Vaccini o farmaci? Le caratteristiche dei vaccini a MRna fanno di Pfzer e Moderna delle terapie geniche preventive, ossia farmaci somministrati a persone sane
Il dibattito
che a tratti emerge sulla stampa riguarda un tema capzioso e complesso: i nuovi
vaccini anti-Covid – Pfizer e Moderna – sono realmente tali o rientrano nel
novero delle nuove terapie geniche?
La domanda
riveste interesse non solo accademico, ma anche giuridico. Un vaccino – in
prima approssimazione – è prodotto allo scopo di procurare un’immunità
acquisita attiva contro un particolare tipo di infezione, per la quale non
si dispone di trattamenti efficaci. Un farmaco, invece, è un prodotto
– di origine naturale o sintetica – che interviene sulla biochimica
dell’organismo, capace di indurre modificazioni funzionali attraverso un’azione
fisica o chimica.
È opportuno
sottolineare che i vaccini vengono somministrati a persone sane con l’obiettivo
di conseguire un beneficio futuro (azione di profilassi). I farmaci vengono
prescritti a persone malate con l’obiettivo di conseguire un risultato
immediato.
Nel primo
caso è imperativo non compromettere una condizione di apparente buona salute.
Nel secondo, ci si propone invece di modificare la condizione attuale di
malattia.
Un vaccino è
tradizionalmente ottenuto “esponendo” il virus – inattivato o “ucciso” – al
sistema immunitario dell’ospite, che svilupperà una complessa reazione immune,
producendo una vasta gamma di anticorpi (e di cellule T, depositarie della
cosiddetta “memoria immunologica”) diretti contro numerosi “bersagli” offerti
dai vari componenti virali. Questo procedimento mette (parzialmente) al riparo
dalle cosiddette varianti: se anche uno dei bersagli venisse a modificarsi,
rimarrebbero pur sempre gli altri contro cui l’organismo potrebbe dirigere la
reazione immunologica.
I vaccini
Pfizer e Moderna sono in realtà forme di “terapia genica”, dato che si basano
sulla somministrazione di un acido nucleico – mRna o Rna messaggero – che, una
volta penetrato nelle cellule umane, trasferisce un’unica informazione: quella
necessaria a produrre grandi quantità di proteina Spike che, una volta
riconosciuta come “estranea”, attiverà una corrispondente produzione di
anticorpi. Si tratta quindi di un “trattamento” volto a modificare
l’informazione e l’attività genica della cellula.
L’ambito
delle terapie geniche è venuto surrettiziamente ampliandosi nel corso degli
ultimi anni, come del resto riconosciuto da numerosi articoli scientifici e
sottolineato dalle recenti dichiarazioni di Stefan Oelrich, membro del Board of Management
della Bayer. L’avvento delle nuove tecnologie a mRna ha fornito una ciambella
di salvataggio al settore delle terapie geniche, che aveva subito una forte
battuta d’arresto a causa degli insuccessi e delle forti restrizioni imposte
dai regolamenti internazionali.
Ora, come
riconosciuto da Nature, grazie alla pandemia e all’introduzione
(frettolosa) dei vaccini a Rna, gli ostacoli potrebbero essere aggirati per
facilitare l’accettazione della nuova tecnologia (cfr. Harries L. “It’s time
for scientists to shout about Rna therapies”. Nature. 2019 Oct;
574(7778)).
Tutto questo
ha implicazioni enormi, sia dal punto di vista normativo, sia in termini
scientifici. Dal punto di vista giuridico, l’equiparazione delle terapie con
mRna ai vaccini permette di agevolare di molto la loro introduzione sul mercato
farmaceutico, saltando a piè pari la verifica di possibili effetti collaterali
– come la mutagenesi e la cancerogenesi – che normalmente non sono presi in
considerazione con i vaccini (né Pfizer né Moderna hanno condotto studi di tal
fatta e lo hanno esplicitamente affermato)…
Nessun commento:
Posta un commento