La strana biblioteca – Haruki Murakami
(illustrazioni di Lorenzo Cecotti)
Una storia misteriosa, sul mistero della letteratura e sui percorsi delle storie, sui pericoli e le scoperte, su connessioni e guide.
La prima cosa che deve fare il
lettore è dimenticarsi, sin dalla prima pagina, che questo sia un romanzo o un
racconto; è più sensato dire che questa è una vera e propria
favola. Qui, più che parlare di trama o di personaggi, sarebbe più giusto
parlare di un viaggio psicologico che un estraneo può fare dentro la mente di
un lettore. Uno studente, un ragazzo, che si reca nella biblioteca e a cui
piace moltissimo leggere: questa non è l’esatta descrizione di qualunque
persona che ama la lettura? Certo che sì! Ed è da questo concetto di base che
bisogna partire, per poter comprendere fino in fondo ciò che Murakami vuole dirci.
L’autore, semplicemente, con un racconto fantastico
tenta di mettere nero su bianco ciò che succede a tutti i lettori dal momento
in cui aprono un libro e iniziano una nuova avventura. Cosa succede allora nella mente di un lettore mentre legge? Questa
considerazione cambia da lettore a lettore. Nel caso del protagonista di questa
opera, la voglia di leggere e di “isolarsi” ha un riscontro drammatico che però
spetta al lettore capire.
La cosa certa è che questo meccanismo, nonché la
voglia con cui il protagonista cerca e legge libri, addirittura in un momento
di pericolo, rinchiuso dentro una cella, chi più e chi meno, interessa ogni
appassionato di libri...
La recensione de
La strana biblioteca di Haruki Murakami del Washington Post è
senz’altro positiva Joseph Peschel la giudica una divertente novella per
ragazzi, perfetta per giovani tra i 10 e i 13 anni, ma anche accattivante per
gli adulti amanti dei libri fantasiosi.
Nella
recensione de La strana biblioteca Peschel definisce il nuovo libro come una
storia surreale e ammaliante, che si legge rapidamente. “A volte Murakami si
lascia prendere da attacchi di eccessiva giocosità”, commenta Peschel, “ma che
scriva per gli adulti o per i ragazzi, rimane un fantastico e avvincente
scrittore”.
La
recensione de La strana biblioteca di Alan Cheuse per NPR è
parimenti molto positiva. Per Cheuse il libro stesso si trasforma nel
corso della lettura, diventando una dimostrazione “di come sia possibile
sublimare se stessi fuori dal reame dell’ordinarietà permettendo alle frasi di
trasportarci in un universo alternativo”. Questo “misterioso piacere” che si
genera nel leggere Murakami, “forse sarà spiegato da qualche studioso, un
giorno”, con schemi che permettano di comprendere le varie influenze presenti
in Murakami, dalla tradizione narrativa giapponese agli “effetti speciali”
importati dalla letteratura americana, ma Cheuse sottolinea come questo sia di
importanza secondaria rispetto al piacere immediato che si ottene durante la
lettura dell’ultimo, ipnotico lavoro dello scrittore giapponese.
Si tratta di un
libro stranissimo.
A metà fra un
racconto dell’orrore e una fiaba stile Grimm, anziché parlare del “potere della
lettura” – come millanta il retro di copertina – o invogliare le persone ad
andare in biblioteca – come ipotizzavo potesse fare un libro con un tale titolo
– trasforma la biblioteca (anzi, tutte le biblioteche) in un luogo dell’orrore,
in cui succhiano il cervello alle persone per acquisire conoscenza.
Il tono è
onirico, la morale poco chiara, le illustrazioni inquietanti quanto il testo.
Vi è, nella
narrazione, un sicuro intento metaforico (forse addirittura filosofico), che
però mi è completamente oscuro.
Una sorta di
fiaba noir, horror, in cui non è chiara quale sia l’oggetto del desiderio né le
motivazioni dell’antagonista o degli aiutanti.
Sono molto
confusa: il libro non mi ha aiutato a formulare un giudizio sull’autore e avanzo
l’ipotesi (impietosa, lo so) che se un libro simile fosse stato proposto
all’editore da un autore non altrettanto famoso non sarebbe mai stato
pubblicato.
D’altro canto,
ora sono quasi “costretta” a leggere qualcos’altro di questo rinomato autore,
se non altro per capire le ragioni di tanta fama.
Abbandonare un gatto - Haruki
Murakami
(illustrazioni di Emiliano Ponzi)
i gatti ci sono all'inizio e alla fine del racconto, ma non sono i protagonisti.
si parla dei rapporti fra lo scrittore e il padre, su quanto non si sono parlati, sul dramma della guerra, per i morti e per i vivi.
e della curiosità e paura sulla (possibile) partecipazione dwl padre al massacro di Nanchino.
Malinconia.
Ci sono tanti non detti in questo libro. C’è la frustrazione di un figlio che
non può più fare le domande a un genitore, c’è il rimpianto di non essere stato
in grado di compiacere il padre e tantissime di quelle sensazioni che chi ha
perso un genitore ha provato.
Pensiamo
sempre di avere tempo per sistemare le cose, crediamo faremo in tempo a
correggere, indagare, conoscere i genitori… ma non è così.
Il
mio primo incontro con Murakami è stato piacevole e non ho trovato quella
freddezza che mi sarei aspettata. Certo, lo stile è molto asciutto ma in questo
caso, forse anche per la brevità del racconto, non mi ha infastidito.
Consigliato
per chi vuole conoscere questo autore, per chi non rinuncia a una storia a
colori, per chi ha voglia di uscire dalla propria “comfort zone”.
…Capita a molti di non aver fatto le domande giuste quando i
genitori erano in vita. Dopo è troppo tardi. Lui avrebbe voluto chiedergli
qualcosa sulla sua attività militare. Ad esempio se aveva preso parte al
massacro di Nanchino nel 1937, all’inizio della guerra sino-giapponese. Fu una
delle pagine più bestiali della storia dell’umanità con trecentomila cinesi
massacrati quasi per divertimento. Una ricostruzione a posteriori dello stato
di servizio del padre avrebbe escluso, se non altro, la partecipazione a
quell’episodio, con grande sollievo di Haruki. Murakami Chiaki salvò la
pelle e si congedò nel 1944 a guerra in corso. Il peggio per il Giappone doveva
ancora venire. Fu un ufficiale a rispedirlo a casa, dove si iscrisse
all’università imperiale di Kyōto, salvo poi essere richiamato nel 1945. Era un
grande appassionato di haiku che componeva assiduamente.
I rapporti tra i due si sono interrotti quando
Murakami aveva trent’anni ed era già uno scrittore di successo: Non ho intenzione di dilungarmi su questi attriti tra padre e
figlio – rischierei di andare per le lunghe e di fare un discorso troppo intimo
-, basterà l’avervi accennato. Solo negli ultimi giorni di vita, al
capezzale del padre, si è riaperto un dialogo impacciato e i due sono arrivati
a qualcosa di simile a una riconciliazione.
Raccontando la vita del padre e le ricerche
postume che aveva fatto, Murakami Haruki ha compiuto un atto d’amore nei suoi
confronti. Il messaggio che ci vuole lasciare è che tutto è sempre frutto del
caso e che noi esseri umani consideriamo sempre un destino eventi che dipendono
solo dal caso.
Comunque sia, quello che volevo dire con questo
testo è una cosa sola: sono il figlio qualunque di un uomo qualunque.
Abbandonare un gatto è anche, e forse soprattutto, un libro illustrato,
grazie ai colorati disegni di Emiliano Ponzi, artista visuale tra i più
apprezzati al mondo. Le sue illustrazioni danno un senso a tutto il libro.
…Ecco tre buoni motivi per leggerlo:
1 Perché
non è un romanzo, è un breve memoir. È un Murakami
inedito che parla di suo padre, della sua storia, del suo rapporto con lui, di
come si sono interrotti lentamente i contatti, un modo per omaggiarlo dopo la
sua scomparsa, nonostante tanti anni di silenzio. Tutti questi ricordi,
sostiene lo scrittore, gli sono rimasti a lungo come una spina in gola. Fino a
quando, per caso, si è rammentato un aneddoto relativo a un gatto: allora
qualcosa si è sbloccato, e gli ha permesso finalmente di esprimere su carta i
propri sentimenti in un racconto toccante e sincero.
2 Ma
perché leggere un libro che, tutto sommato, parla degli affari dell’autore?
Ovviamente per come viene raccontato: le riflessioni di
Murakami – intrise di quella delicatezza tipica della letteratura giapponese –
partono dalla sua storia privata ma finiscono per diventare universali,
a ogni capitolo c’è qualche spunto per pensare alla storia (e al dovere di
proseguirla), alla famiglia, alla guerra, al destino.
3 Si
legge davvero in pochissimo tempo, qualche ora, e parla
di episodi diversi: è una lettura facile e ideale per quando si va in giro,
poco più di 70 pagine rese fresche anche dalle illustrazioni di Emiliano Ponzi,
uno degli illustratori italiani più premiati al mondo.
Nessun commento:
Posta un commento