Cuba: si può sviluppare un vaccino pubblico - Olivier
Turquet
Fabrizio Chiodo è ricercatore presso l’Istituto
di Chimica Biomolecolare del CNR di Pozzuoli. Dal 2014 collabora con l’Istituto
Vaccini Finlay dell’Avana, ed è professore associato presso l’Università
dell’Avana; in particolare ha collaborato alla realizzazione dei due vaccini
statali contro SARS-CoV-2. I vaccini prodotti a Cuba oggi sono circa l’8% di tutti
i vaccini già giunti in fase di sperimentazione clinica, risultato dell’elevata
qualità della sanità pubblica e della ricerca medica nell’isola.
Da dove deriva questa specializzazione della
medicina cubana?
Fidel
Castro, dopo la rivoluzione, aveva intuito che le biotecnologie sarebbero state
una componente egemone che avrebbero garantito a Cuba un’indipendenza
biofarmaceutica. Una scolarizzazione molto elevata, e l’altissimo livello
culturale e scientifico, hanno reso Cuba un terreno fertile per la ricerca
scientifica al servizio del Popolo.
La sanità
pubblica e gratuita sono sempre state un baluardo della Rivoluzione che si
trasforma, tra l’altro, in risorse per la ricerca biotecnologica d’avanguardia.
Qual’è la situazione dello sviluppo dei vaccini
cubani?
Cuba al momento ha quattro candidati vaccinali
in clinical trial. Sono tutti e quattro vaccini a sub-unità che utilizzano il
receptor binding domain (RBD) della proteina spike del virus, come antigeno. I
due candidati dell’Istituto Finlay, Soberana01 e Soberana02 (i due candidati
con cui collaboro), utilizzano formulazioni disegnate e sviluppate a Cuba da
tanti anni, utilizzate molto in pediatria.
Soberana01 ha nella sua formulazione il RBD
potenziato delle vescicole di membrana esterna di N. meningitidis B, base del vaccino cubano VamengocBC
(unico vaccino al mondo bivalente contro N. meningitidis B e C). Soberana02 sfrutta il concetto di
vaccino coniugato, dove il RBD è coniugato al tossoide tetanico, approccio
usato a Cuba per vaccini contro H. influenzae type
B e S.
pneumoniae. Entrambe le basi
delle formulazioni descritte si usano in pediatria da anni, sono stabili a
temperatura ambiente (conservazione frigo o freezer) ed hanno costi
relativamente bassi. I clinical trials di fase-3 (quelli dove si misura
l’efficacia) dovrebbero terminare ad Aprile. In fase 1-2 abbiamo valutato
sicurezza ed immunogenicità delle formulazioni.
Finita la fase
di test e validati i risultati come verranno distribuiti?
Cuba sarà in grado di produrre milioni di dosi
di vaccini per proteggere l’intera popolazione Cubana. Cuba esporterà il
vaccino in diversi Paesi con un prezzo probabilmente molto competitivo, in
accordo con l’OMS, in una seconda fase, Cuba valuterà anche la possibilità di
distribuzione gratuita del vaccino ai Paesi in via di sviluppo. La
commercializzazione dei vaccini cubani contro SARS-CoV-2 in Europa o altri
Paesi verrà presa in considerazione. In ogni caso, sono vaccini totalmente
pubblici, senza nessun profitto “privato”.
Come sta andando la pandemia a Cuba? Che cure
sono state usate?
A Cuba sono stati registrati solo 150 morti da
CODIV-19 (su 11.5 milioni di abitanti) dall’inizio della pandemia e circa
17.000 contagi. Questo ha delle spiegazioni: innanzi tutto Cuba ha un altissimo
numero di medici per cittadino (tra i più alti al mondo), medici che conoscono
altri virus come Dengue (stagionale a Cuba) ed Ebola (con le brigate in
Africa). La cura personalizzata e domiciliare era dunque un elemento importante.
Cuba ha prodotti biofarmaceutici di altissimo
livello, come Interferoni, anticorpi monoclonali e peptidi immunomodulatori,
usati nei pazienti critici. Inoltre,
in parallelo a farmaci di ultima generazione, Cuba ha anche distribuito
prodotti omeopatici per “rafforzare” il sistema immune (strategia effettuata
anche con altri prodotti biofarmaceutici). Ma
io sono un ricercatore, non un medico per cui sul tema specifico delle cure
meglio se chiedi a un medico.
Qua c’è gente che pensa che i vaccini non siano
sicuri, che siano una manovra delle multinazionali: tu che ci lavori, e che non
lavori per il profitto ma per il bene dell’Umanità, cosa rispondi?
I vaccini sono il prodotto biofarmaceutico più
sicuro mai sviluppato. I vaccini sono una fetta molto piccola di tutta
BigPharma (in media sotto il 15% di tutto il loro profitto) ed i vaccini sono
l’arma più valida che un popolo possa avere contro BigPharma. Agli scettici
quindi direi che il modello economico favorisce BigPharma e le diseguaglianze
sociali, ma che tutti i vaccini sono sicuri e sono uno strumento fortissimo
contro “l’imperialismo farmaceutico”.
A Cuba
sviluppiamo vaccini che consentano di debellare le malattie che impediscono uno
sviluppo economico e armonico dei paesi che chiamano “meno sviluppati” quei poteri
che, depredandone per centinaia di anni le risorse, sfruttandone la
popolazione, hanno creato la condizione di povertà in cui vive gran parte della
popolazione mondiale.
Debellare le
malattie tramite i vaccini è uno dei primi passi per ridare dignità alle
persone e permettergli di lottare per un mondo migliore, con condizioni
sociali, sanitarie ed economiche migliori per tutte e per tutti.
In questi giorni c’è stata una personalizzazione
della tua vicenda sui media italiani, cosa ne pensi?
Non mi è piaciuta
la personalizzazione per nulla. Io sono una persona, un ricercatore, che ha la
fortuna di applicare i suoi ideali nel lavoro che svolge, dimostrando che è
possibile sviluppare vaccini in maniera totalmente pubblica, in un modello
economico che non è il capitalismo.
Fabrizio è anche un risultato positivo del
contesto sociale che ha scelto, un contesto che valorizza le persone senza
esaltarle, che accoglie gli ideali di ognuno per renderli gli ideali di tutti.
La sua storia personale non è rilevante, è rilevante un processo storico,
un’intenzione umana evolutiva. Non la perfezione né il paradiso ma un buon
salto in avanti nell’evoluzione della società e un buon modello per il resto
del mondo. Crediamo sia buono far sapere che gli ideali non sono morti, che si
praticano e che possono fungere da modello. E che si possono sviluppare vaccini
pubblici, su un’isola “povera”, sotto embargo da 60 anni, ed in mezzo
all’oceano.
COME CUBA VUOLE SFIDARE
LE FARMACEUTICHE OFFRENDO GRATIS A TUTTO IL MONDO IL SUO VACCINO ANTI-COVID – Silvia Granziero
Recentemente ha avuto grande
risonanza l’intervista
di Repubblica al giovane
immunologo Fabrizio Chiodo, in cui il ricercatore – che collabora con
il Finlay Institute di
L’Avana – sottolineava gli ottimi dati della gestione dell’epidemia a
Cuba. Circa 150 morti su un
totale di 11 milioni di persone, con una percentuale di guariti che supera
il 92%, curati con farmaci prodotti sulla stessa isola. L’intervista ha riportato
l’attenzione pubblica sulla sanità di Cuba, che, dopo aver inviato
medici a una dozzina di Paesi nei mesi peggiori della prima ondata, è oggi è
in prima fila nello sviluppo del vaccino anti-covid.
Grandi aziende multinazionali come
Pfizer, Moderna e AstraZeneca, grazie alle tecnologie e ai fondi di cui
dispongono, non hanno avuto concorrenti nel presentare al mondo in tempi molto
brevi il proprio prodotto per far fronte alla pandemia. Ma questa soluzione non
sarà sufficiente a mettere al sicuro l’intero Pianeta (debellando quindi il
virus): saranno infatti necessari diversi vaccini e Cuba vuole mettere a
disposizione i propri. Una volta soddisfatte le necessità interne, infatti,
l’obiettivo sarà quello di distribuire gratuitamente le dosi per sostenere chi
al mondo non potrà permettersi di acquistarne dalle case farmaceutiche private.
Il modello di vaccino pubblico è un esempio di solidarietà, equità e libero
accesso, oltre che un’importante successo d’immagine per un Paese che, con il
suo sistema politico illiberale, non gode di una buona fama in Occidente.
Oggi sono
quattro i progetti vaccinali anti-covid in fase di sperimentazione clinica
sostenuti dallo Stato cubano, tutti con lo scopo della distribuzione gratuita.
Due di questi, il Soberana 2 e il Soberana 1 del Finlay Institute,
che hanno avviato la seconda fase di sperimentazione prima di
Natale, potrebbero completare l’iter entro marzo ed essere così pronti per la
distribuzione. A
monitorarne i progressi cubani è COVAX, un programma coordinato dall’Oms e
dalla Coalition for Epidemic Preparedness
Innovation per garantire la distribuzione globale dei
vaccini: se si dimostreranno sicuri ed efficaci, i vaccini cubani saranno
distribuiti alla popolazione locale e poi, in collaborazione con l’Oms, resi
disponibili ai Paesi che ne avranno bisogno, specialmente quelli in via di
sviluppo, dove 9 persone su 10 rischiano di restare scoperte, a causa
dell’accaparramento delle dosi da parte dei Paesi più ricchi – come ha
avvertito una rete di organizzazioni di cui fanno parte anche Amnesty e Oxfam,
secondo cui il 14% dei Paesi
più ricchi ha prenotato oltre il
50% dei vaccini. Come già gli
effetti sociali e sanitari della pandemia, infatti, anche
l’accesso al vaccino dipende dalle condizioni economiche di partenza,
rischiando ora di peggiorare ulteriormente la situazione della parte più
sfortunata del mondo. Cuba vuole contribuire a evitare che questo accada, ma
potrebbe trovare degli ostacoli nella sua missione. L’isolamento stesso del
Paese, infatti, può causare una carenza di fondi a disposizione, rendendo
difficile per lo Stato cubano acquistare le materie prime necessarie alla
produzione su larga scala. A perderci, allora, non sarebbe solo Cuba, ma anche
i Paesi in via di sviluppo che sperano di beneficiare del “vaccino etico” e che
ora – nonostante l’importante decisione di AstraZeneca di fornir loro
il 64% della sua produzione – sono
tagliati fuori. Si tratta di un’ulteriore dimostrazione del fatto che, al di là
delle ostilità ideologiche e politiche, isolamento ed embargo sono strumenti
che non vanno a scapito solo del Paese a cui sono applicati, ma di tutti e che
non hanno senso di esistere nel mondo globalizzato in cui viviamo.
Intervistato dal Sole 24
ore, a proposito del principio della libertà di accesso ai farmaci,
Chiodo ha
spiegato che Cuba “è l’unico Stato dove un prodotto può andare dal laboratorio
alla clinica per via totalmente pubblica” e ha motivato la propria
scelta: “Faccio questo lavoro per gli altri, spinto da una forte etica. E Cuba
mi permette di rispettare quello in cui credo”. Equità e libero accesso ai
servizi sanitari, infatti, sono i valori su cui il Paese latinoamericano fonda
il proprio Sistema sanitario, di cui le campagne vaccinali sono un pilastro
importante. La storia delle immunizzazioni di massa a Cuba, iniziata negli anni
Sessanta, ha permesso al Paese di ottenere i migliori risultati
di tutta l’America Latina rispetto a molte patologie.
Questi dati sono frutto di un
impegno di lungo periodo, in una sessantina d’anni, da dopo la rivoluzione la
situazione cubana dal punto di vista sanitario si è evoluta radicalmente in
positivo: prima del 1959, infatti, gli ospedali gratuiti erano di scarsa
qualità ed erano presenti solo in un
terzo dei comuni, di conseguenza solo il 10-20% della
popolazione rurale godeva di una qualche assistenza medica e l’aspettativa di
vita non raggiungeva i sessant’anni. Il cambiamento è stato possibile grazie
a massicci
investimenti da parte dello Stato, che finanzia tuttora un Sistema sanitario che
conta sul più alto numero al
mondo di medici in rapporto alla popolazione. Anche se ci sono sanzioni
che ostacolano le collaborazioni internazionali e l’acquisto di forniture
dall’estero, il sistema cubano si fonda
sul principio per cui la salute rappresenta un diritto sociale inalienabile e tutti
i cubani hanno quindi diritto all’assistenza sanitaria completa senza
distinzioni di sorta. Molte infrastrutture e strumentazioni sono arretrate, ma
la sanità cubana recupera grazie a un’organizzazione capillare efficace, che ha
reso peraltro possibile un
preciso tracciamento durante la pandemia.
Il Sistema sanitario è
costituito da tre livelli amministrativi (nazionale, provinciale e municipale):
l’assistenza di primo livello ha
l’obiettivo di coprire l’80% dei problemi di salute della popolazione, attraverso
i servizi forniti dai medici e dagli infermieri di famiglia nei consultori e
nei poliambulatori che dipendono dalle amministrazioni locali; al secondo
livello ci sono gli ospedali provinciali che coprono il 15% dei
problemi di salute; mentre al terzo livello ci sono gli ospedali specializzati
di eccellenza che gestiscono il 5% dei
problemi di salute, quelli più gravi e le complicanze legate a determinate
patologie. In questo modo il sistema non viene sovraccaricato e l’intera
popolazione, anche nelle aree più remote, può accedervi direttamente.
Questo sistema capillare poggia su
una fornitura farmaceutica autarchica il cui sviluppo è stato spinto proprio
dall’embargo, che è allo stesso tempo la maggior causa dell’arretratezza
economica nella quale versa il Paese caraibico, la cui principale risorsa è la
canna da zucchero. Con Obama nel 2014 sembrò vicina la
fine dell’embargo commerciale, economico e finanziario che gli Stati Uniti di
J. F. Kennedy – dai quali prima della rivoluzione cubana l’isola dipendeva
largamente – avevano imposto a partire dal 1962. Non arrivò, però, il
necessario via libera del Senato americano e con Donald Trump l’ipotesi della
fine del blocco è tramontata definitivamente.
Il prolungato isolamento e le
ostilità con i ricchi vicini hanno stimolato – per necessità di sopravvivenza –
la ricerca e lo sviluppo interni, creando una situazione singolare per la
quale Cuba si
trova ad avere un PIL da Paese in via di sviluppo, ma indicatori sanitari come la
speranza di vita alla nascita e la mortalità infantile ai livelli dei Paesi più
sviluppati. Si è infatti investito per produrre autonomamente quei farmaci che
non è possibile ottenere dagli Stati Uniti: una volta riorganizzato il sistema
dell’assistenza, Fidel Castro – spinto
dagli economisti che chiedevano una nuova forma di
industrializzazione dell’economia nazionale e conscio delle difficoltà indotte
dal blocco commerciale – soprattutto a partire dagli Ottanta
puntò molto sulla ricerca per far raggiungere al Paese l’autonomia, anche
in ambito farmaceutico, accogliendo scienziati occidentali per rendere Cuba
autonoma rispetto agli altri Paesi socialisti. La creazione di un comparto di
ricerca scientifica molto avanzato ha reso l’isola caraibica un hub di
alto livello nel settore farmaceutico e nelle biotecnologie. Su questo piano
non solo l’autonomia è stata sostanzialmente raggiunta, ma da
tempo è anche capace di esportare vaccini nei Paesi in via di sviluppo,
come quelli contro la meningite e l’epatite B.
Gli altri vaccini del momento,
oltre a quelli delle aziende leader britanniche e statunitensi, sono quelli
prodotti da giganti chiusi come la Russia (la cui corsa
accelerata al vaccino ha
provocato reazioni avverse che potrebbero rinfocolare la diffidenza nei
confronti di questa pratica da parte della popolazione) e la Cina. In questo
panorama, i vaccini cubani potrebbero essere un risultato notevole per un
Paese, peraltro piccolo e isolato, anche in termini di prestigio, presentando
un modello efficace radicalmente diverso da quello dominante in molti Paesi
sviluppati, in cui questa la pandemia ha mostrato tutti i
limiti di una sanità sempre più privatizzata.
Vero è che sulla trasparenza e
sul rispetto
dei diritti individuali a Cuba ci
sarebbe molto da dire: si tratta pur sempre di un
regime autoritario che non rispetta il pluralismo politico. Eppure, sulla
garanzia di un diritto fondamentale come l’accesso alle cure senza distinzione
di reddito può insegnare molto ai Paesi che si riempiono la bocca di valori
democratici e occidentali, talvolta poi senza metterli in pratica. A questo
proposito ad esempio ci si dovrebbe forse interrogare in maniera più profonda
su quanto sia etico trarre profitto dalla distribuzione dei farmaci, una
pratica che fa parte di un sistema economico e ideologico dominato dal mercato,
che mette il profitto davanti a salute e solidarietà. Per parte sua, invece,
Cuba rifiuta, in nome del comunismo, questo principio, mettendo i propri
servizi sanitari gratuitamente a disposizione di chi non può permettersi di
pagarli e lo fa fin
dagli anni Sessanta. Questa solidarietà, però, non è
condivisa da altri Paesi comunisti come la Cina, che, da superpotenza, ha
sfruttato l’opportunità di fornire mezzi e competenze in
modo meno disinteressato e più strategico, impiegandola come strumento di soft
power. Altrettanto ha fatto
la Russia, che in Italia ha puntato su un’operazione spettacolare con l’intervento
dell’esercito, dopo aver osservato l’inadeguatezza dei coordinamenti europei.
Non esattamente gli intenti più
trasparenti e solidali riguardo alla distribuzione dei vaccini, che sono uno
degli strumenti più importanti per il benessere di un Paese, anche sul piano
sociale ed economico. La prevenzione, si sa, è meglio della cura: Cuba l’ha
imparato ed è pronta a dimostrarlo a modo suo. Secondo i dati elaborati
dal New York Times, che sta
monitorando in tempo reale gli avanzamenti a livello mondiale, Cuba starebbe
testando l’8% dei 65
vaccini mondiali giunti alla fase di sperimentazione clinica sugli umani. A
causa dell’insufficiente numero di casi di Covid-19 sull’isola, sarà
l’Iran, altro Paese colpito dalle sanzioni americane, a ospitare gli ultimi test
cubani. Come emerge consultando il vaccine
tracker del New York Times, il Paese latinoamericano è uno dei
pochi produttori a non essere una superpotenza economica mondiale.
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