Documento di SI COBAS
PUBBLICO IMPIEGO
Non lo confesseranno mai, ma per gli interessi
mercantili la PREVENZIONE è di intralcio in quanto “investimento improduttivo”.
Ogni soluzione incentrata sul profitto, sia pubblico-privato, sia privato
totale, e anche se totalmente pubblica (sul piano giuridico) si risolve, ed è
storia di questi decenni, in una spoliazione dell’assistenza territoriale e
nello smantellamento della prevenzione primaria.
La Regione Liguria mentre
proclama come prioritario il recupero di una Sanità Territoriale, presidio di
una medicina sociale e prima diga di contrasto alle epidemie dell’oggi e ahimè
prossime venture, proprio in questi giorni hanno affidato la gestione
domiciliare dei pazienti covid-19 a una ditta privata.
La notizia è stata diffusa dagli organi di
stampa e in particolare dal quotidiano Secolo XIX.
Nel corso della VII Commissione Consiliare del
Comune di Genova tenuta il 3 giugno e aperta alle OO.SS (organizzazioni
sindacali) S.I. Cobas ha preso parte al dibattito.
L’occasione era da non perdere anche perché a
rispondere alle interrogazioni dei Consiglieri e dei rappresentanti sindacali
c’era la Commissaria Straordinaria Sonia Viale di ALISA (sovrastruttura di
direzione alla rete sanitaria ligure) fortemente voluta dal governatore Toti.
Le note che seguono vogliono evidenziare
alcuni passaggi indicativi di un approccio metodicamente sbagliato che va al di
là di singole responsabilità per puntare proprio alle linee guida, prerogativa
di Alisa, che ha determinato la condotta delle strutture sanitarie.
La narrazione rassicurante della Giunta è
tutta volta all’auto assoluzione da responsabilità. Viene millantato un
recupero di funzionalità dell’attività ordinaria fortemente trascurata nelle
giornate di acuzie epidemica. La nottataccia covid-19 è passata e la sanità può
riapre i battenti. Quindi “scurdammoce o passato”. Questa è la canzone
intonato dalla Commissaria straordinaria. Pochi i ripensamenti, nessun cambio
di passo, non è successo quasi nulla. Buona parte degli interventi hanno fatto
da contrappunto con finché la barca va!
Timide le osservazioni da parte della sinistra
su carenze-assenza di DPI (dispositivi di protezione individuali) e
ritardo dei tracciamenti (tamponi e sierologici) e altro ancora. Anche su
questo la Commissaria ha replicato così: se proprio qualcosa non ha funzionato
a dovere le colpe sono da ascriversi alle contraddittorie indicazioni del
Governo “Giallo Rosso” e al Ministero della Salute. Una specie di talk show in
salsa comunale.
Alla osservazione da parte sindacale (CGIL)
sulla inefficacia del servizio sanitario territoriale perché impoverito da
tagli e chiusure, questa la replica della Commissaria «nessuna sollecitazione
negli anni è arrivata sulla mia scrivania» (quasi testuale).
Prima osservazione. Indipendentemente delle critiche venute da sinistra, in
verità post festum, cioè quando si è palesata con tutta evidenza la
inconsistenza della sanità territoriale a fronteggiare l’epidemia, resta
acclarato che l’obbiettivo del contenimento (fallito) è una responsabilità
collettiva e coinvolgente tutta la piramide gerarchica e la sua politica
sanitaria. E’ altrettanto lapalissiano che l’istituzione di Alisa aveva
come mission proprio quella di portare ordine e visione di
lungo periodo. Questi compiti di indirizzo, necessari per preservare la salute
della popolazione tenendosi lontana dalle schermaglie – pre, post (… immanenti)
elettorali – sono del tutto mancati.
Alisa venne istituita con questo fine e fin da
subito si palesò l’intenzione di attingere alle competenze manageriali del
ricco vivaio lombardo. Sarebbero arrivati i campioni che tanto lustro (???)
hanno dato alla sanità lombarda in Italia e nel mondo. Aspettavano tanti
Ronaldo ma sono arrivati i Locatelli e la Viale. La sanità genovese non solo
non vince lo scudetto, ma addirittura è a rischio di retrocessione.
In realtà la calata longobarda ha solo
trasferito in riviera il peggio di un modello che ha come stella polare non la
preservazione della salute con imponenti risorse investite sulla prevenzione,
da attuarsi lì dove vive la popolazione (il territorio) ma il business della
cura delle malattie e delle epidemie, non curate, che avviene (dovrebbe
avvenire) nei grandi ospedali.
E qui l’affare miliardario. Non lo
confesseranno mai, ma per gli interessi mercantili la prevenzione è di
intralcio in quanto “investimento improduttivo”. Ogni soluzione incentrata sul
profitto, sia pubblico-privato, sia privato totale, e anche se totalmente
pubblica (sul piano giuridico) si risolve, ed è storia di questi decenni, in
una spoliazione dell’assistenza territoriale e nello smantellamento della
prevenzione primaria.
In definitiva nessuno ha osato negare che il
servizio territoriale non ha potuto svolgere nessuna prevenzione primaria. Da
parte della dottoressa Viale vi è stata solo una chiamata di correità. Resta il
fatto che le responsabilità sono circolari a tanti attori ma la vittima è ben
identificata: la salute come bene sociale da tutelare!
Imparare dagli errori e dagli orrori non
sembra essere nelle corde della nomenclatura politica.
Se la privatizzazione si è rivelata
fallimentare perché si continua propinare altre dosi di esternalizzazioni? La
sola e unica ragione che riusciamo a trovare è che lo scopo prioritario
perseguito è fare affari sulla salute e soprattutto sulle malattie della
popolazione. E nonostante la negativa performance della sanità
ligure, che si segnala ai primi posti per livello di contagi e decessi, perché
il governatore Toti continua a rivendicare l’autonomia differenziata? Per
essere libero perfino di fare peggio del sistema sanitario nazionale?
Seconda osservazione. E’ stato chiesto alla Commissaria perché non sono stati estesi i
tamponi su un numero significativo di popolazione. Sorprendente la saccenza
della Viale (una persona che ostenta, in modo presuntuoso, una conoscenza che
sa bene di non possedere). I tamponi non si configurano e non sono la cura: è
questo il senso della sua sbrigativa risposta. Pur non pretendendo che gli
aspiranti di cariche amministrative e/o politiche facciano corsi specifici di
formazione per i compiti a cui sono destinati (sarebbe troppa fatica!) la
lettura di un bignamino sull’epidemiologia servirebbe e come!
La quantificazione, misurazione e
parametrazione dell’evento epidemico non è solo parte integrante della cura ma
ne è il requisito fondante. Alle scuole elementari della sanità si insegna la
regola delle tre T: testare, tracciare, trattare. Non è osservazione oziosa e
non si è trattato di un lapsus dal sen fuggito perché subito dopo si afferma
che qualche tampone in più verrà speso ma solo su categorie mirate. Va da sé
invece che solo sulla universalità di popolazione ha un senso attivare il
tracciamento perché la sua funzione è quella di individuare gli asintomatici.
Quelli che manifestano segni franchi di contagio sono soggetti non testati in
tempo e quindi non preventivamente isolati. Molti infermieri e medici l’anno
sperimentato sulla loro pelle.
Al termine dell’incontro il S.I. Cobas ha
espresso la contrarietà al premio in denaro concordato con le altre
organizzazioni da assegnare al personale sanitario perché questo va a coprire
le criticità dell’oggi e di domani per meglio perpetuare lutti, drammi e paure.
La nostra posizione è stata espressa
chiaramente nel volantino che riproponiamo di seguito.
RESTITUITECI IL TEMPO RUBATO!
Lo scellerato patto miliardario
pubblico-privato, più privato che pubblico, ha tagliato quasi la metà dei posti
letto e depotenziati i posti di rianimazione e di terapia intensiva. Si
sarebbero potute salvare molte vite, sia di pazienti che di medici ed operatori
sanitari. Le morti dei nostri vecchi nelle RSA sono “stragi di stato”.
Avremmo voluto non ascoltare la magniloquenza
sugli “eroi” che ha preso il posto di un’altra retorica, quella che sino a poco
tempo fa alludeva ai furbetti del cartellino e ai fannulloni.
Temiamo che a fine celebrazione del “milite
sanitario” riprenderà con maggiore vigore la sorveglianza a mezzo di impronte
digitali, ottiche, segnalazioni di movimento, telecamere ecc come previsto dalle
norme Salvini, oggi all’opposizione, ma non i suoi decreti sicurezza che a
quanto pare trovano grandi consensi in tutte le forze politiche, governative e
non.
Temiamo che continuerà la politica di
affossamento della sanità pubblica (quella che resta). Non vediamo nessun
pentimento all’orizzonte; i cattivi non sono diventati più buoni! Come il lupo
non può mutare la sua natura così il capitale, se proprio deve, può solo farsi
crescere un po’ di peluria riformista per saziare e al contempo nascondere la
sua sete di profitto.
Si continua a non far scorrere le graduatorie
degli idonei e il diluvio di risorse che a parole vengono promesse servirà
ancora una volta ad allargare l’esercito del precariato. I contratti previsti
sono a tempo determinato e servono solo a “far passare la nottata” del
COVID-19.
Da questo governo e da quelli che verranno non
ci aspettiamo nulla di buono.
Questa convinzione nasce dalla nostra
coscienza di classe. Le pessime performance (con e senza
pagelline, non importa) del SSN e/o Regionale hanno svelato quanto fossero mal
riposte le aspettative sui governi che avrebbero dovuto tutelare la nostra vita
e la nostra salute.
Viviamo come un’offesa alla nostra dignità il
premio che volete assegnare per averci imposto rischi e turni massacranti per
tamponare le falle che le vostre svendite ai privati hanno prodotto nella
sanità pubblica.
In alcuni casi ci è stata rubata la vita, in
molti altri numerose ore che avremmo voluto volentieri dedicare agli affetti,
ai familiari, a noi stessi. Teneteveli i vostri soldi e se proprio volete
abbozzare un gesto di sensibilità, che non vi appartiene, restituiteci parte
del tempo che ci avete rubato.
Ridateci indietro tempo di riposo, ferie
bloccate! Meglio ancora, perché non programmare un anticipo sulla pensione per
chi ha dovuto convivere a contatto del dolore e della morte?
Siamo sicuri che non farete nulla di tutto
questo, ma sappiamo anche che le maschere dietro alle quali vi nascondete
possono cadere.
Noi la maschera la indossiamo per proteggere
la vita e intorno a questa identità ci raccoglieremo non per chiedere ma per
prenderci quello che è nostro.
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