È l’ultimo
appiglio di chi è a corto di punti fermi, il colpo sbracciato di chi non ha più
fiato: “Perché non li ospiti a casa tua?”. È lo slancio finale di chi ha
esaurito tutte le argomentazioni farlocche e sa di stare finendo imbrigliato in
quelle sensate dell’interlocutore. Quando finiscono i vari “portano le
malattie” e “stanno benissimo” (frasi in leggera contraddizione tra loro);
quando passano inoffensivi i vari “ci portano via il lavoro” e “non hanno
voglia di fare niente” (in contraddizione anch’esse); quando persino i “ci
stanno invadendo” e i “lasciamoli in mare” non fanno effetto, ecco spuntare la
domanda intesa come risolutiva: “Perché non li ospiti a casa tua?”.
L’avrete
sentita o letta anche voi: a cena dov’era presente un amico “sovranista”; come
commento su Facebook quasi ogni volta che qualcuno osa analizzare la vicenda
dei migranti e delle Ong; come tweet del ministro dell’Interno italiano. Matteo
Salvini, particolarmente affezionato all’idiota domanda, qualche giorno fa l’ha
posta indirettamente nei confronti di Luciana Littizzetto, che aveva lanciato
un appello per i migranti a bordo della Open Arms: “Secondo voi quanti ne
ospiterà a casa sua?”. La domanda ha avuto un risvolto prima comico (la
Littizzetto, ricoperta da migliaia di insulti, è madre adottiva di due ragazzi,
Vanessa e Giordan), poi gravissimo (la comica è stata ricoperta di insulti e
minacce) e ha richiesto, per l’ennesima volta, una risposta.
Non li
ospito a casa mia perché pago le tasse. Tasse che servono a pagare persone e
strutture dedicate all’accoglienza dei migranti.
Perché la
gestione dell’immigrazione è una faccenda seria per cui servono le migliori
competenze e le menti più affinate. Non è mica un affare che si risolve negli
scantinati di casa.
Perché come
ricorda un uomo di chiesa come il monsignor Nunzio Galantino,
“per queste persone serve altro e meglio di quello che so fare io, servono
pratiche e organizzazioni che sappiano affrontare le necessità di salute,
prosecuzione del viaggio, integrazione, lavoro, ricerca di soluzioni”.
Non li
ospito a casa mia perché rispetto il patto sociale: io onoro i miei doveri. In
cambio, pretendo che lo Stato si occupi di quel che gli compete: istruzione,
sanità, sicurezza, infrastrutture…
Non li
ospito perché, come ha detto bene Cecilia Strada,
non mi sognerei mai allestire una sala operatoria in cucina quando un mio
parente sta male, di costruire una scuola in ripostiglio per dare un’istruzione
ai miei figli, di comprare un autobotte per spegnere un incendio.
Non li
ospito a casa mia per lo stesso motivo per cui i sovranisti che chiedono più
sicurezza non fanno le notti di pattuglia; per cui quelli che dicono “prima gli
italiani” non danno parte dei loro soldi ai compaesani più indigenti; e quelli
che dicono “prima i terremotati italiani” non ospitano in casa loro i
terremotati italiani.
Perché c’è
uno Stato che forma poliziotti, gestisce galere, combatte povertà e costruisce
centri d’accoglienza. Coi nostri soldi. Eccola, la risposta alla domanda più
idiota del decennio.
da qui
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