Settembre-ottobre 2020, Old Bailey Central Criminal Court, Londra: processo per l’estradizione di Julian Assange.
Il pensiero che la scorsa settimana a Londra si siano svolte le battute
finali di un processo che a definirlo epocale si rischierebbe di sminuirne la
portata, lascia sbigottiti: il silenzio dei maggiori mezzi d’informazione
di massa sul caso del secolo non è mai stato più assordante[i].
Padre di 3 figli, nonché editore e giornalista australiano, è perseguitato
da oltre 10 anni per aver svolto il suo lavoro nel pubblico interesse e nella
profonda convinzione che “se la guerra può essere innescata dalle bugie,
la pace può avere inizio con la verità” (cit. dal discorso pubblico di
J.A., Trafalgar Square, Londra 2011).
Invero, si potrebbe dire che alla sbarra non vi sia lui, ma il simbolo
della ribellione ad un intero sistema che perpetua l’illusione di una
democrazia, i cui simulacri, alla luce di questi eventi, dovrebbero apparire
sempre meno credibili.
Di qui la precisa scelta politica del blackout mediatico pressoché totale,
in quanto il pubblico deve restare all’oscuro delle precise dinamiche di quanto
si sta svolgendo da dieci anni a questa parte nel caso in questione, ma il
messaggio deve risuonare comunque forte e chiaro: chiunque osi svelare i
crimini di guerra e le nefandezze della più grande potenza mondiale verrà
perseguitato e la sua vita sarà distrutta.
Ecco perché WE TOO ARE PROTESTERS ha deciso una volta di più di informarvi
e di continuare a testimoniare l’incessante persecuzione politica di
quest’uomo.
Quello che segue è il report[ii] dei fatti
salienti emersi durante le quattro settimane finali del processo cominciato a
febbraio per l’estradizione negli Stati Uniti di Julian Assange. La
sentenza della giudice è attesa per il 4 gennaio 2021, ma l’augurio è che
chiunque legga questo resoconto sia già in grado di emetterne una, secondo la
propria coscienza.
Prima settimana
Testimonianze di Mark Feldstein, Clive Stafford Smith, Paul Rogers,
Trevor Timm.
Lunedì 7 settembre – primo giorno
·
Nonostante appaia come un’aperta violazione degli standard internazionali
sul monitoraggio dell’equità nei processi, la giudice Vanessa Baraitser
annuncia che è stato revocato il permesso di assistere all’udienza a circa
40 parlamentari e rappresentanti di ONG, tra cui, un osservatore di Amnesty
International.
·
La Difesa chiede la cancellazione dell’ultimo capo d’accusa (che
recita che Julian Assange avrebbe cospirato con hackers affiliati alla rete
“Anonimous”, comprendendo anche l’accusa di aver aiutato Chelsea Mannig a
craccare una password e quella di aver facilitato l’evasione di Edward Snowden)
comminato poche settimane prima senza preavviso, senza tempo sufficiente per
preparare le prove e a processo già aperto da 6 mesi. La giudice Vanessa
Baraitser ne rifiuta la cancellazione. La Difesa chiede allora
un rinvio a gennaio. Anche questo viene negato dalla giudice.
·
La giudice permette un tempo massimo di 30 minuti ai testimoni chiamati
dalla Difesa a deporre e permette di rendere pubbliche le loro
dichiarazioni.
·
Il primo testimone, Mark Feldstein, storico del giornalismo e
Professore all’Università del Maryland, testimonia che prima d’ora non era mai
successo che un giornalista fosse accusato di diffondere informazioni riservate,
in quanto ricercare e diffondere questo tipo di informazioni da parte di un
giornalista è un atto di routine, protetto dal Primo Emendamento, nel
rispetto del diritto del pubblico di venire informato.
Martedì 8 settembre – secondo giorno
·
Il cittadino angloamericano Clive Stafford Smith, fondatore di
Reprieve, un’organizzazione che difende i prigionieri detenuti a Guantanamo ed
altri luoghi di dentenzione nel mondo, testimonia l’importanza vitale della
divulgazione del materiale di Wikileaks nei casi legali seguiti dalla
sua organizzazione.
·
Mark Feldstein continua la testimonianza del giorno prima,
sottolineando la chiara natura politica della persecuzione di Assange citando
il fatto che l’FBI volesse distruggerlo e farne un monito per
tutti, il fatto che il Presidente Trump volesse incarcerare i
giornalisti, che l’allora direttore della CIA, Mike Pompeo, avesse
definito Wikileaks “un’ostile agenzia di intelligence non governativa” e che
l’allora Procuratore Generale, Jeff Sessions, avesse definito
l’arresto di Assange “una priorità”. Prosegue la sua deposizione dicendo che se
la prassi secondo cui i giornalisti gestiscono le fonti e ricercano documenti
riservati viene criminalizzata, la maggioranza dei giornalisti
investigativi verrà incriminata.
Mercoledì 9 settembre – terzo giorno
·
Paul Rogers, Professore Emerito per gli Studi sulla
Pace all’Università di Bradford, ha sottolineato la natura politica della
persecuzione di Julian Assange in quanto, come si evince anche da
suoi famosi discorsi pubblici, le sue vedute non ricadono in quelle
liberali tradizionali o conservatrici, quanto piuttosto nel libertarismo e nel
pacifismo e si basano sui valori della trasparenza e della responsabilità.
Rogers prosegue parlando di come Wikileaks abbia incarnato questi valori, in
particolare nei “war logs” (diari di guerra), le cui pubblicazioni
che, tra le altre cose, hanno rivelato le morti di 15.000 civili di cui
non si sapeva nulla, sono state in grado di cambiare le opinioni di parte del
pubblico americano rispetto alle guerre in Iraq e Afghanistan.
·
Trevor Timm, fondatore della Freedom of the
Press Foundation, un’organizzazione che difende i diritti dei giornalisti e
traccia le violazioni alla libertà di stampa negli Stati Uniti, ha rimarcato
quanto la messa in stato d’accusa di Assange metta in pericolo sia i
giornalisti che le loro fonti, e costituisca un tentativo di riscrittura
del Primo Emendamento. La decisione di accusare Assange di “cospirazione” per
la pubblicazione di informazioni veritiere viola le libertà di stampa
fondamentali.
Giovedì 10 settembre – quarto giorno
·
L’udienza di estradizione di Julian Assange è stata interrotta a
causa del manifestarsi di sintomi simili a COVID19 in un membro
dell’Accusa. A seguito del risultato negativo ai test, si è disposta la ripresa
del processo lunedì 14 settembre.
Seconda settimana
Testimonianze di: Eric Lewis, Thomas Durkin, John Goetz, Daniel
Ellsberg, John Sloboda, Carey Shenkman, Nicky Hager, Jennifer Robison, Khaled
el-Masri, Dean Yates.
Lunedì 14 settembre – quinto giorno
·
Depone l’Avvocato e Presidente del Consiglio di Amministrazione di Reprieve
(v. anche sopra), Eric Lewis, che rappresenta i detenuti afghani e
di Guantanamo nei casi di tortura o abuso religioso. Lewis ricorda la
dichiarazione di Mike Pompeo secondo la quale Assange non sarebbe protetto
dal Primo Emendamento, in quanto cittadino non americano. Sostiene anche che ci
sia una relazione pericolosa tra il ruolo “fondamentale” per la Corte
Penale Internazionale delle rivelazioni di Wikileaks e il rapporto di
aperta ostilità che gli USA intrattengono con quest’ultima. Lewis ha parlato anche
delle condizioni che Assange dovrà sopportare se estradato negli USA,
comprese le misure amministrative speciali e l’isolamento, senza
alcuna possibilità di sottoporre questi trattamenti al pubblico scrutinio.
Martedì 15 settembre – sesto giorno
·
Continuando la testimonianza iniziata ieri, l’avvocato americano Eric
Lewis spiega che sotto il presidente Trump, il Dipartimento di
Giustizia non è un organo indipendente ma piuttosto un posto le cui scelte
vengono decise dall’alto. Lewis ha citato più di mille ex procuratori federali
che hanno firmato una dichiarazione in cui si condanna “l’ostruzione alla
giustizia” da parte del presidente Trump.
·
Successivamente la difesa chiama Thomas Durkin, avvocato
penalista di Chicago. Durkin non crede che Assange verrebbe sottoposto ad
un processo equo, in quanto il caso è il risultato di un procedimento
giudiziario altamente politicizzato e le restrizioni a cui sarebbe
sottoposto ostacolerebbero gravemente la difesa. Durkin afferma
che l’accusa sembra sostenere che Assange sia maggiormente responsabile
rispetto a Chelsea Manning, ricordando che gli USA hanno chiesto una condanna
notevolmente più lunga per Assange rispetto ai 60 anni che avevano chiesto per
Manning.
Mercoledì 16 settembre – settimo giorno
·
Il giornalista americano John Goetz, testimoniato sulla sua
esperienza come media partner per le pubblicazioni di WikiLeaks del 2010
su Der Spiegel, in particolare per gli Afghan War Diaries, gli Iraq
War Logs e gli State Department Cables, sostenendo
che Wikileaks passò attraverso un processo redazionale molto rigoroso, al
fine di minimizzare i rischi. Non solo: Wikileaks avrebbe oscurato più
nomi di quanto non lo abbia fatto il Governo americano, come risulterebbe dai
documenti rilasciati attraverso FOIA (Freedom Of Information Act). Goetz
dimostra anche come i cablogrammi non redatti che sono stati
pubblicati nel 2011 non sono da attribuire alla responsabilità di Assange,
come invece sostiene erroneamente l’Accusa. Inoltre G. testimonia come i
documenti di WikiLeaks attestino le torture della CIA e la fuga dalle sue
responsabilità (v. testimonianza del 18 settembre).
·
Successivamente la difesa chiama il noto whistleblower (o informatore) dei
Pentagon Papers, ex analista militare, Daniel Ellsberg, quale
altro illustre perseguito ai sensi dell’Espionage Act. Ellsberg dichiara di
considerare le pubblicazioni di WikiLeaks del 2010 e del 2011 di
importanza analoga rispetto alla pubblicazione dei Pentagon
Papers e di essere in totale disaccordo rispetto alla narrazione
equivoca di un Ellsberg “buono” e di un Assange “cattivo”. Testimonia inoltre
sulle opinioni politiche di Julian Assange, sulla sua forte opposizione
alla guerra e sulla sua convinzione che la giustizia sia assicurata
dalla trasparenza e dal senso di responsabilità. Sia lui che Assange sentivano
che entrambe le guerre in Afghanistan e in Iraq erano sbagliate e che era
“chiaro anche ai profani” che la guerra in Iraq era un “crimine”. una “guerra
di aggressione”, come definita dalle Nazioni Unite. Ellesberg paragona
la guerra in Afghanistan alla guerra in Vietnam, la prima una “replica” della
seconda, poiché gli autori di entrambe sapevano che potevano solo provocare una
situazione di “stallo infinito”. Ciò che era cambiato, ha detto
Ellsberg, era che in Afghanistan (e in Iraq), orribili abusi, uccisioni
illegali e crimini di guerra si erano normalizzati, tanto da
essere apparsi in “rapporti sul campo di basso livello”. Gli Iraq e Afghanistan
War Logs erano classificati come “segreti”, mentre i Pentagon Papers erano
tutti “Top Secret”. Quando interrogato dall’Accusa sul fatto che Wikileaks con
le sue pubblicazioni avrebbe causato danno e rischi per l’incolumità di terzi
risponde che anche il Dipartimento della Difesa americano aveva
dovuto ammettere di non poter ascrivere alcuna vittima alle pubblicazioni di
WikiLeaks (riferendosi al processo di Chelsea Manning). Aggiunge inoltre
che Assange chiese espressamente al Governo americano di aiutarlo
a redigere i documenti, ma quest’ultimo si rifiutò di farlo.
Giovedì 17 settembre – ottavo giorno
·
John Sloboda, co-fondatore di Iraq Body
Count, una ONG indipendente dedita al costante conteggio delle uccisioni di
civili in Iraq, ha testimoniato di aver lavorato con Julian Assange e WikiLeaks
sugli Iraq War Logs, rilasciati nell’ottobre del 2010. Il compendio
di 400.000 rapporti presentati dall’esercito degli Stati Uniti, ha
costituito “il più grande contributo alla conoscenza pubblica sulle
vittime civili in Iraq”. Aggiunge che tali documenti hanno rivelato una stima
di 15.000 vittime precedentemente sconosciute. La redazione dei registri ha
richiesto “settimane”, afferma Sloboda, definendolo un “processo
redazionale meticoloso”.
·
La difesa chiama a testimoniare tramite collegamento video dagli USA Carey
Shenkman, un avvocato americano per i diritti umani e storico
costituzionale che sta scrivendo un libro sulle analisi storiche concernenti
l’Espionage Act. Shenkman ha lavorato per Michael Ratner, presidente emerito
presso il Center for Constitutional Rights che era stato consultato da Assange
(prima della sua scomparsa avvenuta nel 2016). Nel 2015, Shenkman e Ratner
chiesero all’ONU che la protezione degli informatori dovesse includere
editori come WikiLeaks e Julian Assange. Durante la sua testimonianza Shenkman
asserisce che l’effetto finale di perseguire e censurare gli editori è l’inaccettabile
effetto dissuasivo rispetto al libero flusso di informazioni e al loro accesso
e alla libertà di espressione. A causa di quanto sia controverso l’Espionage
Act, ha testimoniato Shenkman, non c’è mai stato un procedimento penale come
quello contro Assange. Non c’è mai stata, nella storia secolare
dell’Espionage Act, un’accusa contro un editore statunitense per la
pubblicazione di segreti ai sensi di legge. Di conseguenza, non c’è
mai stata un’accusa extraterritoriale nei confronti di un editore non
statunitense ai sensi della legge. Pertanto, ha detto Shenkman alla corte,
i giornalisti pensavano che la loro attività fosse protetta, adesso invece, il
messaggio che si dà è radicalmente diverso: “qualsiasi giornalista, in
qualsiasi paese della terra – in effetti qualsiasi persona – che trasmetta
segreti che non sono conformi alle posizioni politiche dell’amministrazione
statunitense, può ora essere accusato ai sensi dell’Espionage Act del
1917.” Shenkman continua: “Non avrei mai pensato di vedere qualcosa di
simile aggiungendo che la maggior parte degli studiosi di legge concorda sul
fatto che questo uso dell’Espionage Act è decisamente fuori dall’ordinario
e indica inequivocabilmente un processo altamente politicizzato.
Venerdì 18 settembre – nono giorno
·
Il giornalista investigativo neozelandese Nicky Hager testimonia
l’importanza delle pubblicazioni di WikiLeaks nel suo lavoro e afferma che i
documenti militari e diplomatici rilasciati dallo stesso hanno notevolmente
accresciuto la sua comprensione sullo svolgimento della guerra. Sarebbe stato
impossibile scrivere i suoi libri senza queste fonti.“In caso di guerra, le
informazioni classificate sono essenziali per consentire al giornalismo di
svolgere il suo ruolo di informazione del pubblico, consentendo il processo
decisionale democratico e scoraggiando i reati.” Hager ha lavorato con
WikiLeaks sui cablogrammi del Dipartimento di Stato, ed è stato chiamato a
testimoniare sul processo di redazione di WikiLeaks. Uno dei suoi compiti era
quello di identificare eventuali parti che non dovevano essere rilasciate per
motivi di sicurezza personale delle persone nominate. Hager ha detto di “aver
potuto constatare che lo staff di WikiLeaks fosse impegnato in un
processo redazionale attento e responsabile”.
·
La Difesa ha quindi letto una dichiarazione di Jennifer Robison,
una degli avvocati del team, in cui racconta di un incontro a cui aveva
assistito nell’ambasciata ecuadoriana (in cui risiedeva Assange) con Dana
Rohrabacher e Charles Johnson, due rapppresentanti Repubblicani. Rohrabacher
propose ad Assange di identificare la fonte delle pubblicazioni sul
Comitato Nazionale Democratico (DNC) “in cambio di una qualche forma di grazia
per impedire ad Assange l’incriminazione e l’estradizione negli Stati
Uniti”, aggiungendo che questa rivelazione sarebbe stata di “interesse,
valore e aiuto per il Presidente Trump”. Ma Assange non fornì alcuna
informazione sulla fonte. Questa offerta di grazia per la Difesa dimostrerebbe
la natura politica dell’accusa di Assange. Il fatto che avrebbe potuto
essere graziato se avesse fornito le informazioni sulla fonte e che le accuse
siano state formulate dopo che Assange aveva rifiutato di fornire tali
informazioni, smentirebbe le rivendicazioni dell’Accusa del mero intento
di perseguire un crimine.
·
La Difesa comincia a riassumere una dichiarazione di Khaled
el-Masri. La dichiarazione è oggetto di contesa, perché l’Accusa (operando
su istruzione del governo degli Stati Uniti) si oppone all’ammissione della
stessa come prova. Julian parla dal banco degli imputati dicendo che non
accetta la censura della dichiarazione di una vittima di tortura. L’accusa
alla fine decide di consentire la lettura del “succo” del riassunto: “un
cittadino tedesco innocente (come stabilito da un tribunale), el-Masri, fu
trasferito in una prigione segreta dalla CIA nel 2003, dove fu sodomizzato,
alimentato forzatamente per mezzo di un tubo attraverso il naso e sottoposto a
totale privazione sensoriale. Ad oggi nessuno degli agenti responsabili è
stato sottoposto a procedimento penale. Come ha spiegato John Goetz mercoledì, i
documenti di WikiLeaks hanno rivelato che gli Stati Uniti avevano fatto
pressioni sul procuratore tedesco minacciando “ripercussioni”. El-Masri ha
inoltre citato il Segretario di Stato americano, Mike Pompeo, per minacce
ai membri della famiglia di qualunque funzionario della Corte Penale
Internazionale che collabori con un’indagine sui crimini statunitensi.
·
Dopo la dichiarazione di el-Masri, lo storico e avvocato Carey
Shenkman continua la sua testimonianza del giorno precedente sulle
applicazioni dell’Espionage Act nella storia. L’Accusa suggerisce che
storicamente l’uso dell’Espionage Act ha dimostrato una certa “moderazione” da
parte del governo, ma Shenkman ribatte che non pensa che alcuno studioso sulla
questione sarebbe d’accordo. Shenkman spiega che il semplice fatto di
presentare un’accusa contro un giornalista ai sensi dell’Espionage Act, anche
se l’accusa non ha successo, combinato con “l’ampiezza e l’uso eccessivo” della
legge, instilla un “significativo effetto dissuasivo” in tutti i
media. Non solo: l’effetto pervade anche oltre il giornalismo, “perché la
legge è scritta in modo così ampio che potrebbe essere usata contro chiunque
legga o ritwitti informazioni della difesa nazionale. Shenkman afferma inoltre
che tutti i tentativi di avviare un’azione penale contro i media, sono
stati portati avanti solo nei casi di giornalisti non allineati alle
politiche dell’amministrazione.
·
Infine, la difesa legge parti di una dichiarazione della testimonianza
di Dean Yates, che era a capo dell’ufficio della Reuters di Baghdad
al momento degli incidenti descritti nel video Collateral Murder, registrato
a Baghdad nel luglio del 2007, in cui cecchini dell’esercito degli
Stati Uniti sparano e uccidono due giornalisti della Reuters, Namir Noor-Eldeen
e Saeed Chmagh, tra gli altri civili. Yates dichiara: “Se non fosse stato
per Chelsea Manning e Julian Assange la verità su quanto accaduto a Namir
e Saeed non sarebbe stata mostrata. Assange ha compiuto un atto di
verità al 100% esponendo al mondo cosa fosse in realtà la guerra in Iraq e come
si comportarono e mentirono i militari statunitensi. Il video, ripreso da
migliaia di testate giornalistiche in tutto il mondo, suscitò indignazione e
condanna globali.”
Terza settimana
Testimonianze di: Christian Grothoff, Cassandra Fairbanks, Michael
Kopelman, Quinton Deeley, Seena Fazel, Nigel Blackwood, Sondra Crosby,
John Young, Jakob Augstein, Patrick Eller.
Lunedì 21 settembre – decimo giorno
·
Il primo testimone della terza settimana del processo di estradizione è il
professore di informatica tedesco, Christian Grothoff, che
testimonia delle sue ricerche sulla cronologia degli eventi che circondano la
pubblicazione nel 2011 dei cablogrammi non redatti del Dipartimento di Stato,
noti come Cablegate. 3 dei 18 capi d’accusa contro Assange lo
accusano specificamente di aver pubblicato i cablogrammi non redatti, ma la
testimonianza di Grothoff stabilisce che WikiLeaks non fu il primo organo
di stampa a pubblicare quell’archivio. Altri giornalisti de The
Guardian, Der Freitag, Der Spiegel lo pubblicarono per primi e finora
non sono stati perseguiti per averlo fatto, e che Wikileaks ebbe cura di
crittografare i file, ma azioni al di fuori del controllo di Assange portarono
al loro rilascio. Quando WikiLeaks scoprì che le informazioni riservate erano
pubbliche, Assange e la collega Sarah Harrison chiamarono il
Dipartimento di Stato USA per avvertire che i cablogrammi non redatti erano
online, ma gli avvertimenti furono ignorati.
·
Nel pomeriggio, la difesa legge una dichiarazione della testimone Cassandra
Fairbanks, una giornalista di Washington. Nel 2018-19, Fairbanks faceva
parte di una chat di gruppo su Twitter che includeva “più persone che
lavoravano per il presidente Trump o erano vicine a lui”, come l’ambasciatore
USA in Germania Richard Grenell (oggi direttore ad interim
dell’intelligence USA) e Arthur Schwartz, “un ricco donatore
del Partito Repubblicano che fa comunicazioni per
l’ambasciatore e lavora come consulente informale di Donald Trump Jr.” Il 30
ottobre 2018, Fairbanks pubblica nella chat di gruppo un’intervista con la
madre di Assange, “sperando che qualcuno la vedesse e si muovesse per aiutare”.
Fairbanks racconta che Schwartz la chiamò indignato e che “conosceva dettagli
molto precisi su un futuro procedimento penale contro Assange a causa di un
fatto legato a Manning; sapeva anche in anticipo dei piani per
revocare l’asilo politico di Assange. Mi ha anche detto che il governo
degli Stati Uniti sarebbe entrato nell’ambasciata per prendere Assange. Ho
risposto che entrare nell’ambasciata di una nazione sovrana e rapire un
rifugiato politico sarebbe stato un atto di guerra, e lui ha risposto “non se
ce lo permettono”. All’epoca non sapevo che l’ambasciatore Grenell in
quello stesso mese, ottobre 2018, avesse elaborato un piano col governo
ecuadoriano per l’arresto di Assange.” A gennaio e marzo del 2019,
Fairbanks visita Assange nell’ambasciata per informarlo di tutto ciò che le era
stato detto. Successivamente Schwartz le diceva al telefono di sapere che avevo
riferito ad Assange quello che lui le aveva detto. Ciò sembra confermare
che le conversazioni private di Assange nell’ambasciata fossero intercettate e
che le registrazioni fossero inviate negli Stati Uniti. Diversi ex
dipendenti di UC Global si sono rivolti al team legale di Assange per
informarli della cattiva condotta e dell’attività illegale a cui avevano
partecipato. Infine, Fairbanks dice che Schwartz l’ha informata del fatto
che nel coordinare la rimozione di Assange dall’ambasciata, l’ambasciatore
Grenell lo aveva fatto su “ordine diretto del Presidente”.
Martedì 22 settembre – undicesimo giorno
·
Il dottor Michael Kopelman, professore emerito di
neuropsichiatria presso l’Istituto di psichiatria del King’s College di Londra
testimonia delle sue visite con Julian Assange in prigione e delle sue
valutazioni mediche. Per rispetto della privacy di Julian, non condivideremo
tutti i dettagli discussi in tribunale, ma riassumeremo le parti più rilevanti.
Il dottor Kopelman dice che Assange, a cui è stata diagnosticata la
depressione cronica e la sindrome di Asperger, sarebbe ad alto rischio di
suicidio se fosse estradato negli Stati Uniti. Lo stesso K. ha osservato
in Julian “perdita di sonno e di peso e un senso di preoccupazione e impotenza come
risultato di minacce alla sua vita, l’occultamento di una lama di rasoio come
mezzo di autolesionismo e rimuginazioni ossessive su modi per uccidersi.”
L’Accusa cerca ripetutamente di insinuare che Assange stia “falsificando” o
esagerando i suoi sintomi per indurre una diagnosi ed evitare l’estradizione.
Il dottor K. ribatte di essere ben consapevole di questa possibilità e di
sapere come riconoscere i segni di ciò, ma di non averli trovati in A. L’articolo
91 della legge sull’estradizione del 2003 proibisce l’estradizione se “le
condizioni fisiche o mentali della persona sono tali che sarebbe ingiusto o
opprimente estradarlo” e l’articolo 3 della Convenzione europea dei
diritti dell’uomo afferma che “Nessuno può essere sottoposto a tortura o a
trattamenti o punizioni inumani o degradanti”. Il Dott. Kopelman racconta
che anche del caso dell’attivista Lauri Love, la cui richiesta
di estradizione è stata respinta (avendo testimoniato anche nel caso di Love) e
di come si colleghi a quello di Julian. In quel caso, gli erano state date
rassicurazioni sul fatto che le carceri statunitensi proteggano dal suicidio.
Ma da allora, ha osservato il dottore, Jeffrey Epstein si è
suicidato in prigione e Chelsea Manning ha tentato il suicidio proprio
nella struttura in cui Assange sarebbe tenuto in custodia cautelare prima
del processo americano. K fa anche notare che il famoso esperto di autismo, il
dottor Simon Baron-Cohen, ha dimostrato che il suicidio è nove
volte più probabile nei pazienti con sindrome di Asperger. Inoltre Kopelman fa
notare che l’isolamento che Assange sperimenterebbe in Nord America
sarebbe di gran lunga peggiore di qualsiasi cosa sperimentata all’Ambasciata o
a Belmarsh.
Mercoledì 23 settembre – dodicesimo giorno
·
Il dottor Quinton Deeley, psichiatra del Servizio Sanitario
Nazionale specializzato in autismo, ADHD e altri problemi di salute mentale,
interviene per discutere la diagnosi attribiuta ad Assange di sindrome da
Asperger, un disturbo dello spettro autistico. Deeley ha visitato Assange varie
volte per un periodo di diversi mesi e ha parlato con la compagna, la madre e
gli amici di Assange per convalidare le sue scoperte e preparare un rapporto.
Deeley concorda con ciò che il Dr. Kopelman ha testimoniato il giorno prima,
ovvero che Assange sarebbe ad “alto rischio” di commettere suicidio se fosse
ordinata l’estradizione. L’Accusa, nella persona del procuratore James
Lewis dedica quasi tutto il suo controinterrogatorio a mettere in discussione
questa diagnosi, attaccando le conclusioni e l’imparzialità del dottor Deeley,
suggerendo che il fatto che Assange abbia condotto una trasmissione televisiva,
scritto libri e articoli e tenuto discorsi, indica la sua socievolezza e
contraddice la diagnosi di Asperger. Il dottor Deeley confuta l’idea che
queste attività contraddicano la diagnosi, al contrario, mostrano Assange nella
sua zona di comfort, mentre parla a lungo di questioni di cui ha un interesse e
una conoscenza molto approfonditi. In queste interviste e sessioni di
domande e risposte, Assange è un “esperto in materia” e sa di preciso quali
siano gli scopi del format. Lewis afferma che il fatto che Assange
abbia la custodia esclusiva di un bambino sia “incoerente” con la diagnosi,
suggerendo che “nessun tribunale” avrebbe dato la custodia a qualcuno che aveva
“difficoltà a sviluppare rapporti con i propri simili”. L’Accusa aggiunge
che le persone nello spettro autistico “mancano di empatia”, e sua madre
lo ha descritto come un “padre straordinariamente altruista”. Il dottor Deeley confuta
anche questa idea, dicendo che gli individui nello spettro dell’autismo
possono essere buoni genitori, e non è insolito per loro essere “padri devoti,
con buoni principi morali” e sensibili alla sofferenza in generale.
·
L’Accusa chiama il suo primo testimone (problemi tecnici hanno
interrotto le testimonianze della Difesa che continueranno l’indomani), Seena
Fazel, Professore di Psichiatria Forense all’Università di Oxford,
specializzato in suicidi in prigione. Fazel ha visitato Assange quest’estate,
mesi dopo quello che i medici hanno concordato fosse il suo periodo di
depressione più grave, alla fine del 2019. Fazel dichiara di pensare che
la capacità mentale di Assange non sia tale da non essere in grado di gestire
il proprio rischio di suicidio, ma concorda sul fatto che Assange abbia “tratti
di tipo autistico”, seppur di lieve entità. Discutendo dell’isolamento e
delle lunghe pene detentive, Fazel concede che “la disperazione è un importante
fattore di rischio” per il suicidio e che quello di Assange aumenterebbe se
percepisse di non avere prospettive. L’Accusa tenta di sminuire la
definizione di isolamento e di dipingere una visione più rosea del tipo di
prigione americana che attenderebbe Assange, leggendo un lungo elenco di
servizi presumibilmente offerti presso la struttura federale in Colorado. La
Difesa osserva che questa descrizione non si applica alla “cellula abitativa
H”, dove sarebbe detenuto Assange.
Giovedì 24 settembre – tredicesimo giorno
·
Il procedimento di giovedì consiste principalmente nella testimonianza dal
vivo del dottor Nigel Blackwood, psichiatra forense consulente del
NHS, che ha prodotto un rapporto per l’Accusa sulla salute mentale di Assange e
sul suo rischio di suicidio in caso di estradizione. Il dottor Sondra
Crosby per la Difesa, è invece Professore associato di medicina e
salute pubblica presso la Boston University ed esperto sull’impatto fisico e
psicologico della tortura e ha visitato Assange nell’ambasciata ecuadoriana a
Londra, a partire da ottobre 2017 e nuovamente a Belmarsh. Ancora una volta,
poiché le testimonianze si sono occupate della condizione medica e della storia
personale di Julian, proveremo a riassumere le parti rilevanti piuttosto che
fornire ogni dettaglio.
·
Il dottor Blackwood stabilisce che Assange è “moderatamente
depresso” e riconosce che: “C’è indubbiamente qualche rischio di suicidio
in caso di estradizione”, ma non pensa si tratti di un””rischio elevato”.
Blackwood ha fatto affidamento sullo standard stabilito nel processo “USA
contro Turner”, secondo cui la persona che deve affrontare l’estradizione
debba essere “in grado di controllare” il proprio rischio di suicidio, e
ha constatato che Assange, che ha definito un uomo “molto resiliente” e
“pieno di risorse”, è in grado di farlo.
·
Nel pomeriggio depone la testimone della Difesa, Dott.ssa Sondra
Crosby. Nel gennaio 2018, dopo aver visitato Julian Assange con
altri due medici, ha riportato nel suo referto che quest’ultimo si trovava
in “un disperato bisogno di cure”, ma non poteva ottenerle. La dottoressa
Crosby ha anche scritto che la sua visita nell’ambasciata del febbraio 2019 è
stata spiata e le sue note mediche sono state requisite. “Il diritto del
Sig. Assange alla riservatezza medico-paziente è stato violato e così pure le
sue informazioni riservate”, riporta. Testimoniando da remoto, la dott.ssa
Crosby riferisce che nell’ambasciata, Assange presentava sintomi di
disturbo da stress post-traumatico e disagio psicologico, e che lo stesso si
lamentava di una serie di sintomi fisici che la Dottoressa Crosby trovava
“molto preoccupanti” ma che non aveva modo di eseguire ciò che si rendeva
necessario per gli accertamenti del caso. Sulla questione se sarebbe ingiusto
inviare Julian negli Stati Uniti, Crosby dichiara: “Assange sarebbe ad
altissimo rischio di suicidio”.
·
Alla fine del procedimento, la Difesa legge ad alta voce le importanti
dichiarazioni del testimone John Young, fondatore di org che
dichiara di aver pubblicato i file non redatti per primo, il 1° settembre 2011,
e di Christopher Butler per le cui pubblicazioni di Wikileaks su Internet
Archive, così come per quelle di Young non è stato mai richiesto
l’oscuramento da parte di alcuna autorità americana preposta e nessuno le ha
mai definite illegali.
Venerdì 25 settembre – quattordicesimo giorno
·
La giudice Baraitser riconosce per la prima volta le dimensioni politiche
del caso contro Julian Assange. Durante la discussione su quando verranno
presentate le argomentazioni di chiusura e quanto tempo sia necessario per
prepararle dopo la conclusione delle testimonianze della settimana successiva,
la giudice chiede alla Difesa se le elezioni presidenziali statunitensi
avrebbero un impatto sul caso. Dopo una risposta affermativa, la giudice
afferma che sperava di pronunciare la sentenza o almeno di avere argomenti per
la chiusura del processo prima delle elezioni statunitensi del 3 novembre. Ma
nel concedere alla Difesa quattro settimane per presentare le argomentazioni di
chiusura e al Governo altre due settimane per rispondere, dichiara che la
sua sentenza dovrà arrivare per forza nel nuovo anno. Kristinn
Hrafnsson, redattore capo di WikiLeaks, ha reagito immediatamente a questi
commenti: “Chiedendo alla Difesa in che modo l’esito delle elezioni presidenziali
statunitensi avrebbe influenzato il suo caso e indicando che aveva sperato di
emettere una sentenza prima del giorno delle elezioni, la giudice
distrettuale Vanessa Baraitser ha riconosciuto ciò che è stato chiaro sin
dall’inizio: che si tratta di un procedimento giudiziario politicamente
motivato.” L’articolo 4 del Trattato di estradizione tra Stati Uniti e Regno
Unito recita: “L’estradizione non sarà concessa se il reato per il quale è
richiesta l’estradizione è un reato politico”.
·
La Difesa legge una breve dichiarazione della testimonianza di Jakob
Augstein, direttore del settimanale tedesco Der Freitag, che
nel 2011 pubblicò un articolo in cui indicava che il libro dei giornalisti del
Guardian, Luke Harding e David Leigh, aveva svelato una password che poteva
essere per i cablogrammi non redatti del Dipartimento di Stato. Conferma anche
che Julian Assange aveva contattato Augstein prima della
pubblicazione dell’articolo dicendogli che “temeva per la sicurezza degli
informatori”. Come abbiamo riportato, le accuse per la pubblicazione
dei documenti del Governo riguardano solo le pubblicazioni del
Dipartimento di Stato non redatte e si basano sul postulato che ad Assange non
interessasse che i nomi delle fonti fossero resi noti.
·
Il primo testimone dal vivo del giorno è l’esperto forense digitale Patrick
Eller, che ha servito nell’esercito degli Stati Uniti per 20 anni come
investigatore criminale. Ellis è ora presidente di Metadata Forensics, che
fornisce indagini digitali e esami forensi in casi civili e penali. Eller ha
esaminato il caso Assange e le trascrizioni della corte marziale che ha
giudicato Chelsea Manning nel 2013, per analizzare l’accusa secondo cui Assange
e Manning avrebbero cospirato per nascondere l’identità di Manning e rubare
altri documenti.
La testimonianza di Eller stabilisce diversi punti chiave:
1.
Il tentativo di craccare l’hash della password non era tecnologicamente possibile
nel 2010, quando è avvenuta la conversazione;
2.
se anche fosse stato possibile, lo scopo non sarebbe stato quello di
nascondere l’identità di Manning;
3.
se anche fosse stato fattibile, non avrebbe dato a Manning un maggior
accesso ai database del Governo.
Quarta ed ultima settimana
Lunedì 28 settembre – quindicesimo giorno
Testimonianze di: Yancey Ellis e Joel Sickler, Maureen Baird, Lindsay
Lewis, testimoni anonimi, Patrick Cockburn, Ian Cobain, Guy Goodwin-Gill,
Stefania Maurizi, Robert Boyle, Andy Worthington, Jameel Jaffer.
·
L’ultima settimana di udienza per i testimoni nel processo per
l’estradizione di Julian Assange inizia con Yancey Ellis, un ex
avvocato militare dei Marines che esercita ad Alexandria, in Virginia. Ellis ha
difeso molti clienti poi detenuti presso l’Alexandria Detention Center (ADC)
dove pure Assange sarebbe detenuto prima del processo, in caso di
estradizione. La questione è se l’estradizione di Assange sia “crudele o
oppressiva” e se sarebbe soggetto a “tortura o a trattamenti o punizioni
inumani o degradanti”. Ellis crede che sia “molto probabile” che Assange
sarebbe detenuto nel blocco X dell’ADC, l’unità detentiva per la segregazione
amministrativa (ad-seg) che, in altre parole, vuol dire essere posti in “stato
di isolamento”. Parlando della sua esperienza in visita ai suoi clienti
nell’ADC, Ellis dice che i detenuti nel blocco X vivono in poco più di 150
cmq per 22-23 ore al giorno. Nella sua dichiarazione, Ellis scrive: “Non
c’è nessun’area ricreativa o per l’esercizio fisico e neppure alcuna
finestra”. Rispetto alla dichiarazione dell’assistente Procuratore
dell’Accusa, Gordon Kromberg, che ha scritto che i detenuti nell’ad-seg
dell’ADC possono accedere a programmi carcerari e parlare attraverso porte o
finestre per comunicare da cella a cella Ellis scrive: che “diverse
affermazioni fatte dal signor Kromberg sono errate o incomplete: il punto
focale di questa unità è prorio tenere i detenuti lontani gli uni dagli altri e
oltre a questo, le misure amministrative speciali (SAM) impongono
ulteriori restrizioni per quanto riguarda le comunicazioni esterne. Ellis
scrive che ai detenuti a rischio di autolesionismo viene posta una “tuta
di prevenzione del suicidio che immobilizza le braccia lontano dal corpo, dopo
aver rimosso i lacci delle scarpe e le lenzuola, ecc.”
·
Successivamente la difesa chiama Joel Sickler, uno specialista
in diritto penale e misure alternative al carcere con più di 40 anni di
esperienza nell’assistenza agli avvocati penalisti e ai loro clienti, fondatore
di Justice Advocacy Group, in Virginia. Sickler ha assistito
diversi clienti detenuti all’Alexandria Detention Center (ADC) e conosce l’ADX
Florence in Colorado, il carcere di massima sicurezza dove Assange rischia di
essere imprigionato dopo il processo in USA, se estradato e condannato. Sickler
concorda con Ellis sul fatto che prima del processo Assange sarà internato nel
blocco X dell’ADC, l’unità detentiva di isolamento (ad-seg). Concorda anche con
la descrizione di Ellis delle celle della prigione confermando
che hanno la “dimensione di un posto auto”. Sickler rende anche
testimonianza sulla mancanza di assistenza sanitaria presso la
struttura di Alexandria. Inoltre, Sickler afferma che le opportunità legali per
fare ricorso al regime di SAM sono incredibilmente ridotte. “È un fatto ben
noto qui che anche i più piccoli ricorsi amministrativi vengono negati”,
dice. “Le possibilità di fare appello alle SAM “sono vicine allo
zero”. L’Accusa ha poi trascorso il pomeriggio cercando di convincere
Sickler sulle generose politiche del Bureau of Prison (BoP), del personale
carcerario, delle disposizioni sanitarie e descrivendo il sistema di detenzione
dell’ADX per livelli, attraverso i quali i detenuti riuscirebbero a ridurre
progressivamente le loro restrizioni, fino ad uscire dalle SAM. Sickler
ribadisce che ciò che la BoP afferma sulla carta è molto diverso da ciò che
accade nella pratica.
Martedì 29 settembre – sedicesimo giorno
·
L’ex direttrice del Metropolitan Correctional Center di New York, Maureen
Baird, che ha lavorato nel sistema carcerario degli Stati Uniti per più di
20 anni, testimonia oggi sulle misure amministrative speciali (SAM) a cui crede
che Julian Assange sarebbe sottoposto se fosse estradato negli Stati Uniti.
L’argomentazione riguarda le potenziali condizioni carcerarie pre e
post-processo di Assange negli USA, perché il Regno Unito non potrebbe
estradare se ciò risultasse “ingiusto o oppressivo” o sottoponesse l’imputato a
“trattamento inumano o degradante”. Baird spiega che le Misure
Amministrative Speciali (SAM) sono un livello di restrizioni estremamente
soffocanti su un prigioniero e lo privano della possibilità di comunicare. Le
SAM costituiscono un ulteriore livello rispetto alle restrizioni, come
l’isolamento e vengono imposte dal Procuratore Generale degli Stati Uniti solo
dopo che è stata presa una decisione con il contributo di un’agenzia di
intelligence. Baird testimonia che nel caso di Assange, è probabile che la
CIA e il Dipartimento di Giustizia verrebbero coinvolti nella decisione di
collocarlo sotto le SAM. Baird rende testimonianza sui detenuti che ha
supervisionato, sottoposti a SAM: “I detenuti erano in isolamento,
tecnicamente, per 24 ore al giorno. Non c’era assolutamente alcuna
comunicazione, in alcun modo, con gli altri detenuti. L’unica forma di
interazione umana era quando gli agenti penitenziari aprivano la fessura di
osservazione durante i loro turni di ispezione dell’unità, quando il
personale dell’istituto attraversava l’unità durante i turni settimanali
richiesti o quando i pasti venivano consegnati attraverso la fessura nella
porta. Baird dichiara che definire le condizioni ai sensi delle SAM
“eccessivamente dure” sia un eufemismo e che non offrono alcuna reale
possibilità di ricorso o appello. Baird concorda con la descrizione di Joel
Sickler delle condizioni per i detenuti delle SAM come “desolanti e
degradanti”, nonché con la descrizione di Lindsay Lewis degli “effetti
devastanti causati dall’isolamento”. Le condizioni sono così tremende, ha
scritto, che non riesce a credere che esistano ancora:”Non sono sicura di
come il BOP sia stato in grado di continuare con questi tipi di unità di
isolamento, dati tutti gli studi, i rapporti e i risultati degli orribili
effetti fisici e psicologici che hanno sui detenuti.” Come ex direttrice di
prigione, Baird testimonia sul fatto che crede che sia “molto probabile” che se
Assange fosse posto sotto le SAM, sarebbe detenuto presso l’ADX, nell’unità
detentiva di isolamento. La testimonianza di Baird contraddice molte delle
affermazioni fatte dal testimone principale dell’Accusa, l’assistente
procuratore degli Stati Uniti Gordon Kromberg: nelle sue dichiarazioni giurate
alla corte, Kromberg ha elencato molti dei programmi sociali e terapeutici
offerti all’ADX in Colorado. Baird risponde: il fatto che qualcuno
suggerisca che un detenuto assegnato alle SAM sarebbe in grado di partecipare a
terapie di gruppo è sconcertante per me. Il presupposto principale
dell’assegnazione delle SAM è proprio quello di limitare le comunicazioni di
una persona e l’unico modo per farlo è l’isolamento.
·
La difesa chiama Lindsay Lewis, un avvocato statunitense che ha
rappresentato Abu Hamza (il cui nome legale è Mostafa Kamel Mostafa), un
terrorista condannato che è detenuto presso l’ADX Florence in Colorado. Lewis,
tra le altre cose, testimonia dell’impossibilità di revocare le SAM. Il
testimone dell’accusa Gordon Kromberg ha suggerito che le SAM potrebbero essere
revocate in caso di appello e dopo un anno talvolta non vengono rinnovate.
Lewis testimonia, come ha fatto Baird in precedenza, che i detenuti devono
passare attraverso un lunga ed estenunante procedura per ricorso amministrativo
prima di poter citare in giudizio il Bureau of Prisons in tribunale per cercare
di far rimuovere le SAM. Lewis ha detto di non aver mai sentito parlare di
casi in cui un detenuto ha ottenuto con successo la rimozione delle SAM
attraverso il procedimento del ricorso amministrativo.
·
La giudice concede l’anonimato a due testimoni di C. Global, che
testimonieranno dello spionaggio di Julian Assange da parte dell’azienda presso
l’ambasciata ecuadoriana a Londra. El Pais riferisce che il direttore
dell’azienda, David Morales, si recò a Las Vegas dove si assicurò un
contratto con un’impresa che lavorava per il principale finanziere di Trump,
Sheldon Adelson, per spiare Assange e fornire registrazioni alla CIA. Le
dichiarazioni dei testimoni verranno lette ad alta voce in tribunale
l’indomani.
Mercoledì 30 settembre – diciassettesimo giorno
·
La difesa legge ad alta voce diverse dichiarazioni di testimoni in
tribunale, comprese due dichiarazioni di ex dipendenti anonimi di UC
Global, la compagnia di sicurezza spagnola guidata da David Morales che ha
spiato Julian Assange nell’ambasciata ecuadoriana a Londra. Le dichiarazioni
dei testimoni rivelano lo zelo che Morales aveva nel registrare le conversazioni
tra Assange e i suoi avvocati, nonché il suo contratto con un’azienda americana
per riferire le registrazioni ai funzionari dell’intelligence USA.
·
Patrick Cockburn è un giornalista investigativo
per The Independent. “I documenti di Wikileaks hanno rivelato
il modo in cui gli Stati Uniti, in quanto unica superpotenza
mondiale, hanno condotto davvero le loro guerre – qualcosa che le
istituzioni militari e politiche hanno visto come un colpo alla loro
credibilità e legittimità. Rendere pubbliche le informazioni come hanno
fatto Assange e Wikileaks ha reso la libertà di espressione un’arma: se
divulgazioni di questo tipo rimanessero impunite e diventassero la norma, cambierebbero
radicalmente l’equilibrio di potere tra governo e società – e in
particolare i media – a favore di quest’ultima .Wikileaks ha fatto ciò che
tutti i giornalisti dovrebbero fare, ovvero rendere disponibili informazioni
importanti al pubblico, consentendo alle persone di formulare giudizi basati su
prove sul mondo che li circonda e, in particolare, sulle azioni dei loro
governi che rivelano il più grave dei crimini di stato. A mio avviso, le
azioni intraprese contro Assange per aver pubblicato informazioni di così
grande importanza tradiscono la vera motivazione dietro i passi senza
precedenti compiuti per criminalizzare le sue azioni. Nel 2010 WikiLeaks
ha ottenuto una grande vittoria per la libertà di espressione e contro il
segreto di Stato e il governo degli Stati Uniti sta ora compiendo ogni sforzo
per ribaltarla”.
·
Ian Cobain è un giornalista investigativo che
lavorava con The Guardian nel 2010-11. Cobain ha riferito che i servizi
segreti britannici hanno aiutato la CIA a rapire un’intera famiglia e
consegnarla in Libia dove i suoi membri sono stati torturati. Se i
documenti non fossero emersi nel modo in cui l’hanno fatto, il governo
britannico avrebbe senza dubbio continuato a sostenere che “il Regno Unito non
partecipa, sollecita, incoraggia o consente l’uso della tortura per nessuno
scopo”, un’affermazione che è completamente minata dalle prove documentali ora
disponibili in relazione a questo caso. “In queste circostanze, si
potrebbe sostenere che il controllo dei media è più importante che mai e che le
fughe di notizie e gli informatori rimangono un mezzo vitale con cui è
possibile denunciare i crimini di Stato”.
·
Guy Goodwin-Gill è un avvocato e professore di
diritto internazionale pubblico presso l’Università di Oxford: “il 16 giugno
2016 ho partecipato a una riunione presso l’ambasciata ecuadoriana a Londra per
discutere gli aspetti legali internazionali dell’asilo concesso al signor
Julian Assange. I presenti includevano il ministro degli Esteri dell’Ecuador,
alti funzionari ecuadoriani e membri del team legale di Assange. Naturalmente
ho pensato che un incontro legale di questo tipo sarebbe stato sicuro e
riservato. Sono stato quindi un po’ ‘scioccato, per non dire altro,
nell’apprendere alla fine del 2019 che il mio nome figurava in documenti
depositati in relazione a procedimenti legali in Spagna riguardanti la divulgazione
di informazioni riservate, che l’occasione della mia visita e partecipazione
era stata condivisa con varie parti e che la mia “attrezzatura elettronica”
potrebbe essere stata clonata e i contenuti condivisi. Il signor Assange
non è un cittadino degli Stati Uniti d’America, ma la maggior parte delle
accuse mosse contro di lui provengono dall’Espionage Act americano. Lo
spionaggio non è definito dal diritto internazionale […] ed è comunemente
considerato un reato “puramente” politico.
·
Stefania Maurizi è una giornalista italiana che ha
lavorato con WikiLeaks per riferire sui documenti italiani all’interno dei
cablogrammi del Dipartimento di Stato. “In più di un’occasione, il signor
Assange mi ha espresso la sua opinione che se Wikileaks fosse esistito prima
che gli Stati Uniti invadessero l’Iraq e avesse pubblicato prima ciò che
successivamente ha pubblicato (il video “Collateral Murder” per esempio), la
guerra si sarebbe potuta evitare o sarebbe finita prima. Il fatto è che ciò
che succedeva e veniva diffuso dai governi coinvolti, in particolare dagli
Stati Uniti, era in gran parte falso e non permetteva di conoscere la
verità. Personalmente mi è stato dato accesso a 4.189 cablogrammi che potevano
essere meglio valutati e compresi con l’assistenza di un partenariato italiano
di esperti. Mi sono seduta con il signor Assange e ho esaminato i cablogrammi
nel modo più sistematico possibile. Tutto è stato fatto con la massima
responsabilità e attenzione.
·
Robert Boyle è un avvocato statunitense ed esperto di
gran giurì. La sua dichiarazione racconta parti rilevanti della dichiarazione
che Chelsea Manning rese alla Corte Marziale che la giudicò e in
seguito discute della sua prigionia per essersi rifiutata di testimoniare
davanti a un gran giurì segreto. Manning ha spiegato che, grazie alla sua
posizione di analista dell’intelligence, aveva accesso alle informazioni sulle
attività militari degli Stati Uniti in Iraq e alcune di queste attività
contraddicevano gli obiettivi dichiarati della politica statunitense. Ha detto
alla corte: “Credo che se il pubblico in generale, in particolare il
pubblico americano, avesse accesso alle informazioni… questo potrebbe innescare
un dibattito interno sul ruolo delle forze armate e della nostra politica
estera in generale, nonché relativo all’Iraq e all’Afghanistan”. [Riguardo
a Collateral Murder] Manning ha detto alla Corte che “voleva che il pubblico
americano sapesse che non tutti in Iraq e in Afghanistan erano obiettivi da
neutralizzare, ma piuttosto persone che lottavano per sopravvivere
nell’ambiente ostile di ciò che chiamiamo guerra asimmetrica.”Anche se ho
smesso di inviare documenti a [WikiLeaks], nessuno associato a [WikiLeaks] mi
ha spinto a fornire ulteriori informazioni. Le decisioni che ho preso per
inviare documenti e informazioni a [WikiLeaks] sono state le mie decisioni e mi
assumo la piena responsabilità delle mie azioni.” Boyle ricorda in seguito che
Manning è stato imprigionato per essersi rifiutato di testimoniare contro
Wikileaks: “È stata posta in isolamento nonostante le preoccupazioni dichiarate
riguardo agli effetti dell’isolamento prolungato sul trauma che aveva già
subito dal suo precedente periodo di reclusione”. Aggiunge che Manning
fosse persuasa che il governo degli Stati Uniti volesse raccogliere informazioni
strategiche prima dell’audizione di Assange, come affermato dalla stessa: “Sospetto
che [il governo) [sia] semplicemente interessato a visualizzare in anteprima la
mia potenziale testimonianza come testimone della difesa, e tentare di minare
la mia testimonianza… Questo giustifica la mia teoria secondo cui lo scopo
della partecipazione a questa indagine è semplicemente quello di abusare del
sistema giuridico per fini politici.”
·
Andy Worthington è un attivista e ricercatore nel
Regno Unito che ha studiato la prigione di Guantanamo Bay per oltre un
decennio. Nell’aprile 2011, ha scritto Worthington: “WikiLeaks rivela i file
segreti di Guantánamo ed espone le politiche detentive come un costrutto di
bugie. Nella sua ultima pubblicazione di documenti statunitensi
classificati, WikiLeaks fa luce sulla famigerata icona della “Guerra al
terrorismo” dell’amministrazione Bush: la prigione di Guantánamo Bay, a Cuba, che
fu aperta l’11 gennaio 2002 e rimarrà aperta sotto il presidente Obama,
nonostante la sua promessa di chiudere la tanto criticata struttura entro un
anno dal suo insediamento. In migliaia di pagine di documenti datati dal
2002 al 2008 e mai visti prima da membri del pubblico o dei media, i casi della
maggioranza dei prigionieri detenuti a Guantánamo – 765 su 779 in totale – sono
descritti in dettaglio nei memorandum di JTF-GTMO, la task force congiunta a
Guantánamo Bay, al comando meridionale degli Stati Uniti a Miami, in Florida,
noto come Detainee Assessment Briefs (DABs). Questi memorandum […] contengono
una grande quantità di informazioni importanti e precedentemente non divulgate.
[…] Fatti scomodi come questi […] sono cruciali per capire perché quella che
può sembrare una raccolta di documenti che confermano la retorica allarmante
del governo su Guantánamo – la stessa retorica che ha paralizzato il presidente
Obama, e ravvivato la politica della paura al Congresso – è in realtà
l’opposto: l’anatomia di un crimine colossale perpetrato dal governo degli
Stati Uniti su 779 prigionieri che, per la maggior parte, non sono e non sono
mai stati i terroristi che il governo vorrebbe farci credere che siano.”
·
Jameel Jaffer è direttore esecutivo del Knight
First Amendment Institute della Columbia University. Nel 2019 ha
partecipato al podcast di Jeremy Scahill, “Perseguire Julian Assange per
spionaggio è un tentativo di colpo di stato contro il primo emendamento”.
All’inizio di quest’anno, Jaffer si è unito al panel della Courage
Foundation presso il National Press Club di Washington DC per
discutere l’impatto dell’accusa di Assange sulla libertà di stampa. Jaffer
scrive: “A mio avviso, l’accusa del signor Assange aveva lo scopo di
scoraggiare il giornalismo, che è vitale per la democrazia americana e il
successo del procedimento penale contro il signor Assange sulla base delle
attività descritte nell’atto d’accusa avrebbe certamente quell’effetto. […] La
legge [l’Espionage act, ndr.] prevede anche l’imposizione di […] sanzioni
severe agli editori successivi, vale a dire non solo a chi rivela le notizie (o
leaker) e non solo alle testate giornalistiche che per prime le pubblicano, ma
a chiunque successivamente condivida le informazioni trapelate in qualsiasi
canale, formale o informale. Almeno negli Stati Uniti, una discussione
pubblica informata su questioni relative alla guerra e alla sicurezza sarebbe
impossibile se la stampa non pubblicasse informazioni riservate. Ci sono
ragioni strutturali per cui la divulgazione non autorizzata di informazioni
classificate è vitale per la capacità del pubblico di comprendere, valutare e
influenzare le politiche del governo relative alle guerre e alle questioni di
sicurezza. Alcuni funzionari governativi hanno sostenuto che l’accusa non
dovrebbe essere intesa come una minaccia alla libertà di stampa perché il
signor Assange non è un giornalista, o perché WikiLeaks non è un membro della
stampa. Questo argomento è del tutto irrilevante in quanto l’accusa è
focalizzata proprio nelle fondamentali attività giornalistiche in cui è
impegnato il Sig. Assange.
Giovedì 1 ottobre – diciottesimo e ultimo giorno
·
La fase probatoria dell’udienza di estradizione di Julian Assange si
conclude con i sunti delle dichiarazioni finali dei testimoni. La
giudice Vanessa Baraitser ha quindi annunciato che pronuncerà la sua
sentenza il 4 gennaio 2021.
Fuori dal tribunale dopo il procedimento, la compagna di Assange, Stella
Moris, si è rivolta ai sostenitori e alla stampa:
“Questa è una lotta per la vita di Julian. È una lotta per la libertà di
stampa”, ha detto. Moris ha ribadito che Julian rischia una condanna a 175
anni di carcere nonostante l’accusa abbia ammesso che non sia in grado di
dimostrare che qualcuno sia stato danneggiato a seguito delle informazioni
rilasciate da WikiLeaks.
“L’accusa degli Stati Uniti sta cercando di rendere le normali attività
giornalistiche, che sono del tutto legali in questa giurisdizione, un
reato estradabile”, ha detto.
“Gli Stati Uniti dicono che possono processare qualsiasi giornalista, in
qualsiasi parte del mondo, se non gli piace quello che pubblica”.
“Questo caso sta già intaccando la libertà di stampa. È un attacco
frontale al giornalismo, al diritto del pubblico di sapere” e alla nostra
capacità di far rendere conto ai potenti.
“Terribili crimini sono stati commessi in Iraq e in Afghanistan.
Terribili crimini sono stati commessi a Guantanamo Bay. Gli autori di quei
crimini non sono in prigione. Julian sì.”
[i]Sollecitiamo i lettori a verificare quanti e
soprattutto quali media nazionali ed internazionali abbiano
coperto il caso Assange e come lo abbiano fatto negli ultimi
anni, mesi, giorni: è un’eccellente cartina al tornasole per capire il livello
di attendibilità di un mezzo d’informazione, non credete?
[ii]La gran parte delle informazioni contenute
nell’articolo sono frutto della traduzione e rielaborazione (ai fini della
sintesi) della traduttrice e giornalista pubblicista Veronica Tarozzi, della
copertura quotidiana sull’udienza per l’estradizione di Julian Assange a Londra
da parte della Courage Foundation, reperibile nella sua versione
integrale inglese, completa di link alle fonti qui: https://defend.wikileaks.org/extradition-hearing/#day-7
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