A quasi due anni dall’inizio della pandemia, ogni
qualvolta la diffusione della malattia supera una determinata soglia, è sempre
come fosse la prima. Il tracciamento dei contagi diventa impossibile, l’accesso
alla diagnostica tramite tamponi si fa complicatissimo, l’assistenza
territoriale risulta insufficiente, le attività ospedaliere slegate dal Covid
sono limitate agli interventi salva-vita, i mezzi di trasporto si trasformano
in luoghi di contagio privilegiato, su scuole e università aleggia la minaccia
della didattica a distanza.
Due anni sono lunghi. Se è evidente che la forza
d’impatto della pandemia era inizialmente imprevedibile, è altresì evidente che
le giustificazioni fatte valere allora, al tempo della prima ondata, non
possono più valere oggi, quando l’ondata che abbiamo innanzi è oramai la
quarta.
Due anni senza che nulla sia stato fatto per
potenziare strutturalmente il sistema sanitario, limitando l’ambito
d’intervento alle assunzioni pro-tempore. Due anni senza che nulla sia stato
fatto per decongestionare le scuole, lasciando invariato il numero delle classi
e disponendo i necessari distanziamenti solo ove possibile. Due anni senza che
nulla sia stato fatto per incrementare la capacità operativa dei trasporti
locali, inchiodati ai già inadeguati livelli precedenti al Covid.
Che fare, allora, di fronte all’impetuoso montare
della pandemia? Semplice. Basta stabilire per legge – al di là di ogni evidenza
scientifica – che i vaccinati con la terza dose, anche se con contatti diretti
di un contagiato, non vanno considerati a loro volta contagiosi, lasciandoli
liberi di circolare senza restrizioni. Niente isolamento, per loro. Tutti al
lavoro, tutti a fare acquisti, tutti all’aperitivo e a cena fuori. Vorremo mica
mettere in pericolo la ripresa del Pil?
E se il numero dei ricoverati supera la soglia
critica? Ancora più semplice. Come stabilito dal Dirmei (Dipartimento
interaziendale malattie ed emergenze infettive) della Regione Piemonte, basta
stabilire ex officio che malato di Covid non è chi risulta
positivo al test, bensì chi inoltre presenta «sintomatologia e diagnostica
compatibile con la malattia Covid». Ecco così che, come per magia, il 34 per
cento dei ricoverati negli ospedali piemontesi risultati positivi al virus non
è più affetto da Covid e, i 1.911 malati segnalati al ministero della Salute si
riducono a 1.262. Con il che, la percentuale di occupazione dei posti letto di
area medica scende dal 32,8 al 21,6 per cento e la zona arancione si allontana.
Insomma, l’Orwell (1984) de «la guerra è pace, la libertà è schiavitù,
l’ignoranza è forza» andrebbe aggiornato con un bel: «la malattia è salute».
Il fatto è che già si lavora alacremente per
dimenticare la pandemia e tornare all’età precedente. Altro che niente sarà più
come prima: come prima, più di prima!
Due questioni risultano particolarmente significative.
I documenti previsionali del Governo prevedono che nel
2024 la spesa sanitaria si attesterà, rispetto al Pil, a un livello inferiore
rispetto a quello del 2019. I numeri sono chiarissimi: dal 6,5% del 2019 si
scenderà al 6,3%. Una delle più basse tra i Paesi Ocse, sotto la soglia che
l’Oms considera il minimo perché un sistema sanitario possa realmente
funzionare. Ha ragione Arturo Scotto, definire Articolo 1 «sinistra sanitaria»
è del tutto fuori luogo. Ma non perché il movimento guidato da Speranza abbia
operato anche al di là dell’ambito sanitario: bensì, perché, pur avendo nello
stesso Speranza il ministro della Salute, non ha realizzato nessun cambiamento
strutturale nemmeno in ambito sanitario.
Contestualmente, Governo e Parlamento hanno deciso
l’incremento della spesa militare, che toccherà quest’anno il record di 26
miliardi di euro, con un incremento di quasi 5 miliardi rispetto al periodo
pre-pandemico. Compreremo nuove armi per 8 miliardi di euro, era davvero
necessario? È probabile che nessun cittadino italiano, nemmeno un elettore
della Lega o di Fratelli d’Italia, interrogato oggi su dove sia preferibile
investire le risorse pubbliche, se in armi o in ospedali, risponderebbe in
armi. Solo i mille asserragliati a Montecitorio e a Palazzo Madama potevano
rendere una simile decisione.
Così come solo loro potevano farsi sbugiardare
nientemeno che dal presidente di Confindustria sulla manovra fiscale. Nella
lettera di fine anno indirizzata agli iscritti, Bonomi bolla come un «paradosso
incredibile» l’aver destinato il taglio dell’Irpef ai redditi alti, anziché
concentrarlo a vantaggio di quelli medi e bassi. Sia pure da una diversa
prospettiva – non quella della giustizia sociale, ma quella dell’incremento dei
consumi a beneficio delle imprese – è una denuncia che coincide perfettamente
con quella proveniente dalla Cgil. Si tratta davvero di un «paradosso
incredibile»: quello di una classe politica così asservita a quelli che lei
stessa immagina essere i propri padroni da andare oltre ai loro stessi
desiderata, finendo paradossalmente per scontentarli. Quando si dice essere più
realisti del re…
Abbiamo a che fare con un potere sempre più chiuso nel
suo mondo e sempre meno connesso con la realtà. Una situazione che inizia a
fare paura.
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