Il “Governo dei miracoli” viaggia a tutto vapore, come il Titanic, verso il
suo iceberg istituzionale di fine gennaio. Intanto perché è regola generale che
i governi costruiti su un eccesso di personalizzazione sono per loro natura
fragili come cristalli: se il Capo s’inciampa, viene giù tutta la baracca. E
poi perché il miracolo per il quale era stato messo su un anno fa, in quella
forma irrituale ed extraparlamentare che conosciamo, non c’è stato. Anzi.
Avrebbe dovuto “risanare” il Paese dalla grande epidemia che l’aveva colpito e
insieme stabilizzare la società politica suturandone le fratture con
l’esorcismo della Grande (anzi, grandissima, quasi totale) Coalizione, e ha
fallito su entrambi i fronti. Oggi siamo nel pieno di un’ondata senza
precedenti quantomeno per numero di contagi. E mai come ora le forze politiche
tutte appaiono divise tra loro e frantumate al proprio interno.
L’ultima seduta del Consiglio dei ministri, la n.55, mercoledì scorso,
dedicata alle “misure di contenimento dell’epidemia”, è drammaticamente sintesi
di ambedue i fallimenti nel suo alludere a una sorta di tardivo 8 settembre,
con quell’uscita dei ministri in prima serata, a sgattaiolare frettolosamente
nella strada in penombra e il Capo in fuga dalla doverosa conferenza stampa,
mentre tutti si danno da fare a rassicurare sotto voce di un’unanimità di facciata
quando ognuno sa che ci si era spaccati, e duramente. Ne era uscito, da quella
riunione, il “pasticciaccio brutto” che poi abbiamo letto nel farraginoso
comunicato stampa: quella sorta di obbligo vaccinale alla coque fissato,
arbitrariamente, alla soglia dei 50 anni (non perché ci sia una qualche ragione
scientifica a favore, ma solo come prodotto di una mediazione con le resistenze
della Lega di Salvini e con le titubanze dei 5stelle), con una sanzione – i 100
euro – irrisoria per i ricchi (più o meno quanto spenderebbero per un
giornaliero in una stazione sciistica), feroce per i più poveri, e poverissimi
(il 20/25% di una pensione sociale). A cui si aggiunge l’assurda, cervellotica
normativa sulla scuola, con regole e conseguenze dei contagi diverse in ogni
ordine e grado, mentre buona parte dei tecnici, dai presidi ai medici di base
al CTS, andavano sostenendo l’opportunità del prolungamento delle vacanze
natalizie di qualche giorno, con la possibilità di ricuperare a giugno… Infine
il mantenimento di quella disposizione relativa alle quarantene, da cui
sarebbero dispensati i vaccinati o i guariti, ancor più arbitraria non
essendoci nessuna evidenza clinica sul fatto che costoro non siano contagiabili
né contagiosi, anzi essendocene a bizzeffe di opposte. E rappresentando di
fatto la rinuncia definitiva a qualsiasi tracciamento. L’unica ratio di
tutto ciò riguarda la volontà di preservare le attività economiche dal rischio
di rallentamento di fronte a un’ ondata che se si applicassero le regole decimerebbe
la forza lavoro, secondo quella che ormai sembra l’unica cifra delle
preoccupazioni del Governo, anzi del suo Capo: far quadrato intorno alla
priorità assoluta del business, sacrificando tutto il resto, o
comunque derubricandolo a questione secondaria. Riaffermare senza ombre di
incertezza, per il piacere delle orecchie di Carlo Bonomi e dei suoi, che business
must go!
Ho letto che Draghi, per affermare la propria linea intransigente sul Super
Green Pass contro le resistenze della Lega ha invocato la “difesa del Pil” (titolo di Repubblica on
line: Il Premier tira dritto “Difendiamo il Pil”). Non “Difendiamo la
salute” o, che so?, “Difendiamo la vita degli italiani”, il che sarebbe stato
apprezzabile. Difendiamo il Pil! La cosa mi colpì, per tanta esplicita
franchezza, ma a ben pensare quella è l’unica “ragione sociale” che ha portato
il blocco di potere che ha ripreso il pieno controllo del nostro Paese a
metterlo sugli altari. E che spinge, costi quel che costi, a mantenercelo.
Indifferenti al fatto che molte di quelle decisioni “pro cicliche”, chiamiamole
così, finiranno nel medio periodo per aggravare il male. Quel ritardo colpevole
nel dilazionare l’obbligatorietà della vaccinazione oltre il giusto, denunciato
da molti studiosi (“too little, too late” –
“troppo poco, troppo tardi”); la scelta di lasciar correre il virus
durante le feste; le tante misure da “liberi tutti” (si pensi al calcio e
agli stadi ma anche agli impianti sciistici)…, con tutto questo si ottiene il
risultato esattamente opposto. Ovvero quello di diffondere appunto l’epidemia
sopra soglie di non sostenibilità sociale. Ma quel che contava era dare
assicurazione ai propri stekeholders che ci si preoccupava dei
loro bilanci. E in parte anche – questione non secondaria – non scontentare i
“grandi elettori” in Parlamento, utili per la corsa al Quirinale. Terreno,
quest’ultimo, su cui, d’altra parte, sembra aleggiare la medesima vichiana
“eterogenesi dei fini” che porta spesso, soprattutto gli apprendisti stregoni
della politica, a ottenere con i propri atti risultati esattamente opposti a
quelli voluti.
E’ così che lo stato della nostra “società politica” appare, oggi, dopo un
anno di governo Draghi, ancora più disastrato di un anno fa (il che è tutto
dire!), con una sorta di guerra di tutti contro tutti che non è stata quietata
ma anzi si è radicalizzata dopo l’infelice conferenza stampa di fine anno, con la
Lega in non dichiarata fuga dalla maggioranza e nel contempo in competizione
con entrambi i soci di centro destra; i 5stelle (che, non dimentichiamolo,
dovrebbero essere gli azionisrti di maggioranza del Governo in quanto partito
di maggioranza relativa) in fase di ormai endemica dissoluzione, incapaci di
sia pur minime decisioni unitarie e quindi destinati alla parte di schegge
impazzite; il Pd zavorrato dal sottobosco parlamentare renziano e per questo
paurosamente oscillante a destra o a sinistra mentre il capitano di ventura
Renzi tresca a destra tout court.
Non stupisce che in questo caravanserraglio, nei sondaggi per il Quirinale
l’unico che svetta (con almeno una quindicina di punti di distacco) sia l’unico
che ha sempre detto di non volervi rimanere, ossia Sergio Mattarella, seguito
molto a distanza dallo stesso Draghi (che tuttavia più si legge la Costituzione
più si capisce che una sua eventuale elezione la destrutturerebbe gravemente –
si veda a questo proposito il documentatissimo articolo di Francesco Pallante) e da un Silvio
Berlusconi sconvolgentemente terzo, che con esplicito oltraggio del pudore, ha
il coraggio di proclamare “Dopo tutto quello che ho subìto in questo Paese, il
minimo è che io diventi Presidente” (La Stampa). E che scatena i suoi a
spararle sempre più grosse, sfidando ogni possibile senso della realtà, da chi
afferma senza vergogna che sarebbe l’unico capace di “unire il Paese” (sic!
Polverini: “eleggiamo Berlusconi per pacificare il Paese”) a chi lo proclama
spudoratamente “il Miglior candidato alla Presidenza” (Tajani, quello che non
si sa come ha presieduto il Parlamento europeo), disegnando il quadro di un
mondo alla rovescia, disertato da ogni sia pur minimo senso non dico della
morale, ma della dignità della politica. E di un governo prigioniero di tutti i
propri scheletri nell’armadio.
Ecco, a questo punto oggi è la notte. E personalmente non riesco a
sottrarmi all’impressione di stare assistendo, dal vero, a qualche scena
di Don’t look up. Con un dissennato retro pensiero di tifare per la
cometa Dibiasky…
https://volerelaluna.it/controcanto/2022/01/10/governo-dei-miracoli/
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