Signor giudice, su consiglio di un
avvocato vi mando questa lettera (di accompagnamento, mi sembra si dica) per
spiegare le ragioni per le quali faccio ricorso.
Ho un ragazzo un po’ difficile, non
lo nego. Noi genitori spesso non siamo a casa perché dobbiamo lavorare. Ha
quindici anni, un’età nella quale si ascoltano più gli amici che i genitori,
anche per me era così. La sua sfortuna è che i suoi migliori amici non amano la
scuola e quelli più grandi l’hanno abbandonata, cosicché non ha grandi esempi. La
nostra speranza era la scuola: è ancora in obbligo scolastico, quest’anno ha
fatto poco e niente, era destinato a ripetere l’anno. Ci aveva promesso che
l’anno prossimo avrebbe fatto meglio, si sarebbe impegnato. Forse qualche
compagno di scuola e qualche professoressa gli avevano fatto venire idee
positive, forse la scomparsa di uno dei suoi amici l’aveva fatto riflettere.
Noi ci avevamo parlato, sembrava
che si aprisse uno spiraglio per il futuro, perdere un anno non è la fine del
mondo, poi è successo quello che è successo. A causa del coronavirus hanno
deciso che tutti sarebbero stati promossi. Non so come l’hanno presa gli altri
genitori, ma per noi è stato un brutto colpo.
L’anno prossimo dovrà fare due anni
in uno e sarà impossibile. Per lui uno sarebbe difficile, ma può farcela, due
anni insieme no. Ho chiesto alle professoresse che me lo bocciassero: loro
sarebbero d’accordo, la Preside pure, altri genitori sono d’accordo, ma non si
può.
Nella riunione iniziale con tutti i
genitori la Preside ci parlava dell’autonomia, come sono più belle le scuole
con l’autonomia; adesso mi dicono che la scuola non può fare niente, ha deciso
il Ministero.
La mia richiesta, signor Giudice, è
che mio figlio sia bocciato, solo questo.
Grazie per l’attenzione
Mi firmo: Paola Rossi, madre
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