Una precisazione: molte volte, quando usiamo il termine “los zapatistas –
gli zapatisti” – non ci riferiamo agli uomini ma ai popoli zapatisti. E quando
usiamo “las zapatistas” – le zapatiste – non definiamo le donne, ma le
comunità zapatiste. Dunque, troverai questo “salto” di genere nelle
nostre parole. Quando ci riferiamo al genere, aggiungiamo sempre “otroa”
per indicare l’esistenza e la lotta di coloro che non sono né uomini né donne
(e che la nostra ignoranza in materia ci impedisce di definire – ma impareremo
a nominare tutte le differenze –).
-*-
Ora, la prima cosa che devi sapere o capire è che noi zapatisti
quando facciamo qualcosa, per prima cosa ci prepariamo al peggio. Partiamo
da un finale di fallimento e, in senso opposto, ci prepariamo ad affrontarlo o,
nel migliore dei casi, ad evitarlo.
Ad esempio, immaginiamo di essere attaccati, i massacri di rigore,
il genocidio travestito da moderna civilizzazione, lo sterminio totale. E ci
prepariamo a queste possibilità. Ebbene, per il 1° gennaio 1994 non immaginammo
la sconfitta, la prendemmo come una certezza.
Ad ogni modo, forse questo ti aiuterà a capire perché inizialmente
eravamo stupiti, titubanti e confusi nell’improvvisare quando, dopo tanto
tempo, lavoro e preparazione alla rovina, ci siamo ritrovati… vivi.
È da questo scetticismo che nascono le nostre iniziative. Alcune piccole,
altre più grandi, tutte un delirio; le nostre convocazioni sono
sempre rivolte “all’altro”, a ciò che va molto oltre il nostro orizzonte
quotidiano, ma che riteniamo qualcosa di necessario nella lotta per la vita,
cioè nella lotta per l’umanità.
Con questa iniziativa o scommessa o delirio o follia, per esempio, nella
sua versione marittima ci siamo preparati al Kraken, ad una tempesta o una
balena bianca che avrebbe fatto naufragare l’imbarcazione, ecco perché abbiamo
costruito i cayucos – che hanno viaggiato con lo Squadrone 421
su La Montaña fino a Vigo, Galizia, Stato Spagnolo, Europa -.
Ci siamo preparati anche a non essere i benvenuti, per questo prima abbiamo
chiesto il consenso per l’invasione, cioè la visita… Beh, di essere i
“benvenuti” non siamo ancora del tutto sicuri. Per più di una, uno, unoa,
la nostra presenza è a dir poco inquietante, quando non francamente dirompente. E lo capiamo,
può darsi che qualcuno, dopo più di un anno di confinamento, trovi quantomeno
inopportuno che un gruppo di indigeni di radice maya, molto poca cosa in quanto
a produttori e consumatori di merci (elettorali e non), voglia parlare di
persona. Di persona! (ricordi che questo prima faceva parte della tua
quotidianità?). E, che inoltre, abbia come missione principale quella di
ascoltarti, riempirti di domande, condividere incubi e, naturalmente, sogni.
Ci siamo preparati al fatto che i malgoverni, da una parte e dall’altra,
impediscano o ostacolino la nostra partenza e il nostro arrivo, per questo
alcun@ zapatisti erano già in Europa… Opps, non avrei dovuto scriverlo,
cancellatelo. Sappiamo che il governo messicano non porrà ostacoli. Resta da vedere cosa
diranno e faranno gli altri governi europei – Portogallo e Stato Spagnolo non
si sono opposti -.
Ci siamo preparati al fallimento della missione, cioè che diventi un evento
mediatico e, quindi, fugace e irrilevante. Per questo accettiamo anzitutto
gli inviti di chi vuole ascoltare e parlare, cioè conversare. Perché il
nostro obiettivo principale non sono gli eventi di massa – anche se non li
escludiamo -, ma lo scambio di storie, conoscenze, sentimenti, valutazioni,
sfide, fallimenti e successi.
Ci siamo preparati alla caduta dell’aereo, motivo per cui abbiamo realizzato dei
paracadute con ricami colorati affinché invece di un “D-Day” in
Normandia (oh, oh, questo significa che lo sbarco aereo sarebbe in
Francia?… eh?… a Parigi?!), sia un “Z-Day” per l’Europa del basso, e
sembrerà allora che dal cielo piovano fiori come se Ixchel, dea madre, dea
arcobaleno, ci accompagni e, con la sua mano e con il suo volo, apra un secondo
fronte all’invasione. E più sicuro perché ora, grazie alla Galizia del basso,
lo Squadrone 421 è riuscito a installare una testa di ponte nelle terre di
Breogán.
In breve, ci prepariamo sempre a fallire… e a morire. Ecco perché
la vita, per lo zapatismo, è una sorpresa che va celebrata tutti i giorni, a
tutte le ore. E cosa altro c’è di meglio se non con balli, musica, arti.
-*-
Le Abejas de Acteal, organizzazione
nonviolenta anticapitalista chiedono alla delegazione zapatista arrivata in
Europa di condividere la denuncia sulla deportazione degli tsotsiles a
Chenalhó, Chiapas. Foto tratta dall’articolo di Desinformemonos
In tutti questi anni abbiamo imparato molte cose. Forse la cosa più
importante è rendersi conto di quanto siamo piccoli. E non intendo altezza
e peso, ma la dimensione del nostro impegno. I contatti con persone,
gruppi, collettivi, movimenti e organizzazioni di diverse parti del pianeta ci
hanno mostrato un mondo diverso, molteplice e complesso. Ciò ha rafforzato la
nostra convinzione che ogni proposta di egemonia e di omogeneità non solo è
impossibile, ma è soprattutto criminale.
Perché i tentativi – non di rado nascosti dietro nazionalismi di cartapesta
nelle vetrine dei centri commerciali della politica elettorale – di imporre
modi e sguardi sono criminali perché cercano di sterminare differenze di ogni
genere.
L’altro è il nemico: differenza di genere, razza, identità sessuale o
asessuale, lingua, colore della pelle, cultura, credo o miscredenza, concezione
del mondo, fisico, stereotipo di bellezza, storia. Contando tutti i mondi che
ci sono nel mondo, ci sono praticamente tanti nemici, reali o potenziali,
quanti sono gli esseri umani.
E potremmo dire che quasi ogni dichiarazione di identità è una
dichiarazione di guerra contro il diverso. Ho detto “quasi” e, in quanto
zapatisti, ci aggrappiamo a questo “quasi”.
-*-
Secondo le nostre modalità, i nostri calendari e la nostra geografia, siamo
giunti alla conclusione che l’incubo può sempre peggiorare. La pandemia di
“Coronavirus” non è l’apocalisse. È solo il suo preludio. Se i media e
i social volevano rassicurarci, prima, “informando”
sull’estinzione di un ghiacciaio, un terremoto, uno tsunami, una guerra in
qualche parte lontana del pianeta, l’omicidio di un altro indigeno da parte dei
paramilitari, una nuova aggressione contro la Palestina o il popolo mapuche, la
brutalità del governo in Colombia e Nicaragua, le immagini dei campi di
detenzione per migranti che vengono da un altro luogo, da un altro continente,
da un altro mondo, convincendoci così che questo “succede da un’altra
parte”, in poche settimane, la pandemia ha dimostrato che il mondo può
essere solo una piccola parrocchia egoista, sciocca e vulnerabile. I diversi
governi nazionali sono le cosche che vogliono controllare, con la violenza “legale”,
una strada o un quartiere, ma il “capo” che controlla tutto è il capitale.
Ad ogni modo, si sta preparando il peggio. Ma questo lo sapevi già,
vero? E se no, allora è ora che tu lo sappia. Perché, oltre
a cercare di convincerti che sofferenze e disgrazie saranno sempre estranee (fino
a quando non smettono di essere tali e si siedono alla tua tavola, turbandoti
il sonno e lasciandoti senza lacrime), ti dicono che il modo migliore
per affrontare queste minacce è individualmente.
Questo male si evita allontanandosi da esso, costruendo il tuo mondo a
tenuta stagna e rendendolo sempre più angusto fino a che c’è spazio solo per
“io, mio, me, con me”. E per questo, ti offrono “nemici” a modo, sempre con un fianco debole e
che è possibile sconfiggere acquistando, ascolta bene, questo prodotto
che, guarda che coincidenza, per questa unica occasione in offerta e puoi
acquistarlo e riceverlo sulla porta del tuo bunker in poche ore, giorni … o
settimane, perché la macchina ha scoperto, oh sorpresa, che il reddito
dipende anche dalla circolazione della merce e che, se questo processo si ferma
o rallenta, la bestia soffre… cosicché è business anche la sua distribuzione e
ripartizione.
Ma, in quanto zapatisti, abbiamo studiato e analizzato. E vogliamo
confrontare le conclusioni a cui siamo giunti con scienziati, artisti, filosofi
e analisti critici di tutto il mondo.
Ma non solo, anche e soprattutto con coloro che, nelle loro lotte
quotidiane, hanno subito e avvertito le disgrazie a venire. Perché, per
quanto riguarda il sociale, teniamo in grande considerazione l’analisi e la
valutazione di chi rischia la pelle nella lotta contro la macchina, e siamo
scettici nei confronti di chi, dal punto di vista esterno, opina, valuta,
consiglia, giudica e condanna o assolve.
Ma, attenzione, riteniamo che questo sguardo critico “outsider” sia
necessario e vitale, perché ci permette di vedere cose che non si vedono nel
vivo della lotta e, attenzione, contribuisce alla conoscenza della genealogia
della bestia, delle sue trasformazioni e del suo funzionamento.
In ogni caso, vogliamo parlare e, soprattutto, ascoltare chi si mette in
mezzo. E non ci interessa il suo colore, taglia, razza, sesso, religione,
militanza politica o percorso ideologico, se questo coincide con il ritratto
fedele della macchina assassina.
E se, quando parliamo del criminale, qualcuno lo identifica con il fato, la
sfortuna, “l’ordine naturale delle cose”, il castigo divino, la pigrizia o
l’incuria, lì non ci interessa ascoltare o parlare. Per queste spiegazioni basta
guardare le soap opera e andare sui social in
cerca di conferme.
Cioè, crediamo di aver stabilito chi è il criminale, il suo modus operandi
e il crimine stesso. Queste 3 caratteristiche si sintetizzano in un sistema,
cioè in un modo di rapportarsi all’umanità e alla natura: il capitalismo.
Sappiamo che è un crimine in corso e che il suo perseguimento sarà
disastroso per il mondo intero. Ma non è questa la conclusione che ci interessa
corroborare, no.
foto tratta dalla pagina facebook di
Radio Pozol
-*-
Perché sembra che, anche studiando e analizzando, abbiamo scoperto qualcosa
che può o no essere importante. Dipende.
Supponendo che questo pianeta sarà annientato, almeno per come lo
percepiamo adesso, abbiamo studiato le possibili opzioni.
Cioè, la nave affonda e lassù dicono che non succede nulla, che è
qualcosa di passeggero. Sì, come quando la petroliera Prestige naufragò
al largo delle coste europee (2002) – la Galizia fu la prima testimone e
vittima – e le autorità imprenditoriali e governative dissero che erano state
sversate solo poche gocce di carburante. Il disastro non è stato pagato né dal
Boss, né dai suoi sgherri e caporali. L’hanno pagato, e continuano a pagare,
gli abitanti che vivono di pesca su quelle coste. Loro e i loro discendenti.
E per “Nave” intendiamo il pianeta omogeneizzato da un sistema: il
capitalismo. Certo, potranno dire che “questa non è la nostra nave”, ma il
naufragio in corso non è solo di un sistema, ma del mondo intero, completo,
totale, anche l’angolo più remoto e isolato, e non solo dei suoi centri di
Potere.
-*-
Capiamo che qualcuno pensi, e agisca di conseguenza, che è ancora possibile
rattoppare, rammendare, dipingere un po’ qua e là, rimodellare l’imbarcazione.
Tenerla a galla anche vendendo la fantasia che siano possibili megaprogetti che
non solo non annientano intere popolazioni, ma anche che non colpiscano la
natura.
Che ci sono persone che pensano che basti essere molto determinate e darci
dentro con il maquillage (almeno fino a quando non passano le
elezioni). E che credono che la migliore risposta al reclamo di “Mai più”
– che si ripete in tutti gli angoli del pianeta -, siano promesse e denaro,
programmi politici e denaro, buone intenzioni e denaro, bandiere e denaro,
fanatismo e denaro. Che credano davvero che i problemi del mondo si riducano
alla mancanza di denaro.
E il denaro ha bisogno di strade, grandi progetti di civilizzazione, hotel,
centri commerciali, fabbriche, banche, manodopera, consumatori, … polizie ed
eserciti.
Le cosiddette “comunità rurali” sono classificate come “poco sviluppate” o
“arretrate” perché la circolazione del denaro, cioè delle merci, è inesistente
o molto limitata. Non importa che, ad esempio, il loro tasso di femminicidi e
violenze di genere sia inferiore rispetto a quello delle città. I successi dei
governi si misurano dal numero di aree distrutte e ripopolate da produttori e
consumatori di merci, grazie alla ricostruzione di quel territorio. Dove prima c’era un
campo di grano, una sorgente, un bosco, ora ci sono alberghi, centri
commerciali, fabbriche, centrali termoelettriche, … violenza di genere,
persecuzione della differenza, narcotraffico, infanticidi, tratta di esseri
umani, sfruttamento, razzismo, discriminazione. In breve:
c-i-v-i-l-i-z-z-a-z-i-o-n-e.
L’idea è che la popolazione contadina diventi una dipendente di questa
“urbanizzazione”. Continuerà a vivere, lavorare e consumare nella sua località,
ma il proprietario di tutto ciò che la circonda è un conglomerato
industriale-commerciale-finanziario-militare la cui sede è nel cyberspazio e
per il quale quel territorio conquistato è solo un puntino sulla mappa, una
percentuale di profitto, una merce. E il vero risultato sarà che la
popolazione originaria dovrà migrare, perché il capitale arriverà con propri
dipendenti “qualificati”. La popolazione originaria dovrà irrigare giardini e
pulire parcheggi, locali e piscine dove prima c’erano campi, boschi, coste,
lagune, fiumi e sorgenti.
Ciò che si nasconde è che, dietro le espansioni (“guerre di conquista”)
degli Stati – siano esse interne (“incorporando più popolazione alla
modernità”), sia esterne con alibi diversi (come quello del governo israeliano
nella sua guerra contro la Palestina) – c’è una logica comune: la conquista di
un territorio da parte della merce, cioè del denaro, cioè del capitale.
Ma capiamo che queste persone, per diventare il cassiere che amministra i
pagamenti e i ricavi che danno vita alla macchina, formano partiti politici
elettorali, fronti – ampi o ristretti – per disputare l’accesso al governo,
alleanze e rotture “strategiche”, e tutte le sfumature in cui sono impegnati
lavoro e vite che, dietro piccoli successi, nascondono grandi fallimenti. Una
piccola legge lì, un interlocuzione ufficiale qui, una nota giornalistica lì,
un tuit qua e là, un like là, tuttavia, per
fare un esempio di un crimine globale in corso, i femminicidi sono in aumento.
Nel frattempo la sinistra sale e scende, la destra sale e scende, il centro
sale e scende. Come cantava l’indimenticabile malagueña Marisol, “la
vita è una lotteria“: tutti (di sopra) vincono, tutti (di sotto) perdono.
Ma la “civilizzazione” è solo un fragile alibi per la distruzione
brutale. Il veleno si diffonde (non più dalla Prestige –
o non solo da quella nave -) e l’intero sistema sembra voler avvelenare
ogni angolo del pianeta, perché distruzione e morte sono più redditizie che
fermare la macchina.
Siamo sicuri che potrai aggiungere molti altri esempi. Indicatori di un
incubo irrazionale, tuttavia, attivo.
A Valencia il 5 luglio
-*-
Quindi, per diversi decenni ci siamo concentrati sulla ricerca di
alternative. La costruzione di zattere, cayucos, lance e
anche imbarcazioni più grandi (la 6a come improbabile arca), ha un orizzonte
ben definito. Da qualche parte si dovrà sbarcare.
Abbiamo letto e riletto. Abbiamo studiato e continuiamo a farlo. Abbiamo
fatto analisi prima e ora. Abbiamo aperto il nostro cuore e il nostro sguardo
non alle ideologie attuali o passate di moda, ma alle scienze, alle arti e alle
nostre storie di popoli originari. Con queste conoscenze e strumenti, abbiamo
scoperto che esiste, in questo sistema solare, un pianeta che potrebbe essere
abitabile: il terzo del sistema solare e che, fino ad ora, compare nei libri
scolastici e scientifici con il nome di “La Terra”. Per ulteriori
riferimenti, si trova tra Venere e Marte. Cioè, secondo certe culture, sta tra
l’amore e la guerra.
Il problema è che questo pianeta è ormai un cumulo di macerie, veri incubi
e orrori tangibili. Poco è rimasto in piedi. Anche la cortina che nasconde la
catastrofe è strappata. Allora, come posso dirtelo? Il problema non è
conquistare quel mondo e godere dei piaceri dei vincitori. È più complicato e
richiede, sì, uno sforzo mondiale: bisogna rifarlo.
-*-
Ora, secondo le grandi produzioni cinematografiche hollywoodiane,
l’uscita dalla catastrofe mondiale (sempre qualcosa di esterno –
alieni, meteore, pandemie inspiegabili, zombie simili a candidati a qualche
carica pubblica -) è il prodotto dell’unione di tutti i governi del
mondo (guidati dai gringos)… o, peggio, dal
governo degli Stati Uniti sintetizzato in un individuo, o individua (perché
la macchina ha imparato che la farsa deve essere includente), che può
avere le caratteristiche razziali e di genere politicamente corrette , ma che
sul petto porta il marchio dell’Idra.
Ma, lungi da queste finzioni, la realtà ci mostra che tutto è
business: il sistema produce la distruzione e ti vende i biglietti per fuggire
da esso… nello spazio. E sicuramente, negli uffici delle grandi
corporazioni, ci sono brillanti progetti di colonizzazione interstellare… con
proprietà privata dei mezzi di produzione inclusa. In altre parole, il sistema
viene traslato, nella sua interezza, su un altro pianeta. “All included”
si riferisce a chi lavora, a chi vive sopra coloro che lavorano e al suo
rapporto di sfruttamento.
-*-
A volte non si limitano a guardare allo spazio. Il capitalismo “verde” si
batte per le aree “protette” del pianeta. Bolle ecologiche dove la bestia può
rifugiarsi mentre il pianeta guarisce dai morsi (il che richiederebbe solo
pochi milioni di anni).
Quando la macchina parla di “un nuovo mondo” o “di umanizzazione del
pianeta”, pensa ai territori da conquistare, spopolare e distruggere, per poi
ripopolare e ricostruire con la stessa logica che ora tiene il mondo di fronte
al baratro, sempre pronta a fare il passo avanti che richiese il progresso.
Potresti pensare che non sia possibile che qualcuno sia così imbecille da
distruggere la casa in cui vive. “La rana non beve tutta l’acqua
della pozza in cui vive“, dice un proverbio del popolo originario
Sioux. Ma se intendi applicare la logica razionale al funzionamento
della macchina, non capirai (beh, nemmeno la macchina). Le
valutazioni morali ed etiche non servono a niente. La logica della bestia è il
profitto. Certo, ora ti chiederai come sia possibile che una macchina
irrazionale, immorale e stupida governi i destini di un intero pianeta. Ah,
(sospiro), è nella sua genealogia, nella sua stessa essenza.
Ma, tralasciando l’impossibile esercizio di dotare di razionalità l’irrazionale,
arriverai alla conclusione che è necessario distruggere questa mostruosità che
non è diabolica. Purtroppo è umana.
E, naturalmente, tu studi, leggi, confronti, analizzi e scopri che ci sono
ottime proposte per uscirne. Da quelle che propongono trucco e parrucco, a
quelle che consigliano lezioni di morale e logica per la bestia, passando per
nuovi o vecchi sistemi.
Sì, ti capiamo, la vita fa schifo ed è sempre possibile rifugiarsi in quel
cinismo così sopravvalutato sui social network. Diceva il compianto
SupMarcos: “la cosa brutta non è che la vita fa schifo, ma che ti
costringano a mangiarla e si aspettano pure che tu l’apprezzi“.
Ma supponi di no, che tu sappia che, in effetti, la vita fa schifo, ma la
tua reazione non sia quella di chiuderti in te stesso (o nel tuo “mondo”, che
dipende dal numero dei tuoi “follower” sui social network di
adesso e a venire). E poi decidi di abbracciare, con fede, speranza e carità,
alcune delle opzioni che ti vengono presentate. E scegli la migliore, la più
grande, la più famosa, quella vincente… o quella che ti è vicina.
Grandi progetti di nuovi e vecchi sistemi politici. Ritardi impossibili
dell’orologio della storia. Nazionalismi sciovinisti. Futuri condivisi in forza
di tale opzione che prende il Potere e ci rimane fino a quando tutto non sarà
risolto. Il tuo rubinetto perde? Vota per tizio. Schiamazzi nel quartiere? Vota
per caio. Il costo dei trasporti, del cibo, delle medicine, dell’energia, delle
scuole, dell’abbigliamento, dell’intrattenimento, della cultura è aumentato?
Hai paura dell’immigrazione? Ti senti a disagio con persone dalla pelle scura,
credi diversi, lingue incomprensibili, stature e carnagioni diverse? Vota per…
C’è anche chi non si discosta dall’obiettivo, ma dal metodo. E poi ripete
da sopra ciò che criticava da sotto. Con disgustosi contorsionismi e
argomentando strategie geopolitiche, si appoggia a chi si ripete nel crimine e
nella stupidità. Si chiede che i popoli sopportino le oppressioni a beneficio
della “correlazione internazionale di forze e l’ascesa della sinistra
nell’area”. Ma il Nicaragua non è Ortega-Murillo e la bestia non ci metterà
molto a capirlo.
In tutte queste grandi offerte di soluzioni nel mortale supermercato del
sistema, molte volte non si dice che si tratta della brutale imposizione di
un’egemonia, e di un decreto di persecuzione e morte a ciò che non è omogeneo
al vincitore.
I governi governano per i loro seguaci, mai per quelli che non lo sono. Le
star dei social network alimentano i loro seguaci, anche a
costo di sacrificare l’intelligenza e la vergogna. E il “politicamente
corretto” ingoia rospi, dopo aver divorato chi consiglia la rassegnazione “per
non beneficiare il nemico principale”.
-*-
Lo zapatismo è la grande risposta, un’altra, ai problemi del mondo?
No. Lo zapatismo è tante domande. E la più piccola può essere la più
inquietante: E tu, che fai?
Di fronte alla catastrofe capitalista, lo zapatismo propone un
vecchio-nuovo sistema sociale idilliaco e con esso ripete le imposizioni di
egemonie ed omogeneità ora “buone”?
No. Il nostro pensiero è piccolo come noi: sono gli sforzi di ciascuno,
nella sua geografia, secondo il suo calendario e i suoi modi, che
consentiranno, forse, di liquidare il criminale e, contemporaneamente, rifare
tutto. E tutto vuol dire tutto.
Ognuno, secondo il proprio calendario, la propria geografia, la propria
strada, dovrà costruire il proprio percorso. E, come noi popoli zapatisti,
inciamperà e si rialzerà, e ciò che costruirà avrà il nome che avrà voglia di
avere. Sarà solo diverso e migliore di ciò che abbiamo subito prima, e di ciò
che patiamo attualmente, se riconosce l’altro e lo rispetta, se rinuncia a
imporre il suo pensiero sul diverso e se finalmente si rende conto che ci sono
molti mondi e che la loro ricchezza nasce e risplende nella loro differenza.
È possibile? Non lo sappiamo. Ma sappiamo che, per scoprirlo, si deve
lottare per la Vita.
-*-
Allora, cosa veniamo a fare in questo Viaggio per la Vita se non aspiriamo
a dettare strade, rotte, destinazioni? Cosa, se non cerchiamo adesioni,
voti, likes? Cosa, se non andiamo a giudicare e condannare o
assolvere? Cosa, se non invitiamo al fanatismo per un nuovo-vecchio credo?
Cosa, se non vogliamo passare alla Storia e occupare una nicchia nel pantheon
ammuffito dello spettro politico?
Ebbene, ad essere onesti in quanto zapatisti: non solo verremo a
confrontare le nostre analisi e conclusioni con l’altro che lotta e pensa
criticamente.
Veniamo a ringraziare l’altro per la sua esistenza. Ringraziare per gli
insegnamenti che ci hanno dato la sua ribellione e resistenza. Veniamo a
consegnare il fiore promesso. Abbracciare l’altro e gli diremo all’orecchio che
non è solo, sola, soloa. Veniamo a sussurrargli/le che valgono la
pena la resistenza, la lotta, il dolore per chi non c’è più, la rabbia per il
criminale impunito, il sogno di un mondo non perfetto, ma migliore: un mondo
senza paura.
E anche, e soprattutto, veniamo a cercare complicità… per la vita.
SupGaleano
Giugno 2021, Pianeta Terra
Traduzione “Maribel” – Bergamo
Testo originale: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2021/06/27/la-travesia-por-la-vida-a-que-vamos/
Per guardare la diretta completa dello sbarco della delegazione zapatista,
trasmessa da Desinformémonos, e per tutte le notizie
sulla gira zapatista per la vita in Europa e in Italia: Lapaz, la pagina facebook dell’Assemblea
nazionale italiana di coordinamento per il viaggio europeo di Zapatisti e
Zapatiste.
𝗢𝗿𝗶𝗲𝗻𝘁𝗮𝗿𝘀𝗶 𝗻𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗥𝗼𝘁𝘁𝗮 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 #𝗚𝗶𝗿𝗮𝗭𝗮𝗽𝗮𝘁𝗶𝘀𝘁𝗮
APPROFONDIMENTI
& CONNESSIONI
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