«Un’ampia
privatizzazione è una grande, direi straordinaria, decisione politica che
scuote le fondamenta dell’ordine socio-economico, riscrive confini tra pubblico
e privato che non sono stati messi in discussione per quasi 50 anni, induce un
ampio processo di deregolamentazione, indebolisce un sistema economico in cui
sussidi alle famiglie e alle imprese hanno ancora un ruolo importante. […]
Consideriamo questo processo di privatizzazione accompagnata da
deregolamentazione inevitabile, perché innescata dall’aumento dell’integrazione
europea: l’Italia può promuoverla da sé, oppure essere obbligata dalla legislazione
europea. Noi preferiamo la prima strada». Era il 2 giugno 1992, e l’allora
Direttore generale del Tesoro Mario Draghi celebrava la festa della Repubblica
parlando così a bordo del panfilo Britannia, di proprietà della regina
Elisabetta (https://volerelaluna.it/controcanto/2020/03/29/draghi-lupi-faine-e-sciacalli/).
Ebbene, il
Draghi che – quasi trent’anni dopo, secondo il costume della gerontocrazia
italica – diviene presidente del Consiglio dei ministri è ancora perfettamente
coerente con quella visione, e con quello stile retorico: nel quale la
manifestazione della consapevolezza dei costi sociali della totale soggiacenza
della politica al mercato serve solo da premessa per una dichiarazione di
sedicente pragmatismo. Lo schema è sempre quello: «c’è un costo […] ma non ci
sono alternative». A dispetto degli infiniti laudatores che lo
vogliono keynesiano (la leggenda dell’«allievo di Caffè», tante volte smentita
dai veri eredi morali e culturali del grande economista), Draghi è un sincero e
trasparente sostenitore del TINA thatcheriano, cioè della convinzione che la
politica non abbia alcuna possibilità di scartare di lato rispetto al binario
unico disegnato dal mercato: per questo il suo approdo a Palazzo Chigi (e,
iddiononvoglia, al Quirinale: https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2021/12/31/perche-draghi-non-puo-andare-al-quirinale/) segna simbolicamente il tardivo
culmine di questa interminabile stagione liberista. È, di fatto, l’esaurimento
della democrazia: come ben comprende quella metà abbondante degli italiani che
ha smesso di andare a votare, prendendo atto della totale inutilità di quello
che appare ormai come un rito di una religione che non c’è più.
E se
mettiamo in fila anche solo alcuni dei provvedimenti di un anno (ancora
incompiuto) di Governo Draghi, è facile capire cosa comporti, nei fatti, questa
svolta simbolica.
Febbraio
Nel suo
discorso di investitura al Senato, il neo presidente del Consiglio Draghi
annuncia una riforma fiscale: quella che ‒ dice ‒ «segna in ogni Paese un
passaggio decisivo. Indica priorità, dà certezze, offre opportunità, è
l’architrave della politica di bilancio». Non dice cosa conterrà, ma cita due
esempi tra loro in contraddizione. La riforma di Bruno Visentini del 1973 (che
disegnava un fisco a ben 32 scaglioni, aderente alla «volontà di calibrare con
la massima attenzione l’intervento dello Stato sulle risorse dei cittadini,
distinguendo le singole posizioni concrete di ciascuno sin quasi nelle
sfumature. L’ideale di riferimento era senz’altro quello dell’uguaglianza in
senso sostanziale», nelle parole di Francesco Pallante), ma anche quella
recente della Danimarca, in cui «l’aliquota marginale massima dell’imposta sul
reddito veniva ridotta» (https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2021/02/22/le-tasse-la-progressivita-e-gli-infortuni-del-presidente-del-consiglio/). Come dire: saremo bravi come
Visentini, ma non alzeremo le tasse dei ricchi. Un’esegesi confermata dal
passaggio in cui Draghi annunciava che la riforma sarebbe stata fatta
«preservando la progressività»: visto che oggi la progressività di fatto non
c’è più. Poche ore dopo, il blog di Carlo Clericetti svelava che pressoché
tutta la parte del discorso di Draghi sulla riforma fiscale era stata presa di
peso (col taglia e incolla) da un articolo dell’economista ultraliberista
Francesco Giavazzi uscito il 30 giugno precedente sul Corriere della
sera (https://clericetti.blogautore.repubblica.it/2021/02/18/si-scrive-draghi-si-pronuncia-giavazzi/). Una notizia clamorosa, perché
metteva a nudo la cialtroneria di quello che viene subito ribattezzato il
Governo dei Migliori, e contemporaneamente ne denunciava la matrice ideologica.
La riforma fiscale, che arriverà nella legge di stabilità approvata il 30
dicembre, starà assai più dalla parte della Danimarca che non da quella di
Visentini. Le aliquote scendono da 5 a 4: con un altro passo verso la
flat tax voluta dalla Lega, e dunque allontanandosi ancora dalla progressività
fiscale prescritta dalla Costituzione. Un regalo ai benestanti: secondo l’Ufficio
parlamentare di bilancio, per esempio, le famiglie dei dirigenti risparmieranno
368 euro in media all’anno mentre agli operai ne andranno solo 162. Il
risparmio medio annuo per i redditi tra 42 e i 54 mila euro sarà di 765 euro.
Al 3,3% dei contribuenti più ricchi andrà ben il 14,1 per cento dei 7 miliardi
del taglio fiscale, dal quale non avrà invece alcun beneficio il 20%
rappresentato dalle famiglie più povere (https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2021/11/29/il-taglio-delle-imposte-sul-reddito-ovvero-il-trionfo-della-disuguaglianza/) . Proprio contro questa riforma,
oltre che contro la precarizzazione del lavoro, si schierano la Uil e la Cgil,
che spiega come questa riforma «premia le fasce di reddito superiori ai 40.000
euro, dedicando alle altre benefici irrisori in termini assoluti e relativi.
[…] In uno scenario di gravissima crisi economica, con una pandemia che non
accenna ad allentare la sua morsa sul tessuto sociale del Paese, ci saremmo
aspettati una riforma del fisco coraggiosa, attenta alle fasce più vulnerabili
della popolazione e progressiva, dove chi ha di più contribuisce in misura
maggiore e chi ha di meno riceve in misura maggiore. Oggi, invece, il Governo
spreca l’opportunità di investire su una seria riforma del Fisco dando tanto a
chi ha già tanto e poche briciole a chi stenta ad arrivare a fine mese».
Marzo
Draghi
affida il «governo della peste» al medagliatissimo generale degli alpini
Francesco Paolo Figliuolo, a suggellare simbolicamente l’uso della metafora
della guerra applicata alla pandemia. «Stringiamci a coorte», ripete un
Figliuolo costantemente in mimetica, citando l’inno di Mameli: nessun conflitto
è consentito, e nemmeno una seria critica, sempre sospetta di intelligenza col
nemico (il virus). La vaccinazione procede (come in tutti gli altri paesi
paragonabili al nostro), ma nulla viene fatto per i trasporti o l’edilizia
scolastica, mentre il Governo non si decide a imporre l’obbligo vaccinale (sul
quale la Lega fa muro) e ricorre invece a un Green Pass sempre più
contraddittorio e iniquo (https://volerelaluna.it/societa/2021/09/20/tutti-pazzi-per-il-green-pass-e-lobbligo-vaccinale/) . Qualche mese dopo, nel
largamente previsto picco invernale dei contagi, il caos dei tamponi, il
definitivo abbandono del tracciamento e la scelta di rinunciare a regole
stringenti sanciranno platealmente il fallimento del generale. Tra Natale e
Capodanno il bomba libera tutti: il Governo dei Migliori rinuncia a governare
la pandemia. Tra le varie tappe di questa resa si può rammentare l’abbandono
del distanziamento nelle scuole. A settembre le “Domande frequenti del
Ministero dell’Istruzione in tema di organizzazione dell’attività scolastica”
suonano così: «È necessario mantenere sempre la distanza interpersonale di
almeno un metro? A scuola è sempre raccomandato il rispetto della distanza di
sicurezza interpersonale di almeno un metro, salvo ove le condizioni
strutturali-logistiche degli edifici non lo consentano» (https://volerelaluna.it/controcanto/2021/09/27/la-scuola-e-gli-obblighi-flessibili-del-ministro-bianchi/). Le «condizioni
strutturali-logistiche degli edifici» sono esattamente ciò di cui il Governo
Draghi e il suo ministro Bianchi avrebbe dovuto occuparsi (insieme a quelle dei
trasporti pubblici, della numerosità delle classi, dei tempi e dei modi di assegnazione
delle cattedre…). Non avendo cambiato quelle condizioni, i Migliori decidono di
cambiare le regole: è, per i ragazzi, il segno di un rompete le righe che avrà
nei mesi successivi pesanti conseguenze dirette e indirette).
Aprile
Esce il
Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2021/12/07/dove-ci-porta-il-piano/). Un piano nato per contenere i
danni di un disastro sanitario stanzia 25,13 miliardi per le Grandi Opere, e
solo 15,63 per la salute! E tra le Grandi Opere non c’è traccia dell’unica
utile: la messa in sicurezza del territorio. Il Piano destina alle “Misure per
la gestione del rischio di alluvione e per la riduzione del rischio
idrogeologico” 2,49 miliardi, meno di un decimo di quanto regalato al cemento
delle nuove infrastrutture. Il decreto “semplificazioni” che costruisce
la governance del PNRR è un manifesto di ideologia del
“maniliberismo”. Il nucleo ideologico è tutt’altro che nuovo: dalla Legge
Obiettivo di Berlusconi allo Sblocca Italia di Renzi sappiamo bene come si
costruiscono procedure speciali, commissariamenti, silenzi-assensi per aggirare
istituzioni e regole in nome di urgenze eccezionali e interessi strategici.
Nella “variante Draghi” generata dal virus delle semplificazioni, la tutela del
paesaggio e del patrimonio storico e artistico viene fatta a pezzi: si crea per
la prima volta l’aberrazione di una Soprintendenza speciale incardinata a Roma
cui demandare tutti i progetti del PNRR che riguardano più di una
soprintendenza (ma volendo anche gli altri), anche avvalendosi di “esperti”
esterni (lautamente pagati e dunque forse non così severi verso i progetti dei
datori di lavoro). In ogni caso, l’eventuale “dissenso” delle soprintendenze
superstiti sarà “risolto” direttamente in Consiglio dei Ministri.
Maggio
Il
segretario del Pd Enrico Letta formula una timidissima proposta di
redistribuzione della ricchezza, seppur non condivisibile nell’idea di sfociare
nel solito bonus: egli propone di costituire una “dote” per i diciottenni
aumentando la tassa di successione sui patrimoni sopra il milione di euro,
chiedendo così «alla parte più ricca della popolazione, l’1%, di dare un
contributo ai giovani» Troppo poco, troppo tardi: eppure anche questa inezia è
sentita da Draghi come una minaccia (https://volerelaluna.it/controcanto/2021/05/24/letta-alla-destra-di-einaudi-draghi-alla-destra-di-letta/). Con inconsueta durezza, il
presidente del Consiglio replica a Letta che «non ne abbiamo mai parlato, non è
il momento di prendere i soldi ai cittadini, ma di darli. L’economia è ancora
in recessione». Già, ma darli a chi, a quali cittadini? Lo si capirà fin troppo
bene nei mesi successivi. All’inizio di dicembre, per esempio, Draghi propone
«di congelare per un anno lo sgravio Irpef sui redditi sopra i 75 mila euro,
così da spostare risorse contro il caro bollette e venire incontro alle
richieste dei sindacati per un maggiore equilibrio tra redditi alti e bassi»
(così la Repubblica, il più draghiano dei giornali). Ma la Lega non
ci sta e Draghi, che tratta il Parlamento come uno scendiletto (35 voti di fiducia
in 11 mesi…) e non si cura della collegialità dello stesso Consiglio dei
Ministri, qua invece accetta di esser messo in minoranza. E così i soldi non si
danno ai più poveri, ma ai più ricchi: come conferma la proroga del bonus
facciate deciso dal Governo, che regala 5 miliardi ai proprietari di casa in un
Paese senza diritto alla casa.
Giugno
Secondo i
dati INPS, un terzo dei nuovi contratti di lavoro del primo semestre 2021 sono
precari (e la grande maggioranza di essi è comunque al nord, e destinato a
maschi). La sospensione del Decreto Dignità decisa da Draghi apre la porta a un
allungamento della precarietà. A settembre, i nuovi dati confermeranno: il
lavoro dell’èra Draghi è un lavoro di precari, gli occupati a termine crescono,
sforando quota 3 milioni.
Luglio
Dal 1°
luglio il Governo rimuove il blocco dei licenziamenti nell’industria e
costruzioni (per tutti gli altri lo farà poi dal 1° novembre), aprendo le porte
a chiusure traumatiche come quella della GKN a Firenze. Lo fa senza varare la
promessa riforma degli ammortizzatori sociali, che arriverà solo dal 1° gennaio
2022, e che sarà così giudicata dalla CGIL: «L’intervento che vediamo nella
Legge di Bilancio non è la riforma strutturale che noi, spesso in solitudine,
auspicavano. Rimangono più gestioni (Cigo, Fis, fondi bilaterali e fondi
bilaterali alternativi), permangono differenziazioni nella durata delle
prestazioni e, cosa che per la Cgil è la principale preoccupazione, non è
sufficiente a proteggere il lavoro nella gestione dei grandi processi di
riconversione ambientale, energetica, digitale». Insomma: i licenziamenti sono
concreti, gli ammortizzatori non lo sono.
Nello stesso mese di luglio, Draghi rinnova gli accordi con la Libia:
aumentando di mezzo milione di euro il nostro finanziamento ai torturatori
delle carceri e ai cacciatori di migranti nelle acque del Mediterraneo. Il
terzo comma dell’articolo 10 della Costituzione («Lo straniero, al quale sia
impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche
garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della
Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge») è clamorosamente
calpestato anche dai Migliori, che su quella Costituzione hanno giurato. In
aprile, durante il suo viaggio “d’affari” a Tripoli, Draghi aveva detto
testualmente: «Sul piano dell’immigrazione noi esprimiamo soddisfazione per
quello che la Libia fa nei salvataggi e nello stesso tempo aiutiamo e
assistiamo la Libia…» (https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2021/04/09/draghi-in-libia-nulla-e-cambiato-rispetto-alla-linea-minniti-salvini/). Soddisfazione per le torture: il
Governo dei Mostri.
Agosto
Il ministro
per le Infrastrutture sostenibili (quale ironia!) Enrico
Giovannini annuncia alla Camera che il Ponte sullo Stretto di Messina (cavallo
di battaglia di Berlusconi e poi di Renzi) è nell’agenda del Governo Draghi:
«“Per dar seguito all’impegno del Governo, si dovrebbe procedere con la
redazione di un progetto di fattibilità tecnica ed economica per le due opzioni
evidenziate”. Lo ha detto il ministro delle infrastrutture e mobilità
sostenibili, Enrico Giovannini, in audizione alle commissioni riunite Ambiente
e Trasporti della Camera sull’attraversamento stabile dello Stretto di Messina.
“La prima fase potrebbe concludersi entro la primavera del 2022 per avviare un
dibattito pubblico e pervenire una scelta condivisa e evidenziare nella legge
di bilancio 2023 le risorse”» (La Stampa, 5 agosto 2021). Un’opera
ciclopica in un punto a elevatissimo rischio sismico: un imbuto colossale che
immetterebbe in una Sicilia dalla viabilità medioevale, e che in ogni autunno
si sgretola in frane e alluvioni. Il simbolo più potente di una classe
dirigente irresponsabile (https://volerelaluna.it/materiali/2021/06/17/il-ponte-sullo-stretto-di-messina-un-progetto-insostenibile-e-devastante/).
Settembre
Il Governo
vara la riforma della Giustizia. Invece di fornire i mezzi necessari a rendere
giustizia, la ministra Cartabia immagina una mannaia che cade
indiscriminatamente e arbitrariamente sui processi “troppo lunghi” (https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2021/07/26/la-riforma-della-giustizia-penale-e-il-nodo-della-prescrizione/). Non solo: il Parlamento dovrà
fissare le linee guida in base alle quali le procure dovranno decidere la scala
di priorità dei reati da perseguire, mettendo così fine alla obbligatorietà
dell’azione penale e anche alla indipendenza della magistratura. Si realizza
così un antico sogno di demolizione della Costituzione.
Ottobre
9 ottobre:
manifestazione no vax a Roma. La sicurezza – coordinata dal prefetto
Piantedosi, già capo di gabinetto di Salvini agli Interni – non impedisce ai
neofascisti di Forza Nuova di dare l’assalto alla sede centrale della CGIL. Non
basta neanche questo a strappare al Governo e a Draghi una qualunque
professione di antifascismo. E nonostante che l’articolo 3 della Legge Scelba
consenta al Governo di sciogliere Forza Nuova, e nonostante l’enormità dei
fatti, la pressione della Lega è sufficiente a salvare questa ennesima
reincarnazione del Partito Fascista, nel silenzio indecente dei vertici della Repubblica.
In compenso, all’inizio di novembre la ministra dell’Interno vara una circolare
che contrae in modo inaudito il diritto a manifestare, applicando nel modo
peggiore i pessimi decreti sicurezza Salvini-Conte. Risultato finale:
criminalizzazione del dissenso, e meno libertà per tutti (https://volerelaluna.it/commenti/2021/12/21/informazione-e-diritto-di-manifestare-al-tempo-della-pandemia/). Comparativamente, i fascisti sono
quelli trattati meglio.
Novembre
Chiara
Saraceno, presidente del comitato scientifico per la valutazione del reddito di
cittadinanza, dichiara: «Trovo deprimente che il Governo continui ad avallare
la narrazione che i percettori del reddito rifiutano il lavoro e preferiscono
restare a casa, oppure che vengano inaspriti i controlli per limitare i
cosiddetti “furbetti”. Se agisce solo su questi due fronti, vuol dire che non
tiene conto del dato empirico più importante: l’offerta di lavoro è scarsa,
praticamente assente per i beneficiari del reddito di cittadinanza». Il Governo
stabilisce che chi rifiuta lavori offertigli in qualunque parte del territorio
nazionale, non importa quanto lontano dalla residenza, perde il reddito di
cittadinanza: svuotando così quest’ultimo della sua principale funzione, che è
quella di contrastare lo schiavismo, il baratto tra dignità di vita e un lavoro
purchessia.
Nello stesso mese, il disegno di legge sulla concorrenza e il mercato prevede
che il Comune che non intenda privatizzare i servizi pubblici essenziali dovrà
fornire «una motivazione anticipata e qualificata che dia conto delle ragioni
che giustificano il mancato ricorso al mercato». Il trionfo dell’ideologia,
ormai una religione: l’eretico che ancora crede nel pubblico dovrà
giustificarsi, difendersi, e quasi sempre vedersi costretto all’abiura (https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2021/11/12/il-disegno-di-legge-concorrenza-ovvero-la-festa-delle-privatizzazioni/).
Ancora in novembre, l’ineffabile ministro alla transizione ecologica Roberto
Cingolani torna a scagliarsi contro Greta Thunberg: «È troppo semplicistico
dire che tutti non stanno facendo nulla, ci sono sicuramente dei ritardi.
Questa è la più grande sfida che l’umanità si trova ad affrontare. Non ci sono
libri o regole già scritte. Il problema è un po’ più complicato del blablabla».
E così, in nome della complessità e della sostenibilità, poche settimane dopo,
Cingolani spiega agli studenti: «Il nucleare è il futuro. Le nuove centrali
saranno la soluzione a tutti i problemi». Amen (https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2021/09/13/riecco-il-nucleare/).
Dicembre
All’indomani
di uno sciopero generale a cui una stampa sempre più incredibilmente servile
mette il silenziatore (https://volerelaluna.it/controcanto/2021/12/11/sullo-sciopero-generale-lo-sciopero-generale-annucbenedetto-sia-il-conflitto/), il Governo – senza alcuna non
dico concertazione, ma nemmeno consultazione, dei sindacati – vara il “decreto
antidelocalizzazione”, che è di fatto una proceduralizzazione dei
licenziamenti, attraverso la quale una qualunque multinazionale può trasferire
le attività produttive fuori dal nostro Paese solo pagando, e pagando cifre
irrisorie. Precludendo così il ricorso al tribunale – quello che, per esempio,
è stato invece risolutivo nel noto caso della GKN. Del resto, è solo “capitale
umano” – espressione che Mario Draghi non cessa di ripetere: nel “mercato del
lavoro” la merce sono i lavoratori, e per disporne liberamente basta fissare il
giusto prezzo. Se questi sono i lavoratori italiani, figuriamoci i migranti:
mentre scrivo la Sea Watch 3, con 440 migranti a bordo, è ancora in attesa di
sbarcare in un porto sicuro, secondo una trafila di umiliazioni e ostilità che
rispetto ai tempi di Salvini ministro è solo meno celebrata.
Quel che,
alla fine del 2021, appare dunque drammaticamente chiaro è che tra la destra
economica, sociale e politica del Governo Draghi e l’estrema destra del Governo
che verrà non ci sarà soluzione di continuità. Ma solo un infinito scivolamento
verso l’antitesi stessa della Costituzione della Repubblica.
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