E’ inutile continuare a girarci attorno: l’azienda RWM Italia, tristemente nota per fornire le micidiali bombe aeree della serie MK 82-83-84 all’Arabia Saudita utilizzate per bombardare lo Yemen, è un’azienda che serve molto poco alle esigenze della nostra difesa e sempre meno ai Paesi alleati europei. E’ invece utilissima alla multinazionale tedesca degli armamenti Rheinmetall AG, che ne detiene l’intero controllo azionario, per le sue strategie aziendali internazionali. Un esempio? La gran parte della recente produzione della RWM Italia è diretta a Paesi extra Ue-Nato ed in particolare ai Paesi attivi nel conflitto yemenita come Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti verso i quali la Germania continua a vietare le esportazioni militari. Monarchie assolute islamiche che negli anni scorsi, grazie alla collaborazione proprio con la Rheinmetall e le sue controllate, hanno sviluppato in loco le proprie aziende di munizionamento che sono ormai in grado di produrre le stesse bombe prodotte dalla RWM Italia di Domusnovas in Sardegna e tra l’altro a prezzi molto più competitivi.
Pensare di utilizzare denaro pubblico per sostenere un’azienda che è parte
di una florida multinazionale tedesca, la Rheinmetall AG, o anche per
riconvertirla ad impieghi civili, sempre favorendo la multinazionale
tedesca, significa di fatto una sola cosa: sottrarre risorse pubbliche
necessarie al rilancio di un territorio con altissimi tassi di
disoccupazione come quello del Sulcis Iglesiente. Un territorio che ha molte
potenzialità, ma ha bisogno di sostegno e investimenti per sviluppare
un’economia sostenibile, ambientalmente e tecnologicamente avanzata. Per
questo RWM Italia va riportata alla sua funzione originaria che era
quella di produrre per i Paesi UE e, se viene a mancare questa domanda, va
lasciata al suo destino; ma soprattutto, non va fatto alcuno
sconto (concedendo fondi pubblici o nuove autorizzazioni per esportazioni verso
Paesi a rischio) alla multinazionale tedesca e alla dirigenza italiana che
negli anni scorsi hanno irresponsabilmente continuato a promuovere in
Sardegna produzioni ed esportazioni di bombe che non sono concesse dal
governo federale tedesco e da altri Paesi europei.
I dati e i fatti parlano chiaro anche se i soliti noti, incollati
all’assistenzialismo di Stato e alla produzione bellica ad ogni costo “purché
ci sia lavoro”, fanno finta di non vederli. Elenchiamoli tutti così forse se ne
rendono conto.
I bilanci di RWM Italia
I Bilanci di RWM Italia degli ultimi anni sono alquanto eloquenti. Nel
Bilancio relativo all’anno 2015, RWM Italia riportava che “sulla base del portafoglio
ordini al 31 dicembre 2015, i principali Paesi utilizzatori finali dei
prodotti e dei servizi proposti sul mercato da RWM Italia S.p.A. sono: Arabia
Saudita 55%, Emirati Arabi Uniti 15%, Italia 10%, Regno Unito 9%, Altri 11%”.
Nel Bilancio del 2016 riportava “Europa 15%, Medio Oriente e Nord Africa 83% e
Estremo Oriente 2%”. Nel 2018 riportava “Italia 2%, UE 47%, Extra UE 51%” ed
infine nell’ultimo Bilancio, quello relativo al 2019, riporta “Italia
1% (di fatto si tratta di 6 milioni di euro, pari allo 0,8%), Paesi UE
8%, Paesi extra UE 91%”. Come si vede dal 2015 al 2019 la quota di
ordinativi da parte dell’Italia alla RWM si riduce dal 10% all’1% e
quella dei Paesi UE dal 15% del 2016 all’8% del 2019.
Il dato è sostanzialmente confermato anche dalle vendite. Nel 2015 a fronte di
vendite complessive pari a 48,1 milioni di euro solo il 10%, cioè 4,8 milioni
di euro erano destinate all’Italia. Nel 2016, a fronte di un ammontare di
vendite per 72,2 milioni di euro solo il 4%, cioè 2,9 milioni di euro era diretto
all’Italia. Nel 2018, a fonte di vendite per 102,6 milioni solo il 2%, cioè
poco più di 2 milioni di euro aveva come cliente l’Italia ma comunque il 49%,
cioè più di 50 milioni, riguardava Paesi UE. Nel 2019 le vendite sono
state pari ad 114.481.193 di euro così ripartite: Italia 4,4 milioni di
euro (3,8%), Paesi UE 37,5 milioni (32,8%), Paesi extra-UE escluso il
progetto QA208 (di cui dirò a breve) per 35,6 milioni (31,1%) e il progetto
QA208 per 37,0 milioni di euro (32,3%). Anche riguardo alle vendite, l’Italia
non supera mai i 5 milioni; un ruolo più rilevante è ricoperto dai Paesi UE
che comunque anche nell’anno di maggiori entrate superano di poco i 50 milioni
di euro. La gran parte sia delle commesse che delle effettive vendite è
destinata a Paesi extra-UE, principalmente a Paesi Medio Orientali (che negli
anni l’azienda, a fronte delle critiche, ha imparato a nascondere dai propri
bilanci parlando genericamente di Paesi extra-Ue).
Le bombe ai Sauditi e le complicità delle
autorità italiane
Cosa significa tutto questo? Innanzitutto che RWM Italia difficilmente
rappresenta – come ha affermato l’anno scorso il Ministero della Difesa in
risposta ad una interrogazione parlamentare – “un asset strategico
per il Dicastero e per il Paese”. E’ infatti un’azienda che produce
materiali bellici che servono poco, anzi quasi niente, al nostro Paese e
sempre meno alle necessità di altri Paesi europei. E’ un’azienda, invece, che
punta molto alle esportazioni verso Paesi autoritari e fortemente attivi in
conflitti armati: non a caso i maggiori clienti di questi ultimi anni sono
stati l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, cioè le due monarchie
islamiche maggiormente coinvolte nel conflitto in Yemen.
RWM Italia ha potuto realizzare queste esportazioni grazie all’accondiscenza
delle autorità italiane: la maggiore commessa è stata infatti concessa a
RWM Italia dall’Autorità nazionale UAMA (Unità per le autorizzazioni dei
materiali di armamento) nel 2016 per l’esportazione
all’Arabia Saudita di 19.675 bombe Mk 82, Mk 83 e Mk 84 per un
valore complessivo di oltre 411 milioni di euro. Autorizzazione rilasciata
da UAMA nel corso del 2016 quando erano già stati resi noti i
bombardamenti indiscriminati effettuati dall’aeronautica
militare saudita in Yemen (si vedano anche questi articoli e comunicati) e,
sopratutto, una Risoluzione del Parlamento europeo votata
ad ampia maggioranza già nel febbraio del 2016, invitava l’Alto Rappresentante
Federica Mogherini ad «avviare un’iniziativa finalizzata all’imposizione da
parte dell’UE di un embargo sulle armi nei confronti dell’Arabia Saudita» alla
luce delle gravi accuse di violazione del diritto umanitario internazionale
perpetrate dall’Arabia Saudita nello Yemen. Bombardamenti con bombe italiane
che possono rappresentare “crimini di guerra” avvertiva un rapporto di esperti consegnato nel
gennaio del 2017 al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite:
una considerazione che un altro gruppo di esperti confermava in un successivo rapporto reso
noto nell'agosto del 2018.
Le produzioni di bombe saranno presto
trasferite nei Paesi arabi
Ma ci sono anche altri motivi per lasciare la RWM Italia al suo destino.
Nel marzo del 2016, la multinazionale tedesca Rheinmetall AG, attraverso la sua
controllata sudafricana Rheinmetall Denel Munition (Rdm) e in
joint-venture con la Saudi Military Industries Corporation (Samic), ha infatti
aperto nel complesso industriale militare di Al-Kharj, a sud di Riyad in Arabia
Saudita, uno stabilimento per la produzione non solo di bombe da
artiglieria, ma anche di bombe aeree da 500 a 2.000 libbre.
Proprio quelle che attualmente vengono prodotte nello stabilimento sardo per
essere esportate in Arabia Saudita. Ciò significa che molto presto non
vi saranno altri ordinativi dai Paesi arabi per RWM Italia in quanto
la produzione in Arabia Saudita consentirà di esportare più facilmente ai Paesi
del Medio Oriente. Lo sanno tutti in Sardegna e da anni (si veda questo
articolo di Africa Express e questo mio per “il
Manifesto”) e soprattutto ne sono a conoscenza la dirigenza della RWM Italia e
i sindacati aziendali, ma si guardano bene dal dirlo. L’importante è far
credere ai lavoratori che la responsabilità per il mancato rinnovo dei
contratti sarebbe del governo, anzi del Parlamento, che – applicando le norme
della legge 185 del 1990 – a luglio dell’anno scorso ha votato una mozione che
finalmente ha sospeso per 18 mesi «le esportazioni di bombe d’aereo e missili,
che possono essere utilizzati per colpire la popolazione civile in Yemen, verso
l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti sino a quando non vi saranno
sviluppi concreti nel processo di pace con lo Yemen».
Gli affari “per conto terzi” della RWM
Italia
Ma c’è di più. La multinazionale tedesca Rheinmetall AG negli anni scorsi
ha creato in Qatar la Rheinmetall Barzan Advanced Technologies (RBAT), una
joint-venture partecipata al 49% dal Gruppo tedesco Rheinmetall e per il 51%
dalla Società Barzan posseduta del ministero della Difesa del Qatar. Tra le
produzione di questa azienda figurano “weapons and ammunitions”, cioè le
medesime bombe e munizionamento prodotti in Italia. Nell’ultimo Bilancio,
RWM Italia riporta di aver acquisito due commesse nel 2018 per
la fornitura di colpi di artiglieria da 155mm e anticarro da 120mm verso
il Qatar (Progetto QA208). “Il progetto – spiega l’azienda – è da
inserirsi in una strategia del Gruppo di avere un unico
interlocutore (RWM Italia) verso il Cliente (società qatarina RBAT) per un
pacchetto ampio di varie tipologie di munizioni” che però non saranno
prodotte in Italia ma saranno “alcune prodotte in Germania dalla casa
madre RWM (Rheinmetall WaffeMunition GmbH) e altre prodotte in Sudafrica dalla
società del Gruppo RDM (Rheinmetall Denel Munition Ltd.)”. “Il ruolo di RWM
Italia in tali contratti è di intermediazione e gestione
logistica tra le società RWM GmbH e RDM da una parte e la società RBAT
dall’altra, facendosi carico dei rischi finanziari e tecnici
dell’intera operazione. Il Progetto QA208 non genera alcuna attività
produttiva presso gli Stabilimenti della RWM Italia S.p.A.”. “L’attività
collegata al Progetto QA208 è da considerarsi eccezionale e temporanea
dovuta a strategie del Gruppo, senza far parte del core business
della Società”.
In sintesi, si tratta di un’operazione svolta per conto della casa madre
tedesca Rheinmetall che non genera lavoro per l’azienda italiana, ma solo
fatturato, carico però di “rischi finanziari” (per un approfondimento si
veda questo articolo). Ed
è principalmente a questo che serve la RWM Italia: a far fare affari alla
multinazionale tedesca degli armamenti. Affari che non può fare in
Germania perché non le verrebbero concessi. Anche queste sono cose note sia
alla dirigenza sia ai sindacati aziendali, sia ai media nazionali e locali. E,
ovviamente, ai politici.
Le lamentele dei soliti noti
Non potevano mancare le lamentele e le “iniziative” dei soliti noti.
Che, immancabilmente, hanno un loro tornaconto nel cercare di addossare la
responsabilità dei “licenziamenti” (di fatto si tratta soprattutto del mancato rinnovo di contratti a
termine per 80 interinali visto che, secondi il Bilancio del
2019, su un organico di 232 lavoratori a Domusnovas solo 97 sono
dipendenti e ben 135 sono «lavoratori somministrati dalle
agenzie di lavoro interinale») al governo e le colpe ai “pacifisti”. Non mi
riferisco solo ai ben noti “analisti della difesa” che pur di arruffianarsi le
compiacenze del comparto militare-industriale nazionale si inventano “concorrenti stranieri”
quando – come ho spiegato – i veri concorrenti di RWM Italia ci ha
già pensato la Rheinmetall a crearli nei Paesi arabi. Nemmeno alla dirigenza italiana dell'azienda che,
ovviamente, bada solo agli interessi della multinazionale tedesca che la
stipendia. E nemmeno mi riferisco solo ai sindacati aziendali che
sono disposti a sottoscrivere qualsiasi
comunicato emesso dalla direzione dell’azienda pur di portare a
casa la pagnotta..
Mi riferisco soprattutto a quei politici che hanno presentato una mozione che
chiede al governo di “esplorare la possibilità di acquistare dalla RWM
Italia le munizioni e gli altri materiali d’armamento oggetto di
contratti congelati o non più in essere, per destinarli alle Forze Armate
italiane in quanto compatibili”. Che le Forze Armate ne abbiamo bisogno o no,
poco importa: l’importante è piazzare un po’ di aiuti di Stato, più o
meno mascherati. Un’idea certamente geniale per aiutare la
controllata italiana di una multinazionale tedesca degli armamenti. Che
ha entrate per oltre 6,2 miliardi di
euro di cui 3,5 nel settore difesa. E che dimostra di saper
badare ai propri affari. Di quel che succede nel mondo con i suoi prodotti – e
nei territori in cui opera – poco gliene importa.
L’importante per la Rheinmetall AG è che le bombe non scoppino in Germania.
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