In questi mesi così significativi molta gente ha scoperto la natura incorreggibile del regime dominante. Sta già cercando altre modalità di esistenza sociale. Il capitalismo e la sua forma politica si sono presentati sempre come una maniera desiderabile di vivere. Allorché il percorso socialista sembrò fallito o perse attrattiva, negli anni ‘80 e ‘90, la via capitalista sembrò non solo desiderabile ma anche la sola possibile. Fukuyama divenne famoso proclamando la fine della storia. Arrivò a dire che il matrimonio del capitalismo con la democrazia liberale era il culmine della storia umana e che non avremmo potuto neanche immaginare nulla di migliore. Molta gente gli ha creduto.
L’idealizzazione del capitalismo viene da molto lontano. La formulazione di
Marx nel descrivere – nel Manifesto del partito comunista – le
prodezze della nuova classe dominante non ha rivali: “La borghesia ha creato
forze produttive più ingenti e più colossali di quanto abbiano fatto insieme
tutte le generazioni passate. (…) Ha realizzato ben altre meraviglie che le
piramidi egizie, gli acquedotti romani e le cattedrali gotiche; ha compiuto ben
altre spedizioni che le migrazioni dei popoli e le Crociate” [Manifesto del
partito comunista, trad. di Domenico Losurdo, pp. 9.12]. Fra le sue
creazioni ci sarebbe il moderno Stato rappresentativo, che sarebbe il consiglio
di amministrazione delle sue attività.
Per buone ragioni Marx non ha mai usato la parola “capitalismo”. Si è
attenuto alle condizioni del suo tempo, per rifererirsi solo al modo
capitalista di produzione. Attualmente, l’intera società, in tutti i suoi
aspetti, è modellata dal capitale. Perfino i nostri desideri più intimi ne
possono essere determinati da quest’ultimo, è il capitale che definisce il modo
di vivere della maggioranza della popolazione. I difetti di questo regime,
sebbene siano sempre apparsi evidenti a quasi tutte le persone, non gli
toglievano la sua magia, la sua forza di attrazione; in generale si pensava che
fosse possibile correggerli per mezzo di riforme nelle quali era impegnata la
lotta politica.
È questo che per molta gente sarebbe finito in questi mesi. È apparso
chiaro che questo modo di vivere è insopportabile. Che non vi è modo di
giustificare le condizioni imposte alla maggioranza. Sebbene il confinamento
abbia causato serie difficoltà domestiche, come la violenza contro le donne, le
bambine e i bambini, è altrettanto certo che ha dischiuso, per milioni di
persone, altri modi di vivere, altre esperienze di vita quotidiana, forme
più piacevoli e creative di amare, di giocare, di mangiare, di vivere, di
sperimentare la famiglia, cose che prima dovevano essere riservate solo ai
fine-settimana o alle vacanze.
Allo stesso tempo, nel corso della stessa esperienza, si è mostrato il
carattere profondamente immorale e irresponsabile delle classi dominanti. Sono
circolate prove chiare e inoppugnabili di quello che tutto il mondo sospettava:
ormai è impossibile tracciare una linea che distingua chiaramente il mondo del
crimine dal mondo delle istituzioni.
Ayotzinapa [località messicana dove polizia, esercito e altre forze oscure,
in combutta fra loro, uccisero 43 studenti che il 23 settembre 2014 in autobus
andavano a una manifestazione di protesta. La strage è tuttora impunita – ndt]
continua ad essere il detonatore di una chiara consapevolezza: non c’è area o
settore della società e del governo che sia estranea a condotte criminali.
Così, emergono prove di quello che tutto il mondo sospettava: il legame
profondo fra i cartelli della droga e le banche, ad esempio.
Allo stesso modo, si è resa manifesta la voracità criminale e irresponsabile
dell’industria della salute, che subordina ai propri scopi un servizio medico
che fa ammalare e un sistema sanitario smantellato.
Poche cose hanno reso più evidente la natura di questo regime di quanto non
abbia fatto il suo comportamento nel settore del cibo. Già ha un carattere
criminale il fatto che i capitalisti producano alimenti che sono causa di ogni
genere di infermità e disfunzioni, e che nel farlo distruggano l’ambiente e
contaminino tutto al loro passaggio, ma è criminale anche il modo col quale
generano i modelli di consumo di questi alimenti. È risultato impressionante il
modo in cui i responsabili di questa attività criminale si sono impegnati a
difenderla di fronte ad alcuni timidi tentativi legali contro il cibo
spazzatura o per l’etichettatura degli alimenti. Il carattere osceno e
ingannevole dei loro argomenti è apparso subito evidente agli occhi di tutte e
di tutti.
Nulla di tutto ciò è nuovo. Era una realtà nota e riconosciuta, sebbene non
tutte le persone lo percepissero con chiarezza. Ma non per questo tentennava la
credenza nella bontà del sistema, quando non nella sua onnipotenza. Né i fatti
né gli argomenti erano riusciti a confutare questa credenza, formatasi e
affermatasi in un ordine diverso da quello della realtà. Ed è qui, in questo
ordine, che l’esperienza di questi mesi alla fine sarebbe riuscita a minare e
per moltissima gente smantellare quella credenza.
Oggi un numero crescente di persone si unisce a coloro che cercano, più con
le mani ed il cuore che con la testa, un diverso modo di vivere, un mondo che
non continui a essere prigioniero di queste condizioni disumane e
insopportabili. Cresce l’urgenza di arrestare il “terricidio” che continua ad
essere praticato insensatamente. E soprattutto si moltiplicano, perfino nei
luoghi più impensati, le iniziative di coloro che per stretta necessità di
sopravvivenza o per dovere morale hanno deciso di iniziare un cammino che fino
a poco tempo addietro appariva impensabile, un cammino che va al di là del
capitalismo.
Fonte: “Aprender capitalismo”, in La Jornada,
05/10/2020.
Traduzione a cura di Camminardomandando.
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