giovedì 18 giugno 2020

Sanità: Alisa vista da vicino… e non è un bel vedere!




Documento di SI COBAS PUBBLICO IMPIEGO

Non lo confesseranno mai, ma per gli interessi mercantili la PREVENZIONE è di intralcio in quanto “investimento improduttivo”. Ogni soluzione incentrata sul profitto, sia pubblico-privato, sia privato totale, e anche se totalmente pubblica (sul piano giuridico) si risolve, ed è storia di questi decenni, in una spoliazione dell’assistenza territoriale e nello smantellamento della prevenzione primaria.
La Regione Liguria mentre proclama come prioritario il recupero di una Sanità Territoriale, presidio di una medicina sociale e prima diga di contrasto alle epidemie dell’oggi e ahimè prossime venture, proprio in questi giorni hanno affidato la gestione domiciliare dei pazienti covid-19 a una ditta privata.
La notizia è stata diffusa dagli organi di stampa e in particolare dal quotidiano Secolo XIX.
Nel corso della VII Commissione Consiliare del Comune di Genova tenuta il 3 giugno e aperta alle OO.SS (organizzazioni sindacali) S.I. Cobas ha preso parte al dibattito.
L’occasione era da non perdere anche perché a rispondere alle interrogazioni dei Consiglieri e dei rappresentanti sindacali c’era la Commissaria Straordinaria Sonia Viale di ALISA (sovrastruttura di direzione alla rete sanitaria ligure) fortemente voluta dal governatore Toti.
Le note che seguono vogliono evidenziare alcuni passaggi indicativi di un approccio metodicamente sbagliato che va al di là di singole responsabilità per puntare proprio alle linee guida, prerogativa di Alisa, che ha determinato la condotta delle strutture sanitarie.
La narrazione rassicurante della Giunta è tutta volta all’auto assoluzione da responsabilità. Viene millantato un recupero di funzionalità dell’attività ordinaria fortemente trascurata nelle giornate di acuzie epidemica. La nottataccia covid-19 è passata e la sanità può riapre i battenti. Quindi “scurdammoce o passato”. Questa è la canzone intonato dalla Commissaria straordinaria. Pochi i ripensamenti, nessun cambio di passo, non è successo quasi nulla. Buona parte degli interventi hanno fatto da contrappunto con finché la barca va!
Timide le osservazioni da parte della sinistra su carenze-assenza di DPI (dispositivi di protezione individuali) e ritardo dei tracciamenti (tamponi e sierologici) e altro ancora. Anche su questo la Commissaria ha replicato così: se proprio qualcosa non ha funzionato a dovere le colpe sono da ascriversi alle contraddittorie indicazioni del Governo “Giallo Rosso” e al Ministero della Salute. Una specie di talk show in salsa comunale.
Alla osservazione da parte sindacale (CGIL) sulla inefficacia del servizio sanitario territoriale perché impoverito da tagli e chiusure, questa la replica della Commissaria «nessuna sollecitazione negli anni è arrivata sulla mia scrivania» (quasi testuale).
Prima osservazione. Indipendentemente delle critiche venute da sinistra, in verità post festum, cioè quando si è palesata con tutta evidenza la inconsistenza della sanità territoriale a fronteggiare l’epidemia, resta acclarato che l’obbiettivo del contenimento (fallito) è una responsabilità collettiva e coinvolgente tutta la piramide gerarchica e la sua politica sanitaria. E’ altrettanto lapalissiano che l’istituzione di Alisa aveva come mission proprio quella di portare ordine e visione di lungo periodo. Questi compiti di indirizzo, necessari per preservare la salute della popolazione tenendosi lontana dalle schermaglie – pre, post (… immanenti) elettorali – sono del tutto mancati.
Alisa venne istituita con questo fine e fin da subito si palesò l’intenzione di attingere alle competenze manageriali del ricco vivaio lombardo. Sarebbero arrivati i campioni che tanto lustro (???) hanno dato alla sanità lombarda in Italia e nel mondo. Aspettavano tanti Ronaldo ma sono arrivati i Locatelli e la Viale. La sanità genovese non solo non vince lo scudetto, ma addirittura è a rischio di retrocessione.
In realtà la calata longobarda ha solo trasferito in riviera il peggio di un modello che ha come stella polare non la preservazione della salute con imponenti risorse investite sulla prevenzione, da attuarsi lì dove vive la popolazione (il territorio) ma il business della cura delle malattie e delle epidemie, non curate, che avviene (dovrebbe avvenire) nei grandi ospedali.
E qui l’affare miliardario. Non lo confesseranno mai, ma per gli interessi mercantili la prevenzione è di intralcio in quanto “investimento improduttivo”. Ogni soluzione incentrata sul profitto, sia pubblico-privato, sia privato totale, e anche se totalmente pubblica (sul piano giuridico) si risolve, ed è storia di questi decenni, in una spoliazione dell’assistenza territoriale e nello smantellamento della prevenzione primaria.
In definitiva nessuno ha osato negare che il servizio territoriale non ha potuto svolgere nessuna prevenzione primaria. Da parte della dottoressa Viale vi è stata solo una chiamata di correità. Resta il fatto che le responsabilità sono circolari a tanti attori ma la vittima è ben identificata: la salute come bene sociale da tutelare!
Imparare dagli errori e dagli orrori non sembra essere nelle corde della nomenclatura politica.
Se la privatizzazione si è rivelata fallimentare perché si continua propinare altre dosi di esternalizzazioni? La sola e unica ragione che riusciamo a trovare è che lo scopo prioritario perseguito è fare affari sulla salute e soprattutto sulle malattie della popolazione. E nonostante la negativa performance della sanità ligure, che si segnala ai primi posti per livello di contagi e decessi, perché il governatore Toti continua a rivendicare l’autonomia differenziata? Per essere libero perfino di fare peggio del sistema sanitario nazionale?
Seconda osservazione. E’ stato chiesto alla Commissaria perché non sono stati estesi i tamponi su un numero significativo di popolazione. Sorprendente la saccenza della Viale (una persona che ostenta, in modo presuntuoso, una conoscenza che sa bene di non possedere). I tamponi non si configurano e non sono la cura: è questo il senso della sua sbrigativa risposta. Pur non pretendendo che gli aspiranti di cariche amministrative e/o politiche facciano corsi specifici di formazione per i compiti a cui sono destinati (sarebbe troppa fatica!) la lettura di un bignamino sull’epidemiologia servirebbe e come!
La quantificazione, misurazione e parametrazione dell’evento epidemico non è solo parte integrante della cura ma ne è il requisito fondante. Alle scuole elementari della sanità si insegna la regola delle tre T: testare, tracciare, trattare. Non è osservazione oziosa e non si è trattato di un lapsus dal sen fuggito perché subito dopo si afferma che qualche tampone in più verrà speso ma solo su categorie mirate. Va da sé invece che solo sulla universalità di popolazione ha un senso attivare il tracciamento perché la sua funzione è quella di individuare gli asintomatici. Quelli che manifestano segni franchi di contagio sono soggetti non testati in tempo e quindi non preventivamente isolati. Molti infermieri e medici l’anno sperimentato sulla loro pelle.
Al termine dell’incontro il S.I. Cobas ha espresso la contrarietà al premio in denaro concordato con le altre organizzazioni da assegnare al personale sanitario perché questo va a coprire le criticità dell’oggi e di domani per meglio perpetuare lutti, drammi e paure.
La nostra posizione è stata espressa chiaramente nel volantino che riproponiamo di seguito.
RESTITUITECI IL TEMPO RUBATO!
Lo scellerato patto miliardario pubblico-privato, più privato che pubblico, ha tagliato quasi la metà dei posti letto e depotenziati i posti di rianimazione e di terapia intensiva. Si sarebbero potute salvare molte vite, sia di pazienti che di medici ed operatori sanitari. Le morti dei nostri vecchi nelle RSA sono “stragi di stato”.
Avremmo voluto non ascoltare la magniloquenza sugli “eroi” che ha preso il posto di un’altra retorica, quella che sino a poco tempo fa alludeva ai furbetti del cartellino e ai fannulloni.
Temiamo che a fine celebrazione del “milite sanitario” riprenderà con maggiore vigore la sorveglianza a mezzo di impronte digitali, ottiche, segnalazioni di movimento, telecamere ecc come previsto dalle norme Salvini, oggi all’opposizione, ma non i suoi decreti sicurezza che a quanto pare trovano grandi consensi in tutte le forze politiche, governative e non.
Temiamo che continuerà la politica di affossamento della sanità pubblica (quella che resta). Non vediamo nessun pentimento all’orizzonte; i cattivi non sono diventati più buoni! Come il lupo non può mutare la sua natura così il capitale, se proprio deve, può solo farsi crescere un po’ di peluria riformista per saziare e al contempo nascondere la sua sete di profitto.
Si continua a non far scorrere le graduatorie degli idonei e il diluvio di risorse che a parole vengono promesse servirà ancora una volta ad allargare l’esercito del precariato. I contratti previsti sono a tempo determinato e servono solo a “far passare la nottata” del COVID-19.
Da questo governo e da quelli che verranno non ci aspettiamo nulla di buono.
Questa convinzione nasce dalla nostra coscienza di classe. Le pessime performance (con e senza pagelline, non importa) del SSN e/o Regionale hanno svelato quanto fossero mal riposte le aspettative sui governi che avrebbero dovuto tutelare la nostra vita e la nostra salute.
Viviamo come un’offesa alla nostra dignità il premio che volete assegnare per averci imposto rischi e turni massacranti per tamponare le falle che le vostre svendite ai privati hanno prodotto nella sanità pubblica.
In alcuni casi ci è stata rubata la vita, in molti altri numerose ore che avremmo voluto volentieri dedicare agli affetti, ai familiari, a noi stessi. Teneteveli i vostri soldi e se proprio volete abbozzare un gesto di sensibilità, che non vi appartiene, restituiteci parte del tempo che ci avete rubato.

Ridateci indietro tempo di riposo, ferie bloccate! Meglio ancora, perché non programmare un anticipo sulla pensione per chi ha dovuto convivere a contatto del dolore e della morte?
Siamo sicuri che non farete nulla di tutto questo, ma sappiamo anche che le maschere dietro alle quali vi nascondete possono cadere.
Noi la maschera la indossiamo per proteggere la vita e intorno a questa identità ci raccoglieremo non per chiedere ma per prenderci quello che è nostro.

Nessun commento:

Posta un commento