nel programma. Ma andiamo con ordine.
Ispirato
da Montessori, Milani, Malaguzzi, così come
da Paulo Freire e Baden Powell, il metodo parte
dal presupposto che i bambini siano soggetti sociali che vanno istruiti e
responsabilizzati attraverso la valorizzazione delle varie intelligenze e
mettendo il rapporto con la natura e il pacifismo alla base del processo di
apprendimento. Nel concreto, nelle classi che adottano il metodo Bimbisvegli
non ci sono aule, quando possibile si fa lezione all’aperto, non ci sono
compiti a casa e una parte importante del percorso didattico è legato
all’incontro con personalità della cultura, dei mestieri e dell’associazionismo
che condividono i propri saperi e le proprie esperienze con gli alunni.
Va detto che
il progetto, seppur innovativo, risulta in linea con le indicazioni
ministeriali. Tanto che a gennaio l’allora ministra della Pubblica
istruzione Lucia Azzolina aveva pubblicamente elogiato il
percorso di Bimbisvegli: “La scuola diventa così un luogo più flessibile,
aperto e le attività extra-scolastiche rientrano integralmente nel percorso di
sviluppo, di apprendimento e di crescita”, aveva detto Azzolina a tal proposito
durante un convegno.
Qualcosa nel
frattempo è cambiato. Nonostante l’aumento consistente delle famiglie
interessate a questo tipo di percorso formativo, il progetto è scomparso dai
documenti ufficiali del V circolo didattico, del quale fa parte la piccola
scuola dei bimbi svegli. Ad oggi questo significherebbe soppressione per il
prossimo anno accademico. “Ci è stato vietato di condurre attività all’aperto
oltre i 400 metri dal cancello, di lasciare stivali e ciabattine all’entrata di
scuola per decoro, di incontrare le associazioni di migranti a causa del Covid
e anche di tenere la bandiera della pace tra quelle ufficiali”, aveva spiegato
Monaca.
Da qui lo
sciopero a oltranza e una staffetta solidale di genitori, concittadini e
simpatizzanti del metodo che a turno scioperano con Monaca. Quando gli amici di
Bradipodiario ci hanno segnalato questa storia abbiamo deciso di intervistarlo
per Frontiere. Non tanto a proposito della specificità della polemica (l’on.
Fornaro di Leu ha avviato una interrogazione parlamentare, 43 famiglie hanno
scritto all’Ufficio scolastico regionale e una altra lettera è stata spedita al
Ministero dell’Istruzione), quanto sugli effetti che questa metodologia ha
portato, fino ad ora, sulla comunità.
Giampiero, prima di tutto, come stai?
Sto bene,
anche se piuttosto fiacco, alle gambe soprattutto. Per il resto l’umore è molto
buono. La staffetta va alla grande, ci sono sempre più partecipanti astigiani e
nazionali e ogni giorno siamo in tre o quattro a scioperare. Capiamoci: non è
niente di simbolico. Si tratta di lotta. Non è un gesto mediatico. Lo sciopero
lo faccio sul serio, così come scuola la facciamo sul serio. Come siamo seri
con i bambini, così lo siamo tra di noi adulti. Se un bambino mi dice che vuole
raggiungere la pace nel mondo, io gli dico che è irraggiungibile ma allo stesso
tempo lo incoraggio a lavorarci sopra. Così questo sciopero serve a far capire
che c’è un problema e che deve essere conosciuto.
Come nasce Bimbisvegli?
Il nome
deriva dal blog nato in seguito all’assassinio di Vittorio Arrigoni,
di cui seguivamo le cronache da Gaza. I bambini scrivevano su di lui, erano
tristi. Avevamo deciso di raccogliere questi messaggi e pubblicarli sul sito
della scuola. Ma la maestra webmaster si rifiutò di raccogliere i nostri testi,
li considerava troppo politici. Così decidemmo di andare oltre e trovare un
altro modo per renderli pubblici. Abbiamo deciso di bypassare e fare un blog
con questi messaggi.
Perché Bimbisvegli?
Nasce dal
vedere cosa sono capaci i bambini di osservare. I bambini hanno grandi slanci,
grandi proposte. Magari sono irrealizzabili ma solo perché non hanno gli
strumenti per farlo. Si partiva da pensieri astratti ma sentivi i neuroni che
scricchiolavano perché… tac! c’era un momento esatto in cui
capivano la storia e riuscivano ad avere un’idea su quello che succedeva.
Riconoscere questi doni ci ha fatto venire voglia di restituire dei momenti in
cui i bambini raccontavano questa loro visione del mondo agli adulti.
Capiamoci, non un saggio di fine anno: bambini e adulti si parlavano alla pari.
In un solo anno questi momenti sono diventati incontri pubblici in cui sono
venuti, tra gli altri, Stefania Calzo, un medico a Kabul per
Emergency, Egidia Beretta, mamma di Vittorio Arrigoni, Giovanni
Impastato, David Grassi, l’ex sindaco di Messina Accorinti e
tante altre persone. La nostra scuola è diventata un laboratorio di umanità per
poter apprendere cose. Assolutamente in linea con le indicazioni ministeriali.
Con quali risultati?
I nostri
ragazzi lasciavano le elementari e andavano alle medie senza odiare le materie.
Con la fame di imparare. Ma il risultato più bello è che gran parte di loro sta
scegliendo la propria vita coscientemente, ognuno ha scelto il suo percorso di
studio. Il proprio sé migliore.
Cosa dà fastidio?
Il fatto di
utilizzare la scuola come ente culturale, palestra di socialità, cittadinanza
attiva. Che crediamo che si debba comprendere per risolvere. Non imparare
adesso per poi, forse, diventare buoni cittadini da grandi. Fin quando sono
sotto le nostre “grinfiette”, cerchiamo di incentivare i ragazzi ad assumere la
posizione di giovani cittadini solidali e attivi, affidabili e responsabili.
Questo fa paura in una società guidata dal disimpegno. Sul futuro dei ragazzi
c’è una sorta di attesa rassegnata. E invece noi crediamo che i nostri ragazzi
devono capire che non possono salvare il mondo ma devono lavorare per renderlo
migliore. Questo non piace alle persone pigre. Dico sempre che la libertà fa
paura ai tiranni, ma offende gli schiavi. A scuola c’è qualche tiranno, ma
anche molti schiavi.
Quando hai deciso di essere un maestro
non tradizionale?
Questo stile
didattico è iniziato 15 anni fa a Rio Crosio (sempre ad Asti, ndr).
Poi siamo arrivati a Serravalle. Qui ogni classe ci ha chiesto di insegnare con
la metodologia Bimbisvegli. Ci siamo costituiti in associazione di
volontariato.
Il rapporto con i genitori funziona
sempre?
Ad Asti il
progetto era decisamente interessante: eravamo in un quartiere popolare e le
classi erano assolutamente eterogenee. Venticinque bambini con provenienze
variegate. Generalmente ho sempre avuto un paio di famiglie ostiche ma questo
lo trovavo arricchente: è necessario mettere in discussione la metodologia e
cercare capire perché certe cose si fanno un certo modo. Nota a margine: non ho
avuto mai nessuna denuncia (ride).
A Serravalle
invece le classi sono più piccole, ma l’utenza è polarizzata: il 30% dei
bambini viene da molto lontato solo per stare con noi. Ci sono rapporti intensi
con i genitori. Adesso ancora di più. Le rogne, quando non distruggono,
uniscono: tre famiglie, sulle 53 attuali, sono ostili, due di queste si sono
allontanate. I rapporti per il resto sono di collaborazione e scambio.
Capiamoci: rimaniamo maestro e genitori, ruoli definiti. Ma i numeri sono
incredibili: da 21 sono diventati 53 alunni, le famiglie sono in lotta legale
per far entrare i bambini. L’anno prossimo forse saremo 62, in teoria…
Come vedi la scuola italiana?
Non la vedo
bene, se devo pensare realisticamente. Ma a livello idealista, sogno. Stanno
per delinearsi alcune strade molto belle. Il rischio è la disgregazione del
sistema pubblico. Noi stessi siamo lì: cosa succede se il ministero ci manda
fuori dai piedi? Se ci mandano via, cosa facciamo? Siamo un seme fuori dalla
piana? Ora siamo una gemma da cui può venir fuori un bel ramo. C’è da capire se
questo albero robusto vuole rinunciare ai succhioni, come si dice in botanica.
Rami che escono e possono dare origine a nuove piante oppure rami attaccati,
per innesto, all’albero che possono dare frutti diversi. Io credo in questo
tipo di scuola, con radici ben piantante, fusti solidi che attraverso la
burocrazia scolastica si preoccupano di tenere unito il tutto e poi delle
ripartizioni con diversi sapori e essenze, tutte in armonie. Una scuola unica,
pagata con le tasse, sana, che offra diversi tipi di istruzione. Perché questo?
Non per creare un supermarket dell’istruzione ma per andar dietro alla teoria
delle intelligenze multiple di Gardner. Siamo arrivati ad ammettere che i
bambini apprendono in maniera diversa. Bene. Ma i bambini sono persone
differenti: c’è quello più logico, quello più emozionale, quello più
cinestetico. Da grandi funzioneranno allo stesso modo. Così ci sono insegnanti
di diverso tipo, bambini di diverso tipo e scuole di diverso tipo. Avremmo
bambini più felici e quindi adulti più felici e più coinvolti in una società
più equa. Permettimi di aggiungere una cosa.
Prego.
Molta della
filosofia di Bimbisvegli nasce dal discorso di Pericle agli ateniesi. “Qui ad
Atene facciamo così”. Se non tutti hanno la capacità di guidare uno stato,
tutti possono giudicare chi guida uno stato. Se una persona non si impegna per
il benessere dello stato e non si occupa di politica noi non la consideriamo
inutile ma pericolosa, dannosa. Qui da noi si lavora tutti insieme per il
benessere della società. Chi arriva da fuori, da noi, è un dono. Ognuno è
prezioso e, come ha scritto un nostro alunno, “ognuno è capace di fare la
pace”. Questa è la filosofia del nostro agire.
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