lunedì 27 dicembre 2021

riuscire a fallire - Enrico Euli

  

Fatta anche la terza dose.

Penso, da quel che credo di sapere e di aver capito, che possa essere utile per limitare la probabilità di contagiarmi e di contagiare altri.

E per ridurre fortemente la possibilità di ammalarmi gravemente o di morire.

Tutto il resto non conta, e neanche l'ascolto più.

Il resto mi pare solo propaganda, ipocrisia, profitto, pensiero unico.

 

Non credo infatti che vaccinare ci farà arrivare alla fine dello stato d'emergenza, che è dettato da motivazioni politiche e di controllo sociale (e non certo sanitarie), e che quindi proseguirà.

L'emergenza come forma di vita è qui, e ci attornia.

Ci siamo già: se il ricatto del Pass serviva a forzare proditoriamente la vaccinazione, ora è quello della vaccinazione a divenire mezzo per forzare la perpetuazione dei Pass.

A questo dovremo abituarci ed adattarci: al controllo microfisico e permanente, sia che il virus si debelli (il che, ormai, è solo una variabile secondaria e sempre più remota) o meno (ed a quel punto emergeranno ulteriore panico ed ansia militare di governo; quanto più, infatti, perderanno il controllo sul virus, tanto più accentueranno quello sulle persone e sulle società).

A quel punto sarà ancora più doloroso riconoscere che -per tentare un'opposizione politica al regime che si va instaurando a colpi di diktat dragheschi- sarebbe stato necessario concentrarsi ed unificarsi tatticamente solo contro il pass e la sua obbligatorietà (che è, di fatto, anche obbligo vaccinale), indipendentemente dalle nostre diverse posizioni sul vaccinarsi o meno, sui suoi limiti di sicurezza e di efficacia sanitaria, etc.

Invece, senza separare il no pass dal no vax, abbiamo solo compartecipato al casino infodemico.

 

Aborro la monocultura megalomanica dell'extra vaccinum nulla salus.

La Terra promessa non sarà raggiunta, nonostante le roboanti promesse di salvifiche eradicazioni, di uscite dal tunnel (ancora oggi, nonostante tutto quel che sta accadendo, puntualmente rinnovate ed evocate).

Nè seguo la monocultura predatoria dell'extra occidentem nullum vaccinum.

Qualcosa non torna se noi siamo già alla terza dose e miliardi di persone non hanno fatto la prima.

E ne paghiamo le conseguenze, come ci meritiamo appieno.

E neanche mi attrae la monocultura paranoica e caproespiatoria dell'extra vaccinum extrema culpa. Quella a cui stiamo assistendo ora è un'epidemia che colpisce numericamente soprattutto i vaccinati, inutile negarlo.

Quei fantomatici supereroi, fanfaroni bislaureati che straparlano da ormai due anni sui media, senza saper fare nemmeno uno straccio di autocritica, dovrebbero solo ammutolire e nascondersi.

Il virus infatti è capace di variare, loro no.

Ecco perché possono soltanto inseguirlo da una variante all'altra.

Ecco perché riescono sempre a fallire, anche quando -solo apparentemente o parzialmente-riescono.

 

Quando è assalita da tutti i lati dalla prospettiva del disastro, i cui scopi finali sono avvolti dal terrore, l'anima dell'uomo -sia pervasa dall'istintiva convinzione che essa non può combattere in una volta tutti i suoi nemici, sia provvidenzialmente accecata o incapace di vedere il più grande arco del cerchio che minacciosamente si richiude- qualunque sia la verità, l'anima dell'uomo, così investita, non affronta mai coscientemente la totalità della sua disgrazia.

La droga amara è divisa in successive bevande: oggi sorbisce un po' della sua infelicità, domani un altro poco ancora, e così via fino all'ultimo sorso.' (H. Melville, Pierre o delle ambiguità, 1852)

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