giovedì 7 novembre 2019

“Volete sapere di che cosa mi accusano ? Anche io” - Oren Ziv



Hiba al-Labadi è in sciopero della fame da 35 giorni, dopo essere stata imprigionata senza processo da Israele in agosto. Gli attivisti palestinesi e israeliani stanno ora cercando di sensibilizzare il pubblico a riguardo.

La scorsa domenica, attivisti israeliani e palestinesi hanno lanciato una campagna virale per chiedere il rilascio della cittadina giordana che sostiene uno sciopero della fame dal mese scorso, dopo essere stata imprigionata da Israele senza processo in agosto.
Hiba al-Labadi, una cittadina giordano-palestinese di ventiquattro anni, è stata arrestata dalle forze israeliane il 20 agosto al valico di frontiera del ponte Alleby; in compagnia della madre, si stava dirigendo dalla Giordania alla città di Jenin, in Cisgiordania, per un matrimonio.il suo arresto è stato giustificato con un presunto incontro tra al-Labadi ed alcuni affiliati di Hezbollah (partito islamista e gruppo militante libanese sciita,ndtr) nel corso di una precedente permanenza a Beirut, dove la giovane visitava la sorella.
Al-Labadi è in sciopero della fame da 35 giorni.
La scorsa domenica, gli attivisti israeliani hanno lanciato un’ azione di protesta di 30 ore in piazza Habima a Tel Aviv, durante la quale diverse donne si sono ammanettate ad una sedia posta all’interno d’ uno stanzino trasparente, che richiamava la cella in cui al-Labadi è stata interrogata. Molti passanti si sono fermati per fotografare la rappresentazione, alcuni dei quali hanno contattato le autorità per denunciare “una anziana donna legata ad una sedia”. Due agenti sono accorsi sul posto per fare degli accertamenti.
La detenzione amministrativa è una pratica che Israele sfrutta per incarcerare i palestinesi (e talvolta anche alcuni ebrei) senza accuse né processo- per un periodo indefinito. Gli ordini di detenzione amministrativa vengono rivalutati ogni sei mesi, ma ai detenuti non è comunicato di che cosa li si accusi, nè vengono mostrate loro le prove a sostegno dell’incarcerazione. Ne consegue che sia virtualmente impossibile difendersi contro un ordine di detenzione amministrativa.
“Parliamo di una giovane donna che è in prigione da agosto senza accuse ufficiali, e nessuno in Israele ne discute”, ha dichiarato Sigal Avivi, un’ attivista politica di rilievo nonché uno degli organizzatori dell’iniziativa. Secondo Avivi, gli attivisti hanno deciso di passare all’azione dopo aver letto delle torture subite da al-Labadi e delle severe condizioni nelle quali è detenuta. Avivi ha inoltre aggiunto che l’arresto di al-Labadi è un’opportunità per rinvigorire le proteste contro la pratica della detenzione amministrativa. “Non possiamo più tacere, vediamo Israele utilizzare questo strumento continuamente, e ciò in violazione delle norme internazionali”.
Nel corso del fine settimana, degli attivisti in Israele hanno lanciato una campagna online che riportava una fotografia di al-Labadi e la didascalia in arabo ed ebraico “Hai sentito parlare di me?”, mirata a portare l’attenzione sulla detenzione amministrativa. I contenuti della pagina Facebook in lingua ebraica che fornisce informazioni riguardo alla detenzione della ragazza ed alla lotta per ottenerne il rilascio sono stati condivisi centinaia di volte dalla sua apertura.
Lunedì al-Labadi sarà portata davanti alla corte militare di Ofer per un’udienza sul suo arresto amministrativo. Gli attivisti pianificano un presidio di protesta all’ esterno del tribunale.
Lo scorso sabato decine di palestinesi hanno manifestato in via Salah a-Din a Gerusalemme Est, chiedendo all’ esercito israeliano il rilascio di al-Labadi. La polizia ha disperso la folla con la forza arrestando due persone, e degli agenti sono stati filmati mentre buttavano a terra i manifestanti e vi si sedevano sopra nel corso dell’arresto. Il fotografo e attivista Faiz Abu Rmeleh è stato spintonato da un agente mentre riprendeva gli scontri.
L’avvocato Juwad Bolous, che ha fatto visita ad al-Labadi durante la detenzione, ha dichiarato che dal suo arresto la giovane è stata interrogata per sedici giorni consecutivi senza che le fosse permesso di vedere il suo legale. La maggior parte degli interrogatori è durata diverse ore, durante le quali la ragazza rimaneva legata ad una sedia ed ammanettata. Secondo Bolous, al-Labadi è stata insultata ed ha ricevuto degli sputi dagli agenti che la interrogavano, i quali hanno minacciato di arrestarne la madre e la sorella. “Sistemi di oppressione e tortura sono stati sfruttati per costringerla a firmare un’ammissione di colpevolezza. Però, nonostante questi interrogatori crudeli, lei non ha confessato”, ha scritto Bolous nel fine settimana.
Al-Labadi respinge le accuse, che non sono state rese pubbliche al di fuori di una dichiarazione dello Shin Bet ( i servizi sicurezza interni israeliani, ndtr), il quale imputava l’ arresto a “gravi questioni di sicurezza”. La comunicazione dello Shin Bet lascia trasparire che la giovane è detenuta per alcuni post pubblicati sulla propria pagina Facebook in cui esprimeva sostegno per Hezbollah e per degli attacchi violenti in Cisgiordania.
Secondo i resoconti di giornalisti palestinesi, al-Labadi è stata trasferita dalla prigione di Jalma ad un ospedale di Haifa per ricevere delle cure, ma presto è stata rimessa in custodia.

(Questo articolo è apparso originariamente su Local Call, in ebraico.- Traduzione dallinglese a cura di Jacopo Liuni)


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