Il persistere della pandemia di Covid-19 ha scatenato una corsa sfrenata per arrivare a un vaccino, cioè l’approccio più ristretto. Le epidemie sono sempre un momento di crescita per la vorace industria farmaceutica, iper-concentrata in 20 grandi multinazionali che controllano la maggior parte del mercato globale e che non sono interessate alla salute, ma ai loro profitti (si veda: “L’industria della malattia”).
Queste imprese colgono l’opportunità dovuta al fatto che i governi,
sollecitati a trovare una rapida via d’uscita dallo stato di crisi pandemica e
di stanchezza della popolazione, sono disposti a conferire loro enormi risorse
pubbliche – denaro, conoscenze e strutture pubbliche – e ad allentare le norme
e la valutazione della sicurezza dei vaccini.
Si stanno sviluppando ad un ritmo accelerato vaccini altamente
sperimentali, per la maggior parte transgenici, con meccanismi d’azione nel
nostro corpo sui quali ci sono grandi incertezze e molti rischi. Per le
multinazionali, è un’insolita fortuna poter sperimentare in modo massiccio, con
copertura e denaro pubblico, tecnologie simili alle terapie geniche nell’uomo,
la cui ricerca è stata limitata dopo aver causato inizialmente gravi danni e
persino casi di morte (si veda ad esempio il caso di Jesse Gelsinger).
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, al 9 settembre c’erano 35
vaccini per il Covid-19 a livello di studi clinici (in fase da 1 a 3 di
sperimentazione sull’uomo) e 145 a livello di studi pre-clinici. Dei primi 35
sottoposti a sperimentazione, 17 si basano su tecniche di ingegneria genetica
non testate in precedenza sugli esseri umani. Questi vaccini transgenici hanno
adottato per lo più tre approcci: uno che utilizza un plasmide (piccola
molecola circolare di DNA) come vettore per introdurre DNA nelle nostre
cellule, un secondo che introduce RNA direttamente
nelle cellule, e un terzo che introduce DNA per mezzo di un virus, che a sua
volta è stato geneticamente modificato in modo che non possa replicarsi.
I vaccini convenzionali si basano sull’inserimento di un virus morto o
attenuato (che presumibilmente non infetta), il quale provoca una reazione del
sistema immunitario che in tal modo impara a riconoscere quel tipo di virus e
previene future infezioni. I vaccini transgenici invece introducono DNA o RNA
estraneo nel nostro organismo, dove essi codificano per creare una proteina
simile a quelle del SARS-CoV2, utilizzando le nostre risorse cellulari, ad
esempio, per creare una proteina S o spike (le spine che
formano una corona nel virus). Se la cosa funzionasse, questa proteina verrebbe
riconosciuta come estranea dal nostro sistema immunitario, che produrrebbe
anticorpi per prevenire future infezioni.
La modalità d’azione di questi vaccini di fatto ci rende transgenici,
almeno temporaneamente, perché non si tratta di una proteina estranea alla
quale il nostro sistema reagisce (come i precedenti vaccini), ma di una
manipolazione del nostro organismo per creare il presunto nemico da attaccare.
Nel terzo gruppo di vaccini transgenici (vettori virali non replicanti) si
trovano, tra gli altri, quelli di Johnson e Johnson (Stati Uniti), CanSino
Biologics (Cina) e Sputnik V (Russia), tre imprese a cui il Messico si è
impegnato a fornire volontari per la sperimentazione umana in fase tre. Su
questa tecnica si basa anche il vaccino in fase di sviluppo di AstraZeneca,
alla cui produzione di massa parteciperanno l’Argentina e il Messico,
finanziati in parte dalla Fondazione
Carlos Slim. Il governo messicano ha anche concordato di
partecipare alla terza fase di sperimentazione con Walvax, Cina,
che sta sviluppando un vaccino transgenico a base di RNA, e con la
società Sanofi-Pasteur, che sta sviluppando un
altro tipo di vaccino, basato sull’introduzione di piccoli frammenti (subunità)
di proteine.
Come segnalano esperti di vaccini e biologi molecolari, ci sono seri rischi
con questi prodotti transgenici. Per esempio, una volta introdotto il DNA o
l’RNA nelle nostre cellule per creare la proteina S, non è chiaro come si
arresterà la produzione di quell’antigene o quale effetto avrà sulle cellule la
presenza continua del DNA/RNA sintetico, che per di più, nel caso delle cellule
in cui si inserisce DNA, viene introdotto con un promotore genico molto
attivo. Inoltre non è chiaro quali cellule saranno colpite, ben
oltre le cellule bersaglio, se le proteine o il DNA introdotti entrano
nel sistema circolatorio e raggiungono altri organi. I recettori ACE2,
che sono quelli che permettono alle proteine S di entrare nelle cellule,
esistono nei reni, nei polmoni e nei testicoli, il che potrebbe provocare gravi
risposte infiammatorie, reazioni autoimmuni o altri effetti sconosciuti.
In esperimenti sugli animali, vaccini transgenici di questo tipo hanno
prodotto gravi processi infiammatori e quella che viene chiamata risposta
paradossale: l’organismo attacca altri virus presenti nel nostro corpo (tutti noi
esseri viventi conviviamo in modo naturale con virus e batteri), producendo
infiammazione e altri sintomi nocivi.
I tempi di valutazione dei vaccini che si stanno elaborando non prevedono
che si prenda in considerazione qualcosa di più dei rischi a breve termine, ma le
reazioni avverse possono insorgere più avanti nel tempo, per cui i processi
di approvazione dei vaccini richiedono diversi anni, cosa che ora non viene
presa in considerazione.
Nello stesso tempo, non vengono intraprese le azioni necessarie per
intervenire sulle cause delle pandemie – dal sistema alimentare industriale
alla distruzione della biodiversità (si veda: “Gestando la próxima pandemia”), anche se
ci sono molteplici segnali d’allarme di altre pandemie in vista. Sembra che si
tratti del più grande esperimento transgenico di massa sugli esseri umani, e
chi ci guadagnerà sono le transnazionali farmaceutiche, che traggono profitto
dalle cause e dalla continuazione delle pandemie.
Fonte: “Covid y vacunas transgénicas”, in La
Jornada, 12/09/2020.
Traduzione a cura di Camminardomandando.
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