POTERE AL
POPOLO A CUBA PER IL VACCINO SOBERANA! - Giuliano Granato
Il 16
novembre è iniziato lo studio clinico in collaborazione tra l’Istituto di
Ricerca cubano Finlay e il Policlinico torinese Amedeo di Savoia sul vaccino
Soberana plus.
Siamo orgogliosi di essere presenti con una delegazione di Potere al Popolo a
uno studio che può avere risvolti decisivi nella lotta globale alla pandemia.
La ricerca – organizzata e seguita passo passo dai medici e ricercatori cubani
e internazionali – permetterà di quantificare l’efficacia di Soberana plus come
terza dose in chi ha effettuato le prime due con vaccini prodotti dalle
multinazionali del farmaco (Pfizer, Moderna, Johnson).
Se l’efficacia di Soberana fosse confermata, ciò significherebbe che il vaccino
cubano, più economico e facile da produrre, potrebbe essere utilizzato anche
nei paesi occidentali come terza dose ma soprattutto sarebbe un’opzione per le
decine di milioni di persone di paesi poveri o privi di aziende farmaceutiche
che aspettano ancora la prime dosi o hanno necessità di effettuare il richiamo.
Un vaccino, ricordiamolo, pubblico e non prodotto dalle multinazionali, da cui
nessuno trae lucro.
Quasi due anni fa i medici cubani sbarcavano nel nord Italia per fronteggiare
lo scoppio del covid praticamente a mani nude, dando un supporto enorme. Oggi –
in microscopica parte – siamo felici di poter ricambiare.
Viva la solidarietà e la cooperazione tra i popoli!
MA CHE COS’È QUESTO SOBERANA PLUS E COME FUNZIONA?
FACCIAMO CHIAREZZA!
*di Giuliano
Granato, portavoce nazionale Potere al Popolo!
In tante e
tanti mi state scrivendo per chiedere più informazioni sul Soberana Plus, il
vaccino che mi è stato somministrato a L’Avana come booster/terza dose, pensato
per soggetti convalescenti dal virus o cui è stato già somministrato un altro
vaccino anti-Covid-Sars2.
Ho quindi riassunto alcuni punti:
1. CHE VACCINO È? Il Soberana è un vaccino proteico,
differentemente da Pfizer o Moderna, che invece usano tecnologia mRNA.
Semplificando, significa che a Cuba si usa una tecnologia tradizionale che
permette di somministrare un pezzettino del virus – la cosiddetta “spike” – nel
soggetto da vaccinare che così produce gli anticorpi necessari. I vaccini mRNA,
invece, forniscono le “istruzioni”, l’organismo le apprende e alza la barriera
di anticorpi.
2. EFFICACIA: Gli studi condotti finora dalle istituzioni cubane – e
oggi anche da quelle italiane (Ospedale Amedeo di Savoia di Torino) –
dimostrano che il Soberana Plus è un vaccino assolutamente efficace. Costruisce
un altissimo muro di anticorpi, tanto in chi era già stato contagiato
precedentemente, quanto in chi ha ricevuto altri vaccini.
3. EFFICACIA BIS: Per di più, il Soberana Plus è efficace anche contro
le varianti Beta e Delta, la prima estremamente aggressiva e la seconda che
ormai è la forma principale con cui si presenta il virus.
4. COSTI, PRODUZIONE, STOCCAGGIO: Il Soberana Plus all’enorme
efficacia aggiunge costi di produzione molto bassi: vuol dire che
potenzialmente il vaccino può essere prodotto in ogni angolo del pianeta, anche
in quei Paesi la cui spesa procapite in sanità è inferiore ai 20$ l’anno, cioè
meno di quanto Pfizer chiede per la vendita di una sola dose del “suo” vaccino.
Non solo: Soberana non presenta problemi o condizioni particolari per lo
stoccaggio, il che evita di dover disporre di tecnologie avanzate per trasporto
e immagazzinamento del vaccino.
5. EFFETTI COLLATERALI: Dall’osservazione condotta finora sui
soggetti cui è stato somministrato il Soberana Plus viene fuori che ha effetti
collaterali quasi nulli. Solo meno dell’1% soffre di febbre, arrossamento della
zona dell’iniezione, malessere generale, eritemi. Per la stragrande maggioranza
della popolazione, invece, nessun effetto avverso. Al massimo un piccolo dolorino
nel punto della puntura.
6. VACCINO PUBBLICO AL 100%: E questo che c’entra? C’entra e non
solo per motivi ideologici. Il fatto che una piccola isola, povera e sotto
“bloqueo” da più di 60 anni, riesca in tempi brevissimi a sviluppare 3 vaccini
e due candidati vaccinali, dimostra che si può fare, che se siamo in balia di
Big Pharma è perché le nostre classi dominanti ci hanno consegnati mani e piedi
alle multinazionali del farmaco e non perché non esisteva alternativa. Un serio
progetto politico che voglia mettere al centro il bisogno forse più universale
che ci sia – quello alla salute – non può prescindere da enti e istituti di
ricerca biotecnologica pubblici al 100%.
Non dover essere soggetti alle esigenze di bilancio di qualche azienda e non
dover elemosinare la caritatevole cessione di alcuni milioni di dosi per
immunizzare milioni di persone sarebbe un salto civiltà di grande importanza.
7. COOPERAZIONE VS.. COMPETIZIONE: Lo studio clinico cui ho preso
parte insieme a 35 cittadine/i italiane/i è una prova straordinaria del fatto
che la cooperazione batte la competizione senza che ci sia partita.
È dalla messa in comune di conoscenze, tecnologie, possibili risposte, che
l’umanità trae giovamento. Non certo dalle guerre tra Stati, dalle multinazionali
che cercano di farsi le scarpe per sottrarsi l’un l’altra fette di mercato.
Un sistema internazionale fondato sulla cooperazione è un sistema che fa più
bene ai nostri popoli. E se la cooperazione fosse la regola ne guadagneremmo
quasi tutti. Eccetto quei pochi che sulla concorrenza lucrano a danno dei
molti.
La speranza del
vaccino cubano - Branko
Marcetic
Mentre la diffusione delle varianti del
Covid dimostra il fallimento della cura affidata ai meccanismi di mercato, il
sistema pubblico di Cuba ha realizzato il proprio farmaco. Che ha già
immunizzato milioni di persone
Gran parte della copertura dei media su Cuba la scorsa settimana si è
concentrata su proteste anti-governative che non hanno avuto luogo. Nessuno ha
parlato di una cosa che riveste importanza globale potenzialmente maggiore: la
campagna vaccinale.
Dopo dodici mesi terribili, nel corso dei quali una riapertura troppo
frettolosa aveva provocato l’aumento della pandemia, il picco di decessi e il
paese di nuovo paralizzato dal lockdown, un programma di vaccinazione riuscito
ha cambiato il segno alla pandemia. Cuba è ora non solo uno dei pochi paesi a
basso reddito ad aver vaccinato la maggioranza della sua popolazione, ma
l’unico ad averlo fatto con un vaccino che ha sviluppato per conto proprio.
Questa vicenda suggerisce un percorso avanzato per il cosiddetto mondo in
via di sviluppo che continua a lottare con la pandemia di fronte all’apartheid
vaccinale guidato dalle aziende e più in generale fa comprendere cosa è
possibile fare quando la scienza medica si sgancia dal profitto privato.
La scelta più sicura
Secondo la Johns Hopkins University, al momento in cui scriviamo, Cuba ha
vaccinato completamente il 78% della sua popolazione, posizionandosi al nono
posto nel mondo, sopra paesi ricchi come Danimarca, Cina e Australia (gli Stati
uniti, con poco meno di 60% della popolazione vaccinata, si trovano al
cinquantaseiesimo posto). L’inversione di tendenza dall’inizio della campagna
di vaccinazione a maggio ha risollevato le sorti del paese di fronte al doppio
shock della pandemia e all’intensificarsi del blocco degli Stati uniti.
Dopo un picco di quasi diecimila infezioni e quasi cento morti al giorno,
entrambe le cifre sono precipitate. Con il 100% del paese che ha assunto almeno
una dose di vaccino prima della fine del mese scorso, il 15 novembre il paese ha
riaperto i suoi confini al turismo, settore che costituisce circa un decimo
della sua economia, e ha riaperto le scuole. Ciò rende Cuba un’eccezione tra i
paesi a basso reddito, che hanno vaccinato solo il 2,8% della popolazione. Ciò
è dovuto in gran parte al fatto che il mondo cosiddetto sviluppato continua ad
accumulare dosi di vaccino e la gelosa tutela dei monopoli dei brevetti
impedisce ai paesi più poveri di sviluppare versioni generiche dei vaccini
prodotti in primo luogo attraverso finanziamenti pubblici.
La chiave è stata la decisione di Cuba di sviluppare i propri vaccini, due
dei quali – Abdala, che prende il nome da una poesia scritta da un eroe
dell’indipendenza, e Soberana 2 – hanno finalmente ricevuto l’approvazione
normativa ufficiale a luglio e agosto. Nelle parole di Vicente Vérez Bencomo,
direttore del Finlay Vaccine Institute riconosciuto a livello internazionale,
il paese stava «scommettendo sul sicuro» avendo deciso di prendersi il tempo
necessario a produrre il suo vaccino. In questo modo, avrebbe evitato la
dipendenza da alleati più grandi come Russia e Cina e aggiunto una nuova
esportazione commerciale in un momento di difficoltà economica.
Questi sforzi sono già in corso. Il Vietnam, che ha solo il 39% della
popolazione vaccinata, ha firmato un accordo per acquistare 5 milioni di dosi
di vaccino, e Cuba recentemente ne ha spedite più di 1 milione al suo alleato
comunista, 150 mila delle quali sono state donate. Anche il Venezuela (32% di
vaccinati) ha accettato di acquistare 12 milioni di dollari del vaccino a tre
dosi e ha già iniziato a somministrarlo, mentre Iran (51%) e Nigeria (1,6%)
hanno concordato di collaborare con il paese per sviluppare i propri vaccini.
La Siria (4,2%) ha recentemente discusso con funzionari cubani la stessa
prospettiva.
I due vaccini fanno parte di una suite di cinque vaccini Covid che Cuba sta
sviluppando. Ciò include un vaccino somministrato per via nasale che è passato
alla Fase II degli studi clinici, uno dei cinque vaccini in tutto il mondo che
hanno un’applicazione nasale. Secondo uno dei suoi migliori scienziati potrebbe
essere particolarmente utile se dimostrerà di essere sicuro ed efficace, dato
l’ingresso del virus attraverso la cavità nasale. Prevede anche un richiamo
appositamente progettato per funzionare su coloro che sono già stati inoculati
con altri vaccini e recentemente è stato sperimentato su turisti italiani. Da
settembre, Cuba è in procinto di ottenere l’approvazione dell’Organizzazione
mondiale della sanità per i suoi vaccini, il che aprirebbe la porta ad adozioni
diffuse.
Un vaccino diverso
Sono diversi gli aspetti che rendono i vaccini cubani unici oltre al loro
paese di origine, secondo Helen Yaffe, docente di storia economica e sociale
presso l’Università di Glasgow. Al centro c’è la decisione di Cuba di
perseguire un vaccino proteico più tradizionale piuttosto che la più
sperimentale tecnologia mRNA utilizzata per i vaccini Covid con cui abbiamo
acquisito familiarità, che era in sviluppo da decenni prima che l’inizio della
pandemia accelerasse tutto.
Per questo motivo, il vaccino di Cuba può essere conservato in frigorifero
o anche a temperatura ambiente, al contrario delle temperature subpolari a cui
deve essere conservato il vaccino Pfizer o delle temperature del congelatore
richieste dal vaccino di Moderna. «Nel Sud del mondo, dove enormi quantità di
popolazione non hanno accesso all’elettricità, è l’ennesimo ostacolo
tecnologico», afferma Yaffe.
La tecnologia dell’mRNA, che non è mai stata utilizzata sui bambini prima,
ha comportato un ritardo tra la vaccinazione degli adulti e quella dei bambini
nel mondo sviluppato – i vaccini per i bambini sotto i cinque anni sono ancora
in fase di sviluppo – mentre Cuba fin dall’inizio ha mirato a creare un vaccino
che i bambini potessero prendere. A partire da questo mese, ha vaccinato
completamente più di quattro quinti di tutti i minori dai due ai diciotto anni.
Mentre circa i due terzi di tutti i bambini e le bambine di America latina
e Caraibi a settembre non hanno potuto andare a scuola, Cuba ha riaperto le sue
aule. Gloria La Riva, attivista e giornalista indipendente che ha visitato Cuba
nel corso dell’anno ed è stata all’Avana da metà ottobre, ha descritto la scena
alla Ciudad Escolar 26 de Julio quando genitori e nonni si sono presentati per
la riapertura della scuola. «È una cosa molto importante per le famiglie – dice
– Tutti sono molto orgogliosi».
Il potere del non profit
C’è un altro elemento che caratterizza il vaccino cubano. «È prodotto al
100% da un settore biotecnologico pubblico», dice Yaffe.
Negli Stati uniti e in altri paesi occidentali, i farmaci salvavita vengono
sviluppati in gran parte grazie a finanziamenti pubblici prima che i loro
profitti e la loro distribuzione vengano spietatamente privatizzati, il settore
biotecnologico di Cuba è interamente di proprietà pubblica. Ciò significa che
Cuba ha de-mercificato una risorsa umana vitale, una direzione politica
esattamente opposta a quella che abbiamo visto in questi ultimi quattro decenni
di neoliberismo.
Cuba ha investito miliardi di dollari nella creazione di un’industria
biotecnologica nazionale dagli anni Ottanta, quando ci fu la combinazione di
un’epidemia di febbre dengue e di nuove sanzioni economiche da parte
dell’allora presidente Ronald Reagan. Nonostante lo schiacciante blocco da
parte degli Stati uniti, responsabili di un terzo della produzione farmaceutica
mondiale, il settore biotecnologico di Cuba ha prosperato: produce quasi il 70%
delle circa ottocento medicine che consumano i cubani, otto degli undici vaccini
del programma di immunizzazione nazionale ed esporta centinaia di milioni di
vaccini all’anno. I ricavi vengono poi reinvestiti nel settore. «Tutti questi
vaccini hanno un impatto molto grande sulla scienza ma sono molto costosi,
economicamente inaccessibili», ha detto di recente Vérez Bencomo a proposito
della decisione di Cuba di sviluppare i propri vaccini.
Il settore è riconosciuto a livello internazionale. Cuba ha vinto dieci
medaglie d’oro dall’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (Ompi)
delle Nazioni unite, tra le altre cose, per aver sviluppato nel 1989 il primo
vaccino al mondo contro la meningite B. Nel 2015, Cuba è diventata il primo
paese a eliminare la trasmissione da madre a figlio dell’Hiv e della sifilide,
esito sia dei farmaci retrovirali che aveva prodotto che del solido sistema di
assistenza sanitaria pubblica.
In questo modo, Cuba è stata in grado di fare l’impensabile, sviluppando il
proprio vaccino e facendo meglio di gran parte dei paesi occidentali nella
lotta alla pandemia, nonostante le sue dimensioni e il livello di ricchezza, e
nonostante una politica di strangolamento economico da parte di un governo
ostile. Anche gli sforzi di solidarietà internazionale sono stati vitali.
Quando il blocco degli Stati uniti ha significato una carenza di siringhe
sull’isola, mettendo a rischio la sua campagna di vaccinazione, i gruppi di
solidarietà dei soli Stati uniti hanno inviato a Cuba 6 milioni di siringhe, il
governo messicano che ne ha inviate altre ottocentomila, e centomila sono
arrivate dalla Cina.
Un’alternativa a Big pharma
Anche così, c’è qualche incertezza sui vaccini di Cuba. Il loro uso in
Venezuela ha incontrato obiezioni da parte dei sindacati dei medici pediatrici
e delle accademie mediche e scientifiche del paese. Sostengono che i risultati
della sperimentazione del vaccino non sono stati sottoposti a revisione
paritaria e pubblicati su riviste scientifiche internazionali. L’Organizzazione
panamericana della sanità ha esortato Cuba a rendere pubblici i risultati.
Da parte sua, Vérez Bencomo se la prende con una comunità internazionale
ostile a Cuba. In un’intervista di settembre, ha accusato le principali riviste
di discriminare gli scienziati cubani, perché avrebbero rifiutato le
osservazioni dei cubani pur avendo pubblicato ricerche simili da altri paesi e
avrebbero agito come «una barriera che tende a emarginare i risultati
scientifici che provengono dai paesi poveri».
Queste accuse piuttosto serie colpiscono uno scienziato rispettato a
livello mondiale. Vincitore del Cuban National Chemistry Award e della Wipo
Gold Medal 2005, Vérez Bencomo ha guidato il team che ha lavorato con uno
scienziato canadese per sviluppare il primo vaccino semisintetico al mondo,
creando un vaccino più conveniente per proteggere dall’Haemophilus influenzale
di tipo B, il vaccino a basso costo contro la meningite. Nel 2005 gli è stato
vietato di recarsi in California per ricevere un premio, con il Dipartimento di
Stato di George W. Bush che ha ritenuto la sua visita «dannosa per gli interessi
degli Stati uniti». Nel 2015 è stato nominato Cavaliere della Legion d’onore
dall’allora ministro francese degli affari sociali e della salute, che lo ha
elogiato per il suo lavoro e lo ha definito «amico della Francia» (Vérez
Bencomo non ha risposto a una richiesta di intervista).
Mentre la reazione di Cuba alla pandemia suggerisce che la fiducia sua e
del governo cubano nei vaccini non è mal riposta, potrebbe volerci un po’ più
di tempo prima che ottengano l’imprimatur ufficiale della comunità scientifica
internazionale. Se dovesse arrivare, si dimostrerebbe una potente confutazione
del modello di vaccino guidato dalle aziende private, per cui, in linea con i
punti di discussione di Big Pharma, solo la concorrenza alla ricerca del
profitto può produrre l’innovazione nella cura che il mondo attende.
Forse, ancora più importante, questo vaccino potrebbe rappresentare una
strada per il mondo in via di sviluppo per uscire finalmente dalla pandemia,
dopo mesi in cui i vaccini sono stati diffusi solo nei paesi ricchi. I governi
occidentali hanno continuato a opporsi alle richieste del Sud del mondo di
rinunciare ai brevetti sui vaccini e di consentire loro di produrre o
acquistare versioni generiche più economiche, lasciando la stragrande
maggioranza della popolazione mondiale ancora vulnerabile al virus e, ironia
della sorte, mettendo in pericolo tutti noi. In questo senso, dovremmo tutti
sperare che i vaccini di Cuba riscuotano lo stesso successo dei suoi
scienziati.
*Branko Marcetic è collaboratore di JacobinMag. Ha scritto Yesterday’s
Man: The Case Against Joe Biden. Vive a Chicago, nell’Illinois. Questo
articolo è uscito su JacobinMag. La traduzione è a cura della redazione.
Nessun commento:
Posta un commento