Pubblichiamo il testo dell'intervento che Pier Paolo Pasolini avrebbe
dovuto tenere al Congresso del Partito radicale del novembre 1975. Poté essere
solo letto, davanti ad una platea sconvolta e muta, perché due giorni prima
Pasolini moriva ucciso. C'è un grave pericolo - ci avverte il poeta e saggista
- che incombe sul Partito radicale proprio per i grandi successi ottenuti nella
conquista dei diritti civili. Un nuovo conformismo di sinistra si appresta ad
appropriarsi della vostra battaglia per i diritti civili "creando un
contesto di falsa tolleranza e di falso laicismo". Proprio la cultura
radicale dei diritti civili, della Riforma, della difesa delle minoranze sarà
usata dagli intellettuali del sistema come forza terroristica, violenta e
oppressiva. Il potere insomma si accinge ad "assumere gli intellettuali
progressisti come propri chierici". La previsione di Pasolini si è
avverata, non solo in Italia, ma nel resto della società occidentale dove,
proprio in nome del progressismo e del modernismo, si è affermata una nuova
classe di potere totalizzante e trasformista, di certo più pericolosa delle
tradizionali classi conservatrici. "Contro tutto questo - concludeva Pasolini
- voi non dovete fare altro (io credo) che continuare semplicemente a essere
voi stessi: il che significa essere continuamente irriconoscibili. Dimenticate
subito i grandi successi e continuate imperterriti, ostinati, eternamente
contrari, a pretendere, a volere, a identificarvi col diverso; a scandalizzare;
a bestemmiare."
[Il testo soprastante è tratto dal "Numero unico" pubblicato dal
Partito radicale per il suo 35° Congresso, Budapest, aprile 1989: il testo
dell'intervento pasoliniano risulta, in tale "Numero unico",
riportato soltanto parzialmente, con alcuni "omissis". Qui di seguito
tale intervento viene proposto nella sua versone integrale (da Meridiani
Mondadori). L'intervento venne letto al Congresso del Partito radicale da Vincenzo
Cerami]
* * *
Prima di tutto devo giustificare la presenza della mia persona qui. Non
sono qui come radicale. Non sono qui come socialista. Non sono qui come
progressista. Sono qui come marxista che vota per il Partito Comunista
Italiano, e spera molto nella nuova generazione di comunisti. Spera nella nuova
generazione di comunisti almeno come spera nei radicali. Cioè con quel tanto di
volontà e irrazionalità e magari arbitrio che permettono di spiazzare - magari
con un occhio a Wittgenstein - la realtà, per ragionarci sopra liberamente. Per
esempio: il Pci ufficiale dichiara di accettare ormai, e sine die, la prassi
democratica. Allora io non devo aver dubbi: non è certo alla prassi democratica
codificata e convenzionalizzata dall'uso di questi tre decenni che il Pci si
riferisce: esso si riferisce indubbiamente alla prassi democratica intesa nella
purezza originaria della sua forma, o, se vogliamo, del suo patto formale.
Alla religione laica della democrazia. Sarebbe un'autodegradazione
sospettare che il Pci si riferisca alla democraticità dei democristiani; e non
si può dunque intendere che il Pci si riferisca alla democraticità, per
esempio, dei radicali.
Paragrafo primo
A) Le persone più adorabili sono quelle che non sanno di avere dei
diritti.
B) Sono adorabili anche le persone che, pur sapendo di avere dei diritti,
non li pretendono o addirittura ci rinunciano.
C) Sono abbastanza simpatiche anche quelle persone che lottano per i
diritti degli altri (soprattutto per coloro che non sanno di averli).
D) Ci sono, nella nostra società, degli sfruttati e degli sfruttatori.
Ebbene, tanto peggio per gli sfruttatori.
E) Ci sono degli intellettuali, gli intellettuali impegnati, che
considerano dovere proprio e altrui far sapere alle persone adorabili, che non
lo sanno, che hanno dei diritti; incitare le persone adorabili, che sanno di
avere dei diritti ma ci rinunciano, a non rinunciare; spingere tutti a sentire
lo storico impulso a lottare per i diritti degli altri; e considerare, infine,
incontrovertibile e fuori da ogni discussione il fatto che, tra gli sfruttati e
gli sfruttatori, gli infelici sono gli sfruttati.
Tra questi intellettuali che da più di un secolo si sono assunti un simile
ruolo, negli ultimi anni si sono chiaramente distinti dei gruppi
particolarmente accaniti a fare di tale ruolo un ruolo estremistico. Dunque mi
riferisco agli estremisti, giovani, e ai loro adulatori anziani.
Tali estremisti (voglio occuparmi soltanto dei migliori) si pongono come
obiettivo primo e fondamentale quello di diffondere tra la gente direi,
apostolicamente, la coscienza dei propri diritti. Lo fanno con determinazione,
rabbia, disperazione, ottimistica pazienza o dinamitarda impazienza, secondo i
casi. E dato che non si tratta solo di suscitare (negli adorabili ignari) la
coscienza dei propri diritti, ma anche la volontà di ottenerli, la propaganda
non può non essere soprattutto pragmatica.
Paragrafo secondo
Disobbedendo alla distorta volontà degli storici e dei politici di
mestiere, oltre che a quella delle femministe romane - volontà che mi vorrebbe
confinato in Elicona esattamente come i mafiosi a Ustica - ho partecipato una
sera di questa estate a un dibattito politico in una città del Nord. Come
sempre poi succede, un gruppo di giovani ha voluto continuare il dibattito
anche per strada, nella serata calda e piena di canti. Tra questi giovani c'era
un greco. Che era, appunto, uno di quegli estremisti marxisti
"simpatici" di cui parlavo.
Sul suo fondo di piena simpatia, si innestavano però manifestamente tutti i
più vistosi difetti della retorica e anche della sottocultura estremistica. Era
un "adolescente" un po' laido nel vestire; magari anche addirittura
un po' scugnizzo: ma, nel tempo stesso, aveva una barba di vero e proprio
pensatore, qualcosa tra Menippo e Aramis; ma i capelli , lunghi fino alle
spalle, correggevano l'eventuale funzione gestuale e magniloquente della barba,
con qualcosa di esotico e irrazionale: un'allusione alla filosofia braminica,
all'ingenua alterigia dei gurumparampara.
Il giovane greco viveva questa sua retorica nella più completa assenza di
autocritica: non sapeva di averli, questi suoi segni così vistosi, e in questo
era adorabile esattamente come coloro che non sanno di avere diritti...
Tra i suoi difetti vissuti così candidamente, il più grave era certamente
la vocazione a diffondere tra la gente ("un po' alla volta", diceva:
per lui la vita era una cosa lunga, quasi senza fine) la coscienza dei propri
diritti e la volontà di lottare per essi.
Ebbene; ecco l'enormità, come l'ho capita in quello studente greco,
incarnata nella sua persona inconsapevole.
Attraverso il marxismo, l'apostolato dei giovani estremisti di estrazione
borghese - l'apostolato in favore della coscienza dei diritti e della volontà di
realizzarli - altro non è che la rabbia inconscia del borghese povero contro il
borghese ricco, del borghese giovane contro il borghese vecchio, del borghese
impotente contro il borghese potente, del borghese piccolo contro il borghese
grande.
E' un'inconscia guerra civile - mascherata da lotta di classe - dentro
l'inferno della coscienza borghese. (Si ricordi bene: sto parlando di
estremisti, non di comunisti). Le persone adorabili che non sanno di avere
diritti, oppure le persone adorabili che lo sanno ma ci rinunciano - in questa
guerra civile mascherata - rivestono una ben nota e antica funzione: quella di
essere carne da macello.
Con inconscia ipocrisia, essi sono utilizzati, in primo luogo, come
soggetti di un transfert che libera la coscienza dal peso dell'invidia e del
rancore economico; e, in secondo luogo, sono lanciati dai borghesi giovani,
poveri, incerti e fanatici, come un esercito di paria "puri", in una
lotta inconsapevolmente impura, appunto contro i borghesi vecchi, ricchi, certi
e fascisti.
Intendiamoci: lo studente greco che qui ho preso a simbolo era a tutti gli
effetti (salvo rispetto a una feroce verità) un "puro" anche lui,
come i poveri. E questa "purezza" ad altro non era dovuta che al
"radicalismo" che era in lui.
Paragrafo terzo
Perché è ora di dirlo: i diritti di cui qui sto parlando sono i
"diritti civili" che, fuori da un contesto strettamente democratico,
come poteva essere un'ideale democrazia puritana in Inghilterra o negli Stati
Uniti - oppure laica in Francia - hanno assunto una colorazione classista.
L'italianizzazione socialista dei "diritti civili" non poteva
fatalmente (storicamente) che volgarizzarsi. Infatti: l'estremista che insegna
agli altri ad avere dei diritti, che cosa insegna? Insegna che chi serve ha gli
identici diritti di chi comanda. L'estremista che insegna agli altri a lottare
per ottenere i propri diritti, che cosa insegna? Insegna che bisogna usufruire
degli identici diritti dei padroni. L'estremista che insegna
agli altri che coloro che sono sfruttati dagli sfruttatori sono infelici, che
cosa insegna? Insegna che bisogna pretendere l'identica felicità
degli sfruttatori. Il risultato che in tal modo eventualmente è raggiunto è
dunque una identificazione: cioè nel caso migliore una
democratizzazione in senso borghese. La tragedia degli estremisti consiste così
nell'aver fatto regredire una lotta che essi verbalmente definiscono
rivoluzionaria marxista-leninista, in una lotta civile vecchia come la
borghesia: essenziale alla stessa esistenza della borghesia. La realizzazione
dei propri diritti altro non fa che promuovere chi li ottiene al grado di
borghese.
Paragrafo quarto
In che senso la coscienza di classe non ha niente a che fare con la
coscienza dei diritti civili marxistizzati? In che senso il Pci non ha niente a
che fare con gli estremisti (anche se alle volte, per via della vecchia
diplomazia burocratica, li chiama a sé: tanto, per esempio, da aver già
codificato il Sessantotto sulla linea della Resistenza)? E' abbastanza
semplice: mentre gli estremisti lottano per i diritti civili marxistizzati
pragmaticamente, in nome, come ho detto, di una identificazione finale
tra sfruttato e sfruttatore, i comunisti, invece, lottano per i diritti civili
in nome di una alterità. Alterità (non semplice alternativa) che per sua stessa
natura esclude ogni possibile assimilazione degli sfruttati con gli
sfruttatori. La lotta di classe è stata finora anche una lotta per la
prevalenza di un'altra forma di vita (per citare ancora Wittgenstein potenziale
antropologo), cioè di un'altra cultura. Tanto è vero che le due classi in lotta
erano anche - come dire? - razzialmente diverse. E in realtà, in sostanza,
ancora lo sono. In piena età dei Consumi.
Paragrafo quinto
Tutti sanno che gli "sfruttatori" quando (attraverso gli "sfruttati")
produconomerce, producono in realtà umanità (rapporti sociali).
Gli "sfruttatori" della seconda rivoluzione industriale (chiamata
altrimenti consumismo: cioè grande quantità, beni superflui, funzione
edonistica) producono nuova merce: sicché producono nuova umanità (nuovi
rapporti sociali).
Ora, durante i due secoli circa della sua storia, la prima rivoluzione
industriale ha prodotto sempre rapporti sociali modificabili. La prova? La
prova è data dalla sostanziale certezza della modificabilità dei rapporti
sociali in coloro che lottavano in nome dell'alterità rivoluzionaria. Essi non
hanno mai opposto all'economia e alla cultura del capitalismo un'alternativa,
ma, appunto, un'alterità. Alterità che avrebbe dovuto modificare radicalmente i
rapporti sociali esistenti: ossia, detta antropologicamente, la cultura
esistente.
In fondo il "rapporto sociale" che si incarnava nel rapporto tra
servo della gleba e feudatario, non era poi molto diverso da quello che si
incarnava nel rapporto tra operaio e padrone dell'industria: e comunque si
tratta di "rapporti sociali" che si sono dimostrati ugualmente
modificabili.
Ma se la seconda rivoluzione industriale - attraverso le nuove immense
possibilità che si è data - producesse da ora in poi dei "rapporti
sociali"immodificabili? Questa è la grande e forse tragica domanda
che oggi va posta. E questo è in definitiva il senso della borghesizzazione
totale che si sta verificando in tutti i paesi: definitivamente nei grandi
paesi capitalistici, drammaticamente in Italia.
Da questo punto di vista le prospettive del Capitale appaiono rosee. I
bisogni indotti dal vecchio capitalismo erano in fondo molto simili ai bisogni
primari. I bisogni invece che il nuovo capitalismo può indurre sono totalmente
e perfettamente inutili e artificiali. Ecco perché, attraverso essi, il nuovo
capitalismo non si limiterebbe a cambiare storicamente un tipo d'uomo: ma
l'umanità stessa. Va aggiunto che il consumismo può creare dei "rapporti
sociali" immodificabili, sia creando, nel caso peggiore, al
posto del vecchio clerico-fascismo un nuovo tecno-fascismo (che potrebbe
comunque realizzarsi solo a patto di chiamarsi anti-fascismo), sia, com'è ormai
più probabile, creando come contesto alla propria ideologia edonistica un
contesto di falsa tolleranza e di falso laicismo: di falsa realizzazione, cioè,
dei diritti civili.
In ambedue i casi lo spazio per una reale alterità rivoluzionaria
verrebbe ristretto all'utopia o al ricordo: riducendo quindi la funzione dei
partiti marxisti ad una funzione socialdemocratica, sia pure, dal punto di
vista storico, completamente nuova.
Paragrafo sesto.
Caro Pannella, caro Spadaccia, cari amici radicali, pazienti con tutti come
santi, e quindi anche con me: l'alterità non è solo nella coscienza di classe e
nella lotta rivoluzionaria marxista. L'alterità esiste anche di per sé
nell'entropia capitalistica. Quivi essa gode (o per meglio dire, patisce, e
spesso orribilmente patisce) la sua concretezza, la sua fattualità. Ciò che è,
e l'altro che è in esso, sono due dati culturali. Tra tali due dati esiste un
rapporto di prevaricazione, spesso, appunto, orribile. Trasformare il loro
rapporto in un rapporto dialettico è appunto la funzione, fino a oggi, del
marxismo: rapporto dialettico tra la cultura della classe dominante e la
cultura della classe dominata. Tale rapporto dialettico non sarebbe dunque più
possibile là dove la cultura della classe dominata fosse scomparsa, eliminata,
abrogata, come dite voi. Dunque, bisogna lottare per la conservazione di tutte
le forme, alterne e subalterne, di cultura. E' ciò che avete fatto voi in tutti
questi anni, specialmente negli ultimi. E siete riusciti a trovare forme
alterne e subalterne di cultura dappertutto: al centro della città, e negli
angoli più lontani, più morti, più infrequentabili. Non avete avuto alcun
rispetto umano, nessuna falsa dignità, e non siete soggiaciuti ad alcun
ricatto. Non avete avuto paura né di meretrici né di pubblicani, e neanche - ed
è tutto dire - di fascisti.
Paragrafo settimo
I diritti civili sono in sostanza i diritti degli altri. Ora, dire alterità
è enunciare un concetto quasi illimitato. Nella vostra mitezza e nella vostra
intransigenza, voi non avete fatto distinzioni. Vi siete compromessi fino in
fondo per ogni alterità possibile. Ma una osservazione va fatta. C'è
un'alterità che riguarda la maggioranza e un'alterità che riguarda le
minoranze. Il problema che riguarda la distruzione della cultura della classe
dominata, come eliminazione di una alterità dialettica e dunque minacciosa, è
un problema che riguarda la maggioranza. Il problema del divorzio è un problema
che riguarda la maggioranza. Il problema dell'aborto è un problema che riguarda
la maggioranza. Infatti gli operai e i contadini, i mariti e le mogli, i padri
e le madri costituiscono la maggioranza. A proposito della difesa generica
dell'alterità, a proposito del divorzio, a proposito dell'aborto, avete
ottenuto dei grandi successi. Ciò - e voi lo sapete benissimo - costituisce un
grande pericolo. Per voi - e voi sapete benissimo come reagire - ma anche per
tutto il paese che invece, specialmente ai livelli culturali che dovrebbero
essere più alti, reagisce regolarmente male.
Cosa voglio dire con questo?
Attraverso l'adozione marxistizzata dei diritti civili da parte degli
estremisti - di cui ho parlato nei primi paragrafi di questo mio intervento - i
diritti civili sono entrati a far parte non solo della coscienza, ma anche
della dinamica di tutta la classe dirigente italiana di fede progressista. Non
parlo dei vostri simpatizzanti. Non parlo di coloro che avete raggiunto nei
luoghi più lontani e diversi: fatto di cui siete giustamente orgogliosi. Parlo
degli intellettuali socialisti, degli intellettuali comunisti, degli
intellettuali cattolici di sinistra, degli intellettuali generici, sic
et simpliciter: in questa massa di intellettuali - attraverso i vostri
successi - la vostra passione irregolare per la libertà, si è codificata, ha
acquistato la certezza del conformismo, e addirittura (attraverso un
"modello" imitato sempre dai giovani estremisti) del terrorismo e
della demagogia.
Paragrafo ottavo
So che sto dicendo delle cose gravissime. D'altra parte era inevitabile. Se
no cosa sarei venuto a fare qui? Io vi prospetto - in un momento di giusta
euforia delle sinistre - quello che per me è il maggiore e peggiore pericolo
che attende specialmente noi intellettuali nel prossimo futuro. Una nuova trahison
des clercs: una nuova accettazione; una nuova adesione; un nuovo cedimento
al fatto compiuto; un nuovo regime sia pure ancora soltanto come nuova cultura
e nuova qualità di vita.
Vi richiamo a quanto dicevo alla fine del paragrafo quinto: il consumismo
può rendere immodificabili i nuovi rapporti sociali espressi dal nuovo modo di
produzione "creando come contesto alla propria ideologia edonistica un
contesto di falsa tolleranza e di falso laicismo: di falsa realizzazione, cioè,
dei diritti civili".
Ora, la massa degli intellettuali che ha mutuato da voi, attraverso una
marxizzazione pragmatica di estremisti, la lotta per i diritti civili
rendendola così nel proprio codice progressista, o conformismo di sinistra,
altro non fa che il gioco del potere: tanto più un intellettuale progressista è
fanaticamente convinto delle bontà del proprio contributo alla realizzazione dei
diritti civili, tanto più, in sostanza, egli accetta la funzione
socialdemocratica che il potere gli impone abrogando, attraverso la
realizzazione falsificata e totalizzante dei diritti civili, ogni reale
alterità. Dunque tale potere si accinge di fatto ad assumere gli intellettuali
progressisti come propri chierici. Ed essi hanno già dato a tale invisibile
potere una invisibile adesione intascando una invisibile tessera.
Contro tutto questo voi non dovete far altro (io credo) che continuare
semplicemente a essere voi stessi: il che significa essere continuamente
irriconoscibili. Dimenticare subito i grandi successi: e continuare
imperterriti, ostinati, eternamente contrari, a pretendere, a volere, a
identificarvi col diverso; a scandalizzare; a bestemmiare.
https://www.maurizioturco.it/bddb/1975-11-intervento-al-congr.html
Nessun commento:
Posta un commento