Non sono le lotte di potere all’interno del Vaticano a mettere in forse
l’autorità di papa Francesco, ma il suo tentativo di prospettare una svolta radicale
per mettere l’umanità al riparo dalla crisi climatica e ambientale che incombe
sulle nostre vite. L’enciclica Laudato
si’ aveva aperto un
orizzonte di comprensione e di senso fondato sull’interconnessione
e la continuità tra l’essere umano e i cicli geologici e biologici che reggono
la vita sul nostro pianeta: siamo fatti tutti della stessa materia. Ma il
degrado dell’ambiente colpisce soprattutto i poveri della Terra, i più esposti
alle sue conseguenze. Giustizia sociale – riequilibrio tra chi ha troppo e chi
troppo poco – e giustizia ambientale – salvaguardia degli ecosistemi – sono
inscindibili e i più interessati alla salvaguardia della “casa comune” sono i
poveri, gli sfruttati, gli oppressi. Dentro questo orizzonte, in cui la crisi
ambientale e climatica resta lo sfondo senza il quale non è possibile cogliere
le ragioni e l’urgenza di un radicale sovvertimento del nostro modo di stare al
mondo, la nuova enciclica di papa Francesco, Fratelli tutti, mette
a fuoco la necessità di sovvertire i rapporti sociali vigenti.
La risposta alla crisi sono la fratellanza e la
solidarietà: che non sono solo sentimenti, o atteggiamenti, o comportamenti, ma
un vero e proprio sistema sociale fondato sulla condivisione dei beni della
Terra, che si contrappone frontalmente al sistema sociale vigente – Francesco
nomina e condanna esplicitamente il “neoliberismo” – fondato su quel principio
di competizione universale che chiamiamo “pensiero unico”.
“I conflitti locali e il disinteresse per il bene comune – scrive Francesco
– vengono strumentalizzati dall’economia globale per imporre un modello
culturale unico. Tale cultura unifica il mondo ma divide le persone e le
nazioni… in uno scontro di interessi che ci pone tutti contro tutti, dove
vincere viene ad essere sinonimo di distruggere”. Tanto che “il rischio di
vivere proteggendoci gli uni dagli altri, vedendo gli altri come concorrenti o
nemici pericolosi, si trasferisce al rapporto con i popoli”.
Di contro,
“Solidarietà è una
parola che… esprime molto più che alcuni atti di generosità sporadici. È
pensare e agire in termini di comunità, di priorità della vita di tutti
sull’appropriazione dei beni da parte di alcuni. È anche lottare contro le cause strutturali della povertà, la
disuguaglianza, la mancanza di lavoro, della terra e della casa, la negazione
dei diritti sociali e lavorativi. È far fronte agli effetti distruttori
dell’Impero del denaro […]. La solidarietà, intesa nel suo senso più profondo,
è un modo di fare la storia, ed è questo che fanno i movimenti popolari».
Queste affermazioni sono tratte dal discorso ai partecipanti al primo
incontro mondiale dei movimenti popolari (Roma, 28 ottobre 2014).
Fratelli tutti è in gran parte un compendio di citazioni di precedenti interventi di
Francesco (o di altri pontefici e autorità della chiesa, per legittimarne le
affermazioni): ciò che rende spesso il testo ridondante, lontano dalla
chiarezza cristallina della Laudato si’. La contrapposizione tra i
due opposti modelli sociali mette in discussione la funzione sociale della
proprietà:
“Nei primi secoli della fede cristiana – ricorda Francesco – diversi
sapienti hanno sviluppato un senso universale nella loro riflessione sulla
destinazione comune dei beni creati. Ciò conduceva a pensare che, se qualcuno
non ha il necessario per vivere con dignità, è perché un altro se ne sta
appropriando. Lo riassume San Giovanni Crisostomo dicendo che «non dare ai
poveri parte dei propri beni è rubare ai poveri, è privarli della loro stessa
vita; e quanto possediamo non è nostro, ma loro». Come pure queste parole di
San Gregorio Magno: «Quando distribuiamo agli indigenti qualunque cosa, non
elargiamo roba nostra ma restituiamo loro ciò che ad essi appartiene»”.
È indubbio che in queste citazioni risuoni l’adagio di Pierre-Joseph
Proudhon: “La proprietà è un furto”. Ma, mentre i “giornaloni” hanno cercato di
coprire con una cortina di silenzio la radicalità di queste affermazioni, la
hanno invece colta perfettamente molti commentatori reazionari e malevoli come,
per esempio, su La Verità, Marcello Veneziani: che accusa l’enciclica di
“comunismo” (che novità! Ma è un reato?) e Ettore Gotti Tedeschi (già banchiere
del Vaticano) che assegna addirittura al “vero” San Francesco il ruolo di
inventore della meritocrazia. Ma papa Francesco sa benissimo a che cosa sarebbe
andato incontro; e per ribadire che “Il principio dell’uso comune dei beni
creati per tutti è il «primo principio di tutto l’ordinamento etico-sociale»”
chiama in causa anche papa Woitila. Sicché “il diritto alla proprietà privata si
può considerare solo come un diritto naturale secondario e derivato dal
principio della destinazione universale dei beni creati… «chi ne possiede una
parte è solo per amministrarla a beneficio di tutti»”. In altre parole, la Terra è un “bene comune” a cui
tutti debbono poter accedere; in particolare, ciò che indigna più di ogni altra
cosa Marcello Veneziani, i profughi e i migranti:
“Possiamo dire che ogni Paese è anche dello straniero, in quanto i beni di
un territorio non devono essere negati a una persona bisognosa che provenga da
un altro luogo”.
Francesco, a differenza di tutti gli altri
potenti al comando della Terra, ha capito e cerca di spiegare che non si può
affrontare la crisi in corso senza un rovesciamento radicale dei principi che
reggono il sistema. Altro che sviluppo sostenibile!
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