Della serie: vergogne italiane nel mondo.
Vergogne pesanti, a volte indicibili, che investono un Governo di cui fanno
parte forze politiche si dicono progressiste e di sinistra. Ma cosa c’è di
“progressista” e di “sinistra” nelle continue genuflessioni nei riguardi di
autocrati che fanno quotidiano scempio dei più elementari diritti umani e delle
libertà fondamentali? Due nomi non a caso: Abdel Fattah al-Sisi e Recep Tayyp
Erdogan. Col presidente-carceriere egiziano, poi, siamo alla prostrazione più
totale, come dimostrano ampiamente le vicende Regeni e Zaki. Ma è una
“prostrazione” interessata, sollecitata, se non imposta, dall’onnipotente
apparato militare-industriale, che sembra dettare le linee di politica estera
dell’Italia, ancor più di Eni.
Vergogne italiane
L’ultimo episodio, in ordine di tempo, è
avvenuto qualche giorno fa, occultato dai media nazionali. Audito dalla
Commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte di Giulio Regeni, il ministro
della Difesa (Pd) Lorenzo Guerini ha detto che: in seguito all’omicidio di
Giulio Regeni, la Difesa, in completa sintonia e raccordo con le altre
amministrazioni dello Stato, in primis con la Farnesina, ha prontamente
diradato il complesso delle relazioni bilaterali con l’omologo comparto
egiziano…
Alla faccia del “prontamente” e del
“diradato”! Abbiamo, anzi hanno, così “prontamente diradato”, da finanziare la
principale fiera di armamenti egiziana.
“Se è vero quanto ha affermato il ministro
Guerini in audizione – commenta Giorgio Beretta, dell’Osservatorio Opal. e
della Rete Italiana per il Disarmo – e cioè che “in seguito all’omicidio di
Giulio Regeni, la Difesa, in completa sintonia e raccordo con le altre
amministrazioni dello Stato, in primis con la Farnesina, ha prontamente
diradato il complesso delle relazioni bilaterali con l’omologo comparto
egiziano”, allora chi ha dato il via libera a Fincantieri a diventare il primo
sponsor della fiera militare egiziana Edex 2020? O dobbiamo pensare che sia
stata una decisione che Fincantieri ha assunto ad insaputa del ministro? Qui
non si tratta di semplice interlocuzione o di rapporti commerciali con
l’Egitto: la sponsorizzazione da parte di un’azienda a controllo statale come
Fincantieri del salone militare Edex è un diretto sostegno alla politica
militare del regime di Al Sisi nel Mediterraneo ed in Libia. E’ bene
che gli italiani lo sappiano”.
Come si nota entrando sul sito
di Edex 2020, Fincantieri è l’unico headline sponsor dell’appuntamento che si terrà al Cairo dal 7 al 10 dicembre
2020. Da specificare che, pur producendo anche mezzi militari, l’azienda è
comunque detenuta per oltre il 70% dal ministero delle Finanze attraverso Cassa Depositi e Prestiti.
Quanto a Luigi Di Maio, lui non è
pregiudizialmente contrario alla vendita. Lui, confidano fonti della Farnesina,
è dell’opinione che buoni rapporti con il regime del Cairo aiuterebbero le
indagini, e non il contrario. Né sottovaluta gli aspetti geopolitici: nell’area
sono in corso grandi manovre, e per questo ha sottolineato come l’Egitto “resti
uno degli interlocutori fondamentali nel quadrante mediterraneo nell’ambito di
importanti dossier come il conflitto in Libia, la lotta al terrorismo e ai
traffici illeciti, nonché la gestione dei flussi migratori e la cooperazione in
campo energetico”.
La vendita di armamenti è un grosso business,
insomma, ma non solo. Le due fregate valgono 1,2 miliardi di euro.
All’orizzonte ci sono opzioni per altre quattro fregate, venti pattugliatori,
24 caccia Eurofighter e altrettanti addestratori M-346. Una partita da oltre 10
miliardi di euro. E poi c’è il gas, trovato dall’Eni nel mare egiziano.
Pd spaccato
Lo sblocco delle commesse militari, però,
riapre vecchie ferite dolenti. È partita sui social la campagna StopArmiEgitto,
su iniziativa di Rete italiana per il disarmo, Amnesty International e Rete
della pace. E non ci sono soltanto i mal di pancia grillini o la sofferenza di
Roberto Speranza. Si è spaccato anche il Pd.
La deputata dem Barbara Pollastrini esprime
“profonda amarezza” e considera la cessione delle due imbarcazioni come “una
ferita”: “Patrick Zaki – ricorda – è ancora detenuto nelle carceri e così tanti
oppositori al dittatore. Da quattro anni al Sisi boicotta le indagini
sull’omicidio di Giulio Regeni. Promesse e impegni delle istituzioni sembrano
scritte sulla sabbia. Non possiamo tacere”. Lia Quartapelle, capogruppo
del Pd in commissione Esteri alla Camera da sempre avversaria
all’operazione, ha avvisato: “La vendita delle due fregate porta con sè grossi
rischi. Non solo gli sforzi internazionali dovrebbero andare verso la
de-escalation militare nella regione, ma l’Egitto non è un nostro alleato: nel
Mediterraneo abbiamo interessi diversi, con gli egiziani che fanno parte di
un’asse regionale reazionaria e che in Libia sostengono il governo di Haftar,
mentre l’Italia quello internazionalmente riconosciuto di Sarraj”. A questo
quadro, afferma ancora, “si aggiunge la mancanza di collaborazione da parte
egiziana sia sulla vicenda di Giulio Regeni che quella di Patrick Zaki, a
testimonianza di una scarsa attenzione verso le richieste italiane. E’ quindi
sia una questione di interesse nazionale che di prestigio della nostra nazione:
per farci rispettare ed avere giustizia, avremmo dovuto dire di no”. “Voglio esprimere la mia profonda contrarietà alla vendita di armi
da guerra all’Egitto, un Paese retto da un governo che ostacola la ricerca
della verità sull’omicidio Regeni e che da quattro mesi trattiene in
prigione Patrick Zaki“, le fa eco Laura Boldrini, già
presidente della Camera e oggi deputata del Partito democratico. E sulla stessa lunghezza d’onda sono Gianni Cuperlo e Matteo
Orfini. Di contro il capogruppo in commissione Difesa al
Senato, Vito Vattuone, ha detto che non “può venir meno la cooperazione con un
Paese importante in un’area strategica tra nord Africa e Vicino Oriente”.
Diversa l’opinione di Alberto Pagani, deputato
del Pd e membro della Commissione Difesa, e di Carmelo Miceli, deputato Pd e
responsabile della Sicurezza nella segreteria nazionale: “La decisione del
governo italiano di autorizzare (come prevede la normativa vigente) la cessione
all’Egitto delle due fregate Fremm richieste, che erano destinate alla Marina
Militare Italiana, è ragionevole e politicamente opportuna – scrivono in un
intervento – Legare le decisioni su un tema di questa portata solamente alla giusta
insoddisfazione per l’inconcludenza delle indagini sul caso Regeni sarebbe
l’espressione di una visione politica angusta, che non offrirebbe certo più
opportunità alla ricerca della verità e della giustizia a cui tutti miriamo”. Nella
compagine governativa dem, decisamente a favore della vendita, a quanto consta
a Globalist, si sono
mostrati il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, e il titolare della
Difesa, Lorenzo Guerini.
Promemoria per gli “smemorati”
di governo
Nell’Egitto di al-Sisi i “desaparecidos” si contano
ormai a decine di migliaia. E più della metà dei detenuti nelle carceri lo sono
per motivi politici. Per contenerli, il governo ha dovuto costruire 19 nuove
strutture carcerarie. Un conteggio ufficiale non è stato fatto, ma attivisti
per i diritti umani egiziani, con la garanzia dell’anonimato per non fare una
brutta fine, hanno detto a Globalist che
un conteggio in difetto, porta a non meno di 43.000 desaparecidos. Per
comprendere l’enormità di questo crimine, va ricordato che, tra il 1976 e il 1983, in
Argentina, sotto il regime della Giunta militare, sono scomparsi fino a 30.000
dissidenti o sospettati tali – 9.000 accertati secondo i rapporti ufficiali
della Comisión Nacional sobre la
Desaparición de Personas (Conadep) – su 40.000 vittime totali.
Uno Stato di polizia tra i più brutali al
mondo e che non risparmia neanche i più indifesi tra gli indifesi: i bambini.
“Ci sono bambini che descrivono di essere
stati vittime di ‘”waterboarding” e di scariche elettriche sulla lingua e sui
genitali, senza alcuna conseguenza giuridica per le forze di sicurezza
egiziane,” spiega Bill Van Esveld, responsabile del
settore diritti dei bambini di Human Rights Watch (Hrw) In un
recente rapporto di 43 pagine, Hrw sostiene di aver documentato abusi
contro 20 ragazzi di età compresa tra 12 e 17 anni al momento
dell’arresto. Quindici di loro hanno dichiarato di essere stati torturati
in detenzione preventiva, di solito durante un interrogatorio tenuto mentre
erano in isolamento. Sette bambini hanno riferito che gli agenti di sicurezza
li hanno torturati con l’elettricità, incluso il “taser”.
Tra le storie riportate nella denuncia quella
di un ragazzo che ha raccontato di essere stato arrestato all’età di 16 anni e
che temeva di non poter “sposarsi o essere in grado di avere figli” a
causa di ciò che gli avevano fatto gli agenti di sicurezza durante la
detenzione. Le accuse di Hrw sono confermate da Belady,
un’organizzazione non governativa che aiuta i bambini di strada che ha raccolto testimonianze
verificate dei ragazzi, delle loro famiglie e degli avvocati difensori,
e documenti giudiziari, ricorsi alle autorità, cartelle cliniche e video.
“I racconti strazianti di questi bambini e delle loro famiglie rivelano come il
meccanismo di repressione egiziano abbia sottoposto i bambini a gravi
abusi,” spiega Aya Hijazi, condirettrice di Belady. Hijazi, che ha la
doppia cittadinanza egiziana e americana è
stata arrestata per l’attivismo di Belady, che in arabo significa “la
nostra nazione”. È stata arrestata insieme a suo marito e ad altri sei nel
maggio 2014 con l’accusa di abuso di minori per poi essere assolta e rilasciata
ma dopo aver trascorso in carcere quasi tre anni.
Il generale-presidente esercita un potere che
si ramifica in tutta la società attraverso l’esercito, la polizia, le bande
paramilitari e i servizi segreti, i famigerati Mukhabarat, quasi sempre più di
uno. Al-Sisi si pone all’apice di un triangolo, quello dello Stato-ombra:
esercito, Ministero degli Interni (e l’Nsa, la National Security Agency.) e Gis
(General Intelligence Service, i servizi segreti esterni). Se lo standard di
sicurezza si misurasse sul numero degli oppositori incarcerati, l’Egitto di al-Sisi I° sarebbe tra i Paesi
più sicuri al mondo: recenti rapporti delle più autorevoli organizzazioni
internazionali per i diritti umani, da Human Rights Watch ad Amnesty
International, calcolano in oltre 60mila i detenuti politici (un numero pari all’intera popolazione carceraria italiana): membri dei fuorilegge Fratelli musulmani, ma anche blogger,
attivisti per i diritti umani, avvocati…Tutti accusati di attentare alla
sicurezza dello Stato.
E a questo Stato di polizia che l’Italia vende
armi. E sponsorizza la loro fiera. Se c’è del “rosso” nel Conte II, è un rosso
vergogna.
(*) Fonte: Globalist
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