Poteva esserci migliore location degli studi di Cinecittà per presentare lo spettacolo dell’approvazione a pieni voti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) del Governo Draghi da parte della Commissaria europea Ursula Von der Leyen?
Non sappiamo che film stessero girando, ma, leggendo i testi del copione,
la prima parte apparteneva sicuramente al genere fantascienza.
Ecco cosa dice la co-protagonista “Il Piano rappresenta una
risposta completa e bilanciata alla situazione economica e sociale dell’Italia
(..) contiene un’ampia gamma di investimenti e riforme per affrontare le sfide
della transizione verde (..) affronta le sfide esistenti sulla gestione
dell’acqua e sulla tutela della biodiversità (..) prevede significativi
investimenti per la digitalizzazione di scuola, sanità e giustizia”.
Alla quale, il protagonista, emozionato come un bambino davanti alla bella
pagella, risponde con enfasi: ”Cosa c’è di diverso oggi, rispetto alle
insufficienze di ieri? La volontà politica di fare, votata a grandissima
maggioranza dal Parlamento, e la capacità di fare” .
Tuttavia, a questo punto della storia, il genere sembra trasformarsi e il
film improvvisamente scade in uno di quei ripetitivi e noiosi lungometraggi da
filmografia del capitalismo reale, dove la parola “competitività” viene
ripetuta fino all’ossessione, al punto che persino i 300 milioni destinati
all’ampliamento degli studi di Cinecittà avranno l’obiettivo, con Fellini
che si rivolta nella tomba, di “aumentare la competitività del settore,
trasformando il luogo in una Hollywood europea”.
Dopo la promozione arriva il premio, con il prossimo arrivo di 24,9
miliardi, pari al 13% dei fondi complessivi previsti dal Recovery Fund.
Il Piano, come sappiamo da tempo, ha l’unico scopo di consolidare il
modello dell’economia del profitto, sottoposto dalla pandemia a preoccupanti
faglie attive che suggerivano la necessità di una radicale inversione di rotta,
verso un modello sociale che ponesse la cura e l’interdipendenza come elementi
per una nuova giustizia sociale e ambientale.
Ma, così come si è deciso di farci convivere a lungo con il virus per non
intaccare i profitti delle grandi imprese, ora si tenta di rinnovare il
capitalismo con una riverniciata green e digital.
Del resto, aldilà dell’ideologia iperliberista della gran parte dei
consiglieri economici assoldati da Draghi, quali saranno i prossimi passi del
governo per attuare l’annunciata “svolta” ecologica e sociale?
Eccoli elencati nel film, poco prima dei titoli di coda: legge sulle
semplificazioni, legge sulla riforma del codice degli appalti e delle
concessioni, legge sulla concorrenza, tutte da approvare a velocità
stratosferica -ovvero, senza discussioni- perché bisogna dimostrare efficienza
e perché finalmente “Italy is running”.
Al film mancavano i sottotitoli, altrimenti sarebbe stato chiaro a tutti
gli spettatori il significato di queste tre leggi: liberalizzare le
norme, dando un ulteriore colpo ai diritti del lavoro (codice appalti),
azzerare l’opposizione di enti locali e comunità territoriali alle grandi opere
inutili e devastanti (dl semplificazioni); dare nuovo impulso alle
privatizzazioni di beni comuni e servizi pubblici (riforma della concorrenza).
Ovvero, come rinsaldare le politiche liberiste aggiungendovi un di più di
autoritarismo, necessario ad affrontare la probabile esplosione della bomba
sociale nel prossimo autunno.
Bomba sociale che dovrà incontrare terreni di mobilitazione collettiva,
ampia e inclusiva delle migliori esperienze del paese, per trasformarsi in
alternativa sociale reale e non deflagrare in un ulteriore imbarbarimento delle
relazioni.
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