giovedì 9 dicembre 2021

Il virus e la nudità del dominio - Sebastiano Isaia

 

«Io, d’altra parte, vorrei cogliere l’occasione per chiedere espressamente svantaggi sociali per tutti coloro che rinunciano volontariamente alla vaccinazione. Che l’intera Repubblica punti il dito contro di loro» (Nikolaus Blome, Der Spiegel).

«Il senso comunitario delle masse abbisogna, per essere compiuto, dell’ostilità contro una minoranza estranea, e la debolezza numerica di questi esclusi invita all’opprimerli» (S. Freud, Mosè, il suo popolo e la religione monoteistica, 1938).

Tanto per esser chiari!

Non sono né un anti No Vax né un anti Sì Vax: sono un anticapitalista. Sono cioè soprattutto un nemico di questa Società-Mondo che ha generato la crisi sociale che chiamiamo Pandemia e che ha creato le condizioni perché divampasse la miserabile guerra tra No Vax e Sì Vax (due facce della stessa disumana medaglia), tra malati e non malati, tra giovani e vecchi, tra lavoratori del pubblico impiego (“garantiti” per definizione) e lavoratori delle aziende private, tra chi lavora e chi non lavora, e così via lungo faglie e micro faglie sociali e generazionali. È la guerra di tutti contro tutti. Da questa prospettiva chi spara a palle incatenate contro i No Vax piuttosto che contro i Sì Vax mi appare politicamente, intellettualmente e umanamente inconsistente e per molti versi anche ridicolo. In conclusione, il mio nemico è il rapporto sociale capitalistico di dominio e di sfruttamento, non il No Vax o il Sì Vax, vittime entrambi di condizioni sociali altamente disumane, ostili (anche alla nostra salute fisica e psichica) e irrazionali – nonostante il gran uso che questa società fa della tecnoscienza.

Personalmente mi sono vaccinato non per il bene di un’astratta (e dunque inesistente) umanità, e, ancor meno, per il bene del Paese (cioè delle classi dominanti), ma per non ammalarmi e per non contagiare, almeno in forma grave, gli altri, a cominciare dalle persone a me care.

Ovviamente facendo questo mi sono mosso “oggettivamente” nel senso voluto dal governo e dal “sistema”, ma la stessa cosa faccio quando vado al lavoro, quando compro un bene o un servizio (ossia quando acquisto una qualsiasi merce), quando pago una bolletta e via di seguito: potrei fare altrimenti? Per uscire da questa contraddizione “oggettiva” non basta essere – o sentirsi – anticapitalisti: bisogna uscire dal capitalismo. Per questo è infantile e ridicolo accusare chi si vaccina di foraggiare le multinazionali dei farmaci, come se non foraggiassimo tutti i santi giorni le altre multinazionali quando acquistiamo un qualsiasi bene (ad esempio, un’aspirina) o servizio. Altrettanto infantile e ridicolo è chi esalta la scienza e approva le misure di “politica sanitaria” adottate dal governo per contrastare la pandemia, sorvolando bellamente sul fatto, per me dirimente, che la scienza e la politica sono al servizio di quel dominio di classe che ha generato la crisi sociale epidemica e al quale va attribuita per intero la responsabilità dei morti e dei feriti «per Covid» e a causa delle molte patologie che la crisi sanitaria (crisi sociale tout court) non ha permesso di curare nel modo corretto negli ultimi due anni. Che spettacolo miserabile ha offerto chi è andato alla ricerca dell’untore di turno: prima i giovani dediti alla “movida”, poi gli amanti delle discoteche, per finire con i No Vax e i No Pass, peraltro ignobilmente accomunati in una sola poltiglia “negazionista”!

Secondo una recentissima ricerca, la maggior parte dei giovani avrebbe una grande fiducia nella scienza in quanto istituzione sociale interessata solo al bene comune: beata ingenuità! Il problema è che la stessa ingenuità si riscontra nella massa dell’opinione pubblica e in larghissima parte della cosiddetta intellighenzia, la quale in teoria dovrebbe esercitare la sua puntuta critica su tutti gli aspetti della prassi sociale, anche su quelli afferenti alla ricerca scientifica e ai suoi “risvolti” tecnologici. Non ho alcun dubbio sul fatto che molti lettori bolleranno come “antiscientifica” questa mia riflessione: pazienza! In ogni caso rimando chi legge ai miei scritti dedicati alla funzione sociale della scienza e della tecnica (3).

Da un telegiornale apprendo che «Il Governo vorrebbe risparmiare misure più restrittive a chi ha creduto nella scienza e nello Stato»: per i non credenti e per gli infedeli si preparano tempi assai “interessanti”…

«Dobbiamo attaccare il virus, non gli strumenti che lo combattono». Così il Presidente della Repubblica Mattarella. Per me si tratta, all’opposto, di attaccare politicamente la causa che ha scatenato la crisi sociale pandemica, ossia la società capitalistica colta nella sua dimensione mondiale e globale. La citazione presidenziale mi serve solo per illustrare il concetto di governativo, opposto a quello di critico-negativo – o rivoluzionario, come può esserlo una posizione politica che agisce in questi calamitosi tempi che vedono le classi subalterne essere del tutto incapaci di una risposta all’altezza della situazione. Definisco governativo il punto di vista di chi si mette acriticamente dal punto di vista di chi governa, da diverse posizioni istituzionali e con diverse funzioni sociali (si va dai politici agli scienziati, dai sindacalisti collaborazionisti, pardon: “responsabili”, ai giornalisti, dagli intellettuali agli artisti di regime, ecc.), le contraddizioni sociali, credendo che sia questo il solo punto di vista universalmente realistico nella contingenza. Il termine governativo non si riferisce quindi al governo in carica ma, appunto, a un “atteggiamento mentale”, a un riflesso condizionato – abbastanza diffuso, come ha rivelato la crisi pandemica, anche tra chi rivendica una concezione “anticapitalista”, a dimostrazione che lo scientismo e il pensiero autoritario suscitano un notevole fascino anche tra molti “compagni”.

Detto in estrema sintesi: per me essere contro l’obbligo vaccinale e contro l’uso discriminatorio del cosiddetto Green Pass equivale ad esprimere il “minimo sindacale” (ripeto e sottolineo: il minimo) di una posizione politicamente e umanamente accettabile per chi dice di essere un anticapitalista. Io sono sempre stato contro l’obbligo vaccinale stabilito per legge, nonostante personalmente nel corso della mia vita “ho fatto” diversi vaccini per ragioni di lavoro, e per fortuna non ho mai avuto problemi; ma non per questo sostengo l’obbligo vaccinale per tutti o solo per alcune categorie professionali o di altro genere. Ovviamente questa posizione politica e umana non ha nulla a che fare con le corbellerie che possono dire e scrivere i No Vax o i “negazionisti” del Coronavirus, in quanto si tratta di una posizione di principio basata su una peculiare concezione del processo sociale capitalistico. Il mio antiproibizionismo su tutte le cosiddette droghe (da quelle più “leggere” a quelle più “pesanti”) non discrimina tra consumatori “intelligenti” e consumatori “cretini”, e la stessa cosa vale per la “problematica” carceraria, e così via. Chi si lascia condizionare dal timore di venir assimilato a posizioni ultrareazionarie mostra di non avere salde convinzioni e di concepire un conflitto sociale liscio, pulito, lineare, privo di complessità e di contraddizioni.

Scrive Luca Ricolfi: «La possibilità di una “discussione seria” non interessa granché neppure i cosiddetti scienziati, troppo spesso prede di faziosità (e di conflitti di interessi), figuriamoci la grande stampa e i talk show. La scienza dice di coltivare il dubbio e la discussione critica, ma questo avviene solo finché il dubbio e la discussione critica non urtano contro interessi economici o politici soverchianti. Quando questo accade, il dubbio si può esprimere solo a condizione che gli utenti che possono accedervi siano pochi, come nei giornali a bassa tiratura e nelle riviste. La realtà è che tutta la comunicazione pubblica risente del clima di guerra che si è instaurato dopo l’arrivo del vaccino. E in guerra chi solleva dubbi è trattato come un disertore. Penso che il governo abbia il problema di trovare un capro espiatorio in caso di fallimento della campagna vaccinale: e i critici del green pass sono un colpevole quasi perfetto, come l’uomo bianco nel bel libro di Pascal Bruckner» (La Verità, 14/11/2021). Non c’è dubbio.

A proposito di «clima di guerra» e di disertori! A differenza dei più, trovo estremamente calzante la metafora bellica usata per dar conto della crisi pandemica; ma non si tratta, per me, della guerra che ci avrebbe dichiarato un invisibile quanto aggressivo virus, ma della guerra che tutti i giorni questa società dichiara “agli ultimi”, in particolare, e all’umanità in generale. Ed esattamente come accade nella guerra imperialista condotta con le armi (più o meno “convenzionali”), l’anticapitalista dichiara oggi la propria indisponibilità a collaborare «per il bene del Paese» e pratica il disfattismo rivoluzionario come sa (poco, nel caso di specie) e come può (i tempi non sono certo favorevoli al punto di vista rivoluzionario, tutt’altro). Spero che da questa crisi sociale il punto di vista anticapitalista possa uscire più forte, più maturo e meno isolato, almeno tra le persone umanamente più sensibili: visti i pessimi tempi questo sarebbe a mio avviso già un grande successo. Lavorare in questa direzione significa impegnarsi a non sprecare una straordinaria occasione di crescita politica, teorica e umana. Nella loro «critica politico-giuridica del “green pass”, Giorgio Agamben, Massimo Cacciari e Giuliano Scarselli scrivono: «Piero Calamandrei, sulla rivista Il Ponte nel 1945 scriveva: “La giustizia sociale non è pensabile se non in funzione della libertà individuale”; e v’è da chiedersi se noi ancora viviamo in una società in cui l’uomo e la sua libertà sono messi al centro del sistema» (1). Ancora? Ma quando, in questa società (capitalistica), l’uomo e la sua libertà sono stati messi «al centro del sistema» (capitalistico)? La risposta non potrebbe essere più facile e scontata: mai e in nessun luogo del mondo, per il semplice motivo che questa società ha sempre negato all’umanità un’autentica esistenza umana e una vera libertà. Per dirla con Adorno, «Non si dà vera vita nella falsa», dove per «vera vita» bisogna appunto intendere la vita adeguata «all’uomo in quanto uomo», all’uomo concepito «al suo più alto livello» (Arthur Schopenhauer), come «un’umanità socialmente sviluppata» (Karl Marx).

La «libertà individuale» nell’ambito della società dominata dai rapporti sociali capitalistici è pura ideologia, è una menzogna intesa a celare la dittatura del Capitale, il dominio totalitario degli interessi economici sugli individui – perfino sui singoli capitalisti, i quali sono costretti a muoversi lungo il sentiero tracciato dalle leggi della massima profittabilità degli investimenti. L’ingenuità di quegli intellettuali mostra, per un verso, quanto superficiale sia la loro critica della cosiddetta “dittatura sanitaria”, la quale è davvero poca cosa se posta a confronto con la dittatura sociale fondata sullo sfruttamento del lavoro salariato – vedi l’Articolo 1 della Costituzione Italiana; e per altro verso, quanto miserabile sia il loro concetto di “umanità” e “libertà”, cosa che peraltro non deve sorprendere alla luce della loro concezione borghese del processo sociale.

Con questo discorso intendo forse negare valore politico alla lotta contro l’autoritaria “politica sanitaria” praticata dal Governo e sostenuta dalla stragrande maggioranza dei politici, degli intellettuali, degli scienziati, degli artisti e della stessa opinione pubblica? Certo che no! Attribuisco a questa lotta un grande significato, ed è per questo che in tutti questi mesi ho cercato di dare il mio modesto contributo (ognuno secondo le sue capacità!) alla crescita di un punto di vista anticapitalista sulla crisi pandemica e sulla “dittatura sanitaria”, contro la quale a mio avviso non si deve scagliare la Costituzione (che peraltro è sufficientemente “elastica” da poter supportare senza strappi gli stati di emergenza e le leggi eccezionali) ma, appunto, una coscienza critico-rivoluzionaria. Le “insufficienze” e i “limiti”, tanto per rimanere sul terreno dell’eufemismo, di «una critica politico-giuridica al green pass» mi sembrano evidenti, e comunque lo sono agli occhi di chi scrive.

È per tutte queste ragioni che trovo del tutto privo di fondamento ogni discorso pro o anti vaccinazione, pro o anti Green Pass imperniato sulla difesa della libertà (del singolo come della collettività) e sul cosiddetto libero arbitrio. Soprattutto l’etica della responsabilità individuale boccheggia a contatto con la disumana e totalitaria realtà sociale che nel XXI secolo ha una dimensione planetaria. Totalitaria, beninteso, nell’accezione squisitamente sociale, e non meramente politologica, sopra delineata.

Un cartello esibito in una manifestazione progressista Pro Vax riportava l’agghiacciante slogan che segue: «Più sanità pubblica, meno libertà individuale». Questo concetto la dice lunga su quanto sia robusto, radicato e diffuso il pensiero autoritario anche – ma forse dovrei scrivere soprattutto – tra coloro che danno del fascista a chiunque osi avanzare un pur timido dubbio intorno alla bontà della vaccinazione di massa, alla neutralità politico-sociale della scienza e alla “politica sanitaria” governativa – a cominciare dall’uso del Green Pass. Un analogo concetto di stampo autoritario lo si trova anche nella riflessione di Massimo Recalcati.

Il principio di realtà secondo il noto psicoanalista (spesso incline alla psicobanalisi illustrata magistralmente da Maurizio Crozza): «La scienza è un’istituzione e quindi è bersaglio del populismo, così come le competenze. Quello che stiamo vedendo è l’idea balorda di queste persone che contrappongono la vita alle istituzioni. Non bisogna contrapporre la vita alle istituzioni, e tra queste segnalo soprattutto la scienza e la famiglia che in questa crisi hanno fatto da argine. Vita e istituzioni sono due facce della stessa medaglia. Se non recuperiamo la fiducia nelle istituzioni noi siamo persi. È chiaro che, in maniera infantile, tutti vorremmo essere già fuori dall’emergenza, ma evidentemente ci vuole pazienza, ci vuole senso di realismo. La libertà non è una proprietà dell’io e non coincide con la possibilità di fare ciò che si vuole. La minoranza scesa in piazza in queste settimane rivendica una visione libertina, puberale e narcisistica della libertà. Noi invece sappiamo che la salvezza sarà collettiva oppure non ci sarà. La libertà non è una proprietà della volontà, bensì qualcosa che senza solidarietà e pensiero del vincolo è una pura impostura. La crisi poteva essere gestita in modo diverso e gli errori ci sono stati, ma ciò non deve compromettere la fiducia nelle istituzioni. Essa deve essere recuperata soprattutto nei confronti della scienza come ricerca, competenza e sapere che si impegna per il bene della comunità. Pasolini diceva che c’è una poesia delle istituzioni; noi dobbiamo recuperare questa poesia, per non darla vinta al populismo anti-istituzionale» (2). Ma di quali istituzioni e di quale comunità parla il nostro psicoanalista? Delle sole istituzioni e della sola comunità oggi esistenti, ossia quelle capitalistiche.

Imputare al “populismo” la sfiducia che molte persone nutrono anche nei confronti della scienza, significa non aver compreso la natura e la dinamica del processo sociale capitalistico, il quale ha nella scienza e nella tecnica due potentissimi motori. La sola Civiltà che Recalcati conosce è, appunto, quella capitalistica, e quindi, sulla scia di Sigmund Freud (vedi, ad esempio, Il disagio della civiltà), egli vede con orrore ogni suo indebolimento, ogni sua crisi, ogni movimento politico-sociale che possa metterne in questione la continuità: O Capitalismo o Barbarie! Recalcati esprime alla perfezione ciò che ho definito punto di vista governativo, e il suo principio di realtà non potrebbe essere più apologetico nei confronti di questa catastrofica società.

Di tutto questo, e di altro ancora, si scrive nelle pagine che seguono, le quali raccolgono i post che sulla pandemia ho pubblicato nel corso del 2021, così come ho fatto nel dicembre del 2020 con il PDF che reca lo stesso titolo. La cronologia è la stessa del precedente PDF: dal post più vecchio (del 29 dicembre 2020) a quello più recente.


Note

(1) Per una critica politico-giuridica del “green pass”, Istituto Italiano di Studi Filosofici, 3/11/2021.

(2) In Onda, LA7, 13/11/2021.

(3) Sul potere sociale della scienza e della tecnologiaIo non ho paura – del robotRobotica prossima futura. La tecnoscienza al servizio del dominio; Capitalismo cognitivo e postcapitalismoQualunque cosa ciò possa significareCapitalismo 4.0. tra “ascesa dei robot” e maledizione salarialeAccelerazionismo e feticismo tecnologico.

da qui

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