«Io, d’altra parte, vorrei cogliere
l’occasione per chiedere espressamente svantaggi sociali per tutti coloro che
rinunciano volontariamente alla vaccinazione. Che l’intera Repubblica punti il dito
contro di loro» (Nikolaus Blome, Der Spiegel).
«Il senso comunitario delle masse
abbisogna, per essere compiuto, dell’ostilità contro una minoranza estranea, e
la debolezza numerica di questi esclusi invita all’opprimerli» (S. Freud,
Mosè, il suo popolo e la religione monoteistica, 1938).
Tanto per esser chiari!
Non sono né un anti No Vax né un anti Sì Vax:
sono un anticapitalista. Sono cioè soprattutto un nemico di questa
Società-Mondo che ha generato la crisi sociale che chiamiamo Pandemia e che ha creato
le condizioni perché divampasse la miserabile guerra tra No Vax e Sì
Vax (due facce della stessa disumana medaglia), tra malati e non
malati, tra giovani e vecchi, tra lavoratori del pubblico impiego (“garantiti”
per definizione) e lavoratori delle aziende private, tra chi lavora e chi non
lavora, e così via lungo faglie e micro faglie sociali e generazionali. È la
guerra di tutti contro tutti. Da questa prospettiva chi spara a palle
incatenate contro i No Vax piuttosto che contro i Sì
Vax mi appare politicamente, intellettualmente e umanamente
inconsistente e per molti versi anche ridicolo. In conclusione, il mio nemico è
il rapporto sociale capitalistico di dominio e di sfruttamento, non
il No Vax o il Sì Vax, vittime
entrambi di condizioni sociali altamente disumane, ostili (anche alla nostra
salute fisica e psichica) e irrazionali – nonostante il gran uso che questa
società fa della tecnoscienza.
Personalmente mi sono vaccinato non per il bene di un’astratta (e dunque
inesistente) umanità, e, ancor meno, per il bene del Paese (cioè delle classi
dominanti), ma per non ammalarmi e per non contagiare, almeno in forma grave,
gli altri, a cominciare dalle persone a me care.
Ovviamente facendo questo mi sono mosso “oggettivamente” nel senso voluto
dal governo e dal “sistema”, ma la stessa cosa faccio quando vado al lavoro,
quando compro un bene o un servizio (ossia quando acquisto una qualsiasi
merce), quando pago una bolletta e via di seguito: potrei fare altrimenti? Per
uscire da questa contraddizione “oggettiva” non basta essere – o sentirsi –
anticapitalisti: bisogna uscire dal capitalismo. Per questo è
infantile e ridicolo accusare chi si vaccina di foraggiare le multinazionali
dei farmaci, come se non foraggiassimo tutti i santi giorni le altre multinazionali
quando acquistiamo un qualsiasi bene (ad esempio, un’aspirina) o servizio.
Altrettanto infantile e ridicolo è chi esalta la scienza e approva le misure di
“politica sanitaria” adottate dal governo per contrastare la pandemia,
sorvolando bellamente sul fatto, per me dirimente, che la scienza e la politica
sono al servizio di quel dominio di classe che ha generato la crisi sociale
epidemica e al quale va attribuita per intero la responsabilità dei morti e dei
feriti «per Covid» e a causa delle molte patologie che la crisi sanitaria
(crisi sociale tout court) non ha permesso di curare nel modo
corretto negli ultimi due anni. Che spettacolo miserabile ha offerto chi è
andato alla ricerca dell’untore di turno: prima i giovani dediti alla “movida”,
poi gli amanti delle discoteche, per finire con i No Vax e
i No Pass, peraltro ignobilmente accomunati in una sola poltiglia
“negazionista”!
Secondo una recentissima ricerca, la maggior parte dei giovani avrebbe una
grande fiducia nella scienza in quanto istituzione sociale interessata solo al
bene comune: beata ingenuità! Il problema è che la stessa ingenuità si
riscontra nella massa dell’opinione pubblica e in larghissima parte della
cosiddetta intellighenzia, la quale in teoria dovrebbe esercitare la sua puntuta
critica su tutti gli aspetti della prassi sociale, anche su quelli afferenti
alla ricerca scientifica e ai suoi “risvolti” tecnologici. Non ho alcun dubbio
sul fatto che molti lettori bolleranno come “antiscientifica” questa mia
riflessione: pazienza! In ogni caso rimando chi legge ai miei scritti dedicati
alla funzione sociale della scienza e della tecnica (3).
Da un telegiornale apprendo che «Il Governo vorrebbe risparmiare misure più
restrittive a chi ha creduto nella scienza e nello Stato»: per i non credenti e
per gli infedeli si preparano tempi assai “interessanti”…
«Dobbiamo attaccare il virus, non gli strumenti che lo combattono». Così il
Presidente della Repubblica Mattarella. Per me si tratta, all’opposto, di
attaccare politicamente la causa che ha scatenato la crisi
sociale pandemica, ossia la società capitalistica colta nella sua dimensione
mondiale e globale. La citazione presidenziale mi serve solo per illustrare il
concetto di governativo, opposto a quello di critico-negativo –
o rivoluzionario, come può esserlo una posizione politica che agisce in questi
calamitosi tempi che vedono le classi subalterne essere del tutto incapaci di
una risposta all’altezza della situazione. Definisco governativo il punto di
vista di chi si mette acriticamente dal punto di vista di chi governa, da
diverse posizioni istituzionali e con diverse funzioni sociali (si va dai
politici agli scienziati, dai sindacalisti collaborazionisti, pardon:
“responsabili”, ai giornalisti, dagli intellettuali agli artisti di regime,
ecc.), le contraddizioni sociali, credendo che sia questo il solo punto di
vista universalmente realistico nella contingenza. Il termine governativo non
si riferisce quindi al governo in carica ma, appunto, a un “atteggiamento
mentale”, a un riflesso condizionato – abbastanza diffuso, come ha rivelato la
crisi pandemica, anche tra chi rivendica una concezione “anticapitalista”, a
dimostrazione che lo scientismo e il pensiero autoritario suscitano un notevole
fascino anche tra molti “compagni”.
Detto in estrema sintesi: per me essere contro l’obbligo vaccinale e contro
l’uso discriminatorio del cosiddetto Green Pass equivale ad
esprimere il “minimo sindacale” (ripeto e sottolineo: il minimo) di
una posizione politicamente e umanamente accettabile per chi dice di essere un
anticapitalista. Io sono sempre stato contro l’obbligo vaccinale stabilito per
legge, nonostante personalmente nel corso della mia vita “ho fatto” diversi
vaccini per ragioni di lavoro, e per fortuna non ho mai avuto problemi; ma non
per questo sostengo l’obbligo vaccinale per tutti o solo per alcune categorie
professionali o di altro genere. Ovviamente questa posizione politica e umana
non ha nulla a che fare con le corbellerie che possono dire e scrivere i No
Vax o i “negazionisti” del Coronavirus, in quanto si tratta di una
posizione di principio basata su una peculiare concezione del processo sociale
capitalistico. Il mio antiproibizionismo su tutte le cosiddette droghe (da
quelle più “leggere” a quelle più “pesanti”) non discrimina tra consumatori
“intelligenti” e consumatori “cretini”, e la stessa cosa vale per la
“problematica” carceraria, e così via. Chi si lascia condizionare dal timore di
venir assimilato a posizioni ultrareazionarie mostra di non avere salde
convinzioni e di concepire un conflitto sociale liscio, pulito, lineare, privo
di complessità e di contraddizioni.
Scrive Luca Ricolfi: «La possibilità di una “discussione seria” non
interessa granché neppure i cosiddetti scienziati, troppo spesso prede di
faziosità (e di conflitti di interessi), figuriamoci la grande stampa e i talk
show. La scienza dice di coltivare il dubbio e la discussione critica, ma
questo avviene solo finché il dubbio e la discussione critica non urtano contro
interessi economici o politici soverchianti. Quando questo accade, il dubbio si
può esprimere solo a condizione che gli utenti che possono accedervi siano
pochi, come nei giornali a bassa tiratura e nelle riviste. La realtà è che
tutta la comunicazione pubblica risente del clima di guerra che si è instaurato
dopo l’arrivo del vaccino. E in guerra chi solleva dubbi è trattato come un
disertore. Penso che il governo abbia il problema di trovare un capro
espiatorio in caso di fallimento della campagna vaccinale: e i critici del
green pass sono un colpevole quasi perfetto, come l’uomo bianco nel bel libro
di Pascal Bruckner» (La Verità, 14/11/2021). Non c’è dubbio.
A proposito di «clima di guerra» e di disertori! A differenza dei più,
trovo estremamente calzante la metafora bellica usata per dar conto della crisi
pandemica; ma non si tratta, per me, della guerra che ci avrebbe dichiarato un
invisibile quanto aggressivo virus, ma della guerra che tutti i giorni questa
società dichiara “agli ultimi”, in particolare, e all’umanità in generale. Ed
esattamente come accade nella guerra imperialista condotta con le armi (più o
meno “convenzionali”), l’anticapitalista dichiara oggi la propria
indisponibilità a collaborare «per il bene del Paese» e pratica il disfattismo
rivoluzionario come sa (poco, nel caso di specie) e come può (i tempi non sono
certo favorevoli al punto di vista rivoluzionario, tutt’altro). Spero che da
questa crisi sociale il punto di vista anticapitalista possa uscire più forte,
più maturo e meno isolato, almeno tra le persone umanamente più sensibili:
visti i pessimi tempi questo sarebbe a mio avviso già un grande successo.
Lavorare in questa direzione significa impegnarsi a non sprecare una
straordinaria occasione di crescita politica, teorica e umana. Nella loro
«critica politico-giuridica del “green pass”, Giorgio Agamben, Massimo Cacciari
e Giuliano Scarselli scrivono: «Piero Calamandrei, sulla rivista Il
Ponte nel 1945 scriveva: “La giustizia sociale non è pensabile se non
in funzione della libertà individuale”; e v’è da chiedersi se noi ancora
viviamo in una società in cui l’uomo e la sua libertà sono messi al centro del
sistema» (1). Ancora? Ma quando, in questa società (capitalistica),
l’uomo e la sua libertà sono stati messi «al centro del sistema»
(capitalistico)? La risposta non potrebbe essere più facile e scontata: mai e
in nessun luogo del mondo, per il semplice motivo che questa società ha sempre
negato all’umanità un’autentica esistenza umana e una vera libertà. Per dirla
con Adorno, «Non si dà vera vita nella falsa», dove per «vera vita» bisogna
appunto intendere la vita adeguata «all’uomo in quanto uomo», all’uomo
concepito «al suo più alto livello» (Arthur Schopenhauer), come «un’umanità
socialmente sviluppata» (Karl Marx).
La «libertà individuale» nell’ambito della società dominata dai rapporti
sociali capitalistici è pura ideologia, è una menzogna intesa a celare la
dittatura del Capitale, il dominio totalitario degli interessi economici sugli
individui – perfino sui singoli capitalisti, i quali sono costretti a muoversi lungo
il sentiero tracciato dalle leggi della massima profittabilità degli
investimenti. L’ingenuità di quegli intellettuali mostra, per un verso, quanto
superficiale sia la loro critica della cosiddetta “dittatura sanitaria”, la
quale è davvero poca cosa se posta a confronto con la dittatura sociale fondata
sullo sfruttamento del lavoro salariato – vedi l’Articolo 1 della Costituzione
Italiana; e per altro verso, quanto miserabile sia il loro concetto di
“umanità” e “libertà”, cosa che peraltro non deve sorprendere alla luce della
loro concezione borghese del processo sociale.
Con questo discorso intendo forse negare valore politico alla lotta contro
l’autoritaria “politica sanitaria” praticata dal Governo e sostenuta dalla
stragrande maggioranza dei politici, degli intellettuali, degli scienziati,
degli artisti e della stessa opinione pubblica? Certo che no! Attribuisco a
questa lotta un grande significato, ed è per questo che in tutti questi mesi ho
cercato di dare il mio modesto contributo (ognuno secondo le sue capacità!)
alla crescita di un punto di vista anticapitalista sulla crisi pandemica e
sulla “dittatura sanitaria”, contro la quale a mio avviso non si deve scagliare
la Costituzione (che peraltro è sufficientemente “elastica” da poter supportare
senza strappi gli stati di emergenza e le leggi eccezionali) ma, appunto, una
coscienza critico-rivoluzionaria. Le “insufficienze” e i “limiti”, tanto per
rimanere sul terreno dell’eufemismo, di «una critica politico-giuridica al
green pass» mi sembrano evidenti, e comunque lo sono agli occhi di chi scrive.
È per tutte queste ragioni che trovo del tutto privo di fondamento ogni
discorso pro o anti vaccinazione, pro o anti Green
Pass imperniato sulla difesa della libertà (del singolo come della
collettività) e sul cosiddetto libero arbitrio. Soprattutto l’etica della
responsabilità individuale boccheggia a contatto con la disumana e totalitaria
realtà sociale che nel XXI secolo ha una dimensione planetaria. Totalitaria,
beninteso, nell’accezione squisitamente sociale, e non meramente
politologica, sopra delineata.
Un cartello esibito in una manifestazione progressista Pro Vax riportava
l’agghiacciante slogan che segue: «Più sanità pubblica, meno
libertà individuale». Questo concetto la dice lunga su quanto sia robusto,
radicato e diffuso il pensiero autoritario anche – ma forse
dovrei scrivere soprattutto – tra coloro che danno del
fascista a chiunque osi avanzare un pur timido dubbio intorno alla bontà della
vaccinazione di massa, alla neutralità politico-sociale della scienza e alla
“politica sanitaria” governativa – a cominciare dall’uso del Green Pass. Un
analogo concetto di stampo autoritario lo si trova anche nella riflessione di
Massimo Recalcati.
Il principio di realtà secondo il noto psicoanalista
(spesso incline alla psicobanalisi illustrata magistralmente da Maurizio
Crozza): «La scienza è un’istituzione e quindi è bersaglio del populismo, così
come le competenze. Quello che stiamo vedendo è l’idea balorda di queste
persone che contrappongono la vita alle istituzioni. Non bisogna contrapporre
la vita alle istituzioni, e tra queste segnalo soprattutto la scienza e la
famiglia che in questa crisi hanno fatto da argine. Vita e istituzioni sono due
facce della stessa medaglia. Se non recuperiamo la fiducia nelle istituzioni
noi siamo persi. È chiaro che, in maniera infantile, tutti vorremmo essere già
fuori dall’emergenza, ma evidentemente ci vuole pazienza, ci vuole senso di
realismo. La libertà non è una proprietà dell’io e non coincide con la
possibilità di fare ciò che si vuole. La minoranza scesa in piazza in queste
settimane rivendica una visione libertina, puberale e narcisistica della
libertà. Noi invece sappiamo che la salvezza sarà collettiva oppure non ci
sarà. La libertà non è una proprietà della volontà, bensì qualcosa che senza
solidarietà e pensiero del vincolo è una pura impostura. La crisi poteva essere
gestita in modo diverso e gli errori ci sono stati, ma ciò non deve
compromettere la fiducia nelle istituzioni. Essa deve essere recuperata soprattutto
nei confronti della scienza come ricerca, competenza e sapere che si impegna
per il bene della comunità. Pasolini diceva che c’è una poesia delle
istituzioni; noi dobbiamo recuperare questa poesia, per non darla vinta al
populismo anti-istituzionale» (2). Ma di quali istituzioni e
di quale comunità parla il nostro psicoanalista? Delle sole
istituzioni e della sola comunità oggi esistenti, ossia quelle capitalistiche.
Imputare al “populismo” la sfiducia che molte persone nutrono anche nei
confronti della scienza, significa non aver compreso la natura e la dinamica
del processo sociale capitalistico, il quale ha nella scienza e nella tecnica
due potentissimi motori. La sola Civiltà che Recalcati conosce è, appunto,
quella capitalistica, e quindi, sulla scia di Sigmund Freud (vedi, ad
esempio, Il disagio della civiltà), egli vede con orrore ogni suo
indebolimento, ogni sua crisi, ogni movimento politico-sociale che possa
metterne in questione la continuità: O Capitalismo o Barbarie! Recalcati
esprime alla perfezione ciò che ho definito punto di vista governativo,
e il suo principio di realtà non potrebbe essere più apologetico nei confronti
di questa catastrofica società.
Di tutto questo, e di altro ancora, si scrive nelle pagine che seguono, le quali raccolgono i post che sulla
pandemia ho pubblicato nel corso del 2021, così come ho fatto nel dicembre del
2020 con il PDF che reca lo stesso titolo. La cronologia è la stessa del precedente
PDF: dal post più vecchio (del 29 dicembre 2020) a quello più recente.
Note
(1) Per una critica
politico-giuridica del “green pass”, Istituto Italiano di Studi Filosofici,
3/11/2021.
(2) In Onda, LA7,
13/11/2021.
(3) Sul potere sociale della scienza e
della tecnologia; Io non ho paura – del robot; Robotica prossima futura. La tecnoscienza al servizio del dominio; Capitalismo cognitivo e
postcapitalismo. Qualunque cosa ciò possa
significare; Capitalismo 4.0. tra “ascesa dei
robot” e maledizione salariale; Accelerazionismo
e feticismo tecnologico.
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