mercoledì 26 gennaio 2022

Ilse Weber

 




 

ELSA WEBER - Anna Foa

Elsa Weber, di religione ebraica, nata a Witkowitz nel 1903, scrisse poesie e fiabe per bambini fin da giovanissima, entrando a far parte del grande mondo intellettuale ceco. Come tutti gli ebrei cechi, era di lingua tedesca. Sposatasi con Willi Weber, Ilse si dedicò poi alla famiglia, pur senza interrompere la sua attività di scrittrice. Nel 1930 aveva già pubblicato tre fortunati libri di fiabe ed era divenuta una valente musicista. Patriota della sua Cecoslovacchia, diede al suo secondo bambino il nome di Tomáš in onore del presidente Masaryk.

La Cecoslovacchia degli anni Trenta era un’isola di democrazia e una crogiolo di attività intellettuali, che spiccava nel panorama degli altri Stati dell’Europa orientale, sottoposti a regimi dittatoriali e caratterizzati dal prevalere dell’antisemitismo.

Nel 1939, dopo l’occupazione nazista, i Weber decisero di mandare il primo figlio Hanuš in Inghilterra, affidandolo all’amica di Ilse, che lo avrebbe lasciato in Svezia presso sua madre e che sarebbe poi morta nel 1941. Il piccolo Weber partì così insieme ad oltre seicento bambini ebrei, sottratti ai nazisti grazie all’attività di salvataggio di un agente di borsa inglese, Nicolas George Winton, e spediti in treno nell’unico paese europeo che accettò di accoglierli, l’Inghilterra. Ilse non lo avrebbe più rivisto.

LA DEPORTAZIONE

Nel 1942, Ilse con il marito e il piccolo Tomáš furono deportati a Theresienstadt, "il ghetto modello" da cui partivano i trasporti per Auschwitz. Qui Ilse fece l’infermiera nell’ospedale dei bambini, creando per loro e per gli altri prigionieri poesie e canzoni, suonando per loro il liuto e la chitarra. Una sua poesia, Le pecore di Lidice, suscitò violente reazioni da parte delle SS, senza fortunatamente che Ilse ne fosse individuata come l’autrice. Un’altra, Lettera al mio bambino, indirizzata al figlio Hanuš, fu tradotta e pubblicata nel 1945 in Svezia e Hanuš poté così leggerla. Nel 1944, Willi fu per primo deportato ad Auschwitz. Poco dopo anche Ilse e Tomáš furono inseriti in un "trasporto all’Est". Sembra che Ilse abbia scelto volontariamente la deportazione per non abbandonare i bambini a lei affidati. E qui, insieme con loro, Ilse e Tomáš furono subito mandati alle camere a gas. Tornato a Praga dopo la guerra, Willi riprese con sé il figlio, che era vissuto in Svezia affidato alla madre di Lilian, Gertrud. Un ricongiungimento difficile, perché il ragazzo, dopo quei sei anni lontano, rifiutava di parlare con il padre su quanto era avvenuto durante la Shoah. Nel 1968, dopo l’invasione da parte dei russi, divenuto giornalista e legato alla primavera praghese, Hanuš fuggì in Svezia dove si stabilì. Lentamente, alla rimozione dei suoi primi anni si sostituì il desiderio di ricostruire la sua storia. Nel 1974, Willi si preparava a raggiungere in Svezia il figlio per collaborare ad un film sui campi di concentramento che questi stava preparando, quando morì improvvisamente d’infarto. Ora questo libro, con la presentazione di Hanuš e un’ampia prefazione di Ulrike Migdal, viene a riproporci la storia di Ilse e della sua famiglia.Se la storia dei Weber è in sé una storia straordinaria, le poesie composte nel campo da Ilse sono di una struggente bellezza, mentre le sue lettere a Lilian, che vanno dal 1933 al 1944, cioè fino alla deportazione a Auschwitz, sono un eccezionale e vivissimo ritratto, oltre che della sua vita, dei suoi affetti e della sua arte, anche del suo paese, la Cecoslovacchia, man mano che l’ombra dell’antisemitismo e di Hitler si faceva più vicina. Dopo la partenza del figlio, nel 1939, la maggior parte delle lettere sono indirizzate al bambino, che Ilse cerca di seguire a distanza, della cui educazione si preoccupa, di cui lamenta la pigrizia nello scrivere, di cui sollecita il mantenimento dell’appartenenza ebraica. Le ultime lettere sono da Theresienstadt, dove Ilse fa ancora in tempo, prima della deportazione, a piangere in una lettera alla madre di Lilian la morte dell’amica. Subito dopo, Auschwitz.

da qui

 


Chi era Ilse Weber che morì nella camera a gas di Auschwitz cantando con i bambini - Natascia Alibani

 

Deportata ad Auschwitz, la poetessa Ilse Weber morì subito nelle camere a gas con i "suoi" bambini, quelli che aveva curato e accudito nel campo di concentramento di Terezin.

 

Ilse Weber ha sempre avuto i bambini nel suo cuore, e a loro ha dedicato tutta la sua vita, fino all’ultimo. Fino a quando, spinta nelle camere a gas di Auschwitz assieme a molti di loro, per non averli voluti abbandonare al loro atroce destino, cantò per loro canzoni e recitò poesie per tenerli sereni.

Come Etty Hillesum, anche Ilse Weber scelse coscientemente la propria sorte, pur potendo salvarsi; lo fece per amore di ciò in cui credeva, per quell’istinto di protezione naturale che la spinse a sacrificare se stessa per i “suoi” bambini; perché così, “suoi” erano diventati i bambini di Terezin con cui condivise la prigionia.

Ilse Herlinger Weber nasce a Witkowitz, in Repubblica Ceca, nel 1903; poetessa e scrittrice di testi teatrali per bambini, nel 1930 sposa Willy Weber e si trasferisce a Praga, continuando a scrivere per periodici per bambini e lavorando per la radio ceca.

Con l’occupazione nazista del ’39 Ilse Weber riesce a mettere in salvo il figlio maggiore, Hanus, mandandolo in Svezia con un Kindertransport, un’enorme operazione di salvataggio dei bambini dalle zone occupate dai tedeschi che ebbe luogo nei nove mesi precedenti allo scoppio della guerra; nel suo caso, per merito dell’azione organizzata da un agente di borsa inglese, Nicolas George Winton, grazie al quale il piccolo raggiunge il Paese scandinavo passando prima dall’Inghilterra. Weber non riesce però a fare lo stesso con il secondogenito Tommy, che finisce nel ghetto di Praga assieme a lei e al padre.

È il 1942 quando l’intera famiglia viene trasferita nel campo di concentramento di Terezin (Theresienstadt in tedesco), e proprio lì Ilse Weber si prende cura dei bambini del campo, occupandosi anche della loro salute nonostante l’assenza di medicinali, proibiti agli ebrei. Nei mesi della prigionia compone oltre 60 poesie, di cui una intitolata proprio Theresienstadt, e non smette di intrattenere i piccoli con una chitarra e delle simpatiche canzoncine, con cui cerca di allontanare da loro tutto l’orrore che li circonda.

Passano due anni quando Willy Weber viene trasferito ad Auschwitz, e la moglie sceglie di seguirlo, assieme al piccolo Tommy; una volta arrivati al campo di sterminio, Ilse Weber e i bambini vengono immediatamente mandati alle camere a gas. Muoiono tutti il 6 ottobre 1944.

Willy Weber, prima di essere spedito ad Auschwitz, aveva seppellito in tutta fretta, nel capanno degli attrezzi, i componimenti della moglie nei due anni di prigionia, perché non andassero perduti. Fu proprio lui a recuperarli, alla fine della guerra, e a ricongiungersi con il figlio Hanus, affidato alla madre di Lilian, un’amica carissima di Ilse Weber. Proprio con quell’amica Weber ebbe un fitto carteggio tra il 1933 e il 1944, fino a quando, cioè, non fu deportata.

Potrò ancora continuare a credere in Dio? Carissima Lilian – le scrive ad esempio nel 1938 – Fino a oggi ho creduto in Dio, ma se non darà in breve tempo la dimostrazione della sua esistenza, non potrò più crederci. Questa persecuzione degli ebrei è disumana. Che cosa dobbiamo fare, dove dobbiamo andare? […] non sono peggiore di quelli che dipingono noi ebrei come inferiori, cattivi e degenerati, no, al contrario, io sono migliore, lo dico senza falsa modestia, so chi e cosa sono!

Willy e Hanus Weber furono gli unici superstiti della loro famiglia.

Al suo primogenito Ilse Weber aveva dedicata una poesia, Lettera al mio bambino, tradotta e pubblicata nel 1945 in Svezia, in modo che il figlio potesse leggerla.

Ma la sua composizione più famosa è senza dubbio Wiegala, una ninna nanna che Ilse Weber cantò a tutti i “suoi” bambini di Terezin, fino all’ultimo.

Fai ninna, fai nanna, mio bimbo, lo sento
risuona la lira al soffiare del vento,
nel verde canneto risponde l’assolo
del canto dolce dell’usignolo.
Fai ninna, fai nanna, mio bimbo, lo sento
risuona la lira al soffio del vento.
Fai ninna, fai nanna, gioia materna,
la luna è come una grande lanterna,
sospesa in alto nel cielo profondo
volge il suo sguardo dovunque nel mondo.
Fai ninna, fai nanna gioia materna,
la luna è come una grande lanterna.
Fai ninna, fai nanna, sereno riposa
dovunque la notte si fa silenziosa!
Tutto è quieto, non c’è più rumore,
mio dolce bambino, per farti dormire.
Fai ninna, fai nanna, sereno riposa
dovunque la notte si fa silenziosa.

da qui

 

QUI un'antologia di versi poetici di Ilse Weber da Theresienstadt (di Rita Baldoni)

Nessun commento:

Posta un commento