Il liberalismo è un grande inganno. Più i suoi teorici parlano di libertà,
meno essa viene garantita alle masse popolari. Più i governanti dei Paesi
"liberali" si riempiono la bocca di grandi parole, meno viene
garantita la libertà di espressione a chi dissente. Più si finge trasparenza,
nei sistemi liberali, più il potere vero è nascosto. Più si declamano le
magnifiche sorti e progressive delle nazioni, più si scopre che si allarga la
forbice tra la ricchezza (in aumento) dei pochi (che diminuiscono), e la
povertà (crescente) dei molti (che diventano sempre più numerosi). Più si
proclama la legge, più il potere liberale opera al di fuori dei limiti della
legge. Il liberalismo si rivela la foglia di fico del capitalismo che del
rispetto delle leggi, anche quelle che i suoi parlamenti corrotti e inetti
approvano, se ne infischia. Più si declama la pace, più si fomentano guerre, si
vendono armi, si pratica colonialismo e imperialismo. E si perseguitano i migranti
additati come il nuovo capro espiatorio, per nascondere le magagne del sistema
liberal-liberistico, e addomesticare i popoli europei.
In nome del profitto, tutto viene sacrificato: onestà, libertà, dignità dei
popoli, che peraltro vengono imboniti ben bene da manipolatori professionali,
ormai sistemati in agenzie di comunicazione che di fatto decidono i risultati
elettorali attraverso procedure di "profilazione" degli utenti, ossia
degli elettori, inducendoli a portare le loro preferenze su un candidato o un
altro, o addirittura a votare o a non votare.
La democrazia è morente, e le libertà rimarranno sepolte sotto le sue
macerie. Pensiamo al Brasile dove una presidente, Dilma Roussef, è stata
detronizzata in modo illegittimo, un ex presidente che ha fatto tanto per il
suo Paese e il suo popolo, Lula, incarcerato illegalmente (e giace in prigione
da quasi 600 giorni), e un militare, l’orrido Bolsonaro, è andato al potere con
i metodi sudescritti, e ora sta facendo strame della democrazia, mentre minaccia
di sterminio i popoli indigeni, e distrugge la grande riserva dell'Amazzonia.
Pensiamo al Cile, dove un certo Pinera, un miliardario giunto alla
presidenza, sempre con quei sistemi estranei alla dialettica democratica, sta
facendo in pochi giorni quello che Pinochet ha fatto in settimane e mesi, nel
silenzio dell'Occidente. Pensiamo all'Ecuador, pensiamo alla Colombia, pensiamo
all'Argentina (nella speranza che il suo popolo non si lasci ingannare e voti
per il cambiamento). Pensiamo alla patria della democrazia, modello per il
mondo occidentale e non solo, gli Stati Uniti d'America, dove la disuguaglianza
è la sola regola, incentivata da un altro miliardario, uno dei più beceri
personaggi che abbiano seduto alla Casa Bianca, mostra di ignorare le norme più
elementari della grammatica politica, mentre appoggia governi illiberali, tutto
sempre in nome del liberalismo.
E in Europa le cose non vanno tanto meglio. E non limitiamoci a segnalare
il solito Orbán denunciando le sue malefatte in Ungheria: e gli altri Paesi ex
socialisti. Ma vogliamo guardare alla Gran Bretagna, che detiene in prigione,
in regime di restrizione di ogni libertà (anche quello di ricevere posta, di
accedere ai media e così via) colui che se il Premio Nobel fosse una
istituzione seria avrebbe dovuto ricevere quello per la Pace, già da tempo: mi
riferisco a Julien Assange, il cui arresto e la cui detenzione costituiscono
uno schiaffo a ogni teorica della libertà liberale. Stati Uniti, Inghilterra e
Ecuador (del presidente traditore Moreno) condividono la pesantissima
responsabilità di arresto e detenzione. Oggi v’è seriamente da temere per la
vita di un autentico benefattore dell’umanità la cui “colpa” è di aver rivelato
gli inganni, le trame, dei poteri liberali a cominciare precisamente dagli Usa.
Ecco: Assange in galera, come, nei limiti di un paragone un po’ azzardato,
Mimmo Lucano in Italia, per fortuna libero, ma messo all’angolo, sono due
esempi di come il liberalismo usi le leggi solo per reprimere chi lotta per il
bene di tutti, e la libertà viene garantita solo a coloro che si adattano alla
ricerca del bene individuale dei pochi, ossia dei ricchi e dei potenti. Gli
interessi di poche imprese multinazionali prevalgono sugli interessi comuni,
che si tratti di politica interna o internazionale, che riguardi una “grande
opera” perlopiù inutile, o le scelte di politica estera, i diritti di libertà
di singoli e di associazioni o partiti (si pensi alla cattolicissima Polonia
dove tutto ciò che richiama “il passato regime” viene criminalizzato e
perseguitato).
E anche nel resto d’Europa, dentro e fuori dei confini comunitari, il
liberalismo si rivela sovente un grande inganno, scudo di un capitalismo
disumano, bellicistico, pronto a schiacciare con la repressione più brutale il
dissenso, anche quando espresso in forme nonviolente e comunque entro i limiti
della legge. Il Parlamento della Unione, si conferma un istituto inutile e
persino pericoloso: dopo aver votato la famigerata risoluzione
sull’equiparazione nazismo/socialismo, ora decreta che la politica dei “porti
chiusi” verso i disgraziati che fuggono da luoghi inospitali e pericolosi, può
proseguire. Si guardi anche ai singoli Paesi, per esempio alla Spagna dove la
repressione contro il movimento catalanista (peraltro una causa che io giudico
sostanzialmente sbagliata e di fatto insostenibile da ogni punto di vista), sta
toccando vertici paurosi. Già, perché, come dicevo, il capitalismo della legge
se ne infischia e gli apparati di Stato – governi, magistrature, forze di
polizia, esercito, e quasi tutti i media – sono altrettanti gendarmi pronti a
ingannare, nascondere, fomentare, reprimere.
Disse una volta Filippo Turati, in un intervento alla Camera dei deputati,
che i liberali italiani avevano sempre fallito e che era toccato ai socialisti fare
la loro parte. Un amaro paradosso. Oggi anche i socialisti sono scomparsi, o
quasi, e quando constatiamo, ad esempio, che tra Salvini e Minniti non v’è
differenza negli indirizzi delle politiche migratorie, ci rendiamo conto che il
liberalismo, questo gigantesco inganno, ha vinto proprio perché si è rivelato
il suo opposto, ossia il capitalismo ha lasciato vincere il liberalismo in
quanto illiberale, pronto ad ogni autoritarismo, e la sua vittoria che in
realtà è stata una disfatta dei suoi princìpi, ha trascinato nel baratro anche
il socialismo che era il suo diretto avversario e competitore.
Le parole d’ordine di questo “governo di svolta”, gli indirizzi
politico-economici, e le azioni concrete messe in essere o non attuate (si
pensi ai famigerati Decreti Sicurezza salviniani rimasti immutati), dimostrano
appieno tali assunti. Si pensi alla persistente mancata tutela del lavoro, in
quanto tale, e della sicurezza nei luoghi dove viene erogato: gli incidenti sul
lavoro sono la vera emergenza nazionale, anche perché negletta, malgrado gli
appelli, anche gli ultimi, lodevolmente energici di Landini. O alla persistenza
di lavoro illegale (il caporalato nel Sud esiste e come!), non garantito, non
protetto. Si pensi alle barzellette sulla caccia agli evasori fiscali. Polvere
negli occhi, mentre tutto prosegue come sempre: e dire che Luigi Einaudi – uno
dei padri del sedicente liberalismo italiano – aveva scritto un tempo,
all’incirca, che è nella equità fiscale che si misura la civiltà di uno Stato…
Tutto ciò sottolinea la necessità e l’urgenza della (ri)costruzione di una
sinistra autentica, pronta a battersi sulle piazze e nei consessi
istituzionali, con ogni mezzo, a cominciare dai mezzi intellettuali, per
recuperare una identità perduta, e ad agire di conseguenza.
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