Venerdì 24 luglio si viene svegliati da
un messaggio: «stanno sgomberando il presidio dei Mulini in Clarea, i ragazzi
sono saliti sui tetti delle baite e sugli alberi, le ruspe avanzano con
poliziotti antisommossa». Parte il tam tam, una telefonata a un amico: «c’è
anche tuo figlio? sei preoccupato?». «Ma no, adesso salgo a vedere, faranno un
po’ di esperienza».
La spiegazione è tutta lì. C’è il
passaggio generazionale. Sono venuti su quasi all’improvviso, come funghi.
Adesso i giovani sono davvero tantissimi e sempre presenti. Fino a qualche anno
fa nelle manifestazioni erano presenti ma in sordina; da qualche tempo si sono
presi lo spazio, si presentano in blocco, sono una potenza che si esprime negli
occhi e nella determinazione.
Il presidio dei Mulini inaugurato il 20
giugno in occasione dell’allargamento del cantiere di Chiomonte è diventato in
poco tempo un luogo vivo. Molti ragazzi e tende da campeggio colorate. Il bosco
a proteggere quella radura: l’estate, il caldo, i giovani e meno giovani e la
bellezza della Val Clarea, costituiscono un mix perfetto per sentirsi immortali.
Se lo scenario nel quale i valsusini si muovono nel praticare l’opposizione non
fosse stato da sempre di una bellezza così totale, con un senso collettivo e di
comunità forte, forse non saremmo arrivati a trent’anni di lotta.
L’ennesima conferma di essere dalla
parte della ragione si trova nella ridicola avanzata delle ruspe per rimuovere
barricate di tronchi. I ragazzi sui tetti di losa, abbarbicati con provvigioni,
antiche baite che ne hanno viste di ogni sorta e adesso anche questa. Un film:
contrapporsi con poliziotti in tenuta antisommossa per tenere la posizione ha
del surreale.
Un filmato registra, nel cambio turno,
dieci auto della Digos, nove camionette e sei jeep della polizia, cinque
camionette dei carabinieri, un’auto e quattro jeep dei carabinieri, due
camionette della guardia di finanza, due bus dell’esercito. Una prova di forza
incredibile per l’opera più inutile e militarizzata al mondo. Digos, Polizia e
cacciatori di Sardegna. Inutile chiedere i costi.
Poi ci sono quelli fatti “prigionieri”.
Lo Stato non perdona, una pericolosa settantatreenne insegnate di greco latino
e un altrettanto pericoloso pescivendolo in pensione di 65 anni. Ma non mancano
altre restrizioni. L’ultima arrivata ad Ermelinda un “avviso orale” dalla
Questura di Torino su segnalazione della Digos, un avviso a tenere una condotta
conforme alla legge. Il che significa non urlare con quanto fiato si ha in gola
(almeno quello) il proprio disappunto (chiamiamolo così per stare sul forbito),
di fronte ai cancelli che delimitano lo spazio al cantiere. Ermelinda è solita
farsi sentire e l’elenco di altri contrasti, un oltraggio, un foglio di via dal
Comune di Giaglione e altro ancora la rende persona “socialmente pericolosa”.
Certo Erme non se ne perde una. È determinata come militante e come donna, non
si risparmia e mette l’accento sulla questione di genere rivendicato anche con
il gruppo fumne No TAV (donne No TAV). Nel 2006 un articolo la
descrive così: «quando la stanchezza ha il sopravvento: quando il troppo caldo
arrossa i visi, la mancanza di sonno stropiccia i lineamenti, il freddo congela
le guance, lei rimane impassibile, nella bellezza vera, mediterranea. Niente di
quello che succede attorno può ledere quella sua dignità calabrese, portata con
grande orgoglio».
L’accanimento sulle persone che
continuano a tenere viva l’opposizione alla grande opera è davvero pesante e
sproporzionato. Il TAV è un dogma. Guai a scalfirlo, si va avanti e basta,
costi quel che costa (e proprio il caso di dirlo), passando su tutto: sanità in
ginocchio, casse vuote dello Stato, Covid e pandemia.
«Gridatelo dai tetti» è una frase
consegnata alla storia da Bartolomeo Vanzetti sulla sua innocenza. Forse deve
passare ancora molto tempo prima che si faccia luce su questa storia di oggi
con tutto il peso di quanto di inverosimile e di grottesco accade in questa
valle alpina per niente pacificata. Ma arriverà.
Nessun commento:
Posta un commento