Un avvocato italiano e il suo collega serbo insieme nel difendere
le vittime civili e militari dell’uranio impoverito utilizzato alla fine degli
anni ’90 dalla Nato nell’ex Jugoslavia
La
responsabilità istituzionale per le «vittime interne» dell’uranio impoverito
impiegato nelle «guerre umanitarie» della Nato nell’ex Jugoslavia è stata
dimostrata inequivocabilmente dalla relazione finale della IV Commissione
parlamentare d’inchiesta presieduta dall’onorevole Gianpiero Scanu e dalle 170
cause di servizio risarcitorie e indennitarie a favore di altrettanti ex
militari strappate nei tribunali al ministero della Difesa dall’avvocato Angelo
Fiore Tartaglia. Per le responsabilità individuali delle alte cariche
istituzionali dovremo invece attendere gli esiti delle indagini aperte dalla
procura della Repubblica di Roma e dalla procura Militare grazie ad un esposto
depositato recentemente dal generale Roberto Vannacci e supportato dalle
dichiarazioni del colonnello Fabio Filomeni.
MA QUELLA che si prospetta come una
spallata definitiva al muro di gomma (nazionale ed internazionale) sull’affaire uranio
impoverito è la inedita saldatura tra le vittime militari dei Paesi che
parteciparono all’aggressione e quelle civili dei Paesi aggrediti.
GLI INCONTRI alla base di questa
iniziativa epocale si svolgono da oltre un anno, con molta discrezione, nello
studio romano di Angelo Tartaglia. L’eco dei ripetuti successi dell’avvocato
italiano, che non pochi grattacapi ha procurato e sta procurando al ministero
della Difesa, hanno raggiunto il suo collega serbo Srdjan Aleksic il quale,
accompagnato da Domenico Leggiero dell’Osservatorio militare, ha voluto
assolutamente incontrarlo.
OGGI SONO PRONTI a rendere pubblica, in
esclusiva per il manifesto, la loro strategia che punta ad ottenere verità e giustizia ai
massimi livelli. «Ho incontrato il mio collega Srdjan Aleksic per la prima
volta presso il mio studio», spiega Tartaglia. «Mi raccontò di aver perso la
madre a causa dell’uranio impoverito. È uno dei più autorevoli avvocati dei
Balcani e si è subito creato fra di noi una grande intesa professionale ed
umana. È arrivato il tempo di affrontare questa tematica che in Italia ha
colpito e continua a colpire i nostri militari reduci da queste aree contaminate,
ad un livello più alto. Affrontare la questione nei tribunali in Serbia
significa entrare nel cuore giuridico del problema. Non risparmierò le mie
energie, dedicherò tutto me stesso e con me il mio collega finché non avremmo
raggiunto lo scopo di tutelare tutti. Mai più un danno così enorme alle persone
inermi ed al territorio….».
ALEKSIC è infatti molto noto in
Serbia: da anni organizza presso l’università di giurisprudenza di Niš simposi
internazionali sull’uranio impoverito coinvolgendo massimi esperti da Russia,
Giappone, Francia, Belgio, Germania e Cina.
«Il problema delle conseguenze dei bombardamenti è stata la mia ossessione per
parecchi anni» spiega Aleksic – «Non solo per la tragedia che ha colpito la mia
famiglia ma anche per i contatti personali quotidiani con i miei concittadini e
con le persone del sud di Serbia. Il carcinoma ed altre malattie gravi con
aumento di mortalità hanno segnato gli anni dopo l’aggressione criminale della
Nato. Anzi, queste malattie sono diventate sinonimo dell’aggressione stessa.
Grazie all’esperienza accumulata dal mio collega Tartaglia, faremo partire in
autunno a Niš, Kragujevac, Belgrado, Vranje e Novi Sad altrettante cause
risarcitorie. Si tratta di cause a favore dei malati di carcinoma, con
incontestabili prove mediche che la malattia e’ provocata dall’uranio
impoverito sparso durante i bombardamenti della Nato».
OLTRE alla sua esperienza
l’avvocato Tartaglia ha messo a disposizione le perizie di istituzioni di
riferimento che in Serbia non esistono come la Clinica Universitaria La
Sapienza di Roma, l’Istituto di nanotecnologia di Milano e il Politecnico di
Torino. «E comunque le cinque cause saranno solo il primo passo», continua
Aleksic. «Nel mio ufficio adesso ho più di duemila casi di persone malate che
in quel periodo lavoravano in Kosovo e Metohija. Dobbiamo radunare tutti i
malati di carcinoma e altre malattie causate dall’uranio perché ogni singolo
caso possa essere giustamente risarcito. Ciò vale anche per le famiglie dei
morti che possiedono documentazione medica adeguata con prova della causa di
morte. Verificheremo ogni singolo caso presso l’Istituto di nanotecnologia in
Italia, presenteremo ogni singolo caso nei tribunali in Serbia e tramite le
migliaia di cartelle cliniche chiederemo all’Onu di inviare ispettori
indipendenti per fare verifiche sulla contaminazione dei territori a distanza
di 21 anni dai bombardamenti. Poi ci rivolgeremo alla Corte dei diritti
dell’uomo a Strasburgo e informeremo il Parlamento europeo. Il nostro obiettivo
è che in tali processi siano chiamati in causa anche i Paesi che hanno
partecipato direttamente o indirettamente ai bombardamenti Nato del 1999 anche
mettendo a disposizione le loro basi. Questi Paesi, per la quasi totalità
europei, dovranno farsi carico della bonifica totale dell’uranio impoverito
presente sui nostri territori”.
Mentre
la relazione finale della IV Commissione parlamentare d’inchiesta è stata
depositata dallo stesso Scanu presso la presidenza del Parlamento europeo,
l’internazionalismo giuridico che gli avvocati Tartaglia ed Aleksic stanno
mettendo in campo varca i confini del legittimo risarcimento per le vittime
militari e civili di questo maledetto metallo pesante ed assume chiari contorni
politici: ristabilire finalmente quel diritto internazionale ed umanitario
espropriato e fatto a pezzi dalla Nato.
(*)
pubblicato ieri sul quotidiano “il manifesto”
http://www.labottegadelbarbieri.org/misfatti-nato-luranio-contro-i-civili/
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