I venti di guerra che spiravano al confine fra
l’Ucraina e la Russia non si sono attenuati neanche dopo il vertice fra i due
Presidenti, Biden e Putin, che hanno abbassato un po’ le canne dei fucili ma si
sono scambiati, fra promesse e minacce, i reciproci penultimatum. Nella stessa
settimana la CNN ci informa che Biden si appresta a lanciare il boicottaggio
diplomatico delle olimpiadi invernali in Cina in risposta alle violazioni dei
diritti umani nello Xinjiang e a Hong Kong e alle pressioni militari cinesi su
Taiwan. Si tratta di una misura che i cinesi hanno preso come una grave
provocazione politica e che difficilmente porterà a un miglioramento della
situazione nello Xinjiang e a Hong Kong. Gli Stati Uniti non sono Amnesty
International e non hanno titolo per ergersi a paladini dei diritti umani nel
mondo. Tanto più che ‒ come la Russia, la Cina, Israele e la Turchia ‒ si
rifiutano di aderire a quei trattati internazionali, come lo Statuto della
Corte penale internazionale, che pongono dei vincoli a quelle violazioni più
odiose dei diritti umani, che sono i crimini di guerra e i crimini contro
l’umanità.
In realtà l’argomento della democrazia e della tutela
dei diritti umani è usato sempre in modo strumentale per orgoglio politico, per
marcare una supremazia.
Questa, infatti, sembra essere la settimana
dell’orgoglio dell’Occidente. Il 9-10 dicembre il Presidente Biden ha convocato
il «Summit per la Democrazia» che riunisce, in collegamento mondiale online,
«leader di governo, società civile e settore privato». La lista degli invitati
comprende 111 paesi. Tra questi 28 dei 30 membri della Nato: mancano Turchia e
Ungheria ma, in compenso, ci sono Israele e Ucraina, insieme a 26 dei 27 membri
della Ue (esclusa l’Ungheria). Il summit «fornirà loro una piattaforma per
difendere la democrazia e i diritti umani all’interno e all’estero, per
affrontare attraverso un’azione collettiva le più grandi minacce che hanno di
fronte oggi le democrazie». Verrà in tal modo avviato «un anno di azione per
rendere le democrazie più reattive e resilienti», che culminerà con un secondo
summit, in presenza, per «costruire una comunità di partner impegnati nel
rinnovamento democratico globale».
Si tratta di una sorta di gay pride dell’Occidente per
rilanciare la favola del “mondo libero” unito nella missione di portare la
democrazia nel mondo sotto la guida degli Stati Uniti, contenendo le spinte del
mondo non-libero, nel quale ci sono la Cina e la Russia, ma non l’Arabia
Saudita né l’Egitto. In realtà più che glorificare il mondo libero dovremmo
preoccuparci del degrado della democrazia e dei diritti umani proprio nei paesi
dell’Occidente che quella bandiera hanno innalzato e adesso la stanno gettando
nel fango. Come accade un po’ dappertutto anche nel Paese che ha inventato la
Dichiarazione dei diritti dell’uomo, dove la nuova stella nascente della
politica francese, Eric Zemmour, ha impostato la sua campagna presidenziale
sullo slogan: immigrazione zero.
Questo non è il tempo dello splendore ma delle miserie
dell’Occidente e del degrado della democrazia. Di quale gloria si può vantare
un paese del mondo libero come la Polonia, dove qualche giorno fa è stata fatta
morire una donna incinta con il bambino che portava in seno per il rifiuto di
darle accoglienza? Di quale gloria si può vantare l’Unione Europea per aver
trasformato il Mediterraneo in un cimitero? Usciamo fuori dalle finzioni e
guardiamo la realtà con la cruda sincerità delle parole pronunciate da papa
Francesco a Lesbo:
«Guardiamo i volti dei bambini. Troviamo il coraggio di
vergognarci davanti a loro, che sono innocenti e sono il futuro. Interpellano
le nostre coscienze e ci chiedono: “Quale mondo volete darci?” Non scappiamo
via frettolosamente dalle crude immagini dei loro piccoli corpi stesi inerti
sulle spiagge. Il Mediterraneo, che per millenni ha unito popoli diversi e
terre distanti, sta diventando un freddo cimitero senza lapidi. Questo grande
bacino d’acqua, culla di tante civiltà, sembra ora uno specchio di morte. Non
lasciamo che il mare nostrum si tramuti in un desolante mare
mortum, che questo luogo di incontro diventi teatro di scontro! Non
permettiamo che questo “mare dei ricordi” si trasformi nel “mare della
dimenticanza”. Fratelli e sorelle, vi prego, fermiamo questo naufragio di
civiltà!».
Forse più che celebrare lo splendore dell’Occidente e
del suo Paese guida, dovremmo cominciare a preoccuparci seriamente dello stato
di salute della nostra democrazia, che rischia il naufragio nel mare
dell’indifferenza e delle nostre miserie.
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