In questo tempo si impone a noi l’evidenza e l’importanza del volto, dello
sguardo.
Volti spesso celati dalle mascherine, anche quando non necessarie o
addirittura dannose. Per paura, per obbligo, per protezione di sé o degli
altri, per avvio di una moda.
Chissà quante persone che indossano con convinzione, con determinazione e
quasi con orgoglio la mascherina magari fino a tre mesi fa, criticavano le
donne che per loro cultura, mostrano solo gli occhi.
Lungo i marciapiedi, nei negozi, in coda, di corsa o in bicicletta,
emergono gli occhi e gli sguardi al di sopra delle mascherine. Occhi e sguardi
intensi, sfuggenti, malinconici, bassi, altezzosi, impauriti, seri, allegri,
caldi, freddi o tiepidi. Sguardi pieni di speranza o di pessimismo, a volte
indifferenti o carichi di partecipazione umana.
Alcuni giorni fa, chi ha alzato lo sguardo alle frecce tricolori che
sfrecciavano su Torino e sull’Italia, e tra qualche giorno sfrecceranno ancora,
cosa ha guardato?
Quando lo sguardo si posa su uno spettacolo del genere, cosa si vuole
vedere o cosa si mostra a noi?
Dove abbiamo bisogno di posare i nostri sguardi, con o senza mascherina?
In fondo, sta sempre a noi decidere di rivolgere il nostro sguardo alla
forza, alla velocità, all’inaudito sperpero, alla manipolazione in nome
dell’unità nazionale o di una “missione di pace”.
Oppure, se posare lo sguardo compassionevole o benevolo all’altro che ci
passa a fianco, chiunque sia. Per rivolgere sguardi che restituiscano fiducia,
coraggio, comprensione, apertura.
Almeno sui nostri sguardi e dove decidiamo di posarli, chi ha potere non lo
ha fino in fondo. Sta a noi girare il volto e i nostri occhi in basso, in alto
o in orizzontale.
E se proprio alziamo lo sguardo sia per il cielo e le nuvole che corrono.
Sia per la luna, le stelle, il gabbiano o il mistero della vita.
Si, sta a noi decidere dove posare i nostri occhi perché si riempiano di
più luce, di più gioia, di più comprensione delle cose, di noi stessi, degli
altri.
Bruno Chenu in Tracce del volto scrive: «…se certi sguardi
oggettivizzano, altri destano e vivificano…»; il poeta René Char aggiunge:
«…solo gli occhi sono ancora capaci di emettere un grido…».
C’è in questa esplorazione del visibile un magnetismo irresistibile verso
l’invisibile. Ogni sguardo è un itinerario verso la profondità nascosta: quando
io guardo colui che mi guarda, non ci guardiamo semplicemente gli occhi, ci
guardiamo negli occhi. Maurice Merleau Ponty lo esprimeva in altri termini:
«…il visibile ha esso stesso una membrana d’invisibile…». Ogni
sguardo è alla ricerca della luce piena. Ogni essere umano ha l’anima
nell’occhio.
Nessun commento:
Posta un commento