domenica 9 agosto 2020

Momin Khawaja, il detenuto canadese dimenticato dell’11 settembre - Habib Siddiqui

 

Sono quasi 19 anni dacché gli USA, con gli alleati occidentali (specialmente Regno Unito, Canada e Australia), vararono la cosiddetta Guerra globale al terrore (GWOT) invadendo dapprima l’Afghanistan, poco dopo l’11 settembre [2001] per via del rifugio offerto dal governo talebano ad Al-Qa’ida e al suo capo Osama bin Laden, e poi l’Iraq (nel 2003) sotto il falso pretesto di distruggerne le armi di distruzione di massa, che non vi esistevano. In un’orgia d’insondabile fanatismo e di grevi bombardamenti, mai vista prima, ambo i regimi furono rovesciati e regimi amici instaurati dagli invasori.

L’invasione afghana fu chiamata in codice dagli USA Operation Enduring [durevole] Freedom (2001–14). L’invasione irakena, “Operation Iraqi Freedom”. Entrambi nomi piuttosto strani per operazioni i cui obiettivi erano nulla più che cambiamenti di regime e massacro e distruzione gratuite. Le vite di milioni di bombardati, assassinati, mutilati e rovinati per sempre semplicemente non importavano ai signori della guerra neocrociati – la cricca Bush-Blair.

Ogni musulmano residente in Occidente divenne un sospetto, per default. Molti furono linciati. A migliaia furono incarcerati e torturati per mero sospetto di essere part di una cellula dormiente, e molti furono condannati a lunghe detenzioni, violando tutti i radicati principi o nozioni di giustizia di questo cosiddetto mondo secolare.

Il ruolo del vicino a nord degli USA fu altrettanto fastidioso. Il giorno dopo gli attacchi dell’11 settembre, il Primo Ministro canadese Jean Chrétien telefonò al presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, per assicurare del “completo sostegno del Canada” per gli americani. L’esatta natura di tale impegno divenne chiara nell’ottobre 2001: il Canada avrebbe partecipato a una campagna multinazionale a guida USA d’invasione dell’Afghanistan, di cattura di membri di al-Qa’ida, di smantellamento dei loro campi d’addestramento e di rovesciamento del governo taliban. In una di tali operazioni, durante un combattimento contro membri di al-Qa’ida, le truppe USA ferirono e catturarono il 15enne Omar Khadr, nato in Canada; unico minorenne fin dall 2^ Guerra mondiale a essere imputato di supposti crimini di guerra. È stato incarcerato a Guantanamo Bay e in Canada per quasi 13 anni. Nel luglio 2017 ha ricevuto 10.5 milioni di $ in compensazione dal governo per il ruolo del Canada nella violazione dei suoi diritti costituzionali (si veda Caso Omar Khadr).

Maher Arar, ingegnere di telecomunicazioni con doppia cittadinanza, siriana e canadese, fu detenuto nel settembre 2002 senza accuse e in isolamento negli USA per quasi due settimane prima di essere deportato in Siria dove fu torturato, secondo accertamenti di una commissione d’ inchiesta ordinata dal governo canadese, fino al suo rilascio al Canada. Il primo ministro Stephen Harper si scusò formalmente con Arar per il ruolo del Canada nella sua “terribile prova”.

In patria, il governo canadese era altrettanto devote alla detenzione di chiunque fosse sospettato di legami con o ben disposto verso i taliban o al-Qa’ida. Consideriamo il caso di Mohammad Momin Khawaja, uno specialista di software da computer che fu arrestato per sospetto di coinvolgimento nel caso terroristico britannico. Ne fu prosciolto dal giudice canadese Rutherford; ma successivamente il governo stilò altre cinque imputazioni penali per processare Khawaja in un tribunale canadese. Fu accusato di aver inviato 859 dollari al Fondo Donne e Bambini Afghani Sfollati per medicine, alimenti e vestiario; di aver fatto un dispositivo di disturbo per cellulari, mandando e-mail alla fidanzata, partecipando al campo di una giornata in una remota area tribale afghano-pakistana (FATA), e di essere andato a Londra per incontrare alcuni giovani britannici successivamente condannati per terrorismo. Il giudice processuale lo condannò a 10 anni e mezzo, ma la corte suprema (d’appello) del Canada gli aumentò la pena a ergastolo più 24 anni (da scontare simultaneamente) con un’esclusione da pene attenuate / libertà condizionata per 10 anni anziché i 5 [originari]. Vale anche la pena notare che Momin avava già trascorso 5 anni in detenzione prima del processo, che però non gli vennero accreditati, di nuovo in violazione della prassi stabilita.

Non ci si può che dubitare della saggezza di una tale dura sentenza verso un giovane che non ha commesso alcun reato contro il Canada. Non fu mai implicato in alcuna attività violenta né costituì alcuna minaccia contro chicchessia in tutta la vita, Benché la pena di morte sia legalmente abolita in Canada, come può essere meglio una tal sentenza a vita? Ha già fatto 16 anni in prigione senza alcun riscatto.

Come abbiamo notato con prove documentate di abusi e torture nel carcere di Gitmo, purtroppo le prigioni canadesi non sono anch’esse sicure. Nel gennaio 2012, da prigioniero in un carcere federale d’alta in Canada, Momin Khawaja fu attaccato da un altro carcerato con acqua bollente risultandone ustionato in ampie parti del corpo. Come se tali crimini contro detenuti musulmani fossero kosher, non fu mai condotta alcuna indagine. Anzi, fu tenuto in isolamento per tre anni, in violazione del diritto internazionale e addirittura delle pratiche umanitarie canadesi.

Quando si commettono crimini, ci si aspetta che gli autori restino dietro le sbarre per reati effettivamente commessi, e che le sentenze siano eque e congrue e non squilibrate. La nozione di innocenza finchè risultanti colpevoli è il fondamento della giustizia in una società civile.

Quando si appioppa una condanna pluridecennale o a vita a un criminale non-bianco per aver spacciato qualche grammo di cocaine mentre un funzionario rampollo di Wall Street si becca una condanna ben più lieve per appropriazione indebita di miliardi di dollari in risparmi di una vita, non riesco a ravvisare giustizia in tali sentenze. Non scorgiamo un problema analogo nei giudici canadesi che hanno condannato a vita Momin Khawaja?

Momin Khawaja


Quando il giudice della Corte Suprema del Canada Louis LeBel chiese alla Procura (12 giugno 2012, Giudici dell’udienza d’appello): «Perché Mohammad Momin Khawaja dovrebbe essere condannato a un ergastolo più 24 anni quando non è stato accusto del crimine né lo ha commesso?» – la procura asserì che il “terrorismo” era un problema internazionale ed essi volevano mandare un messaggio ad altri trasgressori.

È così che il governo canadese vuole mandare ‘messaggi’ a potenziali trasgressori? Che tipo di giustizia è quella? Viviamo nel 19° secolo o nel 21°? E come potrebbe pretendere il Canada di essere una nazione civile quando un verdetto così stravagante assomiglia proprio ai tribunali-canguro [che deliberatamente ignorano un procedimento equo saltando fra elementi procedurali riconosciuti – in uso nei futuri Stati Uniti almeno dal 1841; Wikipedia – ndt] dell’Egitto di al Sisi? Semplicemente shoccante!

Ho avuto l’opportunità di studiare in Canada prima di trasferirmi negli USA per i miei studi universitari. Ho sempre avuto una favorevolissima opinione su quel che era una volta il Canada di Pierre Trudeau. Sono shockato di venir a sapere del tormento di Momin Khawaja in Canada.

È importante che il governo canadese e alti giudici ripensino e s’impegnino a correggere la loro decisione sbilenca. La vita è preziosa e nessuno dovrebbe essere tenuto ostaggio di una decisione storta che toglie la fiducia della gente nel sistema giudiziario. Incombe al primo ministro canadese assicurare che i diritti umani siano protetti e sia somministrata a tutti un’uguale giustizia mediante un’azione appropriate; e che Momin Khawaja sia nell’elenco delle priorità per la liberazione da quell che pare una caricatura della giustizia legale che disonora il Canada agli occhi di molti. Spero seriamente che Justin Trudeau e il suo governo abbiano la fortezza morale e la decenza di liberare Khawaja.  Vedo davvero un aborto di giustizia nell’incarcerazione a vita di Momin Khawaja, che dev’essere rescisso liberandolo. Il mondo civile sa fin troppo bene che l’ingiustizia è sbagliata in qualunque tempo e ovunque; l’ingiustizia non può essere nobilitata col ‘mandare messaggi’ per futuri ‘trasgressori’.

Il presidente George W. Bush voleva ‘mandare un messaggio’ ai ‘trasgressori’ in Afghanistan e Iraq per aver recato agli USA il disastro dell’11 settembre. La sua reazione fu asimmetrica, uccidendo centinaia di migliaia di musulmani innocenti che un tempo vivevano dall’altro lato del mondo senza sapere per quale crimine fossero fatti bersaglio di sterminio. Bush Jr. è un assassino di massa. Come la storia degli ultimi due decenni ha ripetutamente mostrato, aveva torto marcio; non ha reso più sicuro il nostro mondo. Le sue azioni hanno auto-estremizzato molti giovani musulmani e res oil nostro mondo più convulso e insicuro.  Al-Qa’ida è stata decimata; con milioni di irakeni morti o sfollati la guerra USA lì è finita e quella in Afghanistan – la più lunga d’America – lo sarà presto anch’essa, o questo è quanto si spera da parte dell’amministrazione Trump. Ma con tanti detenuti torturati e abusati, lo scandalo di of Gitmo resiste nel far vergognare tutti gli americani! E lo stesso vale per i canadesi con gli atti riprovevoli del loro governo e il suo verdetto asimmetrico contro i detenuti come Momin Khawaja.

Per troppo tempo abbiamo dimenticato i detenuti di Gitmo e le celle carcerarie speciali in Canada pur essendo un disonore in termini di diritti umani unico nella storia recente USA e canadese. È ben tempo che quei centri detentivi vengano chiusi per lenire il nostro silenzio e la nostra colpa collettiva per aver omesso di fermare le torture degli innocenti. Quei detenuti a torto col pretesto della Guerra globale al terrorismo hanno sofferto abbastanza e devono essere liberati. Lo esige la nostra coscienza. Ed è la cosa giusta da fare. Rilasciando detenuti come Momin Khawaja il primo ministro Justin Trudeau si porrà sul versante giusto della storia. Quanto prima tanto meglio!

da qui

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