La tragedia della pandemia avrebbe dovuto far capire a tutti che la
salvaguardia della salute pubblica non dipende solo dalla capacità dei presidi
sanitari di prevenire e far fronte alle emergenze. Per questo basterebbe
rimettere in piedi un sistema pubblico – a partire dalla ricerca epidemiologica
e farmaceutica – totalmente svincolato dalla logica aziendalistica della
redditività delle prestazioni. La pandemia ci ha insegnato che siamo
parte di un unico ecosistema naturale: One planet, one health,
afferma la campagna di Navdanya International, di Vandana Shiva. Che è poi la
stessa cosa che ha detto papa Bergoglio nella piazza vuota di San Pietro in
occasione della giornata della Terra: “Non possiamo pretendere di essere sani
in un mondo malato”. Ovvio. Maltrattare oltre ogni limite i cicli
bio-geo-fisici naturali significa esporre le popolazioni umane a rischi
immensi. Diretti e indiretti. Immediati o differiti.
Come ci hanno spiegato i biologi, il virus Sars-Covid-19 è arrivato a noi
perché noi abbiamo sottratto ogni spazio vitale (il 75 per cento della
superficie terrestre e il 60 per cento di quella marina) alla libera
rigenerazione delle forme della vita selvatica. Gli squadroni della
morte bruciano le foreste amazzoniche per garantire le hamburger ai ricchi
mercati occidentali. Il fiume Saldykan è sommerso dal disel destinato ai suv
europei. Le polveri sottili secondarie (solfati e nitrati di ammonio) che
abbiamo continuato a respirare nella Pianura padana sono il prodotto di una
concentrazione insostenibile di allevamenti industriali.
Per un momento abbiamo sperato che lo shock della pandemia avrebbe potuto
far fare ai nostri decision makers un salto di consapevolezza
e di responsabilità: nulla sarebbe stato come prima – si diceva. Ma ci eravamo
tremendamente sbagliati. Gli “esperti” (di cosa?) chiamati dal governo
italiano hanno posto la salute al 73° posto e l’impresa al 1°. L’ambiente è
associato alle infrastrutture come “capitale naturale” da impiegare nella
creazione di valore economico. Stessa sorte per i beni culturali, la scuola, la
ricerca. Per il gruppo messo assieme dal super-manager Colao, il
“rilancio immediato” significa procedere come e peggio di prima.
Senza pudore è stata messa in piedi una gigantesca operazione di lobbying. Il “governo
ombra” degli interessi privati delle industrie, dei costruttori, dei
concessionari, della grande distribuzione e della finanza è uscito allo
scoperto pianificando l’assalto alla diligenza dei fondi pubblici in arrivo da
Bruxelles. Non solo. La necessità di una rapida ripresa delle
attività produttive dopo il lockdown è vista come una grande occasione per
sbarazzarsi dei pochi controlli e delle deboli norme ambientali e sanitarie
esistenti. Con meticolosa arroganza il gruppo di Colao detta al governo un
lunghissimo elenco di disposizioni di legge che vanno abrogate, prorogate
(concessioni), sospese (codici degli appalti e delle opere pubbliche),
depenalizzate (da responsabilità civili e penali), detassate,
“sburocratizzate”… il tutto per velocizzare gli investimenti. Particolare attenzione
viene data alla abrogazione dei livelli di emissione elettromagnetica generati
dagli impianti 5G. Il dottor Colao qui se ne intende!
Nelle opere pubbliche torna alla grande la logica della “legge obiettivo”
(di berlusconiana memoria) per le “opere strategiche”. Il “modello Genova”
prevede un regime speciale ad hoc con “affidamento diretto negoziale senza
bando di gara” per ogni opera individuata in un elenco che sarà concertato tra
la Presidenza del governo e gli investitori. Per tutte le altre “silenzio
assenso” di poche settimane (Valutazione degli impatti ambientali,
compresa). Poco importa se gli uffici pubblici competenti (sovrintendenze, Asl,
comuni…) non ce la faranno nemmeno ad aprire i fascicoli degli investitori
proponenti. L’obiettivo è: “Ridurre l’area di responsabilità dei dipendenti
pubblici conseguente all’adozione di procedure governate da algoritmi” (sic!).
Del resto è noto che “la distinzione tra attività amministrativa e di indirizzo
politico è spesso stata scalata dai funzionari per ottenere copertura politica
alle proprie decisioni” (Scheda n. 23, Semplificazione PA) .
Se è questa l’opinione che abbiamo della pubblica amministrazione tant’è fare a
meno e andare direttamente dai decisori politici.
Il tutto nel quadro delle “macro-direttive del Green Deal europeo”.
Ovviamente, non è vero nulla. I nuovi regolamenti e le strategie europee per
l’Agenda 2030 vanno in tutt’altra direzione.
Da rimanere senza parole.
Qui il testo del documento: Iniziative per il rilancio dell’Italia: il rapporto della task force di
Colao.
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