I tre mesi
che ci separano dalle elezioni negli Stati Uniti saranno critici per la vita
sulla terra. Lo sostengono varie analisi e, in modo assai particolare,
l’opinione dei dirigenti cinesi, che sono i più interessati a neutralizzare
l’offensiva portata avanti dalla Casa Bianca e dal Pentagono.
Domenica 26 luglio, Hu Xijin, il caporedattore del Global Times,
il giornale non ufficiale del Partito Comunista Cinese (PCC), ha pubblicato un
appello alla nazione affinché costruisca più missili nucleari, dal momento che
si trova ad affrontare sfide di sicurezza senza precedenti da parte degli Stati
Uniti. Nel suo
articolo, Hu Xijin ha scritto: “Sbrigatevi a costruire altri missili nucleari
per scoraggiare i pazzi statunitensi” (cfr. “China needs to expand nuclear arsenal as
US presses closer: GT chief editor”, in Global Times,
26/07/2020).
Mesi fa,
sullo stesso giornale, c’è stato un altro appello nella medesima
direzione: incrementare l’arsenale
nucleare per dissuadere il Pentagono. Secondo il Global
Times, la Cina non aveva intenzione di accrescere il suo arsenale atomico,
ma la congiuntura attuale fa
prevedere che ci saranno scontri nel Mar Cinese Meridionale, divenuto
l’epicentro del conflitto tra le due potenze.
La strategia
elettorale di Donald Trump viene delineata in una lunga intervista a Steve Bannon,
pubblicata da Asia Times il 12 giugno. Ex capo della campagna
elettorale di Trump nel 2016, attivo banchiere della Goldman Sachs e
consigliere della Casa Bianca durante la presidenza del magnate, Bannon afferma che se concentrasse la sua
campagna elettorale sulla Cina, Trump potrebbe vincere le elezioni di novembre.
Le sue opinioni sono terribili, e alcune appaiono deliranti, come quando
accusa la Cina della morte di George Floyd, perché l’afro-statunitense aveva il
Covid-19, che è venuto dal Partito Comunista Cinese, era consumatore di fentanyl,
un oppioide che verrebbe dalla stessa nazione, e non aveva mai avuto un posto
di lavoro in fabbrica perché l’industria se ne andava nel paese asiatico (“Bannon tells Asia Times: US
election is all about China”, in Asia Times,
12/06/2020).
Tuttavia è
necessario leggere l’intervista, perché mette a nudo la politica degli Stati
Uniti e il pensiero delle loro élites. Bannon afferma che il governo cinese è un gruppo di mafiosi e
che il Partito Comunista è un gruppo di gangster. E quel che è
peggio, dice che il Partito
Comunista Cinese è l’opera incompiuta del XX secolo e che è venuto il momento
di liquidarlo.
I punti di attacco sono due: affossare Hong Kong perché bisogna impedire l’accesso della Cina alla tecnologia e al
capitale dell’Occidente, e costruire un’alleanza regionale con Giappone,
Australia, India e Vietnam, intorno al Mar Cinese Meridionale e allo
stretto di Malacca. Entrambe le strategie sono in corso, ma secondo Bannon
dovrebbero essere intensificate fino al rovesciamento del Partito Comunista.
Il 4 giugno, Steve Bannon ha presentato quello che chiama il Nuovo Stato Federale Cinese, che ha anche una bandiera, proclamato nell’anniversario della repressione del 1989 in piazza Tienanmen e costituito da un gruppo di milionari fuggiti dalla Cina. Al di là del fatto che questo obiettivo sia irrealizzabile, bisogna notare la volontà di abbattere il regime cinese con la forza.
La risposta di Pechino all’aggressione statunitense si può leggere
sul Global Times dello stesso 26 luglio, in un articolo che sottolinea
l’estrema pericolosità delle relazioni bilaterali nei prossimi tre mesi (“China-US ties in ‘extreme danger’ in next 3 months”). L’autore dell’articolo prevede che in questo
lasso di tempo l’amministrazione Trump lancerà probabilmente ulteriori attacchi
alla Cina per obbligarla ad effettuare rappresaglie.
Il giornale,
che rispecchia l’opinione del governo cinese, insiste nell’affermare che il
desiderio di Trump di conseguire un secondo mandato può aggravare le cose nel
breve periodo. Ma sostiene che la
posizione anti-cinese riflette il consenso bipartisan delle élites statunitensi,
per cui la Cina non dovrebbe aspettarsi un cambiamento significativo nella
politica di Washington anche se ci fosse un passaggio di potere a novembre, il
che significa che la Cina dovrebbe prepararsi a una lunga lotta.
Questo è il punto centrale. A partire dalla presidenza di Obama, la
politica estera degli Stati Uniti si è spostata dalla precedente focalizzazione
sul Medio Oriente per andare verso il Pacifico e la Cina. In base alle opinioni di esperti
cinesi, il Global Times conclude che Pechino non deve
lasciarsi coinvolgere nelle provocazioni, come la chiusura del consolato a
Houston.
Per la Cina,
la chiave per evitare il conflitto e vincere la competizione imposta dagli
Stati Uniti consiste nel concentrarsi sul proprio sviluppo ed essere preparata
al peggio, dice il giornale. La lucidità del gruppo dirigente gli permette di
concludere con un’affermazione tipica della sua cultura millenaria: “Gli Stati Uniti non hanno paura di una guerra
fredda con noi, hanno paura del nostro sviluppo”.
I cinesi
sanno bene che il peggio può accadere. Una guerra navale che può poi sfociare
in una guerra nucleare. Vogliono essere pronti ad affrontare questa
eventualità, ma vogliono concentrarsi sul proprio sviluppo.
Per quel che
riguarda noi, los de abajo, quelli che stanno in
basso, dobbiamo renderci conto che
le cose peggioreranno. Che la tormenta/pandemia che ci colpisce è soltanto la
prima di una serie di calamità che non potremo evitare. Le arche che sono in costante
costruzione (1) possono aiutarci ad affrontare questo periodo,
un periodo che mette alla prova le nostre capacità di resistenza.
*****
(1) Zibechi riprende spesso la metafora
delle arche, già utilizzata dall’EZLN, per sopravvivere collettivamente alla
tormenta e poi al diluvio autodistruttivo del capitalismo di questo inizio del
secondo millennio. Per comprendere meglio, potete seguire il link che c’è poche
righe sopra e che rimanda a un suo articolo del 2017 intitolato “L’arca di Noé
oggi si chiama autonomia”.
(2)
Fonte: “Próximos tres meses de gran peligro para el mundo”, in La
Jornada, 31/07/2020.
Traduzione a
cura di Camminardomandando.
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