Verso le 15 del 28 ottobre 2019, a Bayonne, nel sudovest della
Francia, un uomo ha
attaccato la moschea della cittadina e ha sparato a due fedeli
musulmani di 74 e 78 anni, ferendoli, per “vendicare l’incendio di
Notre-Dame”. Claude Sinké, questo il nome dell’uomo, era stato nel
2015 il candidato dell’estrema destra del Front national (Fn) per il
dipartimento delle Landes. Su Facebook alcune foto lo ritraggono insieme alla
presidente dell’Fn, Marine Le Pen, durante la campagna elettorale; in alcuni
commenti esprime la sua grande ammirazione per Éric Zemmour, polemista di
estrema destra che da mesi contribuisce a far circolare la teoria secondo cui
l’incendio della cattedrale di Parigi sia stato pianificato da musulmani.
Il 29 ottobre il senato francese ha approvato una
proposta di legge che vieta alle donne velate di accompagnare i
figli alle gite scolastiche.
L’attacco alla moschea s’inserisce in un mese di polemiche. L’11 ottobre un
consigliere del Rassemblement national (nuovo nome del Front national) al
consiglio regionale di Bourgogne-Franche-Comté, Julien Odoul, aveva aggredito
verbalmente una donna che accompagnava la classe di suo figlio
in visita alla sede della regione. Le immagini del bambino in braccio a sua
madre e in lacrime per l’umiliazione subita sono diventate virali. Zemmour,
nuovo portavoce della teoria della sostituzione etnica ormai cara anche
all’estrema destra italiana, da Matteo Salvini a Giorgia Meloni, ha
dichiarato sul canale CNews:
“Ci sono popoli europei che sono in pericolo di vita con il fenomeno della
grande sostituzione. Viviamo uno scontro di civiltà. E le nostre élite non ci
proteggono”.
Isteria del velo
In meno di una settimana, spiega il quotidiano francese Libération, “sui canali d’informazione televisivi ci sono stati 85 dibattiti sul velo, 286 invitati e nessuna donna con il velo islamico”. Il dibattito sul velo in Francia dura da circa trent’anni, ma le principali interessate non sono quasi mai interpellate. Di nuovo invece ci sono la frequenza e la natura degli attacchi dell’estrema destra.
In meno di una settimana, spiega il quotidiano francese Libération, “sui canali d’informazione televisivi ci sono stati 85 dibattiti sul velo, 286 invitati e nessuna donna con il velo islamico”. Il dibattito sul velo in Francia dura da circa trent’anni, ma le principali interessate non sono quasi mai interpellate. Di nuovo invece ci sono la frequenza e la natura degli attacchi dell’estrema destra.
Cosa si dice in questi 85 dibattiti alla settimana? Sul canale Lci, il
giornalista Olivier Galzi ha affermato che “il velo non è un simbolo religioso
che vogliamo vietare. (…) È un segno politico e vietarlo è come vietare
l’uniforme delle Ss, nient’altro”. Yves Thréard, vicedirettore del quotidiano
Le Figaro, ha dichiarato in
una trasmissione sullo stesso canale: “Odio la religione musulmana. Mi è
successo di scendere da un autobus o da una nave perché c’era una donna
velata”. Jean-Louis Masson, deputato della regione Moselle, ha commentato la
proposta di legge al senato in questi termini: “Ci mancherebbe
solo che queste streghe di Halloween (le donne velate) appaiano nelle gite
scolastiche. Se non sono contente, che tornassero a casa loro”. In diretta su
France 24, la scrittrice Caroline Valentin ha spiegato che
portare il velo è come chiamare il proprio figlio Adolph nel 1946.
Il paragone tra l’islam e il nazismo – da parte dei maggiori esponenti
dell’estrema destra – è diventato ricorrente. Accusare d’intolleranza l’oggetto
stesso del discorso intollerante è una vecchia tecnica del partito di Le Pen,
come spiega da anni la sociologa Nonna Meyer, autrice di Ces français qui votent Le Pen (Questi francesi
che votano Le Pen) e del Dictionnaire de l’extrême
droite (Dizionario dell’estrema destra).
“L’isteria del velo, questa malattia incurabile francese”, come titola il
quotidiano panarabo Al Quds al Arabi, ha quasi trent’anni, o anche
di più se si risale alla storia della colonizzazione francese dell’Algeria,
dove i coloni volevano già “svelare” le donne musulmane. “Dévoilez-vous” (Svelatevi),
insistevano grandi manifesti nelle strade dell’Algeria francese.
“È vero che l’islamofobia ha le sue radici nella stagnazione economica,
nella disoccupazione, nella povertà, nelle conseguenze della globalizzazione:
le comunità considerate ‘aliene’ diventano capri espiatori per distrarre le
persone da altre questioni attuali più angoscianti”, riassume Al Quds.
L’intellettuale Olivier Roy ha ripubblicato sulla pagina Facebook un
suo articolo del 2015, scritto su Le
Monde dopo l’attentato di Al Qaeda contro la redazione e i
vignettisti di Charlie Hebdo, in cui spiegava, spingendosi più avanti, che la
“comunità musulmana” in Francia non esiste, non è organizzata come una lobby
unitaria né come un partito politico, è molto più integrata nella società di
quanto non si dica e che, come tale, non è certamente un pericolo: “L’ho
scritto cinque anni fa e il dibattito non si è spostato di un centimetro”.
Padre Christian Delorme, religioso molto impegnato nel dialogo interreligioso
nel quartiere delle Minguettes a Parigi, parla di “islamofollia”.
L’estrema destra ha capito da vent’anni che la creazione di un nemico
interno permette di prendere voti, una strategia intorno a cui si è formato un
consenso trasversale dopo lo shock degli attentati jihadisti a Parigi nel
novembre del 2015 e quello di Nizza nel 2016 (che hanno provocato più di 200
morti e quasi 700 feriti). Il governo di Emmanuel Macron sta seguendo la stessa
logica in vista delle elezioni del 2022 e di un nuovo possibile testa a testa
con il partito di Marine Le Pen. Questa settimana Macron ha deciso di concedere
un’intervista al giornale di estrema destra Valeurs Actuelles. Criticato per
questo anche dai suoi consiglieri all’Eliseo, il presidente si è
giustificato dicendo di voler “parlare a tutti francesi”. Il sociologo Manuel
Cervera-Marzal ha ironizzato su France Culture: “Valeurs actuelles è il 102°
magazine più venduto in Francia. Se la volontà di Macron era di ‘parlare a
tutti francesi’ sarebbe più efficace accordare un’intervista a Topolino (100°),
Femme Actuelle Senior (73°) o Maison et Travaux (96°)”.
Pensioni, sussidio di disoccupazione, povertà, ospedale, incendio alla
fabbrica Lubrizol, inquinamento, clima, Cile, capitalismo, estrema destra. “Il
velo! Il problema è il velo!”. (Bésot)
Secondo Gérard Courtois, direttore di Le Monde, lasciare spazio
all’islamofollia è anche una nuova strategia del governo: “Questa settimana sta
passando una manovra finanziaria cruciale per il nostro paese e con questa
polemica sul velo non si riesce a parlarne!”, spiega su France
Culture. “Di tutte le riforme lanciate dall’inizio della presidenza
Macron, quest’ultima è sicuramente la più preoccupante, soprattutto per chi è
disoccupato”, scrive Bertrand Bissuel nell’articolo di
Le Monde che analizza la drastica riforma del sussidio di
disoccupazione. Per le 850mila persone toccate dalla riforma, “l’ammontare
dell’indennizzo potrà scendere del 22 per cento, da 905 a 708 euro al mese, e
la diminuzione in alcuni casi potrà anche raggiungere il 50 per cento”.
L’ultimo studio sulle preoccupazioni dei francesi intitolato Fractures françaises,
realizzato dall’istituto Montaigne con la fondazione Jaurès, ha annunciato a
settembre che per la prima volta per i francesi le questioni ambientali
arrivano prima delle preoccupazioni sociali: il 52 per cento è preoccupato per
la difesa dell’ambiente, il 48 per cento per il futuro dello stato sociale e il
43 per cento per le difficoltà in termini del loro potere d’acquisto. Nessuna
traccia del velo indossato – o no – dalle musulmane francesi. Il velo dovrebbe
invece arrivare primo nella categoria “preoccupazione mediaticamente inventata”
da oltre trent’anni.
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