Mercoledì scorso (7 luglio), soldati israeliani e personale dell’Amministrazione Civile sono arrivati nella comunità di Khirbet Humsah, hanno dichiarato l’area zona militare chiusa e hanno negato l’accesso a giornalisti, attivisti per i diritti umani e diplomatici
Un lungo convoglio di mezzi diplomatici ha percorso due volte le strade
sterrate che portano alla comunità palestinese di Khirbet Humsah dallo scorso
novembre, quando le ruspe israeliane l’hanno devastata, nella prima di quella
che è diventata ormai una serie di ben sei demolizioni.
La visita dei capi missione dell’Unione Europea in questo remoto villaggio
nella valle del Giordano occupata, è stata annunciata come un forte segnale
dall’UE, che si oppone –e vuole sfidare apertamente– l’intenzione dichiarata di
Israele di spazzare via il villaggio.
I diplomatici hanno detto ai residenti e ai media che l’UE e paesi affini
come il Regno Unito e la Norvegia, vedono la demolizione progettata da Israele
come una chiara violazione dei suoi obblighi ai sensi delle leggi di
occupazione, che essi respingono l’affermazione israeliana che quest’area è
vietata ai Palestinesi perché è stata dichiarata zona di addestramento militare
e che stanno fianco dei residenti e di tutte le comunità palestinesi a rischio
di trasferimento forzato.
L’UE non ha solo inviato diplomatici di alto livello a vedere il relitto di
Humsah. Ha inoltre fornito assistenza umanitaria ai residenti che –come
praticamente tutte le altre comunità di pastori in “Area C” (il 60% della
Cisgiordania occupata che rimane sotto il pieno controllo di Israele)–
affrontano un’intensa pressione israeliana, intesa a impedire loro di
svilupparsi secondo le esigenze della comunità.
Le restrizioni all’ottenimento di permessi di costruzione legali, le
demolizioni di case e le confische di proprietà e strutture che generano mezzi
di sussistenza sono descritte dalle Nazioni Unite come formazione di un
“ambiente ostile” che cerca di costringere le persone ad allontanarsi dalla
terra.
L’UE, attraverso il Consorzio di Protezione della Cisgiordania, ha
finanziato sistemi di elettricità solare e servizi igienici mobili, tra le
altre forme di assistenza, per consentire ai residenti di Humsah di resistere
in questo ambiente ostile.
I diplomatici europei hanno protestato contro la condotta di Israele anche
presso il ministero degli Esteri israeliano, con un’iniziativa diplomatica del febbraio 2021,
che includeva anche l’onnipresente richiesta che Israele restituisca qualsiasi
materiale finanziato da donatori europei che sia stato confiscato.
Quello stesso mese, la posizione europea è stata consegnata al Consiglio di
Sicurezza delle Nazioni Unite, quando sei membri attuali e precedenti hanno
chiesto a Israele di fermare le sue continue demolizioni del villaggio.
La raffica di attività diplomatiche chiaramente non ha impressionato le
autorità di occupazione israeliane.
Mercoledì scorso (7 luglio), soldati e personale dell’Amministrazione
Civile sono arrivati nella comunità, hanno dichiarato l’area zona militare
chiusa e hanno negato l’accesso a giornalisti, attivisti per i diritti umani e
diplomatici.
Le forze armate hanno smantellato e sequestrato strutture residenziali e
agricole appartenenti a nove famiglie, che contano un totale di 61 membri, di
cui 34 minori. Le forze armate hanno anche distrutto serbatoi d’acqua,
recinzioni e attrezzature agricole.
Gli effetti personali dei residenti sono stati caricati su camion che li
hanno trasportati alla comunità di ‘Ein Shibli, che si trova a ovest di Khirbet
Humsah, ai margini dell’Area C, che Israele ha destinato al loro trasferimento
forzato permanente, un crimine di guerra.
Ma i residenti di Humsah hanno resistito: i membri della comunità sono
fuggiti sulle montagne con i loro greggi, rimanendo sulla loro terra con
nient’altro che i vestiti che indossavano e alcune bottiglie d’acqua portate da
attivisti palestinesi e israeliani. Nei giorni successivi all’operazione,
i soldati israeliani continuano a impedire ogni accesso alla comunità
devastata.
Silenzio UE
Incredibilmente, questa volta l’UE non ha detto nulla a proposito di questo
crimine di guerra israeliano. Anzi.
Nei giorni successivi ci sono stati diversi sviluppi riguardo alle
relazioni bilaterali: il nuovo ministro degli Esteri israeliano, Yair Lapid, ha
partecipato a uno “scambio informale di opinioni ” in un pranzo con i 27
ministri dell’UE al Comitato Affari Esteri del 12 luglio, presieduto dall’Alto
Rappresentante UE per gli affari esteri, Josep Borrell, che ha avuto anche lui
un incontro bilaterale con Lapid.
L’incontro di Bruxelles è stato il primo del suo genere in più di un decennio e segna un disgelo
delle difficili relazioni UE-Israele sotto i governi Netanyahu: “un nuovo
inizio”, secondo la dichiarazione ufficiale dell’UE.
Nell’incontro, Lapid aveva il compito di promuovere l’ingresso di Israele nell’Europa Creativa, uno strumento di finanziamento della
Commissione Europea per le arti creative, in cui è inclusa una clausola
territoriale che vieta la partecipazione delle entità che si trovano negli
insediamenti israeliani.
Secondo la formula proposta, Israele potrà aderire al programma rifiutando
contemporaneamente la posizione più generale dell’UE, che si basa sul fatto che
i suoi insediamenti sono illegali.
Nei suoi commenti dopo l’incontro, l’Alto Rappresentante Borrell non ha
detto se i ministri hanno sollevato con Lapid l’abbattimento israeliano di
Khirbet Humsa. In questi casi, i partecipanti normalmente riferiscono una
“conversazione schietta e onesta”.
Borrell ha usato la dizione “scambio di ampio respiro e onesto” e anche
“scambio amichevole, aperto e costruttivo” e si è rallegrato del fatto che
Israele ora “ha pubblicamente sostenuto la ‘soluzione dei due stati'”.
Solo a parole
Ma il sostegno a parole dell’Europa ai diritti umani palestinesi, alla
stessa politica dell’UE e al diritto internazionale non riesce a nascondere il
fatto evidente che il totale disprezzo da parte di Israele delle iniziative
dell’UE non ha portato a conseguenze di sorta: il più recente, sesto, tentativo
di trasferimento forzato è stato perpetrato dal nuovo governo sotto il ministro
della difesa Benny Gantz, della “coalizione del cambiamento” di Lapid, non del
governo Netanyahu.
Questo sarà giustamente visto qui in Israele come nient’altro che
acquiescenza alla politica del governo di distruggere le comunità palestinesi,
per facilitare ulteriormente l’acquisizione della loro terra.
Perché un politico israeliano razionale dovrebbe considerare questa totale
mancanza di coerenza nei confronti degli obiettivi di politica estera dell’UE e
dei suoi principi sui diritti umani, come qualcosa di diverso da una licenza
per continuare a inviare bulldozer per rimuovere i Palestinesi da una terra che
l’UE considera parte di una possibile futura Palestina, e una licenza per
confiscare gli aiuti dell’UE?
Dopo le demolizioni della scorsa settimana, le strade che portano alle
rovine di Humsah hanno visto pochi veicoli diplomatici. Chiaramente, non è
in corso alcuna visita di alto livello, e giustamente. Dopo la totale
incapacità di far pagare a Israele la sua continua devastazione della comunità,
qualsiasi dichiarazione europea di solidarietà con il popolo palestinese che
vive sotto l’occupazione israeliana sarebbe vista come nient’altro che vuota
retorica.
Sarit Michaeli è advocacy officer
internazionale presso B’Tselem,
il Centro di informazione israeliano per i diritti umani nei territori
occupati.
https://euobserver.com/opinion/152448
Traduzione di Donato Cioli – AssoPacePalestina
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