L’assoluzione di Kyle Rittenhouse, il giovane americano che nel 2020, a 17 anni, ha ucciso due persone disarmate, ferendone una terza, durante le proteste di Kenosha contro la violenza della polizia, ha stupito probabilmente solo chi non ha seguito il processo. “Legittima difesa”, ha deciso la giuria, dopo quasi quattro giorni di consultazione, sotto gli sguardi dell'America e del mondo intero. Come scritto da Eric Levitz su New York magazine, la sentenza “mostra l’anarchia latente in America in quella peculiare combinazione tra leggi ultralibertarie nel possesso di armi, l’esteso concetto di autodifesa e il massiccio possesso di armi da parte degli americani”. Sulla stessa lunghezza d’onda Amnesty International, che in un comunicato rilasciato dopo la sentenza, ha dichiarato:
Permettere a
privati cittadini, in questo caso un adolescente, di armarsi e andare per
strada senza rendere poi conto delle proprie azioni servirà solo a incoraggiare
il vigilantismo e aumenterà il rischio di futuri scontri e violenze.
Mentre i
familiari di una delle vittime, Anthony Huber, hanno così commentato: “Civili armati possono presentarsi in una qualunque
città, incitare alla violenza, e poi usare il pericolo che loro stessi hanno
creato per giustificare l'uccisione di persone per strada”.
Le
avvisaglie per un’assoluzione di un ragazzo che, lo ripetiamo, ha sparato con
un fucile semiautomatico per strada a tre persone, c'erano tutte. La decisione
della giuria ha trovato solidi appoggi nelle leggi del Wisconsin e nell’abilità
dimostrata dall'avvocato; il fatto che due delle vittime avessero provato a
disarmare Rittenhouse è passato come un motivo sufficiente per invocare
la legittima difesa e per reputare l’uccisione un uso adeguato della forza. È passato in
secondo piano che Rittenhouse fosse a Kenosha mentre operava un gruppo creato
dopo l’uccisione di George Floyd, diventato nel giro di pochi mesi una milizia,
rispondendo alla chiamata rivolta ai “Cittadini armati” e ai “patrioti” per
difendere la città dai “malvagi criminali”; del resto quella milizia stava forse collaborando con la polizia. Ha prevalso che Rittenhouse fosse
lì per proteggere una rivendita auto e per offrire supporto medico. L’accusa di
possesso illegale di arma da fuoco è caduta per una norma relativa alla caccia, che permette ai minori di
usare un fucile, purché abbia la canna sufficientemente lunga.
Per quanto
sia stata ritenuta controversa, la condotta del giudice Bruce Schroeder ha avuto un impatto effettivo
ridotto, secondo, tra gli altri, Jessica Levinson della Loyola Law School. Sì, ha destato abbasta clamore che il
giudice abbia chiesto all’accusa di dimostrare che la funzione di zoom sull’iPad non permette all’algoritmo di manipolare le immagini. O che abbia
lasciato la suoneria del cellulare accesa, rivelando così di usare la stessa
canzone usata nei raduni di Trump, God bless the Usa. Secondo Levinson,
però, le decisioni che ha preso non si discostano da quelle che si vedono nelle
corti in ogni giorno, e non sono state a senso unico. Per capire cosa è
successo in quell’aula di tribunale, e le conseguenze che questa assoluzione
può avere per l'intero paese, bisogna guardare “gli eventi che hanno portato
alle proteste di Kenosha, l’assurda facilità con cui possiamo accedere alle
armi e i problemi strutturali del sistema legale”.
Al di là del
processo e dei suoi momenti chiave, dobbiamo quindi partire da un punto scomodo, forse duro da digerire, e
che sta molto sotto la comprensibile rabbia, l’indignazione e il dolore per chi
quella sera ha visto morire una persona cara. Non è Kyle Rittenhouse il
problema dell’America, né un’eventuale condanna per ergastolo qualcosa che
avrebbe potuto considerarsi “giustizia”, se pensiamo all’intera traiettoria
messa in moto dalla polizia di Kenosha, nel momento in cui ha sparato contro Jacob Blake rendendolo invalido e provocando le furiose
proteste nell’estate del 2020, in mezzo alle quali si è mosso Rittenhouse. Rittenhouse
è il sintomo di un’America che radicalizza nel quotidiano i suoi figli, li arma
in nome della "patria", e poi li eleva a eroi per assolvere prima di
tutto se stessa, per cinico calcolo o ipocrisia, per alzare l’asticella dello
scontro politico avendo rinunciato al senso del limite. Dopo l’immediata
assoluzione, ecco infatti arrivare a mezzo Twitter offerte di lavoro per
Rittenhouse da parte di alcuni deputati repubblicani. A Washington uccidere fa curriculum.
L’estetica e
l’etica del vigilantismo, dell’organizzarsi armati contro i nemici dell'ordine
costituito, è ormai un modello non solo sdoganato, ma incoraggiato dall’alto.
Lo abbiamo visto il 6 gennaio nell’insurrezione a Capitol Hill, ma lo possiamo vedere ogni qual volta non ci
trastulliamo ricercando in astratto falsi equilibri tra realtà politiche asimmetriche.
Lo possiamo vedere ancora nel Congresso, nella dolosa ritrosia dei Repubblicani
a condannare il video twittato proprio negli scorsi giorni dal deputato Paul Grosar, dove le immagini di un’anime erano
state editate per mostrare Grosar stesso mentre uccideva la deputata
Democratica Alexandria Ocasio-Cortez. O in certi spot dal retrogusto distopico,
che mostrano deputate armate e
fiere, come se
quelle armi fossero parte integrante del loro lavoro. Gli avversari politici,
ormai, sono nemici da abbattere, le minacce di morte una strategia
comunicativa. Ciò che un tempo era eccezionale è diventato consuetudine:
C’è insomma da
essere allarmisti come forma di prudenza. Lo è a buon diritto Cas Mudde, politologo esperto di
estremismi, secondo cui la sentenza di Kenosha “apre la stagione di caccia a
chi protesta”:
I bianchi
hanno ora l’apparente diritto di viaggiare per il paese, pesantemente armati, e
di usare la violenza per proteggere qualunque cosa ritengono minacciata. Data
la fervida paranoia e il razzismo che hanno fatto presa in una considerevole
minoranza bianca negli Stati Uniti, ci sono le premesse per un disastro.
Leggiamo
"razzismo" e magari torna semplice pensare che nella sentenza di
Kenosha non c’entri, poiché alla fine Rittenhouse ha sparato a dei bianchi.
Viene magari da pensare che parlare di razzismo sia solo, come si dice oggi in
certe redazioni a tasso agevolato di decenza, una fissazione "woke”. Ma prima di esprimere questo tipo di valutazione, è sempre utile fare un
controllo alla propria consapevolezza storica, e comprendere che il Secondo emendamento è sempre stato un campo di
battaglia per decidere chi potesse essere armato e chi potesse avere il diritto
di girare armato. Quando per esempio negli anni ‘70 questo diritto era
rivendicato dalle Black Panthers, l’ultralibertaria National Rifle Association promuoveva
il controllo delle armi, il Repubblicano Reagan promulgava da governatore della
California leggi restrittive come il Mulford Act.
Tornando al
presente, la sentenza di Kenosha rafforza di fatto il principio dello “stand your ground”, per cui se si è legittimamente armati – anche per
strada, quindi – il ricorso alla forza come reazione a una minaccia è sempre
consentito, anche se quella reazione è letale. Non importa se prima si è
provocato qualcuno, o se quel qualcuno non ha armi da fuoco. Ecco perciò che
gli spazi solitamente politicizzati da manifestazioni e proteste, come le
strade di una città, non riguardano più il diritto al dissenso o alla
manifestazione del libero pensiero, ma possono essere filtrati sotto la lente
della legge e dell’ordine, della sicurezza da ristabilire.
In questo scenario,
e in questo clima politico, scontri o violenze di qualunque tipo non diventano
più un’eventualità, un rischio; possono essere ricercati attivamente da
miliziani e vigilanti legalmente armati, per poter così avere la scusa di usare
le armi e invocare poi la legittima difesa. Un simile rischio diventa una
possibilità concreta in quei contesti specifici dove si è sicuri di avere
l’appoggio delle forze dell’ordine – eventualità tutt’altro che irreale. Ciò che abbiamo visto a Kenosha nell’estate del
2020, insomma, rischia di essere un modello infausto di gestione delle
proteste.
Anche da
noi, del resto, slogan come "la difesa è sempre legittima" hanno trovato via via spazio
negli anni, certo sulla scia della cronaca nera più che di manifestazioni o proteste.
Ma questa visione securitaria in cui da una parte si delinea una civiltà dove
l'ordine è dato al collasso sotto la spinta di pericoli estranei, deumanizzati
(per esempio "i clandestini che ci invadono"), mentre dall'altra si
suggerisce come unico rimedio il via libera alla violenza per ripristinare
l'ordine, non è affatto qualcosa a cui siamo immuni, anzi. La domanda che
allora unisce due sponde separate dall'oceano è dunque la medesima: di fronte a
ciò quali anticorpi politici abbiamo?
https://www.valigiablu.it/america-assoluzione-kyle-rittenhouse/
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