Il patriottismo è
l’ultimo rifugio delle canaglie - Samuel Johnson
una patria di nome
Mediaset e un patriota di nome Berlusconi – bortocal
questo non era in origine un post, ma un
commento all’amico gaberricci; mi ha chiesto di dargli visibilità in questa
forma e con l’occasione integro qualcosa: il tema è la definizione di patriota
data di Berlusconi recentemente dalla Meloni.
Ma su quale base l’ha detto? mi
ha chiesto.
. . .
ognuno di noi, perfino istintivamente, fa
molta fatica a farsi venire in mente in che cosa Berlusconi sarebbe stato
particolarmente patriottico nei lunghi anni nei quali ha governato (1994-95;
2001-2006; 2008-2011) e nell’ancora più lungo e ininterrotto periodo nel quale
ha comunque condizionato la politica italiana, dalla discesa in campo del 1993.
questo non è stato neppure veramente
interrotto dalla condanna nel 2013 a quattro anni di carcere per una massiccia
evasione fiscale che gli permise di creare fondi neri per 300 milioni di euro,
risparmiando 100 milioni di tasse, finiti sui conti correnti dei suoi
familiari, con artifici di bilancio nella sua società Mediaset.
la causa era durata più di dieci anni, la
pena effettiva scontata fu di un anno ai servizi sociali; venne poi anche
espulso dal Senato per indegnità, secondo la legge Severino.
e tuttavia la vicenda è sufficiente per
dire che tra Mediaset e lo stato italiano, Berlusconi ha scelto Mediaset, e
dunque questa è la sua vera patria.
del resto se quando entrò in politica
Berlusconi aveva accumulato 5mila miliardi di lire di debiti nella moneta del
tempo e oggi si ritrova un patrimonio dichiarato di 7 miliardi di euro, questo
dovrebbe essere sufficiente per stabilire da che parte batte il suo cuore.
. . .
peggio, Berlusconi ha perfino reso ovvia e
naturale l’idea che ogni politico agisca per il suo tornaconto personale: una
cosa considerata semplicemente mostruosa, prima della sua discesa in campo,
nella vecchia Italia democristiana.
– e qui, divago un attimo, il suo allievo
meglio riuscito si è rivelato Renzi (che è riuscito perfino a diventare
segretario del Partito Democratico) e che oggi ostenta addirittura come simbolo
di successo e motivo di vanto il suo affarismo personale al servizio
dell’Arabia Saudita e altri emiri.
ma di arabi ben si intende Renzi che nel
2016 rilevò in leasing dagli Emirati Arabi Uniti per 168 milioni di euro un
vecchio aereo Air Force di 300 posti, che era stato acquistato dagli arabi per
6,4 milioni di euro, ed oggi è un rottame abbandonato, che non è mai stato
usato; avrà ben diritto a qualche gratitudine.
. . .
ma, tornando al Berlusconi patriota di
Mediaset, è logico chiedersi come possa la Meloni considerarlo un patriota
dell’Italia e la risposta sta già scritta nel suo libro autobiografico, un
grande successo editoriale, che io non ho letto, ma trovo citato in un articolo
dell’Huffington Post.
qui la Meloni riprende l’interpretazione
che Berlusconi stesso ha dato della sua caduta nel 2011, avvenuta nel quadro di
una violenta manovra speculativa internazionale volta a far collassare il
paese, portando alle stelle gli interessi da pagare sui prestiti indispensabili
che ci venivano concessi per garantire stipendi statali e pensioni, e che non
era in grado contrastare, lasciandoli arrivare fino al 7%.
in quelle settimane, drammatiche allora
come oggi i mesi in cui la pandemia covid tocca le sue punte peggiori,
Berlusconi era impegnato a litigare col suo ministro delle Finanze, Tremonti,
poiché rifiutava gli interventi necessari; e contro la sua inerzia si mossero
l’Europa e la Banca Centrale Europea con un duro ultimatum all’Italia: una
dichiarazione di fallimento dello stato italiano, una crisi di tipo argentino,
per intenderci, avrebbe avuto conseguenze catastrofiche per l’euro e per
l’intera economia europea; logico che l’allarme fosse alle stelle.
del resto va collocata in questo stesso
quadro la concomitante crisi del regime libico di Gheddafi, strettamente legato
all’Italia berlusconiana, sulla base del Trattato di Bengasi, sottoscritto da
Berlusconi nel 2008, col quale l’Italia si impegnava a versare alla Libia
5mila miliardi di euro come risarcimento per l’occupazione coloniale.
alla fine però Berlusconi dovette prendere
atto che l’8 novembre non aveva più la maggioranza alla Camera: l’opposizione
si era astenuta dalla seduta e lui dispose dell’approvazione di 308 presenti,
rispetto ad una maggioranza parlamentare di 316, e quindi il 12 novembre si
dimise, sostituito immediatamente da Monti.
. . .
tutto regolare, allora?
ma Berlusconi ha subito preparato una
narrazione alternativa, presentandola come un colpo di stato contro di lui.
eppure il cuordileone si dimise
spontaneamente, appena la speculazione internazionale si gettò anche sulle
azioni Mediaset, facendone crollare il valore, oltre che sui nostri Buoni del
Tesoro; lui stesso indicò Monti come capo del governo al Presidente della
Repubblica, perché gli facesse da foglia di fico, e votò la fiducia e tutti i
suoi provvedimenti.
comunque, nella narrazione mitomane della
destra italiana tutto questo non conta, e la Meloni raccoglie questa leggenda,
naturalmente.
lei interpreta l’accaduto di dieci anni fa
così: “Il governo di centrodestra di Berlusconi andava tolto di
mezzo. […] Perché aveva a cuore la difesa dell’interesse
nazionale, rifiutava la subalternità rispetto a Francia e Germania, si
comportava da ciò che era, cioè il governo di una nazione fondatrice
dell’Unione europea, una delle principali potenze economiche mondiali, con un
ruolo geopolitico strategico che andava valorizzato”.
per chi se lo fosse dimenticato, in quegli
stessi mesi Berlusconi aveva dovuto mollare clamorosamente l’alleato Gheddafi,
messo sotto attacco soprattutto dalla Francia, dimostrandosi assolutamente
incapace di un’azione politica per difendere gli interessi ENI in Libia; e
Sarkozy in quell’occasione compiva anche un assassinio per interessi personali,
dato che la sua rielezione era stata abbondantemente finanziata da Gheddafi
stesso e ha voluto togliere di mezzo un testimone scomodo.
. . .
questa è l’idea dell’interesse nazionale
che ha la destra italiana, di cui la Meloni è oggi la leader più
attendibile: conflittuale in Europa, ma senza grandi strumenti operativi (il
bis di Mussolini nella seconda guerra mondiale, in fondo, in altro contesto).
ma colgo la palla al balzo per mettere a
punto qualche altra riflessione, citando ancora la Meloni dalle conclusioni del
suo recente convegno al quale sono andati ad omaggiarla tutti i leader
politici, compreso Letta che lei ha poi sbeffeggiato per questo: chapeau!
“La pacchia è finita: nelle prossime
elezioni del Quirinale il centrodestra ha i numeri per essere determinante e
noi vogliamo un presidente eletto per fare gli interessi nazionali e non del
PD. Non accetteremo compromessi, vogliamo un patriota. Il Pd cerca un
presidente della Repubblica che sia gradito ai francesi, io rimango di sasso,
ma tragicamente non mi stupisce, perché la sinistra ha fatto il procacciatore
degli interessi per il governo francese in maniera tragicamente palese. Palazzo
Chigi è di fatto l’ufficio stampa dell’Eliseo e Letta è il Rocco Casalino di
Macron. Ma vi rendete conto? Questo è l’europeismo a cui dovremmo piegarci? No
grazie”.
un calcio in culo direttamente all’accordo
di collaborazione con la Francia che ha rilanciato il nostro peso in Europa nel
dopo Merkel: in nome di quale alternativa? forse neppure l’alleanza con
l’Ungheria e la Polonia o le destre balcaniche: non si sa…
come se fosse possibile contare qualcosa a
livello internazionale al di fuori di un quadro di alleanze.
. . .
chiudo su questo, ma ridò la parola alla
Meloni a proposito del Pnrr:
“Ci hanno detto che sarebbero piovuti miliardi dall’Europa ma hanno
mentito. Sono risorse spalmate in diversi anni, concentrate sugli investimenti,
mentre nell’immediato ci potrebbe essere anche una contrazione dell’export e
consumi. […] Queste risorse sono molte ma sono a debito e non possiamo permetterci
di continuare a indebitare i nostri figli” – e poi prosegue perdendo il filo
logico del discorso: “per soldi che non arrivano in tempo dove dovevano
arrivate o per farli gestire da stranieri”.
sono parole abbastanza deliranti, anche se
ha sicuramente ragione nella riflessione sul debito, almeno in parte.
l’indebitamento progressivo del paese è la
strada che vede concordi TUTTE le forze politiche del paese, e non a caso c’è
un governo di unità nazionale per portare avanti questa politica, che
sottomette sempre di più il paese alla finanza.
il coraggio di una autentica svolta non
c’è, la perdita del consenso sarebbe assicurata; e nemmeno la Meloni la
sostiene; anzi protesta contro la novità che per la prima volta sembra che il
debito possa essere destinato ad investimenti per migliorare il sistema paese e
non ai consumi individuali, secondo la linea portata avanti dai 5Stelle.
e quindi conferma di fare parte
integralmente di questo sistema politico, anche se in apparenza protesta contro
l’indebitamento: lei cavalca la demagogia universale dell’indebitiamoci per
consumare di più.
del resto anche Letta, in una recente
intervista alla Stampa (mi pare, se non sbaglio il quotidiano) ha definito il
RILANCIO DEI CONSUMI come il principale obiettivo economico del Partito
Democratico: rilancio dei consumi, non investimenti…
. . .
ma, allora, come non restare un irriducibile novecentesco
nemico sessantottino del consumismo?
del resto allora, al posto di Letta e del
Partito Democratico, c’erano il Partito Comunista e Berlinguer, che prendeva un
terzo dei voti in nome dell’austerità.
LA PROPOSTA DI CANDIDARE BERLUSCONI A PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA È SEMPLICEMENTE AGGHIACCIANTE - Mattia Madonia
Nel gennaio del 2015, Matteo Salvini e Giorgia Meloni tennero una conferenza stampa congiunta per indicare il loro candidato alla presidenza della Repubblica: Vittorio Feltri. Sei anni dopo, siamo entrati di nuovo nella fase in cui i partiti devono cercare un nome per il Quirinale, e Salvini e Meloni stanno riuscendo nell’impresa di proporre l’unico nome più impresentabile di Feltri: Silvio Berlusconi.
Il leader della Lega da anni ripete che
“Berlusconi sarebbe un ottimo Presidente della Repubblica”, e in questi giorni,
dopo un incontro con i leader del centrodestra, ha confermato che se il
Cavaliere sciogliesse i dubbi l’intera coalizione lo voterebbe. Berlusconi,
l’altro giorno, ha dichiarato che “un
eroe è chi blocca un treno per Auschwitz, non un porto per il Green Pass”, nel
tentativo di apparire come un vecchio statista reso saggio dall’età. Sembrano
lontani i tempi in cui faceva battute sui kapò.
Probabilmente è vero che rispetto a Meloni e Salvini Berlusconi ha
un’attitudine politica più moderata, figlia del compromesso o della astuzia
dettata dal momento. Ma questo soltanto perché Meloni e Salvini in questi anni
hanno spinto la loro bussola politica fino ai poli dell’estremismo. Berlusconi
è sempre stato più abile: non è fascista, ma ha portato i fascisti al governo,
non è razzista con i meridionali ma ha governato per anni con la vecchia Lega
secessionista. Adesso sguinzaglia i suoi gregari, Brunetta in primis,
per far intendere una distanza dalle derive sovraniste, con l’ipocrisia di chi
è la colonna debole di un tavolo retto dai sovranisti per antonomasia. Ma la
cosa davvero disturbante dietro l’idea di Berlusconi Presidente della
Repubblica non risiede tanto nei giochi dei partiti, con i media già a fare la
conta e a ipotizzare i voti mancanti e possibili appoggi dei renziani, quanto
nella sua storia come uomo e come politico.
Sarebbe intollerabile avere come Presidente della Repubblica una persona condannata in via
definitiva per frode fiscale. Sì, frode fiscale, anche se per la maggior parte
degli italiani, essendo quella vicenda avvenuta in concomitanza con il bunga
bunga, Berlusconi è stato condannato per le famose “cene eleganti”. Nulla di
vero, ovviamente. Su quel versante ci sono ancora dei processi in corso, con condanne già per
favoreggiamento della prostituzione a carico di Emilio Fede e Nicole
Minetti, che orchestravano le vicende di Arcore tra ragazze, pagamenti e
ricatti. La condanna di Berlusconi riguarda invece l’evasione sui diritti
tv di Mediaset e gli stratagemmi per non pagare le tasse in Italia, lo stesso
Paese che dice di amare e vorrebbe rappresentare al Quirinale. Per raggiunti
limiti di età ha potuto evitare l’esecuzione in carcere e accedere alla misura
alternativa dell’affidamento in prova ai servizi sociali, svolgendo attività di
volontariato presso una casa di riposo di Milano.
Anche volendo tralasciare gli innumerevoli processi in cui si è salvato
grazie ad archiviazioni e proscioglimenti per intervenuta prescrizione o perché
il reato “non è più previsto dalla legge come reato”, quasi sempre per
l’effetto di leggi ad personam, e non in forza di assoluzioni con formula
piena, resta l’impronta del Berlusconi politico e del berlusconismo come
degrado morale e culturale del Paese.
Berlusconi, eventualmente, sarebbe anche il successore di Sergio
Mattarella, fratello di Piersanti
Mattarella, ucciso dalla mafia. Berlusconi ha fondato Forza Italia con Marcello
Dell’Utri, condannato in via
definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. Dell’Utri ha
rappresentato il ponte tra l’universo mafioso e l’impero berlusconiano. Negli
anni Settanta Berlusconi ospitò nella sua villa di Arcore il boss di Cosa
Nostra Vittorio
Mangano, ufficialmente come “stalliere”. Fu mandato direttamente da Dell’Utri per
proteggere la famiglia del Cavaliere. Poco prima di venire ucciso, il giudice
Paolo Borsellino indicò Mangano
come una “testa di ponte della mafia nel Nord Italia”.
Nel mentre l’attività
imprenditoriale di Berlusconi esplose con Fininvest e
l’avvento della tv commerciale, resa possibile grazie a escamotage legali e
l’aiuto della politica. La discesa in campo del 1994 fu soltanto la conseguenza
di una carriera piena di ombre a cui mancava solo la certificazione politica.
Berlusconi prima modificò il DNA degli italiani attraverso il vuoto ideologico
delle sue televisioni, poi li usò come teste d’ariete per sfondare in politica
e ottenere i loro consensi. Una volta raggiunto il potere, fece del Parlamento
il suo secondo ufficio tra compravendita di senatori, leggi ad hoc per
scongiurare condanne e scene imbarazzanti, come quando fu stabilito per
votazione che Ruby era la nipote del presidente egiziano Mubarak. Il tutto a
scapito del Paese, che adesso dimentica che l’ultimo governo targato
centrodestra, con Berlusconi premier, la Lega nell’esecutivo e Meloni
addirittura ministra, portò l’Italia a un passo dal default economico.
Lo spread schizzato alle stelle, i leader europei che ridevano delle
dichiarazioni di Berlusconi in diretta internazionale, il rischio concreto di
finire come la Grecia furono gli elementi che portarono alla caduta del suo
ultimo governo e all’arrivo delle lacrime e sangue di Mario
Monti. Se oggi Salvini tuona contro la legge Fornero e l’austerità montiana, è
anche merito dello stesso Berlusconi che ora immagina al Quirinale. Tra
l’altro, anche Giorgia Meloni votò la legge Fornero. La verità è che per anni
si sono sprecate le analisi sul Berlusconi “mascalzone”, sui binari paralleli
alla sua attività politica, mettendo in secondo piano i disastri perpetrati
come presidente del Consiglio. Un ruolo che ha ricoperto a lungo, avendo vinto
le elezioni tre volte. Quindi sono sacrosante le riflessioni sul berlusconismo
come fenomeno deleterio a livello antropologico, una condanna a livello
internazionale quando le associazioni sul nostro conto erano maccheroni-pizza-mafia-Berlusconi.
Ma a questo va di pari passo un’incapacità gestionale della cosa pubblica,
proprio perché resa privata, una faccenda personale del Cavaliere che per un
ventennio ha trattato l’Italia come fosse la sua azienda, riuscendoci.
Lui stesso ha usato tutti i mezzi a sua disposizione per sviare l’attenzione dalla scarsa azione politica dei suoi governi. Il primo metodo, mutuato dal maccartismo, è stato quello di creare il fantasma del comunismo. Tutti i nemici erano dei comunisti, dalla magistratura rossa agli avversari politici. È riuscito a far passare come comunista persino Marco Travaglio, ovvero un liberale di destra.
L’altra operazione è invece legata alla figura del martire, del
perseguitato dalla giustizia. Tutt’ora quando deve presentarsi a un processo
Berlusconi appare come un ottantacinquenne vecchio e malato; ma quando si
ipotizza una sua candidatura al Quirinale torna a sfoggiare il sorriso da
eterno giovane davanti alle telecamere.
Adesso Berlusconi sa che il principale avversario per la corsa al Quirinale
è Mario Draghi. Dichiara dunque che
lo vede meglio come premier. A livello di strategia comunicativa è sempre stato
un passo avanti a tutti. Purtroppo.
Con un curriculum del genere, tra vicende giudiziarie, una condanna per
frode fiscale, vicinanze a soggetti legati ad ambienti mafiosi e disastri
politici, Berlusconi dovrebbe essere l’ultimo della lista come nome per
ricoprire quel ruolo. Passare da Mattarella a Berlusconi sarebbe uno degli
smacchi più gravi della nostra storia repubblicana. Un’ipotesi in grado di
farci quasi rimpiangere l’ipotesi Feltri, che avrebbe fatto un discorso di fine
anno agli italiani ringraziando tutti i cittadini, “anche i froci, i negri e i terroni”.
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