Hiba al-Labadi è in sciopero
della fame da 35 giorni, dopo essere stata imprigionata senza processo da
Israele in agosto. Gli attivisti palestinesi e israeliani stanno ora cercando
di sensibilizzare il pubblico a riguardo.
La scorsa domenica, attivisti israeliani e
palestinesi hanno lanciato una campagna virale per chiedere il rilascio della
cittadina giordana che sostiene uno sciopero della fame dal mese scorso, dopo
essere stata imprigionata da Israele senza processo in agosto.
Hiba al-Labadi, una cittadina
giordano-palestinese di ventiquattro anni, è stata arrestata dalle
forze israeliane il 20 agosto al valico di frontiera del ponte Alleby; in
compagnia della madre, si stava dirigendo dalla Giordania alla città di
Jenin, in Cisgiordania, per un matrimonio.il suo arresto è stato
giustificato con un presunto incontro tra al-Labadi ed alcuni affiliati di
Hezbollah (partito islamista e gruppo militante libanese sciita,ndtr)
nel corso di una precedente permanenza a Beirut, dove la giovane visitava la
sorella.
Al-Labadi è in sciopero della
fame da 35 giorni.
La scorsa domenica, gli attivisti
israeliani hanno lanciato un’ azione di protesta di 30 ore in piazza
Habima a Tel Aviv, durante la quale diverse donne si sono ammanettate ad una
sedia posta all’interno d’ uno stanzino trasparente, che richiamava la
cella in cui al-Labadi è stata interrogata. Molti passanti si sono
fermati per fotografare la rappresentazione, alcuni dei quali hanno contattato
le autorità per denunciare “una anziana donna legata ad una sedia”.
Due agenti sono accorsi sul posto per fare degli accertamenti.
La detenzione amministrativa è una
pratica che Israele sfrutta per incarcerare i palestinesi (e talvolta anche
alcuni ebrei) senza accuse né processo- per un periodo indefinito. Gli
ordini di detenzione amministrativa vengono rivalutati ogni sei mesi, ma ai
detenuti non è comunicato di che cosa li si accusi, nè vengono
mostrate loro le prove a sostegno dell’incarcerazione. Ne consegue che sia
virtualmente impossibile difendersi contro un ordine di detenzione
amministrativa.
“Parliamo di una giovane donna che è in
prigione da agosto senza accuse ufficiali, e nessuno in Israele ne discute”, ha
dichiarato Sigal Avivi, un’ attivista politica di rilievo nonché uno
degli organizzatori dell’iniziativa. Secondo Avivi, gli attivisti hanno deciso
di passare all’azione dopo aver letto delle torture subite da al-Labadi e delle
severe condizioni nelle quali è detenuta. Avivi ha inoltre aggiunto che
l’arresto di al-Labadi è un’opportunità per rinvigorire le
proteste contro la pratica della detenzione amministrativa. “Non possiamo
più tacere, vediamo Israele utilizzare questo strumento continuamente, e
ciò in violazione delle norme internazionali”.
Nel corso del fine settimana, degli
attivisti in Israele hanno lanciato una campagna online che riportava una
fotografia di al-Labadi e la didascalia in arabo ed ebraico “Hai sentito
parlare di me?”, mirata a portare l’attenzione sulla detenzione amministrativa.
I contenuti della pagina Facebook in lingua ebraica che fornisce informazioni
riguardo alla detenzione della ragazza ed alla lotta per ottenerne il rilascio
sono stati condivisi centinaia di volte dalla sua apertura.
Lunedì al-Labadi sarà portata davanti
alla corte militare di Ofer per un’udienza sul suo arresto amministrativo. Gli
attivisti pianificano un presidio di protesta all’ esterno del tribunale.
Lo scorso sabato decine di palestinesi
hanno manifestato in via Salah a-Din a Gerusalemme Est, chiedendo all’ esercito
israeliano il rilascio di al-Labadi. La polizia ha disperso la folla con la
forza arrestando due persone, e degli agenti sono stati filmati mentre
buttavano a terra i manifestanti e vi si sedevano sopra nel corso dell’arresto.
Il fotografo e attivista Faiz Abu Rmeleh è stato
spintonato da un agente mentre riprendeva gli scontri.
L’avvocato Juwad Bolous, che ha fatto
visita ad al-Labadi durante la detenzione, ha dichiarato che dal suo
arresto la giovane è stata interrogata per sedici giorni consecutivi
senza che le fosse permesso di vedere il suo legale. La maggior parte degli
interrogatori è durata diverse ore, durante le quali la ragazza
rimaneva legata ad una sedia ed ammanettata. Secondo Bolous, al-Labadi è stata
insultata ed ha ricevuto degli sputi dagli agenti che la interrogavano, i quali
hanno minacciato di arrestarne la madre e la sorella. “Sistemi di
oppressione e tortura sono stati sfruttati per costringerla a firmare un’ammissione
di colpevolezza. Però, nonostante questi interrogatori crudeli, lei non ha
confessato”, ha scritto Bolous nel fine settimana.
Al-Labadi respinge le accuse, che non sono
state rese pubbliche al di fuori di una dichiarazione dello Shin Bet ( i
servizi sicurezza interni israeliani, ndtr), il quale imputava l’ arresto
a “gravi questioni di sicurezza”. La comunicazione dello Shin Bet lascia
trasparire che la giovane è detenuta per alcuni post pubblicati sulla
propria pagina Facebook in cui esprimeva sostegno per Hezbollah e per degli
attacchi violenti in Cisgiordania.
Secondo i resoconti di giornalisti
palestinesi, al-Labadi è stata trasferita dalla prigione di Jalma ad
un ospedale di Haifa per ricevere delle cure, ma presto è stata
rimessa in custodia.
(Questo articolo è apparso
originariamente su Local Call, in ebraico.- Traduzione dall’inglese a cura di Jacopo Liuni)
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