Nel corso
del briefing quotidiano sul coronavirus del governatore di New York Andrew
Cuomo di mercoledì 6 maggio, per alcuni brevi istanti, la cupa smorfia che ha
riempito i nostri schermi per settimane si è rapidamente trasformata in
qualcosa che assomiglia a un sorriso.
«Noi siamo
pronti, ci siamo completamente dentro», ha ciangottato il governatore. «Siamo
newyorkesi, quindi siamo aggressivi su questo problema, siamo anche ambiziosi a
tale riguardo (…) Ci rendiamo conto che il cambiamento non soltanto è
imminente, ma può essere veramente un amico se facciamo le cose come vanno
fatte. »
L’ispirazione
per queste vibrazioni insolitamente positive veniva dalla visita in video
dell’ex CEO di Google Eric Schmidt, che si è unito al briefing del governatore
per annunciare che sarà a capo di un panel per reinventare la realtà post-Covid
dello Stato di New York, con un’enfasi sull’integrazione permanente della
tecnologia in ogni aspetto della vita civile.
«Le priorità
di ciò che stiamo cercando di seguire» , ha dichiarato Schmidt, «riguardano la
sanità a distanza, l’apprendimento da remoto e la banda larga (…) Dobbiamo
cercare soluzioni che possano essere usate adesso e poi accelerate per
utilizzare la tecnologia e per fare le cose al meglio». Per non avere dubbi sul
fatto che gli obiettivi dell’ex presidente di Google fossero del tutto
benevoli, il suo sfondo video presentava una coppia di ali d’angelo d’oro
incorniciate.
Giusto il
giorno prima Cuomo aveva annunciato una collaborazione simile con la Bill &
Melinda Gates Foundation per sviluppare «un sistema educativo più
intelligente». Definendo Bill Gates un “visionario”, Cuomo ha affermato che la
pandemia avrebbe creato «un momento nella storia in cui possiamo effettivamente
integrare e sviluppare le idee [di Gates] (…) tutti questi edifici materiali,
tutte queste aule fisiche – a quale scopo, considerando la tecnologia di cui
oggi disponiamo?» ha esclamato, in forma apparentemente retorica.
Ci ha messo
del tempo a delinearsi, ma qualcosa che somiglia a una coerente dottrina di
shock pandemico sta iniziando ad emergere. Chiamiamola “Monitor New Deal”.
Molto più hi-tech di quel che abbiamo visto durante le catastrofi precedenti
questo futuro, che avanza mentre i cadaveri ancora si impilano, interpreta le
nostre ultime settimane di isolamento fisico non come una dolorosa necessità
avente lo scopo di salvare vite umane, ma come il laboratorio vivente di un
avvenire – altamente redditizio – per sempre deprivato di qualsiasi contatto
fisico.
Anuja
Sonalker, CEO di Steer Tech, una società con sede nel Maryland che vende
tecnologia per auto che parcheggiano da sole, ha recentemente schematizzato in
questo modo la nuova proposta di vendita aggiornata al virus: «C’è stato un
notevole progresso verso una tecnologia senza umani e senza contatto», ha
detto. «Gli esseri umani sono biologicamente pericolosi, le macchine no».
È un futuro
in cui le nostre case non saranno più spazi esclusivamente personali ma saranno
anche, grazie alla connettività digitale ad alta velocità, le nostre scuole, i
nostri studi medici, le nostre palestre e, su decisione dello stato, le nostre
carceri. Naturalmente per molti di noi quelle stesse case si andavano già
trasformando nei nostri posti di lavoro senza fine e nei principali luoghi di
intrattenimento ben prima della pandemia, e l’incarcerazione domiciliare
sorvegliata “nella comunità” si stava già diffondendo. Ma in un futuro che sta
velocemente prendendo forma queste tendenze procedono verso una brusca
impennata verso l’alto delle loro curve.
Questo è un
futuro in cui, per i privilegiati, quasi tutto viene consegnato a casa – una
volta “condiviso” lo schermo su una piattaforma di mediazione – sia
virtualmente, tramite streaming e tecnologia cloud, sia fisicamente, tramite
veicoli senza conducente o tramite droni. È un futuro che non avrà molto
bisogno di insegnanti, medici e autisti. Non accetta contanti o carte di
credito (con il pretesto del controllo dei virus) offre un sistema di trasporto
scheletrico e un quantitativo decrescente di arte dal vivo. È un futuro che
sostiene di essere basato sull’intelligenza artificiale, ma in realtà è tenuto
insieme da decine di milioni di lavoratori anonimi nascosti in magazzini, data
center, opifici per la moderazione dei contenuti, fabbrichette di rifiuti
elettronici, miniere di litio, fattorie industriali, impianti di lavorazione
della carne e carceri, dove i lavoratori vengono lasciati non protetti da
malattie e iper-sfruttamento. È un futuro in cui ogni nostra mossa, ogni nostra
parola, ogni nostra relazione è tracciabile, rintracciabile e estraibile dai
dati grazie a una collaborazione senza precedenti tra il governo e i giganti
della tecnologia.
Se tutto ciò
suona familiare è perché, prima di Covid, proprio questo futuro app-driven,
alimentato da lavoretti “gig”, ci veniva venduto in nome della praticità e
della personalizzazione senza attriti. Ma molti di noi avevano le loro
preoccupazioni. Per esempio, riguardo la sicurezza, la qualità e l’equità della
sanità a distanza e delle aule online. Riguardo auto senza conducente che
falciano pedoni e droni che distruggono pacchi (e persone). Riguardo la
localizzazione e il commercio senza contanti che cancellano la nostra privacy e
rafforzano la discriminazione razziale e di genere. Riguardo piattaforme di
social media senza scrupoli che avvelenano la nostra ecologia delle
informazioni e la salute mentale dei nostri figli. Riguardo “città
intelligenti” piene di sensori che sostituiscono il governo locale. Riguardo i
buoni lavori che queste tecnologie hanno spazzato via. Riguardo i pessimi
lavori che hanno invece prodotto in serie.
E,
soprattutto, eravamo preoccupati per la ricchezza e il potere che minacciavano
la democrazia, accumulati da una manciata di aziende tecnologiche che sono
predicatrici dell’abbandono – che aggirano qualsiasi responsabilità riguardo le
carcasse lasciate nei settori che oggi controllano, che si tratti di media,
vendita al dettaglio o di trasporti.
Questo è il
passato remoto, detto anche Febbraio. Oggi, molte di queste preoccupazioni,
assai ben fondate, sono state spazzate via da un’ondata di panico, e questa
distopia riciclata passa attraverso un affrettato lavoro di ricostruzione del
brand. Adesso, in un contesto straziante di morte di massa, ci viene riproposta
con la dubbia argomentazione che queste tecnologie sono l’unico modo possibile
per proteggere le nostre vite dalla pandemia, le chiavi indispensabili per
proteggere noi stessi e i nostri cari.
Grazie a
Cuomo e alle sue varie partnership miliardarie (tra cui una con Michael
Bloomberg per i test e la tracciabilità), lo stato di New York si posiziona
come la showroom scintillante per questo triste futuro – ma le ambizioni vanno
ben oltre i confini di ogni stato o paese.
Nel centro
perfetto di tutto questo è installato Eric Schmidt.
Ben prima
che gli americani comprendessero la minaccia di Covid-19, Schmidt aveva
intrapreso una campagna di lobbying e pubbliche relazioni aggressiva, spingendo
proprio la visione della società del Black Mirror che Cuomo gli ha appena dato
il potere di realizzare. Al centro di questa visione c’è la perfetta intesa del
governo con una manciata di giganti della Silicon Valley – scuole pubbliche,
ospedali, studi medici, polizia e militari esternalizzano (a costo elevato)
molte delle loro funzioni principali a società tecnologiche private.
È una
visione che Schmidt ha promosso nel suo doppio ruolo di presidente del Defense
Innovation Board, attraverso cui consiglia il Dipartimento della Difesa degli
Stati Uniti su un maggiore uso dell’intelligenza artificiale in campo militare,
e di presidente della potente Commissione di Sicurezza Nazionale sull’Intelligenza
Artificiale, o NSCAI , che fornisce consulenza al Congresso su “progressi
nell’intelligenza artificiale, relativi sviluppi dell’apprendimento automatico
e tecnologie associate”, con l’obiettivo di affrontare “le esigenze di
sicurezza nazionale ed economica degli Stati Uniti, compreso il rischio
economico”. Entrambe le commissioni pullulano di potenti amministratori
delegati della Silicon Valley e di alti dirigenti di aziende come Oracle,
Amazon, Microsoft, Facebook e, naturalmente, di ex colleghi di Schmidt presso
Google.
In qualità
di presidente, Schmidt – che detiene ancora più di $ 5,3 miliardi in azioni di
Alphabet (la società madre di Google), nonché grandi investimenti in altre
società tecnologiche – ha gestito un accurato lavoro di ispezione, con base a
Washington, a vantaggio degli interessi della Silicon Valley. Lo scopo
principale dei due consigli è quello di chiedere aumenti esponenziali della
spesa pubblica per la ricerca sull’intelligenza artificiale e su infrastrutture
tecnologiche come il 5G – investimenti che andrebbero a beneficio diretto delle
società di cui Schmidt e altri membri di questi consigli hanno ampie
partecipazioni.
Tanto nelle
presentazioni a porte chiuse per i legislatori quanto in articoli di opinione e
interviste rivolte al pubblico, la sostanza dell’argomentazione di Schmidt è
sempre la stessa: dal momento che il governo cinese è disposto a spendere
denaro pubblico illimitatamente per realizzare l’infrastruttura di sorveglianza
ad alta tecnologia, pur consentendo a società tecnologiche cinesi come Alibaba,
Baidu e Huawei di intascare i profitti dalle applicazioni commerciali, la
posizione dominante degli Stati Uniti nell’economia globale è sul punto di
precipitare.
L’Electronic
Privacy Information Center (Epic) ha recentemente ottenuto l’accesso, tramite
una richiesta ufficiale per Libertà di Informazione (FOI), ai materiali di una
presentazione fatta dal NSCAI di Schmidt nel maggio 2019. Le sue slide
contengono una serie di affermazioni allarmistiche intorno a come l’infrastruttura
normativa relativamente lassista della Cina e il suo appetito senza fondo per
la sorveglianza la stiano portando a superare gli Stati Uniti in una serie di
settori, tra cui: “AI per la diagnosi medica”, veicoli autonomi, infrastrutture
digitali, “città intelligenti”, condivisione delle corse e commercio senza
contanti.
Le
argomentazioni in favore di questo vantaggio competitivo della Cina sono una
miriade: il volume di consumatori che fanno acquisti online; “L’assenza in Cina
di sistemi bancari ereditati”, che avrebbe permesso di scavalcare contanti e
carte di credito e di scatenare “un enorme mercato di e-commerce e servizi
digitali” utilizzando i pagamenti digitali; una grave carenza di medici, che ha
portato il governo a lavorare a stretto contatto con aziende tecnologiche come
Tencent per utilizzare l’IA per la medicina “predittiva”. Le diapositive di
Schmidt sottolineano come in Cina le società tecnologiche «hanno l’autorità di
eliminare rapidamente le barriere normative, mentre le iniziative americane
sono legate alla conformità HIPPA e all’approvazione della FDA».
Su ogni
altro argomento, tuttavia, l’NSCAI sottolinea che la determinazione della Cina
nell’abbracciare partenariati pubblico-privato nella sorveglianza di massa e
nella raccolta di dati è la vera spiegazione del suo vantaggio competitivo. La
presentazione reclamizza “il sostegno e il coinvolgimento espliciti del governo
cinese nella diffusione del riconoscimento facciale”. Sostiene che «la
sorveglianza è uno dei ‘primi e migliori clienti’ per la AI» e, inoltre, che
«la sorveglianza di massa è la killer application dell’apprendimento profondo».
Una
diapositiva intitolata “Set di dati statali: sorveglianza = città intelligenti”
fa notare che la Cina, insieme al principale concorrente cinese di Google,
Alibaba, stanno correndo avanti.
Questo è
interessante perché la società madre di Google, Alphabet, ha sostenuto proprio
questa visione attraverso la sua divisione di Sidewalk Labs, scegliendo gran
parte del lungomare di Toronto come prototipo di “città intelligente”.
Sennonché il progetto di Toronto è stato chiuso dopo due anni di incessanti
polemiche relative alle enormi quantità di dati personali che Alphabet avrebbe
raccolto, una mancanza di protezione della privacy e vantaggi discutibili per
la città nel suo insieme.
Cinque mesi
dopo questa presentazione, a Novembre, NSCAI ha presentato al Congresso una
relazione interlocutoria che ha di nuovo tentato di creare panico circa la
necessità, per gli Stati Uniti, di imitare l’adattamento cinese a queste
controverse tecnologie. “Siamo in una competizione strategica”, afferma il
rapporto, ottenuto tramite FOI da Epic. «L’IA sarà al centro. Sono in gioco il
futuro della nostra sicurezza nazionale e della nostra economia».
Alla fine di
febbraio, Schmidt stava già puntando la sua campagna verso il grande pubblico,
forse perché aveva capito che gli aumenti di budget richiesti dal suo Consiglio
non sarebbero stati approvati senza un sostegno più convinto. In un articolo
del New York Times intitolato “Ero solito partire con Google. Ma la Silicon
Valley potrebbe perdere in Cina”, Schmidt ha chiesto “partenariati senza
precedenti tra governo e industria” e, ancora una volta suonando la fanfara del
pericolo giallo, ha scritto:
«L’IA aprirà
nuove frontiere ovunque, dalle biotecnologie alle banche, ed è anche una
priorità del dipartimento della difesa (…). Se le tendenze attuali continuano,
gli investimenti complessivi della Cina in ricerca e sviluppo dovrebbero
superare quelli degli Stati Uniti entro 10 anni, circa lo stesso periodo in cui
si prevede che la sua economia diventerà più grande della nostra.
A meno che
queste tendenze non cambino, negli anni 2030 saremo in concorrenza con un paese
che ha un’economia più grande, più investimenti in ricerca e sviluppo, una
migliore ricerca, un più ampio dispiegamento di nuove tecnologie e una più
solida infrastruttura informatica (…). In definitiva, i cinesi sono in
competizione con noi per diventare i più importanti innovatori del mondo e gli
Stati Uniti non stanno giocando per vincere».
L’unica
soluzione, per Schmidt, era un’ondata di denaro pubblico. Lodando la Casa
Bianca per aver richiesto un raddoppio dei finanziamenti per la ricerca
nell’intelligenza artificiale e nelle scienze dell’informazione quantistica, ha
scritto:
«Dovremmo
pianificare di raddoppiare il finanziamento in quei campi mentre costruiamo
capacità istituzionali nei laboratori e nei centri di ricerca (…). Allo stesso
tempo, il Congresso dovrebbe soddisfare la richiesta del presidente per il più
alto livello di finanziamento della ricerca e sviluppo nel settore della difesa
da oltre 70 anni e il dipartimento della difesa dovrebbe capitalizzare
quell’impennata di risorse per costruire capacità rivoluzionarie in AI,
quantistica, ipersonica e altre aree tecnologiche prioritarie».
Esattamente
due settimane prima che l’epidemia di coronavirus fosse dichiarata una pandemia
non si sosteneva che l’obiettivo di questa vasta espansione di alta tecnologia
fosse quello di proteggere la salute americana. Ci si limitava a dire che era
necessario evitare di essere superati dalla Cina. Ma, inutile dirlo, tutto
sarebbe rapidamente cambiato.
Nei due mesi
successivi, Schmidt ha trasformato queste richieste preesistenti – riguardo
ingenti spese pubbliche in ricerca e infrastrutture ad alta tecnologia, per una
serie di “partenariati pubblico-privato” nell’intelligenza artificiale e per
l’allentamento di una miriade di norme a tutela della privacy e della sicurezza
– attraverso un esercizio di aggressiva ricostruzione del brand. Ora tutte
queste misure (e altre) vengono presentate al pubblico come l’unica nostra
possibile speranza di proteggerci da un nuovo virus che sarà con noi per gli
anni a venire.
E le società
tecnologiche con cui Schmidt ha legami profondi e che popolano gli influenti
consigli consultivi che presiede, si sono tutte riposizionate come benevoli
protettori della salute pubblica e munificenti campioni dell’ “eroe di tutti i
giorni”, che sarebbero poi i lavoratori a giornata (molti dei quali, come i
conducenti di consegna, perderebbe il posto di lavoro se queste aziende
riuscissero a farsi strada). Meno di due settimane dopo il blocco dello stato
di New York, Schmidt ha scritto un articolo per il Wall Street Journal che
definiva il nuovo argomento e chiariva come la Silicon Valley avesse tutte le
migliori intenzioni di sfruttare la crisi per una trasformazione permanente:
«Come altri
americani, i tecnologi stanno cercando di fare la propria parte per sostenere
la risposta alla pandemia in prima linea (…). Ma ogni americano dovrebbe
chiedersi dove vogliamo che la nazione sia quando la pandemia di Covid-19 sarà
finita. In che modo le tecnologie emergenti implementate nell’attuale crisi ci
spingono verso un futuro migliore? (…) Aziende come Amazon sanno come fornire e
distribuire in modo efficiente. Dovranno fornire servizi e consulenza a
funzionari governativi che non dispongono dei sistemi informatici e delle
necessarie competenze.
Dovremmo
anche accelerare la tendenza verso l’apprendimento da remoto, che viene
sperimentato oggi come mai prima. Online, non è necessario alcun requisito di
prossimità, e questo consente agli studenti di ottenere istruzioni dai migliori
insegnanti, indipendentemente dal distretto scolastico in cui risiedono (…).
La necessità
di una sperimentazione rapida e su larga scala accelererà anche la rivoluzione
delle biotecnologie (…). Infine, il paese attende da tempo per una vera
infrastruttura digitale (…). Se vogliamo costruire un’economia e un sistema
educativo futuri basati sulla comunicazione a distanza di ogni cosa, abbiamo
bisogno di una popolazione interamente connessa e di una infrastruttura
ultraveloce. Il governo deve fare un investimento massiccio – forse come parte
di un pacchetto di stimolo – per convertire l’infrastruttura digitale della
nazione in piattaforme basate su cloud e collegate a una rete 5G».
In effetti,
Schmidt è stato implacabile nel perseguire questa visione. Due settimane dopo
la pubblicazione dell’articolo, descrisse la programmazione scolastica ad hoc
che insegnanti e famiglie in tutto il paese erano stati costretti a mettere in
pratica durante questa emergenza di sanità pubblica come “un enorme esperimento
di apprendimento remoto”.
L’obiettivo
di questo esperimento, ha detto, era «cercare di scoprire: come imparano i
bambini da remoto? E con i risultati saremo in grado di costruire migliori
strumenti di apprendimento a distanza che, quando integrati con l’insegnante
(…), aiuteranno i bambini a imparare meglio». Durante la stessa videochiamata,
ospitata dall’Economic Club di New York, Schmidt ha anche chiesto più
teleassistenza, più 5G, più commercio digitale, oltre a quel che restava della
preesistente lista dei desideri. Tutto in nome della lotta contro il virus.
Il suo
commento più eloquente, tuttavia, è stato questo: «Il beneficio realizzato da
queste società, che ci divertiamo a diffamare, in termini di capacità di
comunicazione, capacità di gestire la salute, capacità di ottenere
informazioni, è profondo. Pensate a come sarebbe stata la vostra vita in
America senza Amazon». Ha aggiunto che le persone dovrebbero «essere riconoscenti
del fatto che queste società abbiano trovato il capitale, fatto l’investimento,
costruito gli strumenti che stiamo usando ora e che ci hanno veramente
aiutato».
Le parole di
Schmidt ci ricordano che, fino a poco tempo fa, il risentimento pubblico contro
queste compagnie era in aumento. I candidati alla presidenza stavano discutendo
apertamente di una rottura con la grande tecnologia. Amazon è stato costretto a
ritirare i suoi piani per un quartier generale a New York a causa della feroce
opposizione locale. Il progetto Sidewalk Labs di Google era in crisi perenne e
i lavoratori di Google si stavano rifiutando di costruire tecnologia di
sorveglianza con applicazioni militari.
In breve, la
democrazia – scomodo impegno pubblico nella progettazione di istituzioni e
spazi pubblici critici – si stava rivelando il principale ostacolo alla visione
che Schmidt stava sviluppando, prima dall’alto del suo trespolo collocato nella
parte superiore di Google e Alphabet, e poi come presidente di due potenti
consigli di amministrazione nel Congresso USA e nel Dipartimento della Difesa.
Come rivelano i documenti della NSCAI, questo inopportuno esercizio di potere
da parte di membri della sfera pubblica e da parte di tecnici interni a queste
mega-imprese – dal punto di vista di uomini come Schmidt e l’amministratore
delegato di Amazon Jeff Bezos – ha rallentato in modo esasperante la corsa agli
armamenti della AI, tenuto lontane le flotte di auto e camion potenzialmente
senza conducente dalle strade, protetto le cartelle cliniche private dal
diventare un’arma utilizzata dai datori di lavoro contro i lavoratori, impedito
che gli spazi urbani venissero del tutto ricoperti con software di
riconoscimento facciale e molto altro.
Ora, nel
mezzo della carneficina di questa pandemia in corso, e della paura e
dell’incertezza sul futuro che ha portato, queste aziende colgono lucidamente
il momento buono per spazzare via questo impegno democratico e per raggiungere
lo stesso potere dei loro concorrenti cinesi, che si godono il lusso di funzionare
senza essere ostacolati dalle intrusioni, che siano quelle dei lavoratori o
quelle dei diritti civili.
Tutto questo
avviene molto velocemente. Il governo australiano ha stipulato un contratto con
Amazon per archiviare i dati per la sua controversa app di tracciamento del
coronavirus. Il governo canadese ha stipulato un contratto con Amazon per la
fornitura di attrezzature mediche, sollevando dubbi sul perché abbia aggirato
il servizio postale pubblico. E in pochi giorni, all’inizio di maggio, Alphabet
ha avviato una nuova iniziativa di Sidewalk Labs per rifare l’infrastruttura
urbana con 400 milioni di dollari di capitale di avviamento. Josh Marcuse,
direttore esecutivo della Defense Innovation Board presieduta da Schmidt, ha
annunciato che avrebbe lasciato quel lavoro per dedicarsi a tempo pieno a
Google come responsabile della strategia e dell’innovazione per il settore
pubblico globale, il che significa che aiuterà Google a incassare qualcuna
delle tante opportunità che lui e Schmidt hanno creato con grande impegno con
le loro lobby.
Per essere
chiari, la tecnologia riguarda una parte fondamentale del come intendiamo
proteggere la salute pubblica nei prossimi mesi e anni. La domanda è: tale
tecnologia sarà soggetta alle discipline della democrazia e del controllo
pubblico, o sarà abbandonata alle frenesie dello stato d’ eccezione, senza
porre domande critiche su come modellerà la nostra vita per i decenni a venire?
Domande come queste, per esempio: se stiamo davvero scoprendo quanto sia
importante la connettività digitale in tempi di crisi, queste reti e i nostri
dati devono restare proprio nelle mani di giocatori privati come Google, Amazon
e Apple? Se i fondi pubblici pagano così tanto, non dovrebbe anche il pubblico
gestirli e controllarli ? Se Internet è così essenziale nella nostra vita, come
lo è chiaramente, non dovrebbe essere gestita come un’utilità pubblica senza
scopo di lucro?
E mentre non
vi è dubbio che la capacità di teleconferenza è stata un’ancora di salvezza in
questo periodo di paralisi, ci sono seri dibattiti riguardo il fatto che le
nostre più durature funzioni di protezione sono nettamente più umane. Prendi
l’istruzione. Schmidt ha ragione nel dire che le aule sovraffollate presentano
un rischio per la salute, almeno fino a quando non avremo un vaccino. Che ne
pensi di assumere il doppio del numero di insegnanti e di dimezzare le
dimensioni della classe? Che ne pensi di assicurarti che ogni scuola abbia in
sede un’infermiera?
Ciò
creerebbe posti di lavoro indispensabili in una crisi di disoccupazione a
livello di depressione economica e darebbe più spazio a tutti nell’ambiente di
apprendimento. Se gli edifici sono troppo affollati, che ne dite di dividere la
giornata in turni e avere più istruzione all’aperto, attingendo all’abbondante
ricerca che mostra che il tempo nella natura migliora la capacità di
apprendimento dei bambini?
Presentare
questo tipo di modifiche sarebbe difficile, certo. Ma non sono così rischiose
come il rinunciare ad una comprovata tecnologia basata su umani addestrati che
insegnano a umani più giovani faccia a faccia, in gruppi in cui, tanto per
cominciare, si apprende a socializzare.
Dopo aver
appreso della nuova partnership dello stato di New York con la Gates
Foundation, Andy Pallotta, presidente del sindacato degli insegnanti dello
Stato di New York, ha reagito prontamente: «Se vogliamo reinventare
l’istruzione, iniziamo col rispondere alla necessità di assistenti sociali,
consulenti di salute mentale, infermieri scolastici, corsi di perfezionamento
artistico, corsi avanzati e classi più piccole nei distretti scolastici di
tutto lo stato», ha affermato. Una coalizione di gruppi di genitori ha anche
sottolineato che se pure avessero effettivamente attraversato un “esperimento
di apprendimento remoto” (come ha affermato Schmidt), i risultati sono stati
profondamente preoccupanti: «Da quando le scuole sono state chiuse, a metà
marzo, la nostra consapevolezza delle profonde carenze dell’istruzione basata
sullo schermo è soltanto aumentata».
Oltre
all’ovvio pregiudizio di classe e razza nei confronti dei bambini che non hanno
accesso a Internet e ai computer di casa (problemi che le aziende tecnologiche
sono desiderose di risolvere attraverso enormi acquisti di tecnologia), ci sono
importanti questioni sul fatto che l’insegnamento da remoto possa essere utile
ai bambini con disabilità, come sarebbe previsto dalla legge. E non esiste una
soluzione tecnologica al problema dell’apprendimento in un ambiente domestico
sovraffollato e/o invasivo.
Il problema
non è se le scuole debbano cambiare di fronte a un virus altamente contagioso
per il quale non abbiamo né cura né vaccino. Come ogni istituzione in cui gli
umani si riuniscono in gruppi, esse cambieranno. Il problema, come sempre in
questi momenti di shock collettivo, è l’assenza di un dibattito pubblico su
come dovrebbero apparire questi cambiamenti e su chi ne dovrebbe beneficiare:
le aziende tecnologiche private o gli studenti?
Le stesse
domande devono essere poste riguardo la salute. Evitare gli studi medici e gli
ospedali durante una pandemia è una cosa che ha un senso piuttosto chiaro. Ma
la telemedicina ne ha molto meno. Quindi abbiamo bisogno di un dibattito basato
sulle evidenze riguardo i pro e contro della eventuale spesa delle scarse
risorse pubbliche per la teleassistenza – piuttosto che per infermieri più
qualificati, dotati di tutti i dispositivi di protezione necessari, in grado di
effettuare chiamate domestiche per diagnosticare e curare i pazienti nelle loro
case. E forse, più urgentemente, dobbiamo trovare il giusto equilibrio tra le
app di tracciamento dei virus, che, con le adeguate protezioni per la privacy,
hanno un loro ruolo da svolgere, e le richieste di un “corpo sanitario
comunitario” che permetterebbe a milioni di americani di svolgere un lavoro, non
esclusivamente per tracciare i contatti, ma invece per assicurarsi che tutti
dispongano delle risorse materiali e del supporto di cui hanno bisogno per
restare in quarantena in sicurezza.
In ogni
caso, dobbiamo affrontare scelte reali e difficili tra l’investimento
sull’umano e l’investimento sulla tecnologia. Perché la brutale verità è che,
così com’è stanno le cose, è molto improbabile che realizzeremo entrambi gli
imvestimenti. Il rifiuto di trasferire qualcosa di simile alle necessarie
risorse agli stati e alle città nei successivi salvataggi federali indica che
la crisi sanitaria del coronavirus si sta ora schiantando a capofitto in una
crisi di austerità prefabbricata. Le scuole pubbliche, le università, gli
ospedali e il transito si trovano ad affrontare domande fondamentali circa il
loro futuro. Se le aziende tecnologiche vincono la loro feroce campagna di
lobbying per l’apprendimento remoto, la telehealth, il 5G e i veicoli senza
conducente – il loro “Screen New Deal” – semplicemente non rimarranno soldi per
urgenti priorità pubbliche, e dimenticatevi il New Deal verde di cui il nostro
pianeta ha urgente bisogno. Al contrario: il prezzo per tutti i gadget
luccicanti saranno i licenziamenti di massa degli insegnanti e le chiusure
degli ospedali.
La tecnologia
ci fornisce strumenti potenti, ma non tutte le soluzioni sono tecnologiche. E
il problema di dare l’outsourcing delle decisioni chiave su come “reinventare”
i nostri stati e le nostre città a uomini come Bill Gates e Schmidt è che
questi signori hanno speso la loro vita a sostenere la tesi secondo cui non ci
sono problemi che la tecnologia non possa risolvere.
Per loro, e
molti altri nella Silicon Valley, la pandemia è un’occasione d’oro per ricevere
non solo la gratitudine, ma la deferenza e il potere che ritengono essergli
stati finora ingiustamente negati. E Andrew Cuomo, mettendo l’ex presidente di
Google a capo del corpo che delineerà la ripartenza dello stato, sembra aver
riconosciuto loro il diritto di sfogarsi.
(Note: Traduzione, a cura di Giuseppe
Nicolosi, del testo di Naomi Klein uscito l’otto Maggio sul sito web di “The
intercept” con il titolo di “Screen New Deal”)
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