Avevamo chiesto di fare presto e
bene. Invece ci ritroviamo con un Decreto arrivato in ritardo,
che non interviene minimamente sulle cause che hanno determinato la
crisi, non corregge gli errori che il Covid19 ha messo in luce, non investe
in settori fondamentali per garantire la sicurezza e la salute ai cittadini. Un
dato su tutti: dopo aver tagliato in 10 anni 37 miliardi alla sanità pubblica,
dopo decine di migliaia di morti, centinaia di medici e infermieri che a causa
dei tagli hanno dovuto sacrificare consapevolmente la loro vita per garantire
soccorso e sostegno alle persone malate, sono stati restituiti al Servizio
sanitario nazionale solo tre miliardi di euro. Hanno prevalso gli
interessi privati su quello generale e non si è messo al riparo il
Paese dal possibile ritorno in inverno del Coronavirus, né si sono usati fondi
pubblici, regalati alle imprese, per promuovere la riconversione ecologica
delle attività produttive ed energetiche, così da garantire il diritto al
lavoro e alla salute, violati durante la pandemia. Tutto questo nonostante la
maggior parte delle vittime siano tra i lavoratori e le lavoratrici che
potevano e dovevano essere salvate se fosse stata rispettata la nostra
Costituzione.
Insieme ai firmatari del “Patto
GiustaItalia” (https://volerelaluna.it/materiali/2020/05/13/giustaitalia-un-manifesto-per-far-ripartire-litalia/),
abbiamo incontrato la Ministra del Lavoro e delle politiche sociali, il
Ministro per il Sud e la coesione sociale e la Ministra delle Infrastrutture e
dei trasporti, avanzando proposte concrete per garantire diritti e dignità a
migliaia di persone rimaste escluse dagli ammortizzatori sociali. Nonostante
l’ampio blocco sociale in rappresentanza di milioni di cittadini e cittadine
rappresentato nel “Patto Giustaitalia”, hanno prevalso gli interessi di
Confindustria e delle grandi aziende responsabili del modello che ha prodotto
la crisi che stiamo attraversando. Nei mesi scorsi al Governo è mancato il
coraggio che la scienza e i movimenti per la giustizia sociale e ambientale
chiedevano per anticipare il dramma prodotto dagli effetti del collasso
climatico, di cui il Covid-19 è diretta conseguenza, e dal conseguente aumento
delle disuguaglianze e della povertà. Oggi il Governo manca di “realismo”,
perché bisogna essere realisti e capire che austerità, privatizzazioni,
autonomia differenziata e politiche industriali affidate solo alle necessità di
Confindustria e grandi aziende allargheranno ancora di più le disuguaglianze
nel nostro Paese, aumenteranno le povertà e le ingiustizie sociali, ambientali
ed ecologiche, esponendoci al rischio di nuovi virus e pandemie.
Per ciò che riguarda le nostre richieste
durante gli incontri con il Governo sulle politiche sociali da mettere in campo
per rispondere agli effetti del Covid-19 e all’aumento senza precedenti di
disuguaglianze e povertà a cui stiamo già andando incontro, la Rete dei Numeri
Pari a nome delle circa 600 realtà sociali che la costituiscono, ha sostenuto
quanto segue.
Casa e diritto all’abitare
Abbiamo chiesto di sospendere o, in
alternativa, ridurre drasticamente gli affitti regolati dal mercato, bloccare
le procedure esecutive di sfratto e prevedere un contributo per le tre milioni
di famiglie in condizioni di povertà assoluta nel periodo di crisi economica
causata dal Covid-19. Il Decreto non prevede alcuna sospensione degli
sfratti oltre settembre e non riduce gli affitti. Negativo è stato anche il
parere sull’abolizione dell’art. 5 del piano casa Lupi-Renzi, che
rende invisibili centinaia di migliaia di persone. Le Regioni avevano chiesto
al Governo 500 milioni e la risposta è stata di 160 da parte della Ministra
delle Infrastrutture e Trasporti Paola De Micheli.
Reddito di cittadinanza
Abbiamo chiesto di estendere il reddito
di cittadinanza, allargare la platea e renderlo meno condizionante ma, con il
“Decreto rilancio”, il Governo ha stanziato risorse insufficienti e
mantenuto stringenti criteri di accesso e condizionalità per chi lo riceve.
Questo, in altre parole, significa sfruttamento, lavoro non pagato e si
continua a intendere il reddito di cittadinanza come una misura di workfare
quando in realtà le sentenze europee, il Parlamento Europeo e la Comunità Europea
parlano chiaro definendo il reddito minimo garantito come un pilastro
sociale da garantire a prescindere dal lavoro e dal mercato del lavoro, uno
strumento di valorizzazione e autonomia di
scelta, per altri come misura di reinserimento sociale e per altri
ancora per attivare forme di promozione dell’occupazione. I regimi
di reddito di cittadinanza o rem sono innanzitutto strumenti di libertà e non
di governo dei poveri.
Reddito di emergenza
L’istituzione del Reddito di
emergenza è sicuramente un fatto positivo ma quello che chiedevamo era
un’altra cosa. Abbiamo sostenuto una misura fornita nel modo più rapido
possibile con l’obiettivo di raggiungere il maggior numero di persone
in difficoltà che non siano coperte da altre misure di sostegno, che già prima
dell’emergenza vivevano in situazioni drammatiche. Invece, i criteri con cui il
Governo ha costruito la misura lo rendono inadeguato allo scopo che lo ha
generato. Passando sopra al dato temporale (ne discutevamo a fine marzo e ora
siamo a giugno) c’è da dire che i criteri di accesso e le modalità di
erogazione stabiliti dal Governo (analoghe a quelle usate per altri
strumenti per esempio il Reddito di cittadinanza) rendono difficile
compilare e accedere alla richiesta e questo può aumentare il rischio che una
parte potenzialmente interessata rimanga esclusa, restando esposta
all’usura già in rapido aumento e alla criminalità organizzata. Riteniamo
sbagliato chiedere l’ISEE in un Paese in cui il 72% delle persone si trova
sotto la soglia dei 15 mila euro. Sarebbe stato molto più snello ed efficace
chiedere delle autocertificazioni subito e procedere con dei controlli in un
secondo momento, in modo da raggiungere velocemente i 6,4 milioni di persone
rimaste senza alcuna garanzia in questi mesi. Anche il finanziamento
della misura è irrisorio: si è partiti con 2,5 miliardi e alla fine sono stati
stanziati 950 milioni. Una vergogna! D’altro canto però, sono stati regalati
12 miliardi alle imprese e altrettanti in sostegni senza nessuna condizionalità o
senza nemmeno entrare nell’azionariato delle imprese (come avviene in Francia)
abolendo l’IRAP anche alle imprese che hanno guadagnato durante il lockdown.
Servizio Sanitario Nazionale
Abbiamo chiesto di rilanciare e
rafforzare il Sistema sanitario nazionale, riqualificando tutta la rete dei
servizi sanitari territoriali con investimenti adeguati ma per
il SSN sono stati stanziati 3 miliardi di euro dopo che in 10 anni ne
sono stati tagliati 37. Nel Decreto non è prevista alcuna riorganizzazione
della sanità pubblica e della medicina territoriale: un errore che potrebbe
costare molte vite nel prossimo futuro e che dimostra ancora una volta come
l’egemonia culturale della cultura privatista e affarista nel nostro Paese sia
ormai bipartisan.
Povertà estrema e detenzione
Chiedevamo un cambio di passo deciso con
l’approvazione di un Piano di interventi pluriennale per le persone
senza dimora, comunità Rom e persone in condizione di detenzione, tra le
più colpite dagli effetti, economici e sociali, della pandemia, ma nessuna
risorsa è stata stanziata per questo. Non sono state previste misure di
sostegno per le 60 mila persone senza dimora che non hanno nessun tipo
di tutela e che – restando fuori dai circuiti di accoglienza chiusi
per motivi sanitari durante l’epidemia – mettono a rischio allo stesso tempo la
loro sicurezza sanitaria e quella della cittadinanza, così come per le comunità
Rom o le persone in condizione di detenzione.
Emersione del lavoro migrante
Abbiamo chiesto di regolarizzare
tutti i lavoratori e le lavoratrici migranti presenti in Italia attualmente
sprovvisti di un regolare titolo di soggiorno, ma il Governo ha
elaborato un provvedimento vergognoso che fa un favore alle imprese di
alcuni settori per il periodo della raccolta, discrimina i lavoratori e le
lavoratrici, ne affitta le braccia in alcuni comparti ma non garantisce dignità
e rispetto come prevede il legislatore costituente. Ogni misura non
deve avere il risultato di dividere gli ultimi dai penultimi, anzi deve essere
valutata a partire dalla priorità e dall’efficacia verso gli ultimi.
Povertà educativa
Abbiamo chiesto di aumentare le
risorse in dotazione al Fondo per la lotta alla povertà educativa, al fine
di rafforzare le attività di contrasto alla dispersione scolastica. Unica nota
positiva su questo tema sono i 20 milioni stanziati dal Ministro per il Sud e
la Coesione territoriale Giuseppe Provenzano per il terzo settore impegnato al
sud in progetti sulla povertà educativa. Il Governo non ha tenuto conto che
svolgere la didattica a distanza in un Paese con in cui il divario digitale è
notevole ha prodotto effetti pesantissimi su studenti e studentesse che
vivevano già in condizioni di grande difficoltà, lasciandoli a loro stessi e
alle loro famiglie segnando il definitivo abbandono del percorso scolastico.
Nessun commento:
Posta un commento