lunedì 18 novembre 2019

ANCORA DEBITO PUBBLICO PER LE BANCHE? Marco Bersani




Quanto serve all’istruzione per tornare in questo paese ad essere degna? Tre miliardi, introvabili secondo il nostro governo.
Quanto costa la riconversione produttiva dell’ex Ilva di Taranto? Tre miliardi, naturalmente introvabili.
Eppure, quando si tratta di sostenere le banche, gli introvabili soldi spuntano con grande facilità.
Eccone solo l’ultimo esempio.

Nel febbraio 2016 il Governo ha istituito la GACS (Garanzia sulla Cartolarizzazione delle Sofferenze), una garanzia di natura statale finalizzata ad agevolare lo smobilizzo dei crediti in sofferenza dai bilanci delle banche.
In pratica, le banche prendono tutti i loro crediti deteriorati, li impacchettano, li dividono in diverse tranche (senior, mezzanine e junior) e li vendono ad un veicolo societario (“servicer”) creato da uno o più istituti di credito.
Poiché il prezzo di vendita dei crediti deteriorati sarebbe bassissimo, ecco allora intervenire la garanzia dello Stato (GACS), che le banche hanno tutto l’interesse ad acquistare.
Già il fatto che tra creditore (le banche) e debitore (le famiglie e le piccole imprese) lo Stato si adoperi a favore del primo e non dei secondi (evidentemente in difficoltà) fa molto riflettere.

In ogni caso, sono 12 le banche che hanno usufruito di questa garanzia statale: Monte dei Paschi di Siena (2,91 miliardi), Banco Bpm (1,65 miliardi), Creval ( 973,52 milioni), Unicredit (650 ml), Ubi Banca (628,5 ml), Banco di Desio (288,5 ml), Iccrea (282 ml), Carige (267,4 ml), Banco di Sardegna (232 ml), Banca Popolare di Bari (207,4 ml), Banco di Sardegna (232 ml), Cassa di Risparmio di Asti (170,8 ml) e Bnl (136 ml).
“Non genererà oneri per il bilancio dello Stato. Al contrario, si prevede che le commissioni incassate siano superiori ai costi, e che vi sia pertanto un’entrata netta positiva” dichiarò l’allora ministro dell’economia Padoan al momento dell’istituzione della GACS.

Non sembra proprio essere andata così, almeno stando alle elaborazioni prodotte da “La Repubblica” (22 ottobre 2019), secondo le quali buona parte delle cartolarizzazioni bancarie montate tra agosto 2016 e giugno 2018 presenta incassi, da parte degli addetti al recupero, inferiori ai piani. Sette di queste registrano un andamento pesante e riguardano crediti per 34,08 miliardi nominali, venduti via cartolarizzazioni a 6,76 miliardi, con garanzie pubbliche, prestate attraverso il Fondo Gacs del Tesoro, su circa il 70%.

Se i dati sono questi, significa che, per colmare il disavanzo tra quanto messo dagli operatori finanziari e gli effettivi recuperi delle somme, lo Stato dovrà mettere oltre 4,7 miliardi, che andranno ad aggravare il debito pubblico.
D’altronde, si sa “i soldi non ci sono”. Tranne che per qualcuno. I soliti noti.


Nessun commento:

Posta un commento