come sempre i libri di Mia Couto non deludono.
la storia è misteriosa, un padre con sue ragazzini sta in un posto dimenticato da dio e dal mondo, non c'è altro, dice il padre ai ragazzini.
intanto qualcuno va e viene, alla fine appare una donna portoghese, la prima donna che Mwanito, il bambino che racconta, ha mai conosciuto.
succedono tante cose in quel posto chiamato Jesusalém,e alla fine si torna al mondo, e ai suoi terribili segreti.
…Mia Couto, al secolo António Emílio Leite Couto, nato e
cresciuto in Mozambico, è uno tra i maggiori scrittori contemporanei di lingua
portoghese e questo libro ne dimostra ancora una volta il talento, dando
sfoggio di una scrittura che ci accompagna per mano in una terra lontana e
polverosa, arcaica e sconosciuta, parlandoci di una cultura legata a spiriti
presenti e passati e a codici d’onore e di promesse, ad energie sottili e a
solenni cerimonie di iniziazione. Una lettura che funziona anche solo di per
sé, per il gusto di avventurarsi in una sorta di favola familiare dai toni
esotici e leggermente cupi, ma che ancora di più impressiona per la potenza
della semplicità con cui vengono trattati temi pesanti come la morte e
l’elaborazione del lutto, la realtà e la volontà di vivere non solo come si
vuole ma, soprattutto, come si può. Perché “se dobbiamo vivere nella finzione,
che sia almeno quella creata da noi”. Ed anche se siamo lontani, culturalmente,
dal mondo di Mwanito e della sua famiglia, ne comprendiamo logiche e desideri,
commossi e turbati. Bellissime anche, tra le altre, le poesie di Sophia De
Mello Breyner Andresen poste ad inizio dei capitoli. Un libro dove le donne,
anche se non ci sono fisicamente come a Jesusalém, sono determinanti, pure se
odiate, maltrattate. O morte.
Come nell’ascolto di una musica, in questo ultimo
suo romanzo, Mia Couto ci trasporta in un’atmosfera fuori dal tempo, senza perdere
tuttavia la consapevolezza della storia e delle vicende umane attuali e del
passato. Questa compresenza credo sia dovuta anche all’innesto tra
cultura africana e cultura europea che avviene in un autore come lui, bianco di
appartenenza africana lusofona. E’ proprio la collocazione fuori dal tempo che
permette all’autore di prendere le distanze per vedere meglio, per capire
meglio. Qui siamo in una situazione estrema di ricerca di salvezza fuori dal
mondo: in una zona inarrivabile dagli uomini…
Autore poco conosciuto in Italia ma dal grande
talento. Questo testo in particolare racchiude tracce oniriche e uno stile
diretto quanto profondo. Lascia immagini di grande impatto emotivo nella
memoria del lettore, alterna elementi di assurda quanto adorabile fantasia a
eventi tragici della vita del protagonista. Consigliato, davvero una scoperta!
…Mia Couto si rivela anche questa volta un prestidigitatore
della parola, continuando a smontare e rimontare a modo suo la lingua
portoghese. E onore al traduttore, Vincenzo Barca, per come riesce a stargli al
passo, per quanto rimanga, inevitabilmente, sempre qualcosa di intraducibile.
Come il nome che il padre dà alla sua nazione personale, Jesusalém –
che è anche il titolo dell’edizione originale del libro –, un gioco di parole in
cui la città santa diventa una sorta di “Gesù-oltre”: per Silvestre, «in quel
luogo Gesù si sarebbe scrocifisso». E Dordalma, la mamma che Mwanito non ha mai
conosciuto e di cui nessuno osa dire come sia morta, sta per “Dolor-d’anima”.
È ben di più, naturalmente, che un gioco enigmistico:
grazie anche alle sue invenzioni, ma non solo a queste, l’autore dà vita a
un’atmosfera tutta sua, tra favola e verismo, con l’uso di metafore inattese e
di dialoghi che non di rado sono sorprendenti pillole filosofiche.
«Nessun governo del mondo comanda più della paura e della
colpa. La paura mi ha fatto vivere insignificante e schivo. La colpa mi ha
fatto fuggire da me, disabitato dai ricordi. Era questo Jesusalém». E l’unico
rimpianto nostro, a chiusura di libro, è che non sia stato mantenuto il titolo
originale (nemmeno nell’edizione brasiliana, peraltro!).
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