Che il Capitano del Papeete, tutto ruspe, bacioni e rancore, sia rimasto
dapprima spiazzato e poi intimorito dalla comparsa di branchi di migliaia di
sardine, nel mare in burrasca dentro cui naviga questo Paese, non può che far
piacere.
Perché a chi da anni predica l’individualismo proprietario del
chiudersi in casa e difendersi dall’esterno, le sardine hanno risposto con la
ripresa delle piazze come luoghi dell’incontro collettivo.
Perché a chi da anni semina odio per raccogliere rancore elettorale, le
sardine hanno opposto la forza dell’ironia, che ha reso il re improvvisamente
nudo.
Perché a chi pensa che la società si sostanzi nella perenne competizione
dei forti contri i deboli, le sardine hanno risposto con il mare aperto
come luogo della cooperazione fra tutte e tutti.
C’è tuttavia un passaggio, nel manifesto delle sardine appena pubblicato
sui social, che non può che far riflettere problematicamente.
Ed è quando le sardine provano ad autoriconoscersi cosi:“siamo un popolo
di persone normali, di tutte le età: amiamo le nostre case e le nostre
famiglie, cerchiamo di impegnarci nel nostro lavoro, nel volontariato, nello
sport, nel tempo libero. Mettiamo passione nell’aiutare gli altri, quando e
come possiamo. Amiamo le cose divertenti, la bellezza, la non violenza (verbale
e fisica), la creatività, l’ascolto”.
Parole senz’altro positive, speranzose, in qualche modo anche sagge, ma…..davvero
è questa la normalità della maggioranza delle persone di questo Paese?
Siamo un Paese dove tutti hanno una casa, una famiglia amorevole, un
lavoro, un’istruzione e una sanità adeguate, che consentano un tempo nel quale
impegnarsi nel volontariato e nello sport?
O siamo invece un popolo “spaesato”, con la precarietà come
quotidianità, la solitudine competitiva come orizzonte e un futuro che si fa
fatica ad immaginare?
Di cosa si alimenta il Capitano del Papeete, se non di questa frustrazione
sociale, che cerca di trasformare ogni giorno in strategia autoritaria e
razzista?
Il fatto è che le sardine hanno un grande pregio: quello di nuotare in mare
aperto, al punto che le si può incontrare sia lontano dalle coste, sia in acque
basse e prossime alla riva; ma hanno anche un difetto, quello di
nuotare senza mai avere alcun contatto con il fondale marino.
Quel fondale marino che dovranno ad un certo punto attraversare, se davvero
vogliono dare una risposta, non tanto al Capitano del Papeete, quanto a tutte
le persone che hanno fatto cortocircuito nel rancore, e che, invece di rivendicare
diritti e libertà, reclamano ordine e disciplina.
E’ questa la scommessa che, seppur appena nate, le sardine dovranno quasi
immediatamente giocare. Perché già un primo bivio le aspetta.
L’urgenza e la determinazione con cui si sono affacciate nelle piazze,
raccogliendo una domanda diffusa di nuovo protagonismo sociale, chiede loro di
prepararsi ad una prima mutazione: divenire salmoni, ovvero
pesci capaci di risalire la corrente, nuotando in direzione ostinata e
contraria al pensiero unico del mercato, che accomuna tanto il
Capitano del Papeete, quanto le forze politiche che ora governano.
L’alternativa è finire in scatola, con destinazione il
fuoco fatuo dei social, o come spezia della padella zingarettiana.
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