Da un
recente studio della Lombard Odier, una banca svizzera specializzata negli
investimenti finanziari, emergono dati interessanti sul debito globale e
sull’indebitamento dei singoli Paesi.
Anzitutto,
si vede che il debito globale mondiale negli ultimi decenni è aumentato in modo
preoccupante: nel 1999 ammontava a 79 mila miliardi di dollari (224% del PIL
mondiale), nel 2008 è salito a 178 mila miliardi (278% del PIL) e nel 2018 è
arrivato a 243 mila miliardi di dollari (317% del PIL globale). Questo
peggioramento dell’indebitamento è rappresentato nell’inquietante titolo del
report: «Fear and loathing in global debt». Nella presentazione
dell’analisi si specifica che «il significativo aumento del debito globale
negli ultimi due decenni pone domande legittime sulla sua sostenibilità» e che
«oggi potremmo aver raggiunto i limiti del modello di crescita guidato dal
debito».
Di solito il
principale criterio per valutare la condizione di uno Stato è il debito
pubblico in relazione al prodotto interno lordo (PIL). Lo scenario può cambiare
radicalmente quando vengono presi in considerazione tutti i debiti: della
pubblica amministrazione, delle imprese, dei contribuenti e delle società
finanziarie.
È quello che
ha fatto la Lombard Odier, predisponendo una tabella con i dati di tutti i
debiti riferiti al 2018, dalla quale emerge che i Paesi più indebitati dell’Unione
Europea sono Irlanda, Olanda, Danimarca, Belgio e Svezia, mentre i più virtuosi
sono Germania, Austria, Finlandia, Grecia e Italia. Un risultato per certi
versi sorprendente. In dettaglio si può vedere che l’Irlanda ha un debito
globale pari al 671% del PIL, poiché bisogna sommare il 73% del debito
pubblico, il 193% di quello delle imprese, il 45% del debito delle famiglie e
soprattutto il 362% dell’indebitamento accumulato da banche e società
finanziarie irlandesi. L’Olanda, spesso considerata nel novero dei Paesi
virtuosi, in realtà segue l’Irlanda da vicino, con il 626% di debito rispetto
al PIL. Fuori dall’Unione Europea in questa zona della classifica si trova
anche il Giappone con il 537%. Dall’altra parte dell’elenco al primo posto c’è
la Germania, con il 236% e con una omogenea distribuzione del debito: 65%
debito pubblico, 56% imprese, 53% contribuenti, 62% finanza. La Grecia e
l’Italia, pur avendo i più elevati debiti pubblici in Europa, si posizionano in
modo inaspettato: il debito globale ammonta rispettivamente al 304% e al 311%
del PIL.
Ecco il
dettaglio dell’Italia: 141% debito pubblico, 70% imprese, 41% famiglie, 59%
banche. Da notare che l’indebitamento privato pari al 41% del PIL è il più
basso tra tutti i Paesi considerati nel report: gli italiani, oltre ad essere
grandi risparmiatori, sono poco propensi a contrarre debiti privati. Al
contrario degli italiani si collocano gli svizzeri. Infatti, la Svizzera, con
un indebitamento globale del 385%, ha un debito pubblico molto basso (32% del
PIL) e il debito privato più alto (130%), dovuto ad un largo utilizzo delle
ipoteche da parte delle famiglie svizzere.
Anche la
conclusione dello studio della Banca svizzera per certi aspetti può essere
considerata sorprendente: viene detto in modo esplicito che un debito elevato
comporta come conseguenza la disuguaglianza, mentre invece sarebbe utile
«crescere in modo diverso», poiché la «riduzione delle disparità della
stragrande maggioranza delle economie mondiali può essere un modo efficace per sostenere
i consumi senza fare affidamento su un eccessivo accumulo di debito». A
motivare queste indicazioni della Lombard Odier sicuramente non è il senso di
equità o il diritto alla giustizia, ma è positivo che anche una Banca svizzera,
nazione considerata il paradiso fiscale per eccellenza, riconosca che è
necessario cambiare strada e ridurre le enormi disuguaglianze tra i popoli.
da qui
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