giovedì 27 gennaio 2022

due racconti di Haruki Murakami

La strana biblioteca – Haruki Murakami

(illustrazioni di Lorenzo Cecotti)


Una storia misteriosa, sul mistero della letteratura e sui percorsi delle storie, sui pericoli e le scoperte, su connessioni e guide.


 

 

La prima cosa che deve fare il lettore è dimenticarsi, sin dalla prima pagina, che questo sia un romanzo o un racconto; è più sensato dire che questa è una vera e propria favola. Qui, più che parlare di trama o di personaggi, sarebbe più giusto parlare di un viaggio psicologico che un estraneo può fare dentro la mente di un lettore. Uno studente, un ragazzo, che si reca nella biblioteca e a cui piace moltissimo leggere: questa non è l’esatta descrizione di qualunque persona che ama la lettura? Certo che sì! Ed è da questo concetto di base che bisogna partire, per poter comprendere fino in fondo ciò che Murakami vuole dirci. 

L’autore, semplicemente, con un racconto fantastico tenta di mettere nero su bianco ciò che succede a tutti i lettori dal momento in cui aprono un libro e iniziano una nuova avventura. Cosa succede allora nella mente di un lettore mentre legge? Questa considerazione cambia da lettore a lettore. Nel caso del protagonista di questa opera, la voglia di leggere e di “isolarsi” ha un riscontro drammatico che però spetta al lettore capire.

La cosa certa è che questo meccanismo, nonché la voglia con cui il protagonista cerca e legge libri, addirittura in un momento di pericolo, rinchiuso dentro una cella, chi più e chi meno, interessa ogni appassionato di libri...

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La recensione de La strana biblioteca di Haruki Murakami  del Washington Post è senz’altro positiva Joseph Peschel la giudica una divertente novella per ragazzi, perfetta per giovani tra i 10 e i 13 anni, ma anche accattivante per gli adulti amanti dei libri fantasiosi.

Nella recensione de La strana biblioteca Peschel definisce il nuovo libro come una storia surreale e ammaliante, che si legge rapidamente. “A volte Murakami si lascia prendere da attacchi di eccessiva giocosità”, commenta Peschel, “ma che scriva per gli adulti o per i ragazzi, rimane un fantastico e avvincente scrittore”.

 

La recensione de La strana biblioteca di Alan Cheuse per NPR è parimenti molto positiva. Per Cheuse il libro stesso si trasforma nel corso della lettura, diventando una dimostrazione “di come sia possibile sublimare se stessi fuori dal reame dell’ordinarietà permettendo alle frasi di trasportarci in un universo alternativo”. Questo “misterioso piacere” che si genera nel leggere Murakami, “forse sarà spiegato da qualche studioso, un giorno”, con schemi che permettano di comprendere le varie influenze presenti in Murakami, dalla tradizione narrativa giapponese agli “effetti speciali” importati dalla letteratura americana, ma Cheuse sottolinea come questo sia di importanza secondaria rispetto al piacere immediato che si ottene durante la lettura dell’ultimo, ipnotico lavoro dello scrittore giapponese.

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Si tratta di un libro stranissimo.

A metà fra un racconto dell’orrore e una fiaba stile Grimm, anziché parlare del “potere della lettura” – come millanta il retro di copertina – o invogliare le persone ad andare in biblioteca – come ipotizzavo potesse fare un libro con un tale titolo – trasforma la biblioteca (anzi, tutte le biblioteche) in un luogo dell’orrore, in cui succhiano il cervello alle persone per acquisire conoscenza.

Il tono è onirico, la morale poco chiara, le illustrazioni inquietanti quanto il testo.

Vi è, nella narrazione, un sicuro intento metaforico (forse addirittura filosofico), che però mi è completamente oscuro.

Una sorta di fiaba noir, horror, in cui non è chiara quale sia l’oggetto del desiderio né le motivazioni dell’antagonista o degli aiutanti.

Sono molto confusa: il libro non mi ha aiutato a formulare un giudizio sull’autore e avanzo l’ipotesi (impietosa, lo so) che se un libro simile fosse stato proposto all’editore da un autore non altrettanto famoso non sarebbe mai stato pubblicato.

D’altro canto, ora sono quasi “costretta” a leggere qualcos’altro di questo rinomato autore, se non altro per capire le ragioni di tanta fama.

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Abbandonare un gatto - Haruki Murakami

(illustrazioni di Emiliano Ponzi)


i gatti ci sono all'inizio e alla fine del racconto, ma non sono i protagonisti.

si parla dei rapporti fra lo scrittore e il padre, su quanto non si sono parlati, sul dramma della guerra, per i morti e per i vivi.

e della curiosità e paura sulla (possibile) partecipazione dwl padre al massacro di Nanchino.



 

Malinconia. Ci sono tanti non detti in questo libro. C’è la frustrazione di un figlio che non può più fare le domande a un genitore, c’è il rimpianto di non essere stato in grado di compiacere il padre e tantissime di quelle sensazioni che chi ha perso un genitore ha provato.

Pensiamo sempre di avere tempo per sistemare le cose, crediamo faremo in tempo a correggere, indagare, conoscere i genitori… ma non è così.

Il mio primo incontro con Murakami è stato piacevole e non ho trovato quella freddezza che mi sarei aspettata. Certo, lo stile è molto asciutto ma in questo caso, forse anche per la brevità del racconto, non mi ha infastidito.

Consigliato per chi vuole conoscere questo autore, per chi non rinuncia a una storia a colori, per chi ha voglia di uscire dalla propria “comfort zone”.

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…Capita a molti di non aver fatto le domande giuste quando i genitori erano in vita. Dopo è troppo tardi. Lui avrebbe voluto chiedergli qualcosa sulla sua attività militare. Ad esempio se aveva preso parte al massacro di Nanchino nel 1937, all’inizio della guerra sino-giapponese. Fu una delle pagine più bestiali della storia dell’umanità con trecentomila cinesi massacrati quasi per divertimento. Una ricostruzione a posteriori dello stato di servizio del padre avrebbe escluso, se non altro, la partecipazione a quell’episodio, con grande sollievo di Haruki. Murakami Chiaki salvò la pelle e si congedò nel 1944 a guerra in corso. Il peggio per il Giappone doveva ancora venire. Fu un ufficiale a rispedirlo a casa, dove si iscrisse all’università imperiale di Kyōto, salvo poi essere richiamato nel 1945. Era un grande appassionato di haiku che componeva assiduamente.
I rapporti tra i due si sono interrotti quando Murakami aveva trent’anni ed era già uno scrittore di successo: Non ho intenzione di dilungarmi su questi attriti tra padre e figlio – rischierei di andare per le lunghe e di fare un discorso troppo intimo -, basterà l’avervi accennato. Solo negli ultimi giorni di vita, al capezzale del padre, si è riaperto un dialogo impacciato e i due sono arrivati a qualcosa di simile a una riconciliazione.
Raccontando la vita del padre e le ricerche postume che aveva fatto, Murakami Haruki ha compiuto un atto d’amore nei suoi confronti. Il messaggio che ci vuole lasciare è che tutto è sempre frutto del caso e che noi esseri umani consideriamo sempre un destino eventi che dipendono solo dal caso.
Comunque sia, quello che volevo dire con questo testo è una cosa sola: sono il figlio qualunque di un uomo qualunque.
Abbandonare un gatto è anche, e forse soprattutto, un libro illustrato, grazie ai colorati disegni di Emiliano Ponzi, artista visuale tra i più apprezzati al mondo. Le sue illustrazioni danno un senso a tutto il libro.

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Ecco tre buoni motivi per leggerlo:

Perché non è un romanzo, è un breve memoir. È un Murakami inedito che parla di suo padre, della sua storia, del suo rapporto con lui, di come si sono interrotti lentamente i contatti, un modo per omaggiarlo dopo la sua scomparsa, nonostante tanti anni di silenzio. Tutti questi ricordi, sostiene lo scrittore, gli sono rimasti a lungo come una spina in gola. Fino a quando, per caso, si è rammentato un aneddoto relativo a un gatto: allora qualcosa si è sbloccato, e gli ha permesso finalmente di esprimere su carta i propri sentimenti in un racconto toccante e sincero.

Ma perché leggere un libro che, tutto sommato, parla degli affari dell’autore? Ovviamente per come viene raccontato: le riflessioni di Murakami – intrise di quella delicatezza tipica della letteratura giapponese – partono dalla sua storia privata ma finiscono per diventare universali, a ogni capitolo c’è qualche spunto per pensare alla storia (e al dovere di proseguirla), alla famiglia, alla guerra, al destino.

Si legge davvero in pochissimo tempo, qualche ora, e parla di episodi diversi: è una lettura facile e ideale per quando si va in giro, poco più di 70 pagine rese fresche anche dalle illustrazioni di Emiliano Ponzi, uno degli illustratori italiani più premiati al mondo.

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