Ha suscitato forte attenzione l’annuncio fatto dalla famiglia Regeni alla vigilia del nuovo anno durante la popolare trasmissione televisiva Propaganda Live di presentare un esposto «contro il governo italiano» per «violazione della legge n. 185 del 1990».
Famiglia Regeni contro l’export di armi all’Egitto
La legge, hanno spiegato i genitori di Giulio Regeni, «vieta l’esportazione di armamenti verso i
Paesi i cui governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni
internazionali in materia di diritti umani, accertate dai competenti
organi delle Nazioni Unite, dell’Ue o del Consiglio d’Europa».
La decisione dei Regeni arriva all’indomani delle dichiarazioni
della procura generale del Cairo che – non solo ha respinto la
richiesta della procura di Roma di fornire il domicilio dei quattro agenti
della National Security dell’Egitto (il generale Sabir Tariq, i
colonnelli Usham Helmi e Athar Kamel Mohamed Ibrahim e Magdi Ibrahim Abdelal
Sharif per il reato di sequestro di persona pluriaggravato) definendola
«immotivata» e «basata su false conclusioni illogiche», ma, gettando ulteriore
fango su Giulio Regeni – ha affermato che il comportamento di Giulio
«non era consono al suo ruolo di ricercatore».
Navi vendute all’Egitto: consegnata in sordina la prima fregata della
commessa militare
Non è casuale che le dichiarazioni della procura generale del Cairo siano
state fatte all’indomani della consegna alla Marina militare egiziana
della prima delle due fregate militari Fremm (leggi anche Armi all’Egitto: Italia punta a commessa del secolo, ma
gli attivisti non ci stanno). La consegna, avvenuta lo scorso 23
dicembre presso i cantieri del Muggiano a La Spezia, in Liguria, è stata fatta
– ha evidenziato la Rete italiana pace e disarmo in un comunicato –
«con una cerimonia in sordina e non pubblicizzata».
«Il tentativo di tenere nascosta la consegna e la successiva partenza alla
volta dell’Egitto manifesta chiaramente l’imbarazzo da parte del Governo
italiano per tutta questa operazione: non solo nessun rappresentante
dell’esecutivo ha partecipato alla cerimonia, ma non ci risulta alcun
comunicato ufficiale da parte dei vari ministeri in qualche modo coinvolti»,
commenta Rete Pace e Disarmo.
Fremm all’Egitto e dichiarazioni del procuratore del Cairo
Il nesso tra l’invio all’Egitto della prima fregata militare e le
dichiarazioni del procuratore generale del Cairo non è solo temporale. Vi è una
precisa correlazione tra i due fatti: prima della consegna della nave militare,
infatti, la procura egiziana si era limitata ad esprimere solo delle «riserve»
sull’indagine dei magistrati italiani.
La recente dichiarazione della procura egiziana, all’indomani della
consegna della nave militare, ha alimentato l’arroganza delle autorità
egiziane e pone pesanti interrogativi sulla strategia finora adottata
dal governo italiano e, in particolare, dal presidente del Consiglio, Giuseppe
Conte, nei rapporti con l’Egitto. Non si tratta – si noti bene – delle
normali relazioni commerciali tra due Paesi, ma di un aspetto preciso: la fornitura
di sistemi militari italiani al regime di al
Sisi.
Stop Armi Egitto: la società civile si mobilita
Fin dai primi annunci riguardo alla “commessa del secolo” – un
colossale affare da 9 miliardi che farà dell’Egitto il maggiore acquirente di
sistemi militari italiani – le associazioni della società civile hanno promosso
l’iniziativa “#StopArmiEgitto”
per chiedere al governo di riferire in parlamento riguardo alle
forniture di armamenti all’Egitto. Cosa finora mai avvenuta.
Rete italiana Pace e Disarmo e Amnesty International si sono
pertanto mobilitate di nuovo ai primi di dicembre, all’indomani dalla chiusura
da parte della procura di Roma delle indagini sul caso Regeni, per chiedere
al Governo l’immediato richiamo dell’ambasciatore italiano dall’Egitto
e la cancellazione degli accordi di cooperazione e vendita di
armamenti al regime di al Sisi.
La mobilitazione, convocata in brevissimo tempo e in un periodo
di lockdown, ha visto la partecipazione di rappresentanze in oltre trenta città
italiane.
Vendita di armi italiane all’Egitto: l’appello dei sindacati
In questo contesto è da segnalare la positiva presa di posizione unitaria
dei sindacati Cgil, Cisl e
Uil. Con una lettera inviata a tutte le
strutture territoriali, le maggiori organizzazioni sindacali
italiane hanno comunicato di aver formalizzato la propria adesione alla
mobilitazione nazionale “Stop Armi Egitto” e hanno invitato a
partecipare ai presìdi cittadini.
Una presa di posizione quanto mai rilevante e nient’affatto scontata perché
l’obiettivo della manifestazione, chiaramente espresso nell’appello promosso
dalla Rete italiana pace e disarmo, non era solo la richiesta di “verità e
giustizia” per l’omicidio di Giulio Regeni e “libertà e
giustizia” per Patrick Zaki,
ma – come ribadiva anche un comunicato diffuso
dalla Segreteria nazionale delle Cgil – la sospensione della vendita
di armi all’Egitto.
Un passo importante che segna, per la prima volta dopo vari anni, una presa
di posizione unitaria sulla questione delle esportazioni di sistemi
militari italiani. Ed è auspicabile che diventi l’occasione per riaprire il
confronto anche all’interno delle associazioni sindacali su un tema che
interessa direttamente il mondo del lavoro: la produzione e il commercio di
armamenti.
Egitto: l’Ue prende posizione su Regeni e repressione
Sempre sulla questione dell’omicidio di Giulio Regeni, va ricordata
la risoluzione del Parlamento europeo dello scorso 18 dicembre.
La mozione –
che è stata approvata con 434 voti favorevoli, 49 contrari e 202 astensioni –
«deplora il tentativo delle autorità egiziane di fuorviare e ostacolare i
progressi nelle indagini sul rapimento, sulle torture e sull’omicidio del
ricercatore italiano Giulio Regeni nel 2016» e chiede «all’Ue e agli Stati
membri di esortare le autorità egiziane a collaborare pienamente con
le autorità giudiziarie italiane».
Non solo. La risoluzione deplora la crescente repressione in atto
in Egitto per mano delle autorità statali e delle forze di sicurezza
egiziane, ed evidenzia che «gli arresti e le detenzioni in corso rientrano in
una strategia più generale di intimidazione delle organizzazioni che
difendono i diritti umani nonché di crescenti restrizioni alla libertà di
espressione».
Una risoluzione per dire “stop” alla fornitura di armi
La risoluzione è particolarmente rilevante perché non si ferma alle pur necessarie
denunce delle violazioni dei diritti umani e a ribadire «la richiesta di un
riesame approfondito ed esaustivo dei rapporti dell’Ue con l’Egitto», ma presenta
una significativa novità. Chiede infatti agli Stati membri di dare seguito
alle conclusioni del Consiglio Affari esteri del 21 agosto 2013 sull’Egitto, in
cui si annunciava la sospensione delle licenze di esportazione di qualsiasi
attrezzatura che potrebbe essere utilizzata a fini di repressione interna.
Di più: la risoluzione «invita gli Stati membri a sospendere tutte le
esportazioni verso l’Egitto di armi, tecnologie di sorveglianza e altre
attrezzature di sicurezza in grado di facilitare gli attacchi contro i
difensori dei diritti umani e gli attivisti della società civile, anche sui
social media, nonché qualsiasi altro tipo di repressione interna» e chiede
all’Unione di «dare piena attuazione ai controlli sulle esportazioni verso
l’Egitto per quanto riguarda i beni che potrebbero essere utilizzati a fini
repressivi o per infliggere torture o la pena capitale».
È ormai venuto il momento che anche il Parlamento italiano faccia sentire
la sua voce riguardo alle forniture di sistemi militari all’Egitto. Non è più
possibile tacere fingendo di non sapere.
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