sabato 20 giugno 2020

Normalità contro anormalità - Maria Galindo



Come abitante perpetua dell’anormalità ho l’obbligo di dirvi che l’anormalità esiste: la sua porta d’ingresso è di color azzurro cielo, la chiave per aprirla è la disobbedienza, lo spazio da occupare l’universo intero.
La normalità è sottomissione, l’anormalità è insubordinazione.
La normalità è accettare ogni tipo di inquadramento, etichetta e criterio di valore o disvalore a proposito del tuo corpo, della tua età, del colore della tua pelle e la tua esistenza, l’anormalità è disobbedire ad ogni classificazione, per te stesso e per tutte le tue relazioni sociali e affettive.
La normalità è adattarsi senza fare domande, l’anormalità è un continuo disadattarsi, è non accettare ciò che non piace, porsi interrogativi e dubitare di ciò che non sembra giusto.
La normalità è il razzismo, l’anormalità è amare ogni differenza.
Normalità è stare zitti, anormalità è aprir bocca e dire ciò che si pensa a tavola, al lavoro, per strada.
La normalità è essere uomo o donna, l’anormalità è non essere nessuno dei due o essere entrambi insieme, combinare mascolino e femminino come il caos del tuo corpo chiede, o dedicarti giorno e notte a smontare femminilità e mascolinità in eterno.
La normalità è possedere tutti un’automobile, l’anormalità è avere tutti una bicicletta.
La normalità è essere madre, pur non volendo, solo perché sei rimasta incinta, l’anormalità è poter decidere se vuoi o non vuoi essere madre senza morire in un aborto clandestino.
È normalità che gli animali siano rinchiusi nei giardini zoologici, così andiamo a vederli e impariamo che cacciarli, ucciderli, umiliarli è normale per noi esseri superiori, l’anormalità è rispettare gli animali e non cacciarli, non ucciderli, non sottometterli né umiliarli, né tanto meno sentirci superiori.
La normalità è consumare per sentirti felice, anormalità è poter provare gioie che non passino per il consumo.
Normale è che l’industria degli armamenti continui a fabbricarne, anormalità è che falliscano e chiudano e che invece del cibo inizino a scarseggiare le armi.
Normalità è continuare ad abbattere alberi in Amazzonia per ampliare i confini agricoli e seminare soia transgenica e mais transgenico che permettano a Kellogg’s e Monsanto di continuare ad accumulare capitale, anormalità è che l’agro-business diventi un cattivo affare che nessuno voglia sulla sua terra.
La normalità è un ragazzo trans che si suicida perché la scuola lo respinge, l’anormalità è che venga rispettato fin dall’infanzia.
La normalità è la privatizzazione dell’acqua, della salute, dell’educazione, l’anormalità è che tutto sia pubblico e che tutti abbiano salute, educazione, alloggi e lavoro.
La normalità è indebitarci per sopravvivere e consumare, l’anormalità è che siano loro a pagare debiti a noi, a chi è sempre stato da loro sfruttato, l’anormalità è che siano i banchieri a saldare i loro debiti con noi.
La normalità siamo noi donne che cuciniamo, laviamo, mettiamo in ordine, puliamo, stiriamo e cresciamo i figli gratis, l’anormalità è che ci paghino per farlo, l’anormalità è che smettiamo di farlo. L’anormalità è che i nostri lavori di cura diventino lavoro.
Ciò che separa la normalità dall’anormalità è un muro, un aggettivo, una ferita, una scelta.
Hanno scoperto subito la mia anormalità, professoresse e vicine di casa, genitori, fratelli, amiche e amici, e mi hanno messo in guardia dichiarandomi pubblicamente anormale. Hanno minacciato di chiudermi in un ospedale psichiatrico fin quando non avessi accettato la normalità. Ho avuto paura. Minacciavano di espellermi dal mondo meraviglioso della famiglia, della scuola e dicevano che mai nella vita sarei stata degna di amore o di rispetto se avessi scelto di abitare l’anormalità. Conosco bene quel timore di essere espulsi dal mondo, quell’insonne ricerca di una risposta che non si trova in nessun libro. Ricordo la mia pelle sudata di paura, il mio cuore agitato, quel senso di piccolezza al pensiero che non ce l’avrei fatta, che sarei morta provandoci, sarei finita ammazzata o emarginata, al pensare tutte le porte chiudersi.
La normalità è la paura che prova la lesbica quando la si obbliga ad essere eterosessuale, è la paura che sente chi viene molestata o violentata quando la si costringe a stare zitta e accettare, è il timore che provano la trans e la professionista del sesso. Prova questa paura la donna india disobbediente quando non vuole fare la lavoratrice domestica, la prova la donna nera quando dice di no, la prova la madre single, la migrante quando tira fuori il passaporto alla frontiera.
Oggi la società intera è lì, nella notte delle domande, nella notte senza risposte; possiamo accettare quella che chiamano nuova normalità – che non è altro che la vecchia sottomissione – o abitare l’anormalità, il che consiste nell’esser fedeli ai nostri più profondi desideri.
Saremmo potuti morire di coronavirus, e potrebbe ancora succedere; non lasciamoci morire di rassegnazione.
La festa, il ballare e la baldoria non sono monopolio della normalità, non sono monopolio della normalità il piacere, il sesso e il divertimento, i parchi e gli abbracci non sono normalità; sono affettività e l’affettività è nostra.
La nuova normalità sono quelli di sempre che comandano e continuano a distruggere il mondo, l’anormalità siamo noi che non ci lasciamo chiudere nell’ovile, che non ci lasciamo ingannare e che non torniamo alla normalità.
La nuova normalità è la vecchia sottomissione.
La nuova normalità è il proseguimento della distruzione e dello sfruttamento capitalista.
Abbiamo smesso di avere paura grazie agli infermieri, alla musica, ai libri, grazie alla pazienza e al latte caldo, grazie ai mate casalinghi e agli unguenti, grazie alla speranza, non grazie all’industria automobilistica, non grazie allo stato né grazie al cibo in scatola, né grazie ai cancerogeni né grazie agli analgesici. Non siamo vivi grazie alle banche, lo siamo nonostante le banche.
Siamo usciti da tutto questo grazie alle lettere e ai messaggi degli amanti.
Mentre i milionari cercano guadagni e proteggono privilegi, gli infermieri puliscono i letti e i cestini della spazzatura, è grazie a loro che siamo qui.
Mentre i milionari hanno accesso a informazioni privilegiate, i raccoglitori di frutta e verdura riforniscono i mercati a proprio rischio e senza alcuna informazione disponibile, siamo qui grazie a loro.
La normalità europea è che gli stranieri che si prendono cura di bambini e anziani non abbiano diritti, l’anormalità è che non solo abbiano diritti ma che si comprenda che il loro lavoro è imprescindibile.
La normalità europea è che i braccianti stranieri non abbiano diritti, l’anormalità è legalizzarli subito.
La normalità del Sud è inchinarsi davanti all’europeo e accettarne condizioni e modi di vita come modello, l’anormalità è smettere di essere colonizzati e pensare per noi stessi.
La normalità è la famiglia violenta e stupratrice, la normalità è la famiglia nucleare patriarcale con a capo il padre, l’anormalità è la famiglia decapitata dove nessuno comanda, l’anormalità è la comunità che espelle il violento e smette di essere normale per trasformarsi in felice.
La normalità è tanto lavoro e poco svago, l’anormalità è lavorare meno e divertirsi di più.
La normalità è imparare a competere, l’anormalità è imparare a collaborare e a completarci.
La normalità è non avere tempo per pensare e lasciare che altri pensano e decidano per noi, l’anormalità è prendersi il tempo per riflettere.
La normalità è vivere nel tuo corpo come se fosse in affitto, vivere la tua vita come se fosse in prestito e organizzare il tempo come se fossi schiavo.
Abitare l’anormalità è come imparare a volare, è farsi all’improvviso condor e riuscire a vedere più lontano, è ricordare i sogni e saperli interpretare, è sentire con una pienezza e una libertà che nel mondo della normalità non esiste ed è pericolosa. A te la scelta.

Fonte: Radio Deseo è la radio di Mujeres Creando, che riunisce le voci di diverse organizzazioni sociali, differenti generi musicali e distinti campi del sapere.

Traduzione per Comune-info: Leonora Marzullo


Nessun commento:

Posta un commento