Perché
era nero o perché umano. Forse le due cose messe assieme con una vistosa prevalenza
della prima, vista la reazione in America e altrove in seguito all’efferata
uccisione per soffocamento di George Floyd a Minneapolis. Il movimento Black Lives Matter, la vita dei neri
importa, ha ‘contaminato’ buona parte del mondo suscitando reazioni,
interrogativi e accuse sul ruolo delle polizie e più ancora sul latente
razzismo che non finisce di minare l’umana avventura. Reazioni al Covid, alle
politiche neoliberali fasciste di Donald Trump, l’impatto dei mezzi di
comunicazione, il ruolo degli Stati Uniti e non ultima l’indignazione del
‘morto di troppo’ hanno creato un clima sociale che l’abbattimento di statue
sospette esprime a meraviglia. D’altra parte qualcuno scrisse che, al momento
di abbattere le statue è sempre meglio lasciare intatto il piedistallo, per il
prossimo idolo. Le manifestazioni sono spuntate un po' dovunque e financo in
Africa qualcosa, con qualche ritardo, si è mosso. Nulla di particolarmente
eclatante ma almeno sufficiente a farla uscire dalla clandestinità nella quale
si trova in queste circostanze. Il presidente della Commissione dell’Unione
Africana, il forum dei già capi di stato, il Ghana, il Kenia, l’Africa del Sud,
la Tunisia, il Senegal e poi artisti e calciatori di fama che hanno patito cori
razzisti negli stadi d’Europa. Ma forse ha ragione Alpha Blondy, cantante
ivoriano che ormai da anni usa il reggae di Bob Marley per esprimere il suo
pensiero.
Insisto, persisto e affermo/ I nemici
dell’Africa sono gli Africani. ‘Gli
imbecilli’ è Il titolo dell’estratto dalla canzone citata e inserita in un
album uscito con preveggenza nel lontano 1997. Blondy, nel testo, fa allusione
alle varie crisi che hanno scosso il continente in quel periodo. Il primo e
grande nemico dell’Africa è la dimenticanza o la censura delle sofferenze del
popolo. E’ di questi giorni il rapporto sulle ‘crisi dimenticate’ del mondo
pubblicato dal Consiglio Norvegese per i Rifugiati. Nello stilare la
‘classifica’, il rapporto prende in considerazione tre elementi: la mancanza di
volontà politica, di attenzione dei media e la mancanza di aiuto economico. Il
documento solo analizza le crisi che hanno provocato oltre 200 mila sfollati o
rifugiati. Delle 41 crisi prese in esame risulta che tra le prime dieci
figurano ben nove Paesi africani. Troviamo al primo posto il Camerun, segue la
Repubblica Democratica del Congo, il Burkina Faso, il Burundi, il Mali, il Sud
Sudan, la Nigeria, la Repubblica Centrafricana e il nuovo arrivato Niger.
Unico
Paese incluso non africano tra i primi dieci è il Venezuela, mentre di altri Paesi non si hanno statistiche
affidabili o sono palesemente occultate. Queste crisi sono prima create e poi
in fretta dimenticate, dagli africani e poi dal resto del mondo. E non sarà il
pan-umanitarismo che rappresenterà la salvezza da queste crisi, volute, subite,
provocate, facilitate, finanziate e infine cancellate. Proprio quest’ultimo, il
pan-umanitarismo, potrebbe rappresentare l’altro nemico occulto dell’Africa.
C’è chi vive e prospera di crisi e nelle crisi, che, direttamente o meno,
rischia di perpetuare la cause e le conseguenze delle crisi stesse. Si
sviluppano competenze di crisi umanitarie e si cerca di ‘vendere’ al meglio il
prodotto in questione nella spietata concorrenza tra Organizzazioni Umanitarie.
Per poter funzionare, questo tipo di sistema, abbisogna dell’osservanza di
alcune condizioni prealabili. Una di queste è la riduzione delle persone a
vittime più o meno inermi del loro destino e dunque incapaci di intendere e
volere ciò che costituisce il loro bene. La seguente e logica operazione
consisterà dunque nel fornire progetti e strumenti per realizzare ciò che si
crede possa risolvere il problema prima creato e poi coltivato dalla crisi
stessa.
I
fabbricanti di armi, i venditori di schiavi, i posti di polizia, le dogane corrotte
tra una frontiera e l’altra, le elezioni ‘tropicalizzate’, l’incetta delle
materie prime, la vendita delle terre, lo sfruttamento dei bambini, le catene
migratorie di prostituzione, il commercio di cocaina e falsi medicinali, i
mandati presidenziali a durata indefinita e le Commissioni Elettorali Nazionali
Indipendenti che fanno eco al potere non potrebbero perpetuarsi senza la
complicità degli africani stessi e dei politici presi in ostaggio dai soldi,
dal potere e dal prestigio. Certo l’Oriente e l’Occidente sono tutto meno che
innocenti e queste operazioni probabilmente non potrebbero avere un buon esisto
senza il loro avallo. Tutto vero ma questo non toglie e semmai accusa chi
avrebbe dovuto fare sue le parole di un certo Diallo Telli, ucciso da un
dittatore di nome Sekou Touré, che disse…’
Noi siamo i popoli che più abbiamo sofferto l’ingiustizia nella storia ed è per
questo motivo che non abbiamo il diritto né politicamente, né moralmente, di
infliggere ingiustizie agli uomini’…Pochi oggi, qui come altrove, avrebbero
il coraggio di concepire e esprimere pubblicamente queste parole di altissimo
valore etico. Un Continente che tradisce e spinge i suoi figli a fuggirlo
rinnega il proprio passato.
Ancora
lo stesso Blondy, nel seguito della canzone citata sottolinea…Ci sono i diamanti a cielo aperto/ c’è l’oro
a cielo aperto/ la bauxite a cielo aperto/ l’uranio a cielo aperto/ ma i
cervelli sono sepolti a cielo aperto’… Non dovrebbe andare lontano chi
vorrebbe identificare e nominare i nemici: per buona parte si trovano qui, nel
Continente africano e se proprio vogliamo parlare di razzismo allora cominciamo
con fare pulizia e verità qui a casa nostra. Nel Maghreb, e non è un mistero
per nessuno, sono proprio gli africani (del nord e quindi di carnagione più
chiara) che insultano e rendono spesso schiavi i ‘neri’ dell’Africa sub
sahariana. Quanto è accaduto e sta accadendo in Libia e in Algeria, con campi
di detenzione e tortura e nel caso dell’Algeria, di espulsioni di migranti, con
il furto del frutto di lavoro di anni, poi buttati e abbandonati nel deserto,
donne e bambini compresi. Il tutto nel silenzio assordante dei dirigenti
africani, gli stessi che poi commentano con amarezza l’uccisione per asfissia
di un fratello nero, americano e soprattutto lontano agli occhi e dal cuore e
che si incontrano almeno due volte l’anno ad Addis Abeba, nella sede
dell’Unione.
I
nemici più pericolosi dell’Africa sono,
nondimeno, i mercanti di Dio , un Dio contraffatto da ideologie che arrivano al
Continente con le cannoniere e gli accordi commerciali. Trovano in fretta
acquirenti per rovesciare sulle spiagge e i deserti le scorie e gli scarti
della loro civiltà fatta di cose da vendere in continuazione. Cercano spazi per
farne fosse, comuni o private per nascondervi quanto altrove non troverebbe
nessun posto. Usano il dio denaro come paravento, comprano e fanno comprare,
vendono illusioni, miraggi, utopie consumate dall’uso e promettono un paradiso
da centro commerciale, plasmano immaginari e accartocciano i sogni per buttarli
al macero. Anch’essi trovano complici e
trasformano la saggezza di un tempo in un’inutile cantilena di pescatori che hanno dimenticato l’arte della pesca.
Fanno delle mercanzie l’unico orizzonte degno per un Mercato Unico, Libero e
Globale di rapina dei poveri.
Perché
neri o perché poveri, forse è bene non sbagliarsi di identificare il nemico. Il
torto principale dei migranti che sbarcano ( o prima annegano nel mare), o
arrivano in aereo o per impervie strade, non è anzitutto il colore della pelle,
la forma degli occhi o la lingua e gli usi differenti, ma è la povertà che
disturba. E lo stesso si riproduce in questa parte del mondo: si è se si HA…chi
non HA non è nessuno. Poco importa il colore dell’abito indossato per
l’occasione. Pure l’Africa di adesso, neocolonizzata a suo piacimento e finché le conviene, discrimina i poveracci, i democratici, i diritti umani, i
giornalisti, gli artisti e i giudici che fanno il loro mestiere. L’Africa
abbisogna e allo stesso tempo teme la verità di sé e del suo destino. Magari,
come tutti del resto, ha bisogno di amici veri e sinceri. Non molti ma esistono
ancora oggi.
Gli
amici dell’Africa tacciono, fanno silenzio e buttano via il tempo che avevano
prima di arrivare. Gli amici dell’Africa non vengono per aiutare quanto per
essere aiutati a declinare altrimenti la vita. Gli amici dell’Africa sono
coloro che si lasciano contagiare dal sapore del vento e hanno intuito quanto
la sabbia sia importante per interpretare la storia umana. Non hanno ricette,
progetti, strategie, fondi di primo intervento, consigli da dare, foto da prendere
o giudizi da imporre. Gli amici dell’Africa sanno bene che alla fine sono gli
analfabeti che scriveranno, nella polvere, le parole che più contano. Gli amici
dell’Africa vivono nell'attesa che proprio loro, i bambini, senza saperlo, salvino
il mondo.
Les Imbéciles - Alpha Blondy
Tout change,tout évolueSeuls les imbéciles, ne changent pas
Tout change tout évolue
Seuls les imbéciles ne changent pas
J'insiste, je persiste, et je signe
Les ennemis de l'Afrique
Ce sont les Africains
J'insiste, je persiste, et je signe
Les ennemis de l'Afrique
Ce sont les Africains
Les imbéciles ont décidé d'entrer dans l'histoire à reculons
Les peuples baillonés écoute la "synfolie" des canons.
Les Algériens égorgent les Algériens
Les Somaliens fusillent les Somaliens
Les Rwandais génocident Rwandais
Les Burundais découpent les Burundais
Les Congolais massacrent les Congolais
Les Angolais brûlent l'Angola
On a le diamant à ciel ouvert
On a l'or à ciel ouvert
La bauxite à ciel ouvert
L'uranium à ciel ouvert
Mais les cerveau se sont enfuis à tombeau ouvert
Tout change,tout évolue
Seuls les imbéciles, ne changent pas
Tout change tout évolue
Seuls les imbéciles ne changent pas
On a le fer à gogo
Le pétrole à gogo
Le cobalt à gogo
Le nickel à gogo
J'insiste, je persiste, et je signe
Les ennemis de l'Afrique
Ce sont les Africains
J'insiste, je persiste, et je signe
Les ennemis de l'Afrique
Ce sont les Africains
Malgré les richesses agricoles, minières et minéralières,
Nous sommes victimes de l'endettement à croissance exponentielle et baignons dans l'économie sous perfusion
C'est la mondialisation de l'économie à sens unique avec la pensée du Maître à pensée!!
Réveille-toi Afrique!
da qui
Sankara - Alpha Blondy
Héi...hou la la la la la
Sankara
Thomas sankara
Capitaine sankara
Ce sont tes baramogo qui t'ont dja
Mal mal dja
Sankara
Thomas sankara
Capitaine sankara
Ce sont tes baramogo qui t'ont dja
Un coup d'état appelle d'autres coup d'états
Et les frères d'armes tot ou tard deviennent ennemies
Et ça je vous l' avais déjà dit
Le pouvoir se prend par les urnes et non par les armes
(et non par les armes)
Sankara
Thomas sankara
Capitaine sankara ce sont tes baramogo qui t'ont dja dja
Mal mal dja
Une trahison appelle toujours d' autres trahisons
Il n'y a pas de saison
Et là j' ai raison
Le pouvoir se prend par les urnes (et ça je vous l'avais déjà dis)
Et non par les armes(et non par les armes)
(le linge sale se lave en famille mais pas dans le sang)
Héi hou la la la la la
De vengeance en vengeance l 'afrique est tombé dans la décheance
Vouloir venger sankara
C 'est perpétuer la bétise
La bétise politique
Anti démocratique
Soif de pouvoir
C'est la boulimie du pouvoir
C'est la gourmandise du pouvoir
(le linge sale se lave en famille mais pas dans le sang)
(le linge sale se lave en famille mais pas dans le sang)
{sankara
{thomas sankara
{sankara
{thomas sankara
Hou la la la la la
(Sankara)
da qui
“Aiutiamoli a casa loro”, l’urlo arrogante degli illusi - Antonella Sinopoli
Toni Iwobi, 63 anni nato in Nigeria, naturalizzato italiano, primo nero eletto senatore della Repubblica italiana; Idy Diene, 54 anni, ambulante senegalese con regolare permesso di soggiorno ucciso a Firenze per nessun motivo, tranne il colore della sua pelle; Segen (di lui non si sa neanche il cognome), 22 anni eritreo, morto di fame appena sbarcato in Italia a seguito di mesi di sofferenze, privazioni e torture nei centri libici. È successo tutto nel giro di poche settimane, tutto in Italia. E questo tutto, queste tre generazioni di africani concentrano in sé tante storie. La storia dell’Africa degli ultimi decenni (migliorata molto ma peggiorata per molti); la storia dei rapporti umani completamente distorti e in una fase regressiva che sembrerebbe senza ritorno; la storia delle disillusioni di un’Europa e di un mondo occidentale fondato sullo sfruttamento, sull'ingiustizia, sul doppio binario dei diritti.
Erano gli anni Ottanta del secolo scorso e dopo solo un paio di decenni dall'indipendenza molti Paesi africani cominciarono ad essere investiti da una forte crisi economica. Diversi i fattori: tra i principali il calo drammatico del prezzo del petrolio innescato dalla guerra del Kippur; la scelta di continuare l’errore delle amministrazioni coloniali di investire a livello agricolo sulla monocultura; l’emergere dei Big Man, leader impegnati a creare un’immagine di sé simile a quella degli ex colonizzatori – paternalistica, non criticabile e tendente ad accumulare beni e prestigio per sé e per il proprio entourage – che stava quindi creando sempre più uno spartiacque tra l’élite al potere e la popolazione.
Fu a quell'epoca che cominciò per l’Africa la neo-colonizzazione fatta di “aiuti allo sviluppo” e soprattutto di prestiti “condizionati” da parte degli IFI, Istituti Finanziari Internazionali (leggi Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale). Alcune delle condizioni furono: svalutazione delle monete locali e riduzione della spesa pubblica. Come si può immaginare i tassi di disoccupazione – derivati anche all'allontanamento dalle aree rurali verso le città – aumentarono notevolmente ed è in questa fase che cominciò la prima ondata di emigrazione verso i Paesi europei. Paesi europei – Italia compresa – che erano invece in piena espansione economica e dove il nero era qualcosa di esotico, non ancora percepito come una minaccia. Di questa fase felice si sono avvantaggiate tante classi medio alte africane o ragazzi al seguito di congregazioni religiose o missionari. È di quella stagione che fa parte il fortunato Toni Iwobi, che oggi farebbe parte della categoria del “migrante economico”.
“I peggiori nemici degli africani sono i ‘fratelli’ africani”. Non sono io a dirlo. Di questa “inimicizia” gli africani fanno le spese da secoli. A cominciare dalla tratta degli schiavi, quando i mercanti bianchi dovevano necessariamente trovare appoggi e accordi con i chief locali per il rifornimento della merce e per avere strada libera sui territori di caccia. Si passò poi alla colonizzazione. Epoca in cui lo sfruttamento si spostava dalla forza lavoro, le braccia negre, alla terra e ai suoi prodotti, compresi quelli minerari. Ma anche la colonizzazione – come era stato per i mercanti di schiavi – aveva bisogno di “alleati” in loco. Il cambiamento delle strutture sociali e comunitarie africane provocato dall'indirect rule di stampo britannico, ad esempio, fu enorme, come sempre più enorme fu il divario che si determinò tra i “capi” e il resto delle popolazioni.
Era di questi capi che il potere coloniale si serviva per controllare, amministrare, gestire, sfruttare i territori. Questo lungo, eppure sintetico, preambolo storico, è necessario per sottolineare che solo chi non conosce la storia – o non vuole farci i conti – può salire su un palco (o palcoscenico…) e urlare “Aiutiamoli a casa loro!” E questo vale se l’urlo viene da uno di pelle bianca o di pelle nera. Anzi no, se viene da un africano non è affatto una presa di coscienza della realtà contemporanea, è piuttosto prova di chiusura e mancanza di conoscenza. Se non fosse così Iwobi – e quelli che la pensano come lui – saprebbe che il federalismo nel suo Paese di origine ha forse funzionato in qualche misura, poi sono cominciati i drammi, comprese le parcellizzazioni del potere, gli estremismi religiosi – che spesso coprono gli estremismi di casta (non uso questo termine a caso) e di appartenenza tribale (e anche questo termine è adeguato alla realtà africana voluta dai colonizzatori). Se il senatore nero avesse coscienza di ciò che dice non oserebbe dire ai fratelli neri di restarsene a casa, laddove il loro presidente lascia la gestione dello Stato per mesi e mesi per andarsi a curare all’estero perché non si fida – e a ragione – degli ospedali del Paese che dirige. E questo non vale solo per la Nigeria.
Da qualche anno gli africani hanno ricominciato i viaggi della speranza in Europa, ma dagli anni Ottanta del secolo scorso molte cose sono cambiate. E gli africani di tutte le età si sono incrociati con un numero imprecisato di volontari venuti a salvarli e probabilmente molti giovani si sono domandati (e si domandano): perché lui può venire qui da me e io non posso? Perché devo farmi accudire e fotografare e trattare con superiorità da lui (o lei) che ha 18-20 anni come me ma sembra saperla lunga su tutto? Intanto la globalizzazione è scoppiata anche in Africa, peccato che però abbia reso i ricchi più ricchi e i poveri più poveri. Nel frattempo la prima ondata di migranti ha continuato a spedire soldi a casa e con quelle rimesse ci hanno vissuto intere famiglie i cui figli pensano: posso farlo anch'io, anch'io posso andare a lavorare in Europa e mantenere la mia famiglia.
In seguito dopo l’allontanamento forzato dei primi anni dell’indipendenza i coloni bianchi sono tornati, sotto forma di prestiti degli IFI, sotto forma di aziende e multinazionali, sotto forma di espatriati – non me ne vogliano visto che lo sono anch'io. Si sono stabiliti, hanno aperto uffici, aziende, business vari e siamo solo all'inizio perché, per chi non lo sapesse, l’Africa negli ultimi anni è una delle mete preferite dagli italiani.
Ovvio che poi tra i neri che stanno a casa loro ci sia qualcuno che si domanda: Perché il mio Paese apre le porte a tutti ma gli altri ci chiudono le porte in faccia? Perché è proprio questo quello che succede. Gli africani sono in realtà prigionieri in casa loro. Il sistema dei passaporti (che in molti casi valgono niente) e dei visti (spesso rifiutati) e la chiusura sistematica delle frontiere rende impossibile alla maggior parte di loro viaggiare in modo regolare. Essì perché quando si urla all’”immigrato clandestino”, all’”immigrazione illegale”, si dimentica che sono le leggi europee a farne un clandestino.
Leggi ingiuste, create ad hoc per controllare una parte del mondo, leggi che – se ci fosse una norma di incostituzionalità con la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo – sarebbero leggi illegali. All'africano medio non è permesso viaggiare per turismo – metti che uno voglia andare a Roma a vedere il Colosseo… Macché, solo gli africani ricchi e quelli sponsorizzati possono accedere alla cultura.
All'africano medio non è consentito guardare al resto del mondo come un luogo “normale” ma solo come una terra promessa, un luogo magico dove tutto diventerà possibile. Ma sappiate che comunque non tutti gli africani medi stanno lì a sognare l’America e, pensa un po’, c’è anche chi sa bene che l’Europa non è una cuccagna, ma… ci si prova, finché si ha la forza, la speranza, finché si ha un sogno. Finché la parola giustizia ha un senso. Perché questo termine, giustizia, non può essere spiegato. Non è un termine giuridico. Viene da dentro e anche chi non è mai andato a scuola, non ha mai letto la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo o non sa cosa sia il diritto ne percepisce il senso, ne conosce profondamente il significato. La giustizia, il senso del giusto, quella sì che non ha colore.
Nadine Gordimer era una bianca, una bianca sudafricana, ha scritto tra le pagine di impegno civile più belle che abbia letto. E non si limitava a scrivere, marciava. Marciava con i neri e per i neri, e certo non ne avrebbe avuto bisogno. I diritti civili erano tutti dalla sua parte. Ma lei marciava con gli altri, i neri, e scriveva. Contro l’apartheid, contro la discriminazione razziale. Contro una legge disumana. Raccontando cosa accadeva. Questo è un esempio reale in cui il nero e il bianco davvero si fondono, si fondono in una parola: giustizia.
Ma per applicare la giustizia, per sentirla dentro come valore morale assoluto oggi che sembriamo vivere e agire in stato confusionale abbiamo bisogno di agganci, di supporti forti e sicuri. Uno di questi è la conoscenza. “Il più grande nemico della conoscenza non è l’ignoranza è l’illusione della conoscenza” – Stephen Hawking. Con questo torniamo al lungo preambolo di apertura. L’arroganza di sapere impedisce di studiare, di approfondire, di leggere, e quindi di capire. “Siamo condannati a vivere non solo con quello che abbiamo prodotto ma anche con quello che abbiamo ereditato”, scrive Achille Mbembe, uno dei più lucidi intellettuali contemporanei.
Il passato non è affatto archiviato, per due semplici motivi. Il primo è che il passato è tuttora presente, faccio solo un esempio: 14 Stati africani sono ancora obbligati a utilizzare la moneta francese con conseguenze che hanno a che fare con la sovranità politica ed economica del Paese e con la – reale – percezione di essere rimasti sotto il controllo coloniale. Il secondo è che solo il passato può spiegare le dinamiche e i rapporti di forza tra Europa e Africa oggi. Ritorno a Mbembe: “Non si può fare come se la schiavitù e la colonizzazione non fossero esistiti o come se le eredità di queste tristi epoche fossero state totalmente superate. Per fare un esempio, la trasformazione dell’Europa in ‘Fortezza’ e le leggi anti-straniero di cui si è dotato il Vecchio Continente all'inizio del secolo affondano le loro radici in una ideologia della selezione tra differenti specie umane, ideologia che continua a rafforzarsi, bene o male, mascherata”.
Dunque, a proposito di aiutarli a casa loro, se li lasciassimo per esempio gestire i propri affari a casa loro come noi pretendiamo per noi stessi sarebbe un primo passo verso la normalizzazione. Ma non sarà così perché ci piace la botte piena e la moglie ubriaca. O, per dirvela a modo mio, ci piace l’Africa ma non ci piacciono gli africani. Ma questi africani, comunque la mettiate, non se ne staranno con le mani in mano aspettando le vostre decisioni. Continueranno ad essere la vostra spina nel fianco come noi lo siamo stati – o lo siamo ancora – per loro.
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