Non in mio nome. Per piacere, da vaccinato, vi chiedo di non giustificare
politiche sanitarie dispotiche e repressive usando l’argomento della tutela
della mia salute. La metafora fuorviante della “guerra al virus” sta dando i suoi frutti
avvelenati. Non sono i renitenti, i disertori, gli obiettori di coscienza e
nemmeno gli “imboscati” che pregiudicano la “causa comune” complottando con il
“nemico”. Piuttosto sono i generali dello stato maggiore che preferiscono
indirizzare l’attenzione verso facili obiettivi di comodo piuttosto che
affrontare le cause profonde della disfatta socio-sanitaria-ecologica in
atto. Le pandemie da zoonosi, che diventeranno sempre più endemiche (a
causa della evoluzione dei virus per adattarsi alle specie ospitanti, spillover),
sono la inevitabile reazione (feedback) delle forze della natura alla
vera guerra che la megamacchina termo-industriale ha lanciato alla Terra
distruggendo habitat naturali, rompendo equilibri vitali millenari, liberando
virus e batteri dalle loro nicchie ecologiche. È esattamente lo stesso
meccanismo dell’anidride carbonica che modifica la composizione chimica
dell’atmosfera, delle molecole di sintesi non biodegradabili che avvelenano gli
oceani ed entrano nelle catene trofiche, di tutte le altre forme di
inquinamento (chimico, radioattivo, elettromagnetico …) che stanno producendo
la “sesta estinzione di massa” delle forme di vita animale e vegetale sulla
Terra. Un vero biocidio. Domando agli scienziati della vita, biologi e virologi
compresi: che strategie consigliate ai vostri governanti per riuscire a tenere
separati i microrganismi patogeni da quelli che sostengono la vita (compresa la
nostra) da tre miliardi di anni prima della comparsa della nostra specie?
Mi si obietterà che non c’è tempo per pensieri lunghi, per imbastire
cambiamenti profondi e duraturi. Siamo in presenza – si dice – di una
urgenza che impone azioni reattive emergenziali. Il “subdolo nemico” – che però
i virologi conoscevano da anni – ci ha presi alla sprovvista. Dobbiamo
difenderci. Poi (speriamo) si penserà alla prevenzione primaria e ai piani
pandemici. I vaccini servono se non altro a mitigare l’impatto più letale di
questo virus. Un rapido calcolo matematico dei rischi sanitari (effetti avversi
oggi conosciuti) in rapporto ai risultati statistici attesi, ed economico,
costi dei vaccini in confronto ad altre strategie possibili di contenimento
della circolazione del virus (lockdown estesi, maggiori cure domiciliari
personalizzate, miglioramento delle difese immunitarie individuali, ecc.),
conferma che la strada giusta è quella della vaccinazione di massa permanente.
Questo chiede l’“etica della responsabilità” che – da Creonte fino a
Machiavelli e Max Weber – deve guidare principi, re e capi di governo. Gli
interessi della maggioranza devono prevalere sulle convinzioni personali dei
singoli individui, quali che siano. Principio condivisibile quando le azioni
dei singoli dovessero mettere in pericolo le libertà fondamentali di tutti/e.
Ma siamo davvero in questa situazione? E, se anche i “non vaccinati” fossero
mediamente più contagiosi dei vaccinati e se le loro affezioni pesassero sulle
strutture sanitarie in modo da pregiudicarne il funzionamento, la loro repressione
e punizione (economica, amministrativa, giudiziaria …) sarebbe davvero la
soluzione più efficace? Alla base della obbiezione ai vaccini vi sono
molteplici e molto diverse motivazioni. Se davvero si crede che sia
necessario superarle, allora bisognerebbe ascoltarle, prenderle in
considerazione sul serio e tentare di argomentare delle risposte di merito,
diversificate. Non basta appellarsi alla scienza, quando la scienza è
costellata da “scienziati in affitto” che per decenni l’hanno screditata
negando gli effetti cancerogeni del tabacco, la tossicità dei pesticidi,
l’effetto serra dei gas climalteranti, le controindicazioni di molti farmaci
prodotti dalle stesse Big Pharma che oggi si presentano come salvatrici del
mondo. Se davvero i governi volessero superare queste diffidenze e questi
retropensieri basterebbe fare come fece Albert Bruce Sabin, inventore del
vaccino antipolio: rinunciare al brevetto, rendere di pubblico
dominio le ricerche e l’accesso universale ai ritrovati della scienza, evitare
monopoli e facili guadagni privati sulla salute di tutti/e. Scommetto che se ci
fosse un vaccino pubblico le ritrosie sarebbero molto minori. Non basta
nemmeno affidarsi ad un’idea astratta di diritto, quando le corti dei tribunali
non sanno trovare i colpevoli delle stragi sul lavoro, ambientali, politiche.
L’autorevolezza delle autorità costituite (scusate il bisticcio) non è
divisibile. Quel 50 per cento della popolazione che non va più a votare
dovrebbe pur dire qualche cosa.
Ma poi ci sono obbiezioni di principio, che vanno oltre le paure sugli
effetti indesiderati sulla propria salute e che sono – io ritengo –
insuperabili. Forse il Governo dei migliori non lo sa, ma c’è chi, per
convinzioni etiche e/o religiose, non usa abitualmente sul proprio corpo ritrovati
di sintesi o di derivazione (e sperimentazione) animale. Il pensiero e
i comportamenti antispecisti e vegani – da Pitagora a Gandhi, da Spinoza a
Tolstoj, da Leonardo da Vinci a Einstein – hanno qualche millennio di
tradizione e non credo che un DPCM di Draghi possa fare cambiare idea
ai loro seguaci. Gli arrestiamo tutti e gli sottoponiamo a “rieducazione”
tramite alimentazione forzata a base di lardo e mortadella? Minoranze,
si dirà. Per l’appunto. E il rispetto della loro scelta esistenziale
(qualsiasi sia la loro motivazione) che distingue una democrazia piena
(convivenza paritaria tra tante minoranze) da tutte le altre forme di governi
dispotici e autoritari.
Da meditare...
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