E’possibile bloccare le forniture di sistemi militari all’Egitto. Non solo
dell’Italia ma di tutti i paesi dell’Unione europea. E’ il punto centrale di
una lettera che la Rete Italiana Pace e Disarmo ha inviato nei
giorni scorsi al ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, in occasione
del quinto anno dal rapimento in Egitto di Giulio Regeni e del Consiglio
dei ministri degli Affari esteri dell’Unione europea di oggi, lunedì 25
gennaio.
“Rifiutando di concedere l’autorizzazione all’esportazione di sistemi
militari all’Egitto, l’Italia ha la possibilità di bloccare simili forniture
da parte di tutta l’Unione Europea” – riporta la nota diffusa oggi dalla Rete Pace
e Disarmo
“Si tratta di una misura – spiegano i promotori della missiva – che non
penalizzerebbe il nostro Paese, ma anzi avrebbe l’effetto di coinvolgere
tutti gli Stati membri dell’Unione europea bloccando a livello europeo
per almeno tre anni tutte le licenze di esportazione di sistemi
militari sostanzialmente identici a quelli rifiutati dall’Italia”.
In proposito, la Rete pacifista richiama la norma prevista dalla Posizione Comune del Consiglio 2008/944 (“Norme comuni per
il controllo delle esportazioni di tecnologia e attrezzature militari”) per
contrastare la concorrenza sleale tra i Paesi dell’UE e fare in modo che le
licenze per forniture di sistemi militari non rilasciate da un Stato non
vengano concesse da altri Stati membri.
Una norma che fu introdotta nella Posizione Comune su richiesta
delle aziende nazionali del settore militare proprio per evitare che i
dinieghi emessi da un governo finissero per favorire le aziende di altri paesi
dell’Ue: va ricordato che le autorizzazioni all’esportazione di sistemi
militari sono tuttora rilasciate dai singoli Stati membri secondo le proprie
normative nazionali.
La “commessa
militare del secolo” che imbarazza il governo
La nota di Rete Italiana Pace e Disarmo fa riferimento non solo alle due
fregate Fremm originariamente destinate alla Marina Militare
italiana (la Spartaco Schergat e la Emilio Bianchi) sulla cui autorizzazione
all’esportazione all’Egitto il
governo Conte non ha mai dato annuncio ufficiale e di cui la
prima (la Spartaco Schergat ribattezzata al-Galala) è salpata prima di Natale
dai cantieri del Muggiano a La Spezia in sordina senza alcuna cerimonia
ufficiale. Ma si riferisce soprattutto alle trattative in corso per quello
che è stata definita la “commessa militare del secolo”: la fornitura
all’Egitto quattro fregate Fremm e 20 pattugliatori, 24 caccia multiruolo
Eurofighter e altrettanti aerei addestratori M346. Un contratto da 10,7
miliardi di dollari, il maggiore mai rilasciato dall’Italia dal dopoguerra, che
farebbe dell’Egitto il principale acquirente di sistemi militari italiani.
Non rilasciando l’autorizzazione per questo contratto l’Italia potrebbe di
fatto bloccare simili forniture all’Egitto da parte di altri paesi UE per
almeno tre anni. Non è una questione astratta: nei giorni
scorsi il presidente egiziano al-Sisi ha incontrato per la seconda
volta l’amministratore delegato della società tedesca di costruzioni navali
Lürssen, Peter Lürssen, con il quale ha discusso la collaborazione
per la costruzione in Egitto di navi
militari, tra cui fregate e corvette, molto simili a quelle di cui sta trattando
con Fincantieri.
Che la Germania stia facendo affari con il Cairo nel settore navale
militare è un dato di fatto: lo scorso settembre la Alexandria
Shipyard Company ha annunciato ufficialmente l’implementazione
di un contratto in collaborazione con la tedesca ThyssenKrupp Marine Systems
(TKMS) per la produzione locale della prima fregata egiziana di classe Meko
A-200EN.
Le
dichiarazioni di Di Maio
Oggi il ministro Di Maio dovrebbe partecipare al Consiglio dei
ministri degli Affari esteri dell’UE: tra i temi in discussione vi saranno anche
“i recenti sviluppi in Egitto”. In vista di questo Consiglio, nella diretta Facebook del 16 dicembre scorso, il
ministro Di Maio aveva informato (vedasi
anche qui) riguardo alla
decisione, assunta al termine di una riunione di governo, di voler “coinvolgere
le istituzioni europee e tutte le istituzioni internazionali per il
riconoscimento del processo” nei confronti dei responsabili delle torture e
della morte di Regeni.
Alla riunione di governo, durata diverse ore a Palazzo Chigi, erano
presenti il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, il ministro della Difesa,
Lorenzo Guerini e la ministra degli Interni, Luciana Lamorgese. “Chiederemo
a tutti i paesi europei, a tutti gli Stati membri di prendere posizione sulla
verità per Giulio” – disse Di Maio nella diretta Facebook. Per il ministro,
“la verità sul Giulio Regeni è un tema di diritti umani e sui diritti umani
nessuno si deve tirare indietro”. Ma è chiaro a tutti che se l’Italia
per prima non sospende le proprie forniture militari all’Egitto sarà difficile
ottenere misure concrete nei confronti del Cairo da parte degli altri Paesi
europei.
La
credibilità di Conte
La questione investe direttamente anche la credibilità del presidente del
Consiglio, Giuseppe Conte. L’autorizzazione alla fornitura delle
due fregate Fremm e, con ogni probabilità, alle trattative per la “commessa del
secolo” da 10,7 miliardi di dollari, sarebbe infatti avvenuta – come riportava l’Ansa – l’8 giugno
scorso durante una telefonata tra il premier italiano e il presidente
egiziano al-Sisi: nella telefonata Conte avrebbe chiesto al presidente
egiziano specifici progressi sul “caso
Regeni”. Una richiesta che il 17 giugno Conte confermava nell’audizione in Commissione parlamentare d’inchiesta per
la morte di Giulio Regeni durante la quale il premier ha spiegato di aver
chiesto ad al Sisi, “una manifestazione tangibile di volontà” e di
aspettarsi nei prossimi giorni una risposta.
Risposta che è arrivata, ma non certo secondo le aspettative. Come noto, Il 30
dicembre scorsoil Procuratore Generale del Cairo non solo ha respinto la richiesta di fornire il
domicilio dei quattro agenti della National Security egiziana
che secondo la Procura di Roma sarebbero
coinvolti nelle torture e nell’omicidio di Giulio Regeni, definendola
“immotivata” e “basata su false conclusioni illogiche”, ma, gettando ulteriore
discredito sul nostro connazionale, ha affermato che il comportamento di Giulio
“non era consono al suo ruolo di ricercatore”.
Una dichiarazione che la Farnesina, in un comunicato, ha definito
“inaccettabile”, ribadendo l’impegno “ad agire in tutte le Sedi, inclusa
l’Unione europea, affinché la verità sul barbaro omicidio di Giulio Regeni
possa finalmente emergere”.
Gli impegni
del PD
La questione investe direttamente anche il Partito Democratico. Nella
Direzione Nazionale dello scorso 26 giugno è stato infatti approvato
all’unanimità un Ordine
del giorno denominato “Giulio Regeni” nel quale, dopo aver ribadito che
“l’Egitto non può sottrarsi alla responsabilità di accertare la verità
giudiziaria sull’omicidio di Giulio Regeni e per questo serve un deciso cambio
di passo nella collaborazione da parte delle autorità egiziane”, “impegna il
PD a discutere con la maggioranza e il governo la possibile sospensione degli
accordi di fornitura militare in assenza di risposte immediate e concrete
sull’uccisione di Giulio Regeni”.
Non solo. L’Odg ribadisce un ulteriore impegno del Partito Democratico:
“Noi non rinunceremo mai a qualsiasi atto utile alla consegna
dei responsabili dell’omicidio di Giulio Regeni alla
giustizia”. Considerate le recenti ignobili dichiarazioni della Procura
egiziana è auspicabile che il Partito Democratico torni a prendere in
esame la questione impegnandosi a discutere con il governo la
sospensione delle forniture militari all’Egitto.
I silenzi di
Renzi
A fronte delle dichiarazioni della Procura egiziana risultano, invece,
assordanti i silenzi di Matteo Renzi. Lo scorso 24 novembre, nel
corso dell’audizione in Commissione Regeni il leader di
Italia Viva, aveva “rivendicato con forza” l’operato del Governo da lui
presieduto proprio quando fu rapito e ucciso Giulio Regeni. “Abbiamo messo in
campo tutti gli strumenti appena avuta la notizia” – ha detto Renzi durante
l’audizione esprimendo il “rimpianto” di non aver saputo prima della scomparsa
del ricercatore italiano: “Se avessimo saputo prima, forse, avremmo potuto
intervenire. Fummo avvisati soltanto il 31 gennaio”. Una versione che è
stata smentita dalla Farnesina.
Renzi è stato il primo premier occidentale ad incontrare al Sisi al Cairo
nell’agosto del 2014 dopo le elezioni che videro il Feldmaresciallo emergere
come incontrastato presidente. In omaggio al nuovo faraone del Cairo, Renzi
fece sbloccare la fornitura di 30 mila pistole Beretta per le forze di
sicurezza egiziane voluta dal governo Letta.
Anche questo spiega i silenzi di Renzi, solitamente ciarliero, ma mai sulle
questioni di esportazioni militari sulle quali il governo da lui
presieduto detiene
un record incontrastato. Per Renzi, del resto, al Sisi
è “un grande leader”, come disse in unaintervista ad Al Jazeera.
L’esposto
della famiglia Regeni
Nei giorni scorsi la famiglia Regeni ha presentato un esposto in Procura “contro il
governo italiano per violazione della legge n. 185 del 1990”. La legge, avevano spiegato i genitori di
Giulio Regeni, “vieta l’esportazione di armamenti verso i Paesi i cui governi
sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in
materia di diritti umani, accertate dai competenti organi delle Nazioni Unite, dell’Ue
o del Consiglio d’Europa”.
La motivazione è chiara: finché l’Italia continuerà ad esportare
armamenti all’Egitto non avremo mai verità e giustizia per Giulio Regeni. E
nemmeno per le migliaia di oppositori politici e attivisti per i diritti umani
come Patrick Zaki. Per Rete Italiana Pace e Disarmo la possibilità c’è e
permette di bloccare le forniture militari all’Egitto di tutta l’Unione
europea. Manca solo la volontà politica del governo. Che oramai non può più
accampare scuse.
(Articolo pubblicato anche sul Blog Unimondo.org)
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