Capita di incrociare persone, tra quelle fermamente favorevoli al pacchetto governativo Vaccinazione Universale + Green Pass, che manifestano un autentico stupore per la persistenza della protesta. Sembra che non si capacitino. Spesso si affaticano persino ad escogitare esotiche psichiatrizzazioni di quella che a loro appare come un’incomprensibile ‘deviazione’. Perché ai loro occhi nulla di razionale potrebbe giustificare un tale testardo comportamento ostativo.
Quando questi incontri capitano a me l’unica opzione rimasta è un rapido
allontanamento. Questo perché comprendo di avere una reazione simmetrica ed
opposta: ho l’impressione di essere in qualcosa come la taverna di Star Wars,
tra bizzarri alieni polimorfi, o tra Visitors, gente che tra un sorriso e
l’altro potrebbe ingollare un ratto vivo pulendosi col tovagliolo e proseguire
come nulla fosse. Il senso di completa incomprensione è straniante, il senso di
potenziale conflitto è inquietante e alienante.
Ora, però per amore dell’ottimismo della volontà, voglio provar a superare
questa reazione epidermica e tentar di fornire un lato da cui, forse,
avvicinare alla controparte almeno l’aspetto psicologico di
quella resistenza così incomprensibile. (Sull’aspetto concreto, argomentativo,
credo non ci sia più niente da aggiungere: chi era disposto a capire ha
capito.)
Mi interessa in particolare far capire una cosa, che temo non sia compresa,
e che se non compresa condurrà in un vicolo cieco dai risvolti drammatici: Chi
fa resistenza ora alla strategia governativa Vaccinazione Indiscriminata +
Green Pass non mollerà mai. Non mollerà mai non per simpatia con
qualche slogan, ma per ragioni psicologiche fondamentali. Non mollerà neppure
se dovesse essere costretto con un fucile spianato ad obbedire. Continuerà con
tutte le proprie risorse e in ogni modo a resistere a questa spinta.
Perché? Non per ragioni “psichiatriche”, ma per ragioni psicologiche
cruciali.
Provo a spiegarmi con una storiella, una sorta di parabola o similitudine.
Immaginiamo che stiate passeggiando in solitudine per una strada urbana
sconosciuta: carcavate la piazza centrale del paese e vi siete persi.
Vi si fa incontro un poliziotto che vi sorride, vi dice di non preoccuparvi
e vi chiede di seguirlo.
Il poliziotto vi indica un vicolo laterale e vi dice di entrare. Garantisce
che la piazza è vicinissima, proprio lì dietro, e che neanche immaginate quanto
sia bella.
Abituati a dare fiducia all’autorità costituita, girate l’angolo.
Però dietro l’angolo c’è un lungo vicolo buio, pieno di pozzanghere,
mefitico. Sulla destra compare un cartello arrugginito con una freccia e la
scritta: “Alla vecchia discarica”.
Vi girate con aria interrogativa.
Il poliziotto svelle il cartello lanciandolo a terra, sorride e vi
rassicura: “Non si faccia scoraggiare. Sono vecchi segnali senza valore. La
piazza non è subito visibile, bisogna andare in fondo e girare l’angolo.”
Voi cominciate a sentirvi un po’ a disagio, ma in fondo siete nelle mani
della forza pubblica, e a cos’altro di più autorevole vi potreste appellare? E
perciò date fiducia e proseguite.
Alla prima svolta il vicolo appare ancora più tetro, la stradina si
stringe, compare qualche sorcio e si intravede un tunnel. Sopra il tunnel c’è
un cartello che segnala “Zona pericolante.”
Vi girate di nuovo chiedendo se è proprio sicuro che sia questa la strada.
Il poliziotto vi guarda con aria rassicurante e bonaria, stacca dal muro il
cartello, lo mette sotto i piedi, e vi garantisce che è così, basta entrare nel
tunnel e arrivare alla prossima svolta. Mica vorrete credere a queste scritte,
che chissà chi le ha messe? E non vorrete mica mettere in dubbio la sua parola?
E così entrate nel tunnel e camminate ancora, inzaccherandovi e turandovi
il naso, fino ad arrivare alla successiva svolta.
Ora il tunnel si restringe, e si abbassa fino a costringervi ad abbassare
il capo, venite accolti da una zaffata di odore di muffa, buio pesto,
fanghiglia, lamiere cigolanti e in primo piano campeggia il cadavere di un
gatto.
A questo punto puntate i piedi, dicendo di non essere più sicuri di voler
continuare.
Ma ora la mano del poliziotto vi prende per il braccio e comincia a
spingervi; non ride più: “Beh? Guardi, mica ho tutto il giorno da perdere!
Perché si ferma? Non siamo arrivati. Guardi, sono stato gentile finora, però
veda di continuare perché altrimenti mi costringe a smettere con le buone
maniere.”
Ecco, a questo punto voi non sapete davvero cosa sta succedendo.
Potete fare congetture, ma non lo sapete.
Però, sicuro come la morte, siete tesi come una corda di violino e non credete
più ad una parola del poliziotto. Non sapete che intenzioni abbia, ma non
volete aspettare a scoprirlo. Non siete neppure più certi che sia davvero un
poliziotto. Quel che sapete è che avete alle spalle un energumeno armato, che
ha usato il credito della divisa per portarvi in un luogo dove non volevate
andare, che vi ha messo in condizioni di non poter chiedere aiuto, che vi ha
raccontato storie prive di riscontro, che ha sminuito qualunque segnale di
allarme, e che di fronte alla vostra resistenza è passato a spingervi e a
minacciare l’uso della forza.
E a questo punto, in quanto esseri umani eredi di istinti cui si deve
l’essere arrivati fino ad oggi, entrate in modalità bellica: “Qualunque cosa
questo tomo voglia, ora l’unica cosa che conta è sfuggirgli e trovare il modo
di tornare indietro.” Da questo momento in poi ogni cosa che il poliziotto dirà
saranno suoni vuoti, in cui risiede un inganno latente; ogni movimento che
farà, sarà solo parte di una minaccia incombente, minaccia di qualcosa di tanto
più spaventoso in quanto ignoto. E ad una pressione ulteriore non sapete come
potreste reagire, perché ora tutto è permesso.
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Ecco, la similitudine spero risulti esplicativa.
Il poliziotto è il governo. Dall’inizio della vicenda ha tutti i mezzi e
tutta l’autorità per condurvi dove vuole. Vi promette di condurvi in salvo,
purché facciate come dice. E voi inizialmente gli date fiducia e lo seguite,
perché dopo tutto è lì che risiede l’autorità.
Però svolta dopo svolta, tunnel dopo tunnel, cominciate prima a chiedervi se
sappia quello che fa; e poi a temere che sappia quello che fa,
e che non sia neanche di striscio nel vostro interesse. Ad ogni menzogna, ad
ogni mancata meta, ad ogni inganno “a fin di bene”, la fiducia in quel che
viene affermato si assottiglia. E nel momento in cui ai sorrisi e alla
persuasione subentra la coazione e la minaccia, a questo punto, il dubbio sulle
buone intenzioni è diventato certezza di cattive intenzioni.
Che non si sappia dare un chiaro volto a quelle cattive intenzioni non ha
nessuna importanza: in passato i nostri antenati non hanno aspettato di vedere
se il leone avesse davvero fame per scappare; e se avessero avuto quello
scrupolo non saremmo qui a raccontarlo.
E così, il governo e il CTS hanno raccontato corbellerie o fandonie,
ripetutamente.
Hanno sbagliato nel determinare quel che serviva per contenere la pandemia
(dalle mascherine all’aperto, al divieto di uscire di casa, alle multe ai
runner, al protocollo “tachipirina e vigile attesa”, ecc.).
Ma si era all’inizio. Esistono gli errori in buona fede.
Poi però hanno manipolato le comunicazioni sui decessi a seconda della
bisogna, minimizzando quando serviva minimizzare, esacerbando il terrore quando
serviva altro.
E qui un po’ la diffidenza cresce, però, chissà, magari erano “distorsioni
a fin di bene”.
Ma poi hanno detto il falso sull’immunità di gregge (su cosa serviva per
raggiungerla, e se era possibile raggiungerla). Hanno detto il falso sulla
sicurezza dei preparati da inoculare, dando garanzie assolute che non erano in
grado di dare e che sono state smentite al prezzo di lesioni personali e vite
umane. Hanno detto il falso sull’efficacia e durata dei medesimi preparati,
cambiando versioni almeno quattro volte. Hanno detto il falso su chi sarebbe
stato contagioso e chi no. Hanno detto il falso sull’inesistenza di terapie
disponibili, ecc. ecc.
E al tempo stesso hanno bloccato e rimosso tutti i “cartelli di
ammonimento”: hanno fatto di radio e tv un’unica voce con una stessa
narrazione, hanno bloccato, censurato o negato tutte le fonti di informazione
alternative, anche le più autorevoli; quando non è stato possibile bloccarle,
le hanno screditate, attaccate, minacciate di radiazione, ecc.
E poi hanno cominciato a premere e ricattare, in un crescendo, estendendo
per categorie, e per fasce di età la richiesta di sottoporsi all’inoculazione,
ed ampliando la portata dei divieti e dunque l’area del ricatto fino a mettere
in discussione le fonti di sostentamento.
L’immagine complessiva che riassume il processo è ora quella di un’autorità
monolitica che nel corso di quasi due anni, con un continuo crescendo, ha
mentito e manipolato, vietato e censurato, costretto e ricattato, e che è
disposta sempre di più ad usare anche la repressione più schietta, pur di fare
in modo di inoculare il maggiore numero di persone, e di farlo specificamente
con alcuni preparati (gli altri internazionalmente approvati non sono
riconosciuti), mentre ha ridotto ai minimi termini le funzioni terapeutiche.
La mancanza di un chiaro quadro delle intenzioni a questo punto non basta a
disunire la resistenza, per quanto composita. Qui si va dall’estremo di chi ha
una netta propensione a teorie del complotto e crede che si tratti di uno
sterminio di massa a finalità di abbattimento demografico, all’estremo opposto
di chi pensa si tratti del mero casuale concorso di sciatteria, corruzione,
interessi economici e senso di impunità di una classe dirigente allo sbando,
senza alcun piano; con molti livelli e ipotesi intermedie.
Però che sia stato per incapacità o per dolo, oramai non importa più nulla
– hanno creato una situazione in cui la loro parola non conta più niente, si dà
per scontato che qualunque cosa venga detta o dichiarata sarà una menzogna o
una manipolazione: ogni credibilità è scomparsa. L’unica cosa chiara è che sono
disposti a dire e fare “whatever it takes” per portare tutti, con motivazioni
farlocche, ad accettare un intervento sanitario indesiderato e una
certificazione di avvenuta subordinazione. E a questo punto non possono più fare
niente per convincere delle loro buone intenzioni, anche laddove fossero mai
esistite. Ora sono la minaccia, il nemico e l’unico primordiale imperativo è
fuggire o combattere.
[E infine, tra le varie ipotesi disponibili c'è anche quella, machiavellica
ma non troppo, che questa reazione psicologica sia proprio il fine perseguito,
per incrementare il livello dello scontro fino a giustificare strette
autoritarie.
Il buio fa paura perché non sai qual è la forma della minaccia e non puoi
prepararti.]
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